Chianti Classico: Lamole ed i vini di Podere Castellinuzza di Paolo Coccia

Lo scenario è quello della Chianti Classico Collection, alla Stazione Leopolda. Il consueto appuntamento dove vengono presentate le anteprime del Chianti Classico Annata, Riserva e Gran Selezione che quest’anno coincideva anche con il centenario della nascita del Consorzio Vino Chianti Classico, con 480 produttori, con il decennale dalla nascita della Gran Selezione.

All’evento che ha ospitato oltre 200 produttori e 700 etichette, la suddivisione in stand è stata fatta in base alle undici UGA (Unità Geografiche Aggiuntive), approvate dall’Assemblea dei Soci del Consorzio nel 2021. Grazie alle UGA, Il territorio risulta suddiviso in zone di produzione più strette e dotate di maggiore omogeneità, aumentando la qualità e consentendo al consumatore di conoscere la provenienza delle uve. La menzione dell’UGA in etichetta al momento è però consentita solo per la Gran Selezione.

Delle undici UGA delimitate, Lamole, nel comune di Greve in Chianti, è in assoluto la più piccola, circa 1000 ettari totali, di cui solo 95 destinati alla viticoltura, meno dell’1% del totale della denominazione. Situata a ridosso del Monte San Michele, è anche il territorio dove le vigne raggiungono le altitudini maggiori, tra i 500 e i 625 metri e quindi una delle zone più tardive nella maturazione del Sangiovese. La presenza abbondante di boschi, anche sopra i 700 mt s.l.m. – limite massimo consentito dal disciplinare per l’impianto delle vigne – determina un microclima particolarmente fresco. Geologicamente parlando, Lamole è costituita da un’unica formazione il cosiddetto Macigno toscano, arenaria non calcarea che determina suoli con elevate percentuali di sabbia e PH inferiori a 7,5.

Tutto questo nel bicchiere si traduce in vini dai colori tenui, di struttura elegante e acidità meno incisiva rispetto ad altri areali.

Tra i produttori di Lamole presenti alla manifestazione abbiamo visitato Podere Castellinuzza di Paolo Coccia, cantina condotta dalla famiglia Coccia fin dal 1962, quando i terreni colonici messi in vendita dalla precedente proprietà, Montagliari & Castellinuzza di Cappelli, furono da loro acquisiti.

Paolo Coccia, settanta vendemmie all’attivo, e la figlia Serena conducono oggi l’azienda, che si estende su 9 ettari, di cui 3,5 coltivati a vigne, 2 a ulivi, il resto adibito a bosco di castagni.

I VINI IN DEGUSTAZIONE

Chianti Classico Docg, 2021

Vitigni: 95% Sangiovese e 5% Canaiolo

Vinificazione: vasche di cemento con macerazione di circa 14 giorni Matura in vasche di cemento per almeno 24 mesi e poi in bottiglia per 6 mesi.

Il naso è immediatamente agrumato per poi distendersi sulla classica ciliegia ancora croccante. In bocca è pulito, senza fronzoli, rivelando un tannino già perfettamente integrato.

Chianti Classico Docg Riserva 2021

Vitigni: 100% Sangiovese

Vinificazione: in vasche di cemento con macerazione di circa 14 giorni Matura in vasche di cemento per 24 mesi, poi in bottiglia per almeno 4 mesi. Le note olfattive rimandano all’iris, alla viola e a piccoli frutti di bosco. Il sorso giovane fa intuire un’evoluzione ancora lunga. Ed è solo un campione di botte…

Chianti Classico Gran Selezione Docg 2019

La Gran Selezione di Poderi Castellinuzza celebra le vecchie vigne di sangiovese allevate ad alberelli su terrazzamenti in quota.

Vitigni: 100% Sangiovese Vecchie Vigne (Età vigneto: 130/150 anni)

Vinificazione: in vasche di cemento con macerazione di circa 14 giorni. Matura in vasche di cemento per almeno 24 mesi e poi in botte grande per 9 mesi, infine in bottiglia per 6 mesi Naso elegante e gentile che rimanda subito a sentori di acqua di rose, fragoline di bosco mature e poi ancora amarena e prugna. Il palato è pienamente energico, scattante, bilanciato in sapidità e freschezza, di una grande struttura, in cui il tannino risulta elegante e composto.

Le vigne di città

Sì, avete letto bene, le vigne in città esistono, si insediano nel caos cittadino regalando scorci verdi e grappoli urbani che osservano silenziosi la metropoli. Un patrimonio testimonianza di vita e storia, oggetto di conservazione e valorizzazione che contribuisce alla sostenibilità delle città.

Passeggiare tra i filari vi catapulterà in un’altra dimensione, silenzio, profumi e colori che fanno da contraltare al traffico e all’inquinamento.

Io ne ho visitate alcune, in Italia e all’estero, venite con me in questo racconto che unisce storia, tradizioni, cultura e VINO.

MILANO – La vigna di Leonardo

Il trentenne Leonardo da Vinci arriva a Milano nel 1482, abbandona la corte di Lorenzo de’ Medici per spostarsi in quella di Ludovico Maria Sforza, detto il Moro. Ad accogliere il Genio una città che nulla ha da invidiare a Firenze, si respira un grande fermento culturale ed artistico che gli consente di stringere amicizia con gli artisti e gli artigiani milanesi e riceve le prime commissioni per opere e scenografie.

Solo diversi anni più tardi, nel 1495, dopo che l’artista si è fatto le ossa, Ludovico il Moro gli assegna l’incarico di dipingere un’Ultima Cena nel refettorio dei frati Domenicani e nel 1498 concede a Leonardo la proprietà di una vigna di 16 pertiche (circa un ettaro di terreno).

Possiamo immaginare Leonardo che dopo una giornata di lavoro al cantiere del Cenacolo, attraversa il Borgo delle Grazie e la casa degli Atellani, per passeggiare tra i filari della sua vigna.

In seguito, quando le truppe francesi sconfiggono Ludovico il Moro, Leonardo lascia Milano ma continuerà ad occuparsi della sua vigna anche da lontano e la citerà nel suo testamento nel 1519 lasciandone una parte al suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, il Salaì.

Arrivando ai giorni nostri, grazie agli studi portati avanti dalla genetista Serena Imazio e dal professor Attilio Scienza, massimo esperto di DNA della vite, è stato individuato quale fosse il vitigno coltivato nel Rinascimento: Malvasia di Candia aromatica. Nel 2015 gli esperti dell’Università hanno reimpiantato proprio le barbatelle di Malvasia.  A settembre del 2018 è avvenuta la prima vendemmia, solo 330 bottiglie.

Il 15 settembre 2021, il Comitato Maria Letizia Verga, Fondazione che raccoglie fondi per la lotta contro la leucemia, ha organizzato la prima asta e le prime 3 bottiglie di 330 sono state battute in anteprima mondiale. L’intero ricavato dell’asta è stato destinato al progetto di ricerca sul passaporto genetico che mira ad individuare il profilo genetico di ogni bambino malato di leucemia e linfomi.

Una storia affascinante che lega Leonardo da Vinci al vino, e non poteva essere altrimenti visto che il padre Pietro, il nonno e lo zio avevano vigne a Vinci, visto che nei sui codici disegnava il modo con cui si doveva appendere l’uva per conservarla in inverno oltre ad altri particolari riferiti alla viticoltura.

Purtroppo attualmente la vigna di Leonardo è chiusa al pubblico.

PARIGI – Clos Montmartre

Il legame tra Parigi e il vino si perde nella notte dei tempi, la coltivazione della vite sulla collina di Montmartre risale al XI secolo quando il quartiere bohémien non era altro che un insieme di piccole case e mulini.

Nel 1500 l’attività vinicola si ampia con un maggior numero di filari che si estendono lungo tutto il pendio, sino alle pianure circostanti. Dai documenti storici compaiono vini bianchi, rossi, una piccola produzione locale.

Segue il periodo della forte urbanizzazione e il vigneto viene lasciato a sé stesso e pian piano abbandonato, fino agli anni Trenta quando pochi uomini di buona volontà decidono di recuperare quell’area verde reimpiantando vari vitigni: dal Pinot Noir al Beaujolais tra gli altri, mantenendo con cura il vigneto grazie anche all’aiuto di un enologo che monitora la qualità del prodotto.

La vigna è conosciuta con il nome di Clos Montmartre, è situata sul pendio di Montmartre, nei pressi della basilica del Sacre Coeur. Di proprietà della città di Parigi, la gestione della vigna è invece affidata al Comité des Fêtes et d’Actions Sociales de Montmartre – Paris 18ième.

Riunisce diverse denominazioni di vino, “Le Clos Berthaud”, “La Goutte d’Or” o ancora “Il Piccolo”. All’inizio la produzione di vino del Clos Montmartre era riservata solo al consumo locale, ora la vigna può contare su 1800 vigneti, con 30 diverse tipologie di vite.

Ogni anno in ottobre è organizzata “La Fête des Vendanges” per celebrare la raccolta annuale. La festa si svolge nell’arco di un fine settimana lungo (3 giorni), intorno al 7 di ottobre, e conta la presenza di numerose confraternite gastronomiche, sfilate in costumi d’epoca ed espositori provenienti dalle maggiori cantine di tutta la Francia. La produzione si attesta intorno alle 1500 bottiglie da 50cl che vengono fatte affinare nelle cantine del Municipio. Le bottiglie vengono dipinte da artisti famosi, anche Modigliani partecipò all’iniziativa, e poi battute all’asta. Il ricavato viene destinato alle opere sociali dell’Associazione di Montmartre.

Un vero tuffo nell’atmosfera bohémien dove si respira aria di altri tempi.

VIENNA – Il vino dell’Imperatore

Se avete in programma un viaggio nella capitale austriaca e se siete alla scoperta di qualcosa di particolare, mettete in agenda una mezza giornata, ma anche una giornata intera se avete tempo, per un’escursione sulle colline che si trovano a pochi Km dalla città e che regalano un incantevole panorama sulla città stessa e sul Danubio.

L’area vitata di Vienna ha una superficie di circa 700 ettari, una cosa più unica che rara per una metropoli, qui giocano un ruolo fondamentale il Danubio e il Bosco viennese che creano un microclima ideale alla coltivazione della vite.

I vigneti sono sparsi sulle colline di Kahlenberg, Nussberg, Bisamberg e nel sobborgo di Mauer, dove 230 viticoltori sono dediti a quest’arte che risale ai Celti e alle legioni romane, anche se notizie documentate si hanno dal XII secolo.

Una tradizione che risale al Medioevo quando però la qualità del vino era diversa. Ai tempi dell’imperatore Federico III il vino era così acido che lo stesso ne proibì il consumo perché temeva che potesse nuocere alle persone. Questo vino veniva chiamato “mangiabotti” perché era talmente acido da sciogliere i cerchi della botte. Veniva venduto in numerose cantine, chiamate “buchi”, e nei bar. Per migliorarne la qualità, spesso il veniva mescolato con sostanze come miele o zafferano. Successivamente le osterie furono trasferite nei vigneti, che ancora oggi sono i luoghi tradizionali in cui servire il vino.

Un regolamento dell’imperatore Giuseppe II, in vigore ancora oggi, prevedeva la distribuzione del vino nelle osterie. Così il 1784 fu l’anno in cui nacquero le tipiche osterie viennesi, Heurigen.

Alcune sono immerse nei vigneti e regalano un paesaggio bucolico dove poter trascorrere un po’ di tempo tra vino, piatti tipici e musica. Il periodo migliore per recarvisi è l’autunno durante la tradizionale Giornata escursionistica del vino viennese. Quattro percorsi permettono di esplorare il panorama enologico e nelle varie tappe i viticoltori della zona offrono degustazioni di prelibatezze provenienti sia dalla cantina che dalla cucina.

Per quanto riguarda la produzione questa è costituita per 80% da vini bianchi fruttati: Riesling, Weissburgunder, Gruner Veltliner, Sauvignon Blanc, Muskateller. I vini rossi sono invece il Zweigelt, St-Laurent, Merlot, Pinot Noir e Syrah.

Una specialità viennese con una lunga tradizione è il Gemischte Satz, un vino prodotto con diversi vitigni. Nulla a che vedere con la cuvée, per il Gemischte Satz si allevano nello stesso vigneto fino a 20 vitigni diversi; le uve vengono poi pressate e vinificate insieme per ottenere un vino del tutto particolare. Originariamente l’intenzione era quella di ridurre al minimo il rischio di annate con scarsa produzione, poiché, potendo contare su diversi livelli di maturazione e differenti tenori di acidità, era garantita una qualità stabile. Un vino che oggi è sotto il presidio Slow Food.

PRAGA – I vigneti divini

La storia della viticoltura a Praga risale al Medioevo, quando i vigneti circondavano la capitale, fu Carlo IV che favorì la coltivazione della vite grazie a degli editti che esentavano dal pagamento delle tasse i vignaioli. Oggi sono angoli per ritemprarsi dalla confusione della città. Poca produzione, sei vigneti per un totale di quasi 12 ettari, posti in posizioni panoramiche regalano viste indimenticabili.

Durante il mio viaggio nella capitale ceca ho avuto l’occasione di visitare il vigneto di San Venceslao proprio sotto il castello di Praga, recuperato alcuni anni fa è oggi accessibile al pubblico. Il principe Venceslao piantò le viti per avere il vino sacramentale. Viene considerato come il più vecchio vigneto fondato da San Venceslao all’inizio del X secolo, lo scopo era quello di avere il vino per le cerimonie religiose.  Qui si coltivano due uve, il Ryzlink del Reno (Riesling) e il Pinot Nero, ma lungo il sentiero panoramico sono state piantate altre decine di vigne. I vini del vigneto sono un’edizione limitata ed è possibile degustarli solo nell’adiacente e lussuoso ristorante Villa Richter.

Nel centro di Praga si trova un vigneto, Villa Grobe, con cantina sotterranea. Nel vigneto sono coltivate 8 varietà di uve, 4 bianche e 4 rosse. La vendemmia è fatta direttamente nell’annessa cantina che produce e vende vino dal 2009, anche a bicchiere. Ottimi il Müller Thurgau e il Pinot Grigio.

Nell’orto botanico della città si trova il vigneto di Santa Chiara con una storia di quasi 800 anni.

Non si sa con esattezza quando sia stato fondato il vigneto, ma il caldo pendio fu certamente utilizzato dall’imperatore Carlo IV, che fondò il ponte Carlo a Praga, quando la piantò con le viti. La viticoltura fiorì maggiormente durante il regno dell’imperatore Rodolfo II. Praga era allora chiamata la ‘città del vino”.

La parte produttiva è costituita da varietà di vitigni bianchi come Riesling, Müller-Thurgau, Sauvignon, Moscato di Moravia, Tramín Rosso e Pinot Nero. Tra le varietà di vitigni rossi, ci sono il Blue Portugal e il Pinot Nero. Recentemente, il vigneto produce vino spumante e vino di tipo Porto Fortis Magna. I vini rossi sono invecchiati in botti di rovere per un minimo di due anni.

Le feste del vino a Praga sono eventi molto popolari e tanto attesi tra i locali e gli appassionati di vino, vengono organizzate ogni anno dopo la fine della stagione della vendemmia. Le feste autunnali tradizionali includono in genere concerti, spettacoli, bancarelle di cibo con specialità regionali, nonché la degustazione di vino novello e vino parzialmente fermentato chiamato “burčák”

E se siete curiosi, di vigne urbane ce ne sono molte altre, dislocate nel vecchio continente e non solo.

Solo per citarne alcune possiamo trovarle ad Avignone; Barcellona; Bergamo; Siena; Palermo; Venezia e… a New York.

Sono sotto l’egida de La Urban Vineyards Association (U.V.A.) che nasce con l’intento di tutelare il patrimonio rurale, storico e paesaggistico rappresentato dalle vigne urbane e di valorizzarlo sotto il profilo culturale e turistico, rendendolo produttivo per la collettività e per il futuro nel rispetto dell’ambiente, attraverso politiche vitivinicole e sociali di integrazione e sostenibilità. Prosit!

Gambero Rosso e Osteria Fernanda insieme per il Mandrarossa on tour

Osteria Fernanda e Gambero Rosso: degustazione esclusiva con “Mandrarossa on Tour” a Roma.

L’Osteria Fernanda a Roma ha aperto le porte a un’esperienza culinaria unica, grazie al progetto Mandrarossa on Tour, frutto della collaborazione con il Gambero Rosso. Tre le cene-degustazione, due delle quali si svolgeranno a Roma e una a Milano. Per 20italie ho avuto l’opportunità di degustare una selezione dei vini più distintivi della cantina di Menfi, abilmente abbinati ai piatti creati dallo Chef Davide Del Duca.

Filosofia culinaria raffinata e sempre sorprendente. Abilità nel bilanciare sapientemente i sapori e nel presentare piatti freschi e creativi. L’ambiente del ristorante è già invitante, con un’estetica moderna, dal taglio minimalista, che richiama la tradizione avvolgendo gli ospiti con discreta cura. I tavoli posizionati di fronte alla luminosa e ampia vetrata della cucina offrono una vista coinvolgente sul lavoro della brigata, durante la preparazione delle portate.

Gambero Rosso è riuscito nell’intento ad esaltare in modo appropriato i punti di forza sia del menù che dei vini. Insieme a Lorenzo Ruggeri e Giuseppe Bonocore, ci siamo confrontati sugli abbinamenti, giudicati in sintonia per la serata. Roberta Urso, responsabile pubbliche relazioni e comunicazione di Mandrarossa, racconta la storia della cantina, una Cooperativa vitivinicola di qualità che raccoglie 160 conferitori selezionati tra i 2000 della famiglia maggiore Cantine Settesoli, con i suoi 500 ettari vitati. Studio approfondito dei terreni, basse rese e tutto il meglio della Sicilia raccolto vinificato con cura nelle bottiglie che avevo già provato in occasione dello scorso Vinitaly. Non mi resta che andare a Menfi e visitare di persona questa interessante cantina siciliana, da raccontare ancora su 20italie.

MENU E VINI IN ABBINAMENTO

  • Entrée
Selezione di finger food: Cioccolato bianco ripieno di arachidi con gel di crodino, sedano rapa con anacardi e fegatino di pollo.
  • Spuma di burro di Normandia e pane a lievitazione naturale appena sfornato.

Piccole esplosioni di sapore che stimolano l’acquolina in bocca.

Vini in abbinamento:

Calamossa Bianco Mandrarossa 2023

Metodo Charmat floreale fresco e piacevole, nota aromatica data dallo Zibibbo che bilancia

  • Antipasto
: Ostrica, topinambur fermentato olio di Perrillo e limone nero

Le note vegetali dell’olio e delle parti verdi coprivano un pochino l’ostrica

  • Calamaro, beurre blanc, cime di rapa, colatura e yuzu

Un piatto molto interessante con un trionfino di sapori giustamente dosati e bilanciati.

Vino in abbinamento:

Sicilia Urra di Mare Mandrarossa 2023 – Floreale gelsomino nella freschezza con finale sapido

  • Primo piatto: 
Tagliolino di spirulina, bottarga di tonno, finocchio e cerfoglio.

Vino in abbinamento:

Sicilia Bertolino Soprano Mandrarossa 2022


  • Secondo piatto: 
Manzo, mela cotogna, succo di pepe Sancho e olio al carbone d’erbe

Un piatto meraviglioso.

Vino in abbinamento:
 Sicilia Mandrarossa Cartagho 2020

Bella struttura, morbidezza e terziari. Forse troppo percepibile la nuance del legno.

  • Dolce: Cremino ai tre cioccolati Valrhona, latte salato e caffè.
  • Piccola pasticceria

Dolcezza bilanciata, non eccessiva ma di gran gusto. La giusta conclusione di una cena che ha sorpreso per qualità e la finezza.

Vino in abbinamento:
 Passito di Pantelleria Serapias Mandrarossa 2020.

Un passito che non stanca e invoglia alla beva, grazie alla spinta acida.

Podere Casanova: nobiltà e innovazione nel cuore di Montepulciano

Nel suggestivo scenario di Montepulciano, durante l’Anteprima organizzata dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, abbiamo avuto il piacere di essere ospiti della cantina Podere Casanova, guidati in un viaggio sensoriale unico dai proprietari Isidoro e Susanna Rebatto e dalla responsabile della comunicazione Maddalena Mazzeschi.

Podere Casanova incarna l’eleganza e la nobiltà del territorio toscano, rappresentando un connubio perfetto tra passione, tradizione e innovazione, un sogno divenuto realtà. Isidoro ha saputo dar vita, grazie anche agli studi di gioventù, a vini caratterizzati da uno stile unico ed elegante.

L’anima di Podere Casanova risiede nella sua vocazione alla sostenibilità ambientale, con un impegno concreto verso pratiche agricole rispettose dell’ambiente. Oltre alla Certificazione Equalitas, l’azienda si distingue per l’utilizzo di sostanze naturali alternative e per un approccio attento alla conservazione del territorio. Con i 17 ettari di vigneti coltivati con varietà autoctone e internazionali, produce una linea di vini volta a riflettere l’autenticità del territorio di Montepulciano e del Prugnolo Gentile.

Culmine della visita l’esperienza sensoriale nella sala degustazione panoramica, dove i visitatori sono stati accolti da un suggestivo pianoforte a coda, con un repertorio musicale in perfetta sintonia con il contesto e con i prodotti proposti in assaggio. La verticale del Vino Nobile di Montepulciano offre un viaggio attraverso sei annate, ognuna caratterizzata da note distintive e complessità sensoriali uniche, dai piacevoli sentori di frutta scura del 2020 alla complessità e profondità del tannino della 2015.

La degustazione è stata curata dal collega di 20Italie Adriano Guerri

Vino Nobile di Montepulciano Podere Casanova 

Annata 2020

piacevoli i sentori di mora, china e susina matura, cuiseguono note mentolate balsamiche. Il sorso è contraddistinto da buona avvolgenza e sapidità. 

Annata 2019

apre con note di frutti di bosco, seguite da liquirizia e spezie, con tannini ben integrati. Un vino composito e coerente. 

Annata 2018

dai sentori di confettura di frutti di bosco, rabarbaro e prugna, si erge elegante al palato con buona persistenza. 

Annata 2017

effluvi di mora di rovo, marasca, bacche di ginepro e cannella. Attacco tannico poderoso e dall’efficace trama saporita.

Annata 2016

libera note di rabarbaro, china Martini, susina e tabacco dolce. Caldo, avvolgente e appagante. 

Annata 2015

sentori di ginepro, uniti a sottobosco e talco, su finale austero e durevole. Chapeau!

La vera sorpresa arriva con la degustazione dei quattro vini speciali, abbinati ai brani musicali selezionati.

Al primo vino, il Vino Nobile di Montepulciano Riserva 2017, è stato abbinato il brano “Vecchio Frack” di Domenico Modugno, come l’etichetta che riporta, appunto, una tuba.

Al secondo vino, il Vino Nobile di Montepulciano SETTECENTO 2018, è stato abbinato il brano “Can’t help falling in love” di Elvis Presley.

Al terzo vino, Leggenda IGT Toscana 2018, è stato abbinato il brano “Passacaglia” di Georg Friedrich Händel 

Al quarto ed ultimo, IRRIPETIBILE IGT Toscana 2020, è stato abbinato il brano “She” di Elvis Costello.

Il Vermentino Solosole di Poggio al Tesoro: una splendida “verticale in bianco”

Bolgheri è un anfiteatro di storie d’amore, una di queste è nascosta nel Vermentino Solosole di Poggio al Tesoro, lo scopriamo in una splendida verticale di 6 annate differenti, in compagnia del Responsabile di produzione Christian Coco.

“I cipressi che a Bolgheri alti e schietti Van da San Guido in duplice filar, Quasi in corsa giganti giovinetti, Mi balzarono incontro e mi guardar.”

Bolgheri è un luogo di cui ci si innamora. Ce lo dimostra Carducci, con la sua celebre ode “Davanti a San Guido”, che decanta quel fantastico “Red Carpet” di Cipressi con il quale i Romani molti anni prima incorniciarono la celebre via e prima ancora gli Etruschi che per primi si insediarono qui. Il Marchese Incisa della Rocchetta trovò qui l’amore di Clarice della Gherardesca, decise di lasciare il Piemonte e dedicarsi qui alla Tenuta San Guido che la moglie portava in dote.

Questo sentimento colpisce Marilisa Allegrini e suo fratello Walter, già grandi produttori in Valpolicella, che mossi alla ricerca di qualcosa di straordinario, nel 2001 è proprio qui che lo trovano fondando Poggio al Tesoro.

È anche la storia di Christian Coco, Londinese di Nascita, studi classici, che navigando per Mari sbarca in questa terra e rimane folgorato dalla cultura della vite. Si Laurea in Enologia a Pisa e, dopo importanti esperienze avviene il sodalizio enologico con l’azienda Poggio Al Tesoro, per la quale è Enologo e Responsabile di produzione.

LE TERRE DI BOLGHERI

Bolgheri è un teatro naturale, adornato a Est da Colline Metallifere ricoperte da boschi di macchia mediterranea che salvaguardano l’ecosistema e che si stendono dolcemente fino a Ovest, dove lasciano spazio a Pinete, spiagge e quindi al mare. La via Aurelia, antica strada romana, fissa il confine tra la denominazione e la costa, seguendo la strada verso nord invece, incroceremo il Viale dei Cipressi che segna il confine più alto.

L’Enosistema è complesso. La luce abbonda costantemente e nel pomeriggio si rifrange sul Mare Tirreno, continuando a scaldare fino al tardo crepuscolo. I Venti, panacea per ogni malattia della vite, sono frequenti e presenti tutto l’anno, tirano dal mare e dalla Collina Metallifera, polmone naturale e filtro per gli agenti atmosferici. Il Maestrale porta sentori sapidi e salmastri, nei pomeriggi estivi il suo tepore è ancor più potente di quello del sole.

LA FILOSOFIA DI POGGIO AL TESORO

I terreni su cui l’azienda poggia le sue radici sono di origine alluvionale, la terra brucia, è di colore rosso che svela la matrice ferrosa e calcarea. Siamo in pianura, dove il drenaggio è maggiore e la radice va più a fondo, 250 s.l.m.

Il Vermentino è un vitigno tipico delle coste Ovest del Mediterraneo. Ritenuto, pare erroneamente visti i recenti studi scientifici, originario della Spagna, ha preso piede dapprima in Francia in Languedoc-Roussillon col nome di Malvoisie à gros Grains poi in Corsica, quindi in Liguria, Toscana e Sardegna. A Bolgheri il calore fa la differenza e le uve prendono uno splendido colore ottone in maturazione.

Nella loro visione Marilisa e Walter vogliono la corposità e la grassezza di un Vermentino Sardo unita alla freschezza e mineralità di quello Ligure, il risultato li porta ad una selezione clonale Corsa, scrupolosamente clonata in azienda.

Quattro poderi formano la tavolozza delle vigne: Via Bolgherese, Chiesina di San Giuseppe, Le Sondraie, Valle di Cerbaia. I primi due sono collocati nella zona Soprastrada che dona al vino eleganza e complessità, mentre negli altri avremo più potenza e rotondità.

Tutto questo è il Solosole, Vermentino in purezza, in una parola S.A.L.E., acronimo di Struttura, Acidità, Longevità, Espressione aromatica marcata (ma anche Eleganza). La Vendemmia è rigorosamente al chiaro di luna per preservare la freschezza, i grappoli sono turgidi e ambrati. In cantina viene effettuata una sapiente macerazione sulle bucce, una stabulazione a freddo. L’uso di lieviti non fermentanti inoltre contribuisce all’esaltazione delle proprietà aromatiche e del profilo organolettico complessivo.

Le masse vengono vinificate separatamente per ottenere “Scale diverse di una diversa nota”, citando Christian Coco.

La degustazione

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2022

Colori giallo paglierino dalle sfumature oro chiaro, di spiccata lucentezza, gira sinuosamente. Al naso ci accoglie una nota iodata suadente, fiori freschi, frutta gialla fresca e toni agrumati che ricordano il lime, contornati da salvia fresca e gelsomino. In bocca è una carezza, l’ottimo corpo si slancia su una sapidità tonda e ricca, il ricordo di frutto giallo, di mela è qui più maturo. La sapidità è ricca e unita ad una vibrante freschezza dai rimandi citrini crea una succosa atmosfera. È un vino scalpitante, che col tempo si racconterà ancor di più e ancor meglio.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2019 14%

Eccelsa annata, si presenta vestita di colori un po’ più caldi e un dorato ancor più luminescente nell’orlo. Il naso si apre su note di erba aromatica infusa, sta iniziando una virata verso altre nuance. Sbuffi di frutta, pesca sciroppata, ananas, mela cotogna e agrumi impreziositi da infusioni ai sentori di ginestra e macchia mediterranea, in un sottofondo iodato. È un naso metronomico, che a ogni olfazione ci scandisce una nota diversa della sinfonia. L’assaggio è notevole e colpisce la percezione di sale più maturo, più avvolgente, che si lega perfettamente all’agrumata freschezza lasciandoci il bellissimo ricordo di uno spicchio di pompelmo. Tanta stoffa e ancora tanti anni davanti per sorprendere ancor di più.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2017

Annata bizzarra e a tratti calda, è in queste annate che la differenza la fa l’uomo e la sua sapienza. Ci accoglie un calice giallo paglierino dalle decise sfumature dorate. Naso che ammicca verso note idrocarburiche, protagoniste sono le sensazioni di frutta gialla succosa, pepe bianco, infuso al rosmarino, miele di tiglio. Al sorso troviamo ad accoglierci un vino che ha preso il suo tempo, ha un sorso succoso, è lungo, persistente e lascia ricordi di frutta sotto spirito. La sapidità è sempre ben presente ma di diversa fattura, palatale, granulosa.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2015

Un suadente dorato intenso illumina il calice. Appoggiando il naso sale subito un sentore di scorzettina di cedro che fa da anticamera a note di miele al rododendro, pepe bianco, ancora agrume e poi ancora iodio e macchia mediterranea. Il sorso è burroso e carezzevole, impreziosito da sale e sentori di spezie, eccelso equilibrio, sorretto da basi solide della freschezza e del buon calore. Ottima persistenza.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2012

Bellissima nuance dorata di ottima quantità colorifera. Il naso si delinea su trame “non zuccherine”, mango, albicocca matura cui seguono fiori di sambuco, ricordi di the giallo e di infuso e ancora spezie e note iodate. L’assaggio è verticale, dritto, il sale levigato, si spalma e aromatizza il palato. Eccellente equilibrio e persistenza, la massa è ormai armonizzata in tutte le sue componenti.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2010

Nuance dorata dalle delicate sfumature ambra. Il naso è evoluto, si apre nelle note agrumate di limoni di sorrento, spezie dolci, burro nocciola. Ricordi di creme brulee, torta della nonna, ma anche the darjeeling, un naso esteso e sensuale. All’assaggio è un vino rotondo, morbido, ci accarezza velatamente posandosi come seta sul palato per poi lasciarsi ripulire dal sale, scioglievole ma al contempo palatale, completo. Notevole e fruttata persistenza.

Ringrazio Christian Coco per avermi svelato un po’ del suo mondo e il Miglior Sommelier di Lombardia Federico Bovarini col quale ho condiviso l’assaggio di queste splendide etichette. “Il vino è l’unico modo per toccare fisicamente il tempo”.

Bollicine protagoniste a Wine&Siena 2024

Bollicine protagoniste di una masterclass durante la manifestazione Wine&Siena 2024: tradizioni consolidate e interpretazioni innovative.

Wine&Siena conferma il gradimento del pubblico per le eccellenze selezionate da TheWineHunter: una nona edizione che ha inaugurato il calendario degli appuntamenti enoici in Italia e che ha registrato un record di presenze, ben 2500 e la giornata di sabato con ticket sold out.

Nelle giornate di sabato 27 e domenica 28 le sale del Grand Hotel Continental Siena – Starhotels Collezione sono state animate dalle interessanti masterclass, tra cui quella dedicata ai vini fatti in anfora magistralmente condotta da Helmuth Köcher.

Le sessioni del sabato si sono aperte nella mattinata con Bolle d’Italia: un viaggio sensoriale tra le eccellenze delle bollicine italiane. In apertura un Franciacorta Docg Extra Brut Arcadia 2019 Lantieri, 36 mesi sui lieviti, prevalenza Chardonnay con 15% di Pinot Nero e 5% di Pinot Bianco. Profilo olfattivo che regala note di agrumi, di panificazione, di zagara e di erbe di campo. La bollicina è fine e di media persistenza.

Franciacorta Docg dosaggio zero Dom riserva 2016 Mirabella è uno spumante Metodo Classico da 72 mesi sui lieviti; le basi fermentano in contenitori di cemento e si utilizza solitamente un 55% di Chardonnay mentre la parte restante è ugualmente divisa tra Pinot Bianco e Pinot Nero. Al naso si apprezza la frutta a polpa gialla, la nespola, il cedro, salvia e cera d’api, con sbuffi quasi sulfurei. Bollicina setosa e grande finezza. Il sorso denota una buona persistenza e l’abbinamento con il cibo un richiamo immediato.

VSQ Pinot Nero Metodo Classico pas dosè Monsupello: azienda che conduce circa 50 ettari vitati su terreni calcareo-gessosi in Oltrepò Pavese. Il vino affina in acciaio e non svolge la malolattica; in primavera vengono assemblati i vini ottenuti dalle diverse parcelle, segue la seconda fermentazione e una sosta di 40 mesi sui lieviti. Il colore di questo spumante è sempre luminoso ma sicuramente di intensità cromatica maggiore, i profumi ricordano la mela cotogna, la frutta candita, la renetta, il pan brioche e la pietra focaia. Vivace freschezza, che rende l’assaggio di squisita piacevolezza.

VSQ Metodo Classico Dosaggio Zero Montemercurio 2016 è ottenuto da sangiovese proveniente da una vigna di circa 60 anni. La sboccatura viene riportata a maggio 2023. Una piacevole nota di ossidazione lascia il passo alla scorza d’arancia candita, alla frutta, alla grafite. Preciso equilibrio gustativo, chiusura sapida.

VSQ Metodo Classico Astra 2020 UvaMatris ha affascinato la platea per il suo naso floreale, i sentori di acacia e biancospino, di crema pasticcera, erbe officinali, ceralacca; in bocca una freschezza guizzante e una lunga persistenza. L’enologo Gabriele Ronchi ottiene questa bollicina utilizzando il Nebbiolo, a dimora su suoli calcareo-argillosi ricchi di marna.

La masterclass si è conclusa con la degustazione di Oltrepò Pavese Docg Metodo Classico Brut Collezione 2008 La Versa, una bollicina  ottenuta da Pinot Nero, che fermenta in acciaio, e da un saldo di Chardonnay in botti di legno di primo passaggio non tostate. Rimane ben 12 anni e mezzo sui lieviti. Terre d’Oltrepò è l’azienda che ha raccolto l’eredità di La Versa e che raccoglie il 45 % delle uve prodotte in questo territorio, rinomato nel mondo per la produzione di Pinot Nero. Il calice offre profumi di ananas, cedro, nocciola, una dolce speziatura, miele di acacia, zafferano, pasta frolla. Bollicine finissime, che salgono numerose in catenelle luminescenti, che al palato regalano sensazioni seriche. Infinita persistenza e una nota iodata sul finale.

Un viaggio attraverso le eccellenze italiane, proprio secondo i principi ispiratori di Merano Wine Festival, che ha affascinato il pubblico presente e lo ha stimolato al confronto, alla discussione e all’approfondimento di questi territori.

Taurasi chiama Barolo

Ospitiamo con piacere nella rubrica L’editoriale del lunedì un articolo “appasionato” e appassionante del collega giornalista Gaetano Cataldo.

Buona lettura

È trascorsa qualche settimana da quando il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani ha diramato un importantissimo, rivoluzionario comunicato: il consiglio di amministrazione dell’ente vitivinicolo piemontese ha approvato alcune sostanziali modifiche ai disciplinari di competenza, diverranno effettive a patto che la maggioranza dei produttori voterà favorevolmente.

Menzioni comunali per il Barbaresco, utilizzo dei grandi formati, interscambiabilità tra le aree di Barolo e Barbaresco per vinificazione e imbottigliamento, sono alcuni dei temi. Tra le proposte di modifica c’è anche, nell’ottica di trovare valide soluzioni al cambiamento climatico, la rimozione del divieto di impiantare viti di Nebbiolo, atte a Barolo e Barbaresco, sui versanti esposti a Nord, senza però accrescere la superficie complessiva dei vigneti. Fin qui tutto bene ma, sostengono i vertici del Consorzio, a causa di un disciplinare obsoleto redatto negli anni ’60, occorre limitare il perimetro entro cui imbottigliare il Barolo e il Barbaresco, in quanto per legge deve coincidere con la zona di vinificazione, con l’obiettivo di tutelare le denominazioni da un punto di vista sia etico, che economico-commerciale.

Non è la prima volta che Matteo Ascheri, al timone del suddetto Consorzio di Tutela, propone soluzioni alternative: ricordiamo la decisione di fare passo al Vinitaly dopo il 2022, per impiegarne i costi risparmiati per far meglio in termini comunicativi per le cantine. Per il presidente Ascheri limitare l’imbottigliamento fuori dalle aree produttive è necessario perché scongiura frodi e risolve il gap fiscale inerente le esportazioni negli Stati Uniti: tali contromisure tengono conto del vigente Tree Tears System sul mercato americano, che diversifica il livello di tassazione tra importatore, distributore e dettagliante, implicando un maggior aggravio fiscale per chi esporta esclusivamente Barolo imbottigliato rispetto a chi esporta il vino sfuso, poi imbottigliato in loco.

In sostanza, se le riforme al disciplinare passeranno, si eviteranno alcuni salti nei vari passaggi tra la ricezione dello sfuso e l’imbottigliamento fuori zona, scoraggiando condizioni competitive troppo differenti tra gli attori posti a diversi livelli del mercato e si potranno prevenire le frodi e zone d’ombra.
“Devo considerare, chiedendo scusa ai miei Barolo e Barbera, che il Taurasi si deve considerare loro fratello maggiore” sosteneva l’on. Arturo Marescalchi, famoso enologo ed agronomo piemontese, nonché sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, agli inizi degli anni ’30.

Per mettere in connessione gli universi Barolo e Taurasi però, basta tagliare corto e stabilire che la congiungente, in questo caso, fuori dall’indiscussa qualità di entrambe le eccellenze enologiche, è una sola: riguarda proprio gli imbottigliatori fuori dall’area di produzione. È il caso di ricordare che la denominazione di origine controllata e garantita afferente al Taurasi, non certo la sola in Campania e come tante altre in Italia, è incernierata su un disciplinare aperto, ossia che consente l’imbottigliamento fuori zona di produzione, addirittura in aree extraregionali. Tali clausole non sono riconducibili anzitutto alla docg, entrata in vigore nel ’93, ma piuttosto rappresentano un retaggio della vecchia doc del 1970, assolvendo senz’altro a necessità e urgenze dell’epoca, va riconosciuto, ma che oggi si sono cementificati in diritti acquisiti inamovibili secondo certi soggetti, gli stessi che affermano l’Unione Europea non accetterebbe restrizione ai disciplinari di produzione e che, forse, non sono al corrente del precedente epocale che si intende mettere in atto su in Piemonte.

È impensabile che nella verde Irpinia, una delle province più ricche della Campania, ricchezza che trova fondamento attraverso la preesistenza di una grande Civiltà Contadina, vi sia un dilagante spopolamento, grosse carenze infrastrutturali ed alto tasso di disoccupazione. A dirlo la stessa Confindustria nel 2023. Evidentemente indicatori economici, come ad esempio il prodotto interno lordo, non rispecchiano sempre la realtà media vissuta dalle persone comuni, con il risultato che l’Irpinia sta morendo. Il bello è che Il 29 giugno del 2022, in presenza dello stesso Matteo Ascheri, ospitato dal neo insediato Consorzio di Tutela Vini d’Irpinia presso l’Istituto Enologico “De Sanctis”, durante l’evento “Taurasi, the King of Southern Italy”, ci si riempiva abbondantemente la bocca a parlare di tali gravi problemi e del calo delle nascite persino in centri densamente abitati come Atripalda.

Tornando alla questione imbottigliatori, essa non getta certo ombre sulla rispettabilità e il livello qualitativo raggiunto dalle tantissime cantine avellinesi, ma apre certamente a delle considerazioni che il Consorzio di Tutela Vini d’Irpina, suo malgrado, dovrà affrontare. La situazione per la compagine consortile, insediatasi quasi due anni fa, è decisamente complessa da affrontare, considerando l’aver ereditato un ventennio scomodo, ma occorre lavorare per dare valore ai viticoltori, vero anello debole della catena, e favorire un ragionevole aumento del prezzo dell’uva, senza millantare reticenze da parte della comunità europea sulle variazioni di disciplinare ed evitando che il tacito ricatto di vedersi poi le uve invendute, per via delle auspicabili restrizioni a imbottigliare fuori, possano verificarsi. Occorre che il vino costituisca tangibilmente la prima base, in quanto prodotto più fortunato in agricoltura, e venga impiegato come mezzo di crescita per le economie di prossimità in seno alla comunità locale.

Wine in Venice 2024

Dopo il Carnevale e il Festival del Cinema, arriva Wine in Venice l’evento veneziano del mondo del vino

Venezia incanta con la sua architettura unica e i canali che raccontano storie millenarie. La città è un capolavoro artistico e culturale che affascina chiunque la visiti. La magia di Venezia risiede nella capacità di trasportarti in un’altra epoca, tra labirinti d’acqua e meraviglie architettoniche. È un luogo dove il tempo sembra sospeso e ogni angolo è un dipinto vivente di storia e bellezza. Gondole, merletti, meravigliose creazioni in vetro che brillano con i loro colori, l’atmosfera eternamente affascinante, fanno di questa città un luogo unico al mondo. 

Mancava qualcosa che potesse celebrare il vino in un contesto esclusivo e straordinario. L’evento “Wine in Venice” si distingue per aver selezionato aziende vinicole virtuose in termini di sostenibilità, innovazione ed etica. Le venti aziende prescelte partecipano alla manifestazione vitivinicola nelle maestose sale della Scuola Grande della Misericordia. Venezia è una città turistica, forse una delle più turistiche al mondo, che vive di turismo tutto l’anno e a Venezia ci sono una grande quantità di albergatori e ristoratori, interessati alle aziende vinicole e a inserire nei loro menu i vini di aziende considerate virtuose.

La prima edizione, svoltasi nel gennaio 2023, ha ottenuto un notevole successo, attraendo un pubblico di qualità. Ogni anno, il numero di aziende interessate a partecipare cresce, poiché Wine in Venice si afferma come un’icona capace di miscelare temi, degustazioni, wine talk e masterclass, con uno sguardo attento ai principi di etica, innovazione e sostenibilità, i tre pilastri attorno ai quali si sono sviluppate le tre giornate della kermess. Istituzioni, addetti ai lavori, imprenditoria, giornalismo e mondo del vino si fondono per ragionare insieme sul futuro del settore “Wine For Future”. 

I numeri dell’evento che è stato organizzato da Winetales, Beacon, The Media Company Store e Venezia Unica insieme al media partner “Il Gusto” la verticale Food&Wine del gruppo Gedi, vedono quindi la presenza di 8 paesi stranieri coinvolti, 4.653 visitatori, 40 cantine presenti, 15 ore di masterclass, 4 Wine Talks, 2 nuovi format “Vive la France” e “La Masterclass dei Campioni”, 13 consorzi presenti.

Intervista a Edoardo Cibin, ideatore e fondatore di Wine in Venice: <<Sono fiero di aver portato questo evento, perché mancava a Venezia un salotto del vino e, anche se soltanto alla seconda edizione, entra a far parte dei grandi eventi della città dopo il Carnevale e il Festival del Cinema. L’idea è nata quattro anni fa, durante il COVID, e in quel momento in cui eravamo tutti fermi, ho riflettuto sul fatto che tutte le città importanti hanno un evento del vino, perché non farlo anche qui a Venezia? Non volevo che fosse soltanto una vetrina, ma che avesse anche dei valori importanti di cui parlare e quindi ho pensato che i criteri fondamentali di questa manifestazione, fossero sostenibilità, etica e innovazione. Sono molto soddisfatto del format che prevede appunto, una selezione delle 20 migliori cantine, una per regione, scelte da una giuria composta da importanti figure del vino e dai giornalisti di Gusto e Repubblica. Oltre alle 20 cantine sono presenti al piano superiore i Consorzi e le 20 cantine dello scorso anno>>.

Una delle novità di questa edizione è stata la “Cerimonia della consegna dei diplomi di AIS” che ha segnato un momento memorabile per oltre 120 neo sommelier di AIS Veneto, celebrando non solo il loro impegno ma anche l’innovazione nel settore del food&beverage e della sostenibilità. Grazie alla sinergia con Gianpaolo Breda, giudice della manifestazione e presidente di AIS Veneto, l’evento ha offerto non solo la consegna dei celebri “Tastevin” e dei diplomi ufficiali, ma anche un programma ricco di masterclass.

Infine, l’introduzione del “Mediakey Venice Award”, un premio che ha riconosciuto i migliori progetti di marketing nel settore alimentare e della sostenibilità, con spettacolari presentazioni di campagne di importanti multinazionali come TIM, Basf, San Pellegrino e Redbull. Ma il momento clou è stata “La Masterclass dei Campioni”, condotta dai migliori sommelier eletti dall’Associazione Italiana Sommelier, Alessandro Nigro Imperiale e Cristian Maitan. Con soli sei etichette selezionate per una degustazione al buio, i due sommelier hanno rivoluzionato le regole coinvolgendo il pubblico con un approccio fresco e accessibile a tutti, dai principianti ai professionisti.

Il progetto “Selection Wine in Venice” promette di portare l’essenza di “Wine in Venice” nel cuore di Venezia per 365 giorni all’anno, offrendo selezioni enoiche ed esperienze esclusive. Nei prossimi giorni saranno svelati tutti i dettagli di questo entusiasmante percorso che culminerà con la terza edizione di “Wine in Venice”, prevista dal 31 Gennaio al 3 Febbraio 2025.

Anteprime di Toscana 2024: chiudiamo il sipario con Anteprima “L’Altra Toscana” e le sue Denominazioni d’Origine

La Toscana è nota per la sua vocazione vitivinicola con importanti areali ed alcuni Consorzi hanno già presentato le nuove annate. Anteprima “L’Altra Toscana” racchiude, in un unico evento, i vini delle DOP e IGP: Maremma Toscana, Montecucco e Montecucco Sangiovese, Orcia, Cortona, Valdarno di Sopra, Terre di Pisa, Chianti Rufina, Terre di Casole, Grance Senesi, Montescudaio, Suvereto, Val di Cornia e Rosso della Val di Cornia, Carmignano, Barco Reale di Carmignano e Vin Santo di Carmignano e Toscana. Realtà che non hanno nulla da invidiare alle altre consorelle regionali.

La terza edizione dell’ Anteprima “L’Altra Toscana” si è  svolta nella giornata di lunedì 19 febbraio a Palazzo degli Affari a Firenze e ha chiuso i battenti delle Anteprime di Toscana. Kermesse ben organizzata in una struttura prestigiosa con ampi spazi e servizi adeguati. Il servizio è stato affidato alla Fisar (Federazione Italiana Sommelier Alberghi Ristoranti) con sommelier gentili ed efficienti, i quali hanno operato tra i tavoli di assaggio dedicati alla stampa con puntualità. Non dobbiamo, però, dimenticare l’impegno anche di A.I.S. (Associazione Italiana Sommelier), impeccabile nell’assistenza ai tavoli della stampa ed ai banchi dei produttori. A poca distanza la cupola del Brunelleschi sembrava quasi di toccare il cielo con un dito.

L’Anteprima è  dedicata alle Denominazioni più piccole della Regione, anch’esse ricche di tradizioni e di storia, ove la vite affonda le sue radici da secoli, alcune delle quali figurano già nel Bando del Granduca di Toscana Cosimo III De’ Medici del 1716, la Doc ante litteram per eccellenza. Altre sono state costituite recentemente, splendide realtà poste tra la costa tirrenica e le pendici montane con microclima e aspetti pedoclimatici diversificati, con distanze notevoli lungo i 4 punti cardinali della Regione. I vitigni variano, trovando spazio sia autoctoni sia alloctoni, per vini di ogni tipologia tra scelte convenzionali, biologiche e biodinamiche.

Il paesaggio è variegato, non mancano scorci mozzafiato su dolci od erte colline, numerosi sono gli imponenti e suggestivi castelli, le splendide ville, i tipici poderi, le pievi, i caratteristici  borghi costruiti in pietra, i folti boschi, gli uliveti secolari, campi e cipressi in duplice filar o a forma di roccolo. Alcune di queste meravigliose enclave sono state inserite nella lista World Heritage UNESCO.

I vini “top” degustati 

Tenuta di Capezzana – Carmignano Riserva Docg – Villa Capezzana  Trefiano 2019 – Sangiovese 80% Cabernet Sauvignon 10% e Canaiolo 10%.  Rosso rubino intenso, sprigiona note di viola appassita, ciliegia, scorza d’arancia, liquirizia e cacao in polvere, dal sorso rotondo, generoso e decisamente persistente.

Fattoria Varramista Terre di Pisa Rosso Doc Frasca 2021- Syrah 50%, Merlot 50% – Color rubino intenso, rivela sentori di  liquirizia, pepe nero, bacche di ginepro e tabacco. I tannini sono copiosi ma setosi, coerente ed ampio.

Il Borro Val d’Arno di Sopra Sangiovese Doc Polissena 2020 – Sangiovese 100% – Rubino intenso,  emana note di marasca , prugna, e macchia mediterranea. Gusto pieno e vibrante dal finale lunghissimo.

Tenuta Di Vaira Toscana Rosso Igt 2019 – Cabernet Franc 100% – Rosso rubino vivace, emana sentori di pervinca, mora, cassis, sottobosco e piacevoli nuances di peperone. Armonioso e leggiadro del tannino nobile e longevo.

Basile Montecucco Sangiovese Docg Ad Agio 2018 –  Sangiovese 100% – Rosso rubino intenso, libera sentori di amarena, ribes rosso e mirtillo che ben si fondono con note di liquirizia. Palato accattivante e duraturo.

Tenuta Impostino Montecucco Sangiovese Riserva Docg Impostino  2018 – Sangiovese 80% Merlot,  Petit Verdot e Syrah 20% – Sfumature sul granato, dipanante note di lampone, mora, prugna e china accompagnate da sottili note speziate, sorso interminabile, coerente e sorprendente.

Castello di Fonterutoli Toscana Rosso Igt Siepi 2021 – Sangiovese 50%, Merlot 50% – Rubino profondo, si districa tra note di frutti di bosco, prugne, tabacco e lievi nuance di sandalo. Gusto ricco dalla scia finale salmastra avvolgente.

Castello di Vicchiomaggio Toscana Rosso Igt FSM 2019 – Merlot 100% –  Rubino impenetrabile, complesso e fine, amarena, lampone, chinotto, grafite e sottobosco. Composito e dotato di una straordinaria piacevolezza di beva su finale balsamico.

Tua Rita Toscana Sangiovese Igt Perlato del Bosco Rosso 2021 – Sangiovese 100% – Rubino vivace, rivela note di violacciocca, tanta frutta rossa, sottobosco e ginepro. Sorso fresco, al contempo morbido e durevole.

Sottolineiamo che non è  stato inserito alcun vino di altre Denominazioni semplicemente perché a breve avremo la possibilità di approfondire questi stupendi lembi di terra dedicando appositi articoli a tema.

Chianti Classico Collection 2024: “3 C scritte a 4 mani”

Abbiamo ancora nella mente le splendide emozioni suscitate dalle Anteprime di Toscana 2024 e dalla due giorni di Chianti Classico Collection alla Stazione Leopolda di Firenze. La culla del Rinascimento italiano per una settimana nell’anno diventa anche la culla del vino nel mondo. Pronunciare Chianti Classico significa raccontare territori incantevoli, dove la fatica dell’uomo è riuscita ad abbellire ciò che è già magnifico di per sé.

Un universo di meraviglie, un racconto diverso ogni volta. Tantissime le aziende presenti ai banchi di assaggio. Oltre 500 le referenze messe in degustazione per la stampa di settore, tra cui c’eravamo anche noi di 20Italie, con il direttore Luca Matarazzo ed i redattori Alberto Chiarenza, Adriano Guerri e Ombretta Ferretto. A loro il compito bellissimo e arduo di selezionare i migliori assaggi tra Chianti Classico Annata, Riserva e Gran Selezione, per poi intervistare alcuni tra i rappresentati di prestigio dell’areale.

Un ringraziamento particolare va alla Regione Toscana per l’organizzazione semplicemente perfetta della settimana di Anteprime di Toscana ed alle referenti Silvia Fiorentini e Caterina Mori del Consorzio Vino Chianti Classico per averci dato piena assistenza durante la kermesse.

Ma adesso è giunto davvero il momento di lasciare spazio e voce alle emozioni dei nostri autori, che sapranno trasmettere certamente lo spirito di gruppo e le vibrazioni dell’aver preso posto in un luogo dove si fa la storia del vino.

Alberto Chiarenza

La recente edizione del Chianti Classico Collection 2024 ha segnato un vero trionfo, con la partecipazione di rinomati giornalisti ed esperti del settore provenienti da buona parte del mondo. Le mie aspettative erano alte e la manifestazione non mi ha certamente deluso, con le degustazioni in anteprima che confermano un trend verso vini di altissima qualità. Un cambiamento significativo è stato notato nell’approccio alla vinificazione, con una diminuzione dell’uso del legno a favore di vini più freschi e verticali. Tuttavia, la tradizione non è stata abbandonata, ma rielaborata in modo da mantenere l’autenticità senza appesantire il palato con sentori eccessivi di legno. Bellissima esperienza condivisa con amici e colleghi di 20Italie come Adriano, Ombretta e il direttore Luca Matarazzo.

Ombretta Ferretto

Chianti Classico Collection 2024 è stata un’occasione avvincente per abbracciare in un unico colpo una denominazione complessa e apprezzarne le numerose sfaccettature del territorio. Grazie all’ottimo lavoro di squadra con il direttore Luca Matarazzo e i colleghi Alberto Chiarenza e Adriano Guerri, in due giorni sono stati passati al vaglio circa cinquecento campioni tra Annata, Riserva e Gran Selezione. Non mi è mancata occasione di approfondire in verticale specifici territori e la storia della denominazione attraverso importanti realtà produttive: Gaiole, con Ricasoli e Castello di Ama, entrambe impegnate in accurate zonazioni espressive degli specifici areali,  San Donato in Poggio, con Castello di Monsanto e il primo cru di Chianti.

Adriano Guerri

La Chianti Classico Collection suscita molto interesse da parte di noi amanti di Bacco. Questa edizione è stata ricca ed appassionante con amici di viaggio molto preparati e affabili. Momenti di confronto in degustazione molto costruttivi, senza lasciare nulla al caso. Ringrazierò sempre il direttore Luca Matarazzo per la possibilità, Ombretta Ferretto e Alberto Chiarenza per aver trascorso assieme due giornate emozionanti. La citazione musicale “Tu chiamale se vuoi emozioni”, del duo Battisti-Mogol, calza a pennello.

Luca Matarazzo (direttore)

Indubbiamente questo è “l’evento degli eventi”. Sono giunto all’ottava partecipazione e ogni volta è un’emozione diversa. Tanti colleghi ed amici da tutto il mondo pronti a confrontarsi con un mito del Made in Italy, che ha vissuto anche momenti delicati e cruciali. Dalla ripresa post scandalo al metanolo di metà anni ’80, il trend in positivo non ha mai smesso di arrestarsi. Adesso non si discute più di qualità, ma di sostenibilità ed i dilemmi imposti dal climate change rappresentano la vera sfida per il futuro. Per intanto però, godiamoci con un sorriso i primi 100 anni del Consorzio Vino Chianti Classico e del suo Gallo Nero, emblema di un vino unico e inimitabile.

Tutte le interviste le troverete cliccando sul seguente link di youtube.

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