Vinòforum 2024: al Circo Massimo di Roma la nuova edizione

A Roma, il palazzo situato al numero 87 di via dei Cerchi, è avvolto da una suggestiva atmosfera di mistero e incanto. Nelle immediate vicinanze di quello che si ritiene essere stato il sito del Lupercale, dove la leggenda narra che Romolo e Remo, gli eroi fondatori di Roma, furono allattati dalla Lupa, rende questa dimora un luogo intriso delle radici di un popolo che ha plasmato in modo indelebile la storia della nostra civiltà. È qui che il 29 gennaio si è tenuto l’incontro inaugurale di Vinòforum 2024, un’edizione speciale dell’evento enologico più importante della Capitale.

Vinòforum Class ha rappresentato l’antipasto perfetto per gli appassionati del vino, con l’annuncio clamoroso della nuova sede della 21ª edizione: il prestigioso Circo Massimo. Dal 17 al 23 giugno, questo monumento storico sarà il palcoscenico di uno degli eventi più attesi dell’anno.

Al saluto di Emiliano De Venuti, organizzatore di Vinòforum, è seguito quello di Alessandro Scorsone, sommelier e amico fedele della manifestazione fin dalle sue origini. Moderatore Stefano Carboni dell’Agenzia MG Logos.

<<La scelta del Circo Massimo come nuova sede di Vinòforum è il risultato di una collaborazione tra l’evento e le istituzioni locali>> ha dichiarato De Venuti <<Con oltre 40.000 imprese legate al settore enogastronomico solo a Roma, il Lazio si conferma come un hub strategico per il Made in Italy. Vinòforum non solo promuoverà le eccellenze del territorio, ma contribuirà anche a valorizzare l’offerta turistica della capitale>>.

Durante la conferenza stampa hanno preso la parola illustri rappresentanti delle Istituzioni. Massimiliano Raffa, Commissario Straordinario di A.R.S.I.A.L. – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio – ha annunciato il supporto dell’agenzia alle aziende vitivinicole del territorio.

Rodolfo Maralli, Presidente di Fondazione Banfi e Presidente di Banfi Srl, ha evidenziato il ruolo cruciale delle manifestazioni enogastronomiche nella valorizzazione delle produzioni di qualità, lodando Vinòforum per la capacità di adattarsi alle mutevoli esigenze del pubblico nel corso degli anni. In ultimo, Ernesto di Renzo, docente di Antropologia del Gusto all’Università di Roma Tor Vergata, ha concluso l’evento con una riflessione sull’importanza dei vigneti urbani di Roma, simbolo del legame millenario tra la Capitale e il vino.

“Salutateli!” – La noce e l’arancio biondo della Penisola Sorrentina rischiano di scomparire per sempre nel silenzio

Dei giardini di aranci a Sorrento e del loro profumo ne parla una delle più celebri arie della canzone napoletana, “Torna a Surriento”, testimone del fatto che non solo erano presenti e rigogliosi già alla fine dell’800, ma che erano talmente radicati nell’immaginario collettivo da costituire un ricordo indelebile per chi partiva dopo un breve periodo di soggiorno. La coltivazione dell’arancio biondo in Penisola Sorrentina è attestata sin dal 1300: si tratta di un frutto dal gusto straordinario, molto riconoscibile, il cui succo è piacevole ed equilibrato.

Anche la noce appartiene alla cultura del territorio da tempo immemore, basti pensare che negli scavi di Villa Regina a Pompei è presente un calco di noce della stessa tipologia ancora esistente in Penisola Sorrentina, quello della cultivar Sorrento e coltivato secondo il metodo tradizionale. La peculiarità delle noci della Penisola Sorrentina risiede nelle specifiche caratteristiche organolettiche, determinate dal microclima di questa lingua di terra collinare distesa sul mare: dolci e aromatiche al palato, non presentano il retrogusto amaricante tipico della noce neanche quando vengono gustate fresche. Entrambi prodotti tipici che hanno scritto la storia, le tradizioni gastronomiche di un territorio e ne caratterizzano il paesaggio: due prodotti che rischiano l’estinzione perché minacciati dall’agricoltura industriale.

Slowfood e in particolare la Condotta Costiera Sorrentina e Capri cercano di tutelarne l’integrità attraverso la costituzione di presidii, comunità e l’organizzazione di eventi che ne favoriscano la conoscenza tra i consumatori. <<I Presidii sono delle Comunità>> spiega Pier Luigi D’Apuzzo, fiduciario della Condotta <<la cui costituzione avviene attraverso la sottoscrizione da parte di tutti i produttori di una dichiarazione fondativa che ne definisce gli obiettivi>>.

Uno degli obiettivi principali è chiaramente quello di salvare le biodiversità, tutelare gli ecosistemi e le risorse naturali di un determinato territorio. Fino al secolo scorso, la coltivazione della noce costituiva la principale fonte di reddito degli agricoltori della Penisola Sorrentina. Era considerata pregiata, tanto da essere quotata alla Borsa di Napoli, ricercata dai mediatori di tutta Italia ed esportata negli Stati Uniti.

L’albero raggiunge un’altezza compresa tra i 25 e i 30 metri e diventa produttivo a dieci anni dalla messa a dimora. La resa media di noci secche per pianta adulta nel pieno della sua produzione (ed in condizioni ottimali) è stimata in circa 25 – 30 Kg, come da Disciplinare. La raccolta tradizionale avviene tramite bacchiatura: i rami vengono colpiti con lunghe pertiche di legno di castagno da terra o arrampicandosi per arrivare a colpire le propaggini più alte. Successivamente alla smallatura, segue un periodo di essiccazione al sole, variabile da una settimana fino a tre, a seconda delle condizioni climatiche. Le caratteristiche della pianta e della sua coltivazione, unite a quelle geomorfologiche del territorio che non consentono la meccanizzazione, sono le motivazioni che hanno portato, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso,  al progressivo abbandono di questa coltivazione. Le varietà internazionali più fruttifere e di più facile gestione agronomica hanno poi nel tempo soppiantato sui mercati la noce proveniente dalla Penisola Sorrentina.

È ancora vivo, nella memoria delle persone più anziane, il ricordo del rumore secco procurato dalle pertiche che “bacchiavano” i rami dei noci: tac, tac, tac un suono cadenzato e secco, un richiamo che correva da un versante all’altro delle colline e rimbombava nel silenzio dell’autunno. Un rumore che oggi è possibile sentire solo nei pochi giardini che ancora conservano la tradizione di questa coltivazione. Il Presidio noce della Penisola Sorrentina è nato nel giugno 2018 e oggi conta una decina di produttori che hanno sottoscritto il disciplinare, in cui leggiamo che “secondo stime fatte con l’aiuto dei coltivatori, attualmente la produzione dovrebbe essere di circa 150 tonnellate”.

Stima da considerare al ribasso per gli anni successivi al 2018 visto che nel frattempo, causa i cambiamenti climatici in corso, il noce è stato soggetto a diversi infestanti e parassiti, che, nel 2022,  hanno compromesso buona parte del raccolto. Tra le iniziative promosse da Slowfood e dal presidio, ci sono i periodici laboratori del gusto, organizzati come sessioni di degustazione comparativa tra la noce coltivata in Penisola Sorrentina, quella della stessa qualità coltivata fuori dal territorio del presidio e le varietà internazionali più facilmente reperibili.

Leggermente diversa la situazione dell’arancio biondo, ancora presente nei giardini sorrentini, ma sempre meno conosciuto e apprezzato anche a livello locale. Il problema sono i semini presenti all’interno della polpa, per cui, a tavola, la preferenza dei consumatori ricade su altre varietà. Nonostante l’altissima resa dell’arancio sorrentino in termini di succo, la stagionalità del prodotto molto lunga (la raccolta parte a dicembre e si spinge fino a maggio) e il suo sapore particolarmente dolce, la difesa di questo prodotto è affidata ai rari produttori che ne curano ancora la coltivazione e al mercato esclusivamente locale.

<<Da anni stiamo lavorando per salvaguardare, tutelare e recuperare eccellenze dimenticate della penisola sorrentina come l’arancio biondo sorrentino>> spiega sempre Pierluigi D’Apuzzo. <<Importanti le iniziative per i più piccoli – tra le quali ricordiamo lo spremuta day che realizziamo ogni anno dal 2017 all’interno del parco di Villa Fiorentino (a Sorrento ndr) oltre che negli agrumeti, nelle scuole e nelle piazze di Piano di Sorrento, Massa Lubrense e Sant’Agnello. Questa è una delle iniziative che meglio incarna le idee di lotta allo spreco alimentare e riduzione degli scarti, vede ospiti gli alunni delle scuole primarie ed ha lo scopo di promuovere la conoscenza ed il consumo delle arance sorrentine sotto forma di succo, esaltandone le caratteristiche nutrizionali e le proprietà benefiche attraverso un percorso ludico-educativo pensato ad hoc per i più piccini che va dall’assaggio guidato, al gioco, al riconoscimento delle etichette. La difesa della salute, degli ambienti paesaggistici e delle piccole economie locali si realizza a tavola, educando il gusto dei più piccoli, imprimendo indelebilmente nella loro memoria sensoriale i sapori del territorio>>.

L’arancio biondo non è un presidio, ma è registrato nell’Arca del Gusto Slowfood, iniziativa che raccoglie i prodotti appartenenti alla cultura, alla storia e alle tradizione di tutto il pianeta, denunciando il rischio che possano scomparire.

<<È  però possibile che  anche i piccoli produttori delle arance della qualità biondo sorrentino si incontrino e si aggreghino per tutelare non solo un prodotto dalle qualità eccezionali ma anche per salvaguardare un paesaggio caratterizzante la penisola sorrentina: ovvero i famosi giardini sorrentini costituiti da alberi di arancio biondo sorrentino e limoni di Sorrento>> conclude D’Apuzzo.

Una delle ultime iniziative in ordine cronologico organizzate per favorire la conoscenza di questi prodotti, è stata la serata dello scorso 8 Marzo presso Antonino Esposito Pizza & Cucina – ristorante alla Marina Piccola di Sorrento segnalato nella Guida Osterie Slowfood. In occasione della serata dedicata all’abbinamento pizza vino, lo chef Esposito ha creato due pizze utilizzando noce e arancio biondo sorrentino: la pizza Sorrento con treccia sorrentina, limoni di Sorrento IGP, scaglie di Provolone del Monaco DOP, fiocchi di ricotta di fuscella e all’uscita noci della Penisola Sorrentina, la pizza con arancia bionda sorrentina, treccia sorrentina, scaglie di cioccolato fondente e arancia. Un’occasione unica per riportare l’attenzione dei consumatori su due prodotti della tradizione, rivisitati per assecondare il gusto moderno della pizza in abbinamento al vino.

Birrificio Serrocroce: la filiera agricola ha inizio dalle acque del territorio

Vito e Carmela Pagnotta hanno gli ingredienti giusti per produrre una birra di alta qualità. Ma la qualità dal Birrificio Serrocroce a Monteverde (AV), nel cuore dell’Irpinia, non può prescindere dal concetto di artigianalità e di filiera agricola.

Guardando le pubblicità e le comunicazioni spicciole del marketing, sembra ormai tutto “artigianale”; ma cosa significa davvero un termine abusato spesso per meri fini commerciali? Da Vito la risposta è semplice: non creare birre in base alla moda ed ai gusti del momento, senza grandi quantità stereotipate e mantenendo, invece, un sapore genuino in ogni aspetto della degustazione.

Ciò è possibile solo grazie ad una filiera agricola controllata, a “metro zero”, da coltivatore cerealicolo, di luppolo Cascade e di spezie come il coriandolo. Elementi fondamentali nel rapporto di proporzioni stabilito ancora dall’Editto della Purezza del sedicesimo secolo. Manca all’appello un componente indispensabile, che segna il passo tra Uomo e Natura. Un legame profondo con il territorio d’appartenenza, non replicabile in serie: l’acqua.

Serrocroce si approvvigiona dalle riserve idriche delle sorgenti di Caposele, tramite l’acquedotto pugliese. Ma il sogno di Pagnotta è un altro: quello di poter fruire dell’acqua potabile presente nei pozzi attigui al birrificio, ad 80 metri di profondità. Acque dure, ricche di sali minerali che donano carattere e consistenza all’assaggio. D’altro canto il panorama ancora selvaggio e aspro è esso stesso un valore aggiunto per chi si trova a visitare le sue verdi terre, a 740 metri d’altezza, nel territorio di Monteverde, precisamente ai piedi del Serro della Croce, il più alto dei colli che dominano la Valle dell’Osento.

Sei le versioni ideate, dalla classica Blonde Ale all’Ambrata, per finire con le Saison (una da grano Senatore Cappelli coltivato in fattoria) ed una gustosa Apa con quel tocco amaricante dato dai luppoli selezionati. E per non dimenticare il luogo natio della famiglia, una birra venduta unicamente a Monteverde, dedicata all’infaticabile lavoro dei propri contadini che salvaguarda un intero comparto economico, evitando lo spopolamento delle campagne.

Molte, infine, le iniziative gastronomiche: dalla composta di birra, alla panificazione, ai taralli e chissà, in futuro potrebbe essere il turno di un piccolo pastificio sempre con le farine locali. Di progetti in pentola ce ne sono tanti, ma quello più importante è tra le pagine non scritte della storia e parla di sacrificio, forza di volontà e resilienza. Un amore per la terra che può capire solo chi, con la terra, si sporca le mani ogni giorno.

Il crescente mercato dei Vini Dealcolati: alcuni spunti per opportune riflessioni

Siamo cronisti. Osserviamo e cerchiamo di informare al nostro meglio chi ci legge sulle pagine di 20Italie. Il tema è quanto mai attuale e scottante. Merita un dovuto approfondimento in maniera imparziale dal nostro autore Olga Sofia Schiaffino.

Nell’ultimo anno, il mercato dei vini dealcolati ha conosciuto una crescita significativa, alimentata dalla domanda di alternative a basso contenuto alcolico e dalla sempre maggiore consapevolezza dei consumatori riguardo agli effetti del consumo di alcol sulla salute. Questa tendenza non solo riflette uno spostamento verso uno stile di vita più sano, ma anche un interesse crescente per l’innovazione nel settore vinicolo.

La tendenza verso i vini a basso contenuto alcolico

Mentre il vino tradizionale rimane popolare in molte regioni del mondo, c’è una chiara tendenza verso prodotti a minor contenuto alcolico. Questo è particolarmente evidente tra i consumatori più giovani e consapevoli della salute, che cercano alternative che permettano loro di godere della cultura del vino senza gli effetti negativi dell’eccessivo consumo di alcol.

Il processo di dealcolazione

I vini dealcolati vengono prodotti attraverso un processo di rimozione dell’alcol dal vino, che può essere realizzato in diversi modi. Uno dei metodi più comuni è l’osmosi inversa, in cui il vino viene filtrato attraverso membrane che separano l’alcol dagli altri componenti. Un altro metodo consiste nell’evaporazione sottovuoto, in cui il vino viene riscaldato a temperature inferiori al punto di ebollizione dell’alcol, consentendo la sua rimozione senza compromettere eccessivamente il profilo aromatico del vino.

L’importanza del profilo aromatico

Una delle sfide principali nella produzione di vini dealcolati è preservare il profilo aromatico e gustativo del vino originale. Poiché l’alcol contribuisce in modo significativo alla struttura e al sapore del vino, è essenziale utilizzare tecniche che minimizzino la perdita di composti aromatici durante il processo di dealcolazione. I produttori di successo investono quindi in tecnologie avanzate e processi delicati per garantire che il vino risultante mantenga le sue caratteristiche distintive.

La variegata offerta sul mercato

L’offerta di vini dealcolati è diventata sempre più variegata, con una vasta gamma di opzioni disponibili per i consumatori. Dai vini bianchi freschi e fruttati ai robusti rossi invecchiati, c’è qualcosa per tutti i gusti e le preferenze. Inoltre, molti produttori offrono vini dealcolati biologici e provenienti da viticoltura sostenibile, per soddisfare la crescente domanda di prodotti eco-friendly.

La tendenza verso la salute e il benessere fisico

Il crescente interesse per i vini dealcolati riflette anche una tendenza più ampia verso uno stile di vita sano e il benessere fisico. I consumatori sono sempre più consapevoli degli effetti negativi dell’eccessivo consumo di alcol sulla salute e cercano alternative che consentano loro di godere della convivialità e della socializzazione associate al consumo di vino, senza compromettere il loro benessere complessivo.

Durante la manifestazione Wine and Siena, promossa da Helmuth Köcher e da Merano Wine Festival era presente Vinuci, un’azienda di Bolzano che ha iniziato nel 2021 a creare vini dealcolati, proprio per rispondere a quella fetta di consumatori interessati alla socializzazione senza l’effetto dell’alcol. Le bevande analcoliche, a base di vino e spumante, vengono prodotte utilizzando le tecniche più innovative per garantire un’alta qualità e un profilo organolettico accattivante.

L’azienda produce 5 tipologie, partendo da una base di vino intorno al 93-94%, da mosto d’uva rettificato o succo di frutta, anidride carbonica per quanto concerne la tipologia frizzante. I vini utilizzati provengono in maggior parte dalla Germania e con una base riesling si ottiene Allegro, un vino frizzante dealcolato con sentori che ricordano la frutta gialla matura e gli agrumi. Sicuramente non si può approcciare questa tipologia pensando di trovarsi di fronte a un calice con i profumi e le sensazioni che ci potremmo aspettare dal vitigno dichiarato in etichetta; questo non vuol dire che si possano trovare esempi interessanti, in cui si ritrova una piacevolezza dell’assaggio. Allegro è tra questi ed è stato premiato con il bollino rosso di The Wine Hunter.

Una tipologia che merita sempre maggior approfondimento, per un giudizio onesto e accurato, che non risenta di preconcetti o di chiusure intellettuali. I vini dealcolati potrebbero rappresentare sempre di più una scelta attraente per coloro che desiderino godere di un prodotto alternativo al vino.

Carpineto: la Toscana nel mondo

Il 4 marzo, nella splendida location di Palazzo Belvedere, villa monumentale situata nel quartiere Vomero di Napoli, si è tenuto il primo evento ufficiale di LU.IS.A. Rappresentanze, una manifestazione che ha raggruppato numerosi produttori del mondo vitivinicolo presenti nel catalogo, con banchi d’assaggio e masterclass che hanno regalato forti emozioni ai presenti.

Tra i vari produttori presenti ha catturato la mia attenzione l’azienda CARPINETO, da oltre 50 anni ambasciatori della Toscana nel mondo, esportata in ben 70 paesi. Mauro Chiominto, direttore commerciale Italia, nel suo banchetto vista mare, ci racconta la storia dell’azienda che nasce nel 1967 dall’intuizione geniale di due giovani appena ventenni: Antonio Mario Zaccheo e Giovanni Carlo Sacchet. Divenuti amici proprio davanti a un calice di vino decidono di realizzare un sogno in comune, fare un grande Sangiovese iniziando dal Chianti Classico. Ci sono riusciti mantenendo un assetto familiare e diventando un brand di successo a livello internazionale, con una produzione di oltre 3 milioni di bottiglie in più di 30 etichette.

I vini degustati

La degustazione inizia con una vera e propria rivelazione: il DOGAJOLO TOSCANO ROSATO IGT, Sangiovese in purezza, fresco e dalla grande bevibilità, elegante e deciso allo stesso tempo; rischi di bere tutta la bottiglia e non accorgertene! Abbinamento perfetto con la nostra pizza napoletana, un gemellaggio che vi invito a provare.

Spostiamo la nostra attenzione su tre delle undici Docg toscane: Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino. Il CHIANTI CLASSICO RISERVA 2018, Sangiovese con saldo di Canaiolo e Colorino, dal colore rosso rubino intenso con riflessi granato, presenta una pienezza di bocca avvolgente che richiama al sorso successivo, molto piacevole nella sua semplicità.

Molto più incisivo il CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE 2020 prodotto da uve provenienti dal cru di due ettari ubicato a Dudda – Greve in Chianti – zona particolarmente vocata per la produzione di vini di grande longevità. Rubino vivace, dai sentori di frutti di bosco, note speziate, in bocca elegante anche se ancora giovane lascia presagire già quel che diventerà tra qualche anno.

Altro vino in degustazione, il VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO RISERVA 2018. Tende al granato, estremamente elegante con profumi che vanno dalla frutta esotica al balsamico. Fine ed elegante merita davvero l’appellativo di “nobile”. Restando sempre nel territorio di Montepulciano, e precisamente nelle zone meglio esposte si produce il cru di POGGIO SANT’ENRICO, Sangiovese in purezza di cui assaggiamo l’annata 2012. Colore intenso, di forte concentrazione antocianica. Al naso si avvertono sentori di frutti di bosco, note di chiodi di garofano, vaniglia. Sorso complesso e lungo, ma con una succulenta bistecca fiorentina ancor meglio!

Completiamo il percorso toscano con il BRUNELLO DI MONTALCINO 2019, di grande struttura, persistente, ampio, morbido che evolverà ancora per tanti anni, mentre solo nelle migliori annate viene prodotto in versione RISERVA di un’eleganza ancora più raffinata.

Dopo questo breve salto in Toscana e dopo i racconti di Mauro, la voglia di andare in azienda ad approfondire la conoscenza di questi vini è fortissima. Carpineto, per gli appassionati, è una immersione totale nella natura, tra passeggiate in vigna o in bicicletta ed è possibile prenotarsi in ogni momento dell’anno per vivere una experience indimenticabile. Un ringraziamento particolare va a Laura Ruggieri di LR Comunicazione.

Io ho già prenotato… e voi? A presto.

Podere Casanova: nobiltà e innovazione nel cuore di Montepulciano

Nel suggestivo scenario di Montepulciano, durante l’Anteprima organizzata dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, abbiamo avuto il piacere di essere ospiti della cantina Podere Casanova, guidati in un viaggio sensoriale unico dai proprietari Isidoro e Susanna Rebatto e dalla responsabile della comunicazione Maddalena Mazzeschi.

Podere Casanova incarna l’eleganza e la nobiltà del territorio toscano, rappresentando un connubio perfetto tra passione, tradizione e innovazione, un sogno divenuto realtà. Isidoro ha saputo dar vita, grazie anche agli studi di gioventù, a vini caratterizzati da uno stile unico ed elegante.

L’anima di Podere Casanova risiede nella sua vocazione alla sostenibilità ambientale, con un impegno concreto verso pratiche agricole rispettose dell’ambiente. Oltre alla Certificazione Equalitas, l’azienda si distingue per l’utilizzo di sostanze naturali alternative e per un approccio attento alla conservazione del territorio. Con i 17 ettari di vigneti coltivati con varietà autoctone e internazionali, produce una linea di vini volta a riflettere l’autenticità del territorio di Montepulciano e del Prugnolo Gentile.

Culmine della visita l’esperienza sensoriale nella sala degustazione panoramica, dove i visitatori sono stati accolti da un suggestivo pianoforte a coda, con un repertorio musicale in perfetta sintonia con il contesto e con i prodotti proposti in assaggio. La verticale del Vino Nobile di Montepulciano offre un viaggio attraverso sei annate, ognuna caratterizzata da note distintive e complessità sensoriali uniche, dai piacevoli sentori di frutta scura del 2020 alla complessità e profondità del tannino della 2015.

La degustazione è stata curata dal collega di 20Italie Adriano Guerri

Vino Nobile di Montepulciano Podere Casanova 

Annata 2020

piacevoli i sentori di mora, china e susina matura, cuiseguono note mentolate balsamiche. Il sorso è contraddistinto da buona avvolgenza e sapidità. 

Annata 2019

apre con note di frutti di bosco, seguite da liquirizia e spezie, con tannini ben integrati. Un vino composito e coerente. 

Annata 2018

dai sentori di confettura di frutti di bosco, rabarbaro e prugna, si erge elegante al palato con buona persistenza. 

Annata 2017

effluvi di mora di rovo, marasca, bacche di ginepro e cannella. Attacco tannico poderoso e dall’efficace trama saporita.

Annata 2016

libera note di rabarbaro, china Martini, susina e tabacco dolce. Caldo, avvolgente e appagante. 

Annata 2015

sentori di ginepro, uniti a sottobosco e talco, su finale austero e durevole. Chapeau!

La vera sorpresa arriva con la degustazione dei quattro vini speciali, abbinati ai brani musicali selezionati.

Al primo vino, il Vino Nobile di Montepulciano Riserva 2017, è stato abbinato il brano “Vecchio Frack” di Domenico Modugno, come l’etichetta che riporta, appunto, una tuba.

Al secondo vino, il Vino Nobile di Montepulciano SETTECENTO 2018, è stato abbinato il brano “Can’t help falling in love” di Elvis Presley.

Al terzo vino, Leggenda IGT Toscana 2018, è stato abbinato il brano “Passacaglia” di Georg Friedrich Händel 

Al quarto ed ultimo, IRRIPETIBILE IGT Toscana 2020, è stato abbinato il brano “She” di Elvis Costello.

Wine in Venice 2024

Dopo il Carnevale e il Festival del Cinema, arriva Wine in Venice l’evento veneziano del mondo del vino

Venezia incanta con la sua architettura unica e i canali che raccontano storie millenarie. La città è un capolavoro artistico e culturale che affascina chiunque la visiti. La magia di Venezia risiede nella capacità di trasportarti in un’altra epoca, tra labirinti d’acqua e meraviglie architettoniche. È un luogo dove il tempo sembra sospeso e ogni angolo è un dipinto vivente di storia e bellezza. Gondole, merletti, meravigliose creazioni in vetro che brillano con i loro colori, l’atmosfera eternamente affascinante, fanno di questa città un luogo unico al mondo. 

Mancava qualcosa che potesse celebrare il vino in un contesto esclusivo e straordinario. L’evento “Wine in Venice” si distingue per aver selezionato aziende vinicole virtuose in termini di sostenibilità, innovazione ed etica. Le venti aziende prescelte partecipano alla manifestazione vitivinicola nelle maestose sale della Scuola Grande della Misericordia. Venezia è una città turistica, forse una delle più turistiche al mondo, che vive di turismo tutto l’anno e a Venezia ci sono una grande quantità di albergatori e ristoratori, interessati alle aziende vinicole e a inserire nei loro menu i vini di aziende considerate virtuose.

La prima edizione, svoltasi nel gennaio 2023, ha ottenuto un notevole successo, attraendo un pubblico di qualità. Ogni anno, il numero di aziende interessate a partecipare cresce, poiché Wine in Venice si afferma come un’icona capace di miscelare temi, degustazioni, wine talk e masterclass, con uno sguardo attento ai principi di etica, innovazione e sostenibilità, i tre pilastri attorno ai quali si sono sviluppate le tre giornate della kermess. Istituzioni, addetti ai lavori, imprenditoria, giornalismo e mondo del vino si fondono per ragionare insieme sul futuro del settore “Wine For Future”. 

I numeri dell’evento che è stato organizzato da Winetales, Beacon, The Media Company Store e Venezia Unica insieme al media partner “Il Gusto” la verticale Food&Wine del gruppo Gedi, vedono quindi la presenza di 8 paesi stranieri coinvolti, 4.653 visitatori, 40 cantine presenti, 15 ore di masterclass, 4 Wine Talks, 2 nuovi format “Vive la France” e “La Masterclass dei Campioni”, 13 consorzi presenti.

Intervista a Edoardo Cibin, ideatore e fondatore di Wine in Venice: <<Sono fiero di aver portato questo evento, perché mancava a Venezia un salotto del vino e, anche se soltanto alla seconda edizione, entra a far parte dei grandi eventi della città dopo il Carnevale e il Festival del Cinema. L’idea è nata quattro anni fa, durante il COVID, e in quel momento in cui eravamo tutti fermi, ho riflettuto sul fatto che tutte le città importanti hanno un evento del vino, perché non farlo anche qui a Venezia? Non volevo che fosse soltanto una vetrina, ma che avesse anche dei valori importanti di cui parlare e quindi ho pensato che i criteri fondamentali di questa manifestazione, fossero sostenibilità, etica e innovazione. Sono molto soddisfatto del format che prevede appunto, una selezione delle 20 migliori cantine, una per regione, scelte da una giuria composta da importanti figure del vino e dai giornalisti di Gusto e Repubblica. Oltre alle 20 cantine sono presenti al piano superiore i Consorzi e le 20 cantine dello scorso anno>>.

Una delle novità di questa edizione è stata la “Cerimonia della consegna dei diplomi di AIS” che ha segnato un momento memorabile per oltre 120 neo sommelier di AIS Veneto, celebrando non solo il loro impegno ma anche l’innovazione nel settore del food&beverage e della sostenibilità. Grazie alla sinergia con Gianpaolo Breda, giudice della manifestazione e presidente di AIS Veneto, l’evento ha offerto non solo la consegna dei celebri “Tastevin” e dei diplomi ufficiali, ma anche un programma ricco di masterclass.

Infine, l’introduzione del “Mediakey Venice Award”, un premio che ha riconosciuto i migliori progetti di marketing nel settore alimentare e della sostenibilità, con spettacolari presentazioni di campagne di importanti multinazionali come TIM, Basf, San Pellegrino e Redbull. Ma il momento clou è stata “La Masterclass dei Campioni”, condotta dai migliori sommelier eletti dall’Associazione Italiana Sommelier, Alessandro Nigro Imperiale e Cristian Maitan. Con soli sei etichette selezionate per una degustazione al buio, i due sommelier hanno rivoluzionato le regole coinvolgendo il pubblico con un approccio fresco e accessibile a tutti, dai principianti ai professionisti.

Il progetto “Selection Wine in Venice” promette di portare l’essenza di “Wine in Venice” nel cuore di Venezia per 365 giorni all’anno, offrendo selezioni enoiche ed esperienze esclusive. Nei prossimi giorni saranno svelati tutti i dettagli di questo entusiasmante percorso che culminerà con la terza edizione di “Wine in Venice”, prevista dal 31 Gennaio al 3 Febbraio 2025.

“San Severo provincia di Foggia…”

Un giorno a San Severo (FG), alla ricerca di quell’identità pugliese ammirata e decantata in Italia e all’estero.

Lo ripeteva sempre Lino Banfi nei film commedia anni ’80: San Severo provincia di Foggia. Lo ripeteva come un mantra e tutti noi, compreso il sottoscritto, immaginavamo questo luogo intriso di un senso arcaico di bellezza agreste, di tradizioni e di genuinità degli abitanti.

E allora perché non trascorrere un giorno proprio lì, in compagnia di produttori che hanno fatto la storia dell’areale, guidati dall’autrice di 20Italie Serena Leo. Le video interviste contenute nell’articolo rappresentano uno spaccato verace dell’Italia Meridionale, dove le storie familiari si mescolano spesso a quelle aziendali e viceversa. Dove far qualità costa caro, perché non puoi usufruire degli agi e dell’abbrivio economico di altre realtà soprattutto del Centro-Nord.

Gianfelice D’Alfonso Del Sordo ci narra dell’importanza di una varietà autoctona come il Nero di Troia, in grado di dare vini di carattere, dalle sensazioni vellutate nella loro espressione tannica. Un corredo di frutti di bosco e sensazioni mediterranee uniche nel loro genere, il marchio di fabbrica del Sud. I suoli presenti sono ricchi di calcare e sedimentazioni marine fossili. Vengono chiamati in dialetto “coppanetta” dalle piccole colline (le coppe) dove si scavava la pietra di Apicena per le costruzioni.

L’azienda D’Alfonso Del Sordo è la storia di questo territorio, con il suo carico di ricerca e sperimentazione in cantina e vigna, tra uvaggi, blend di varietà sui campi e microvinificazioni separate per parcelle. Il racconto parte da un assunto storico di fatto: San Severo è da sempre un grande bacino enologico, con cantine sotterranee di rara bellezza, poste all’interno delle mura cittadine. Ci arriveremo per gradi, non dimenticando il passato fatto anche di povertà, dove i ragazzi potevano permettersi di giocare con una palla fatta di vinacce spremute e correre a nascondersi dietro a trattori, enormi torchi in legno e fienili. Gente avvezza alla semplicità, nei modi e nei gesti. Casteldrione è il Nero di Troia dalle sfumature rubino intense e dal sapore gioviale ed elegante, che non ti obbliga ad un abbinamento forzatamente impegnativo.

Da Pisan Battel, in compagnia di Antonio Pisante – titolare con Leonardo Battello di questa splendida realtà – abbiamo parlato dell’altra gemma di San Severo: la spumantistica di altissimo livello. L’enologo Cristiano Chiloiro paragona il passato ed il presente delle bollicine locali ad un hardware sofisticato, che cerca soltanto un software in grado di decifrarlo e assestarlo in maniera definitiva.

In poche parole le potenzialità ci sono, in particolare per il Bombino Bianco, ma serve ancora un pizzico di consapevolezza ed autocoscienza per eguagliare i vertici mondiali della produzione.

Cremoso e avvolgente il Brut Metodo Classico da Bombino Bianco, ma a sorprenderci per finezza e duttilità d’utilizzo è il Pas Dosè Rosè Metodo Classico da Nero di Troia in purezza. Lo stile è tutto ed i vini di Pisan Battel si rivelano un fiore all’occhiello pronto al confronto con i mercati più esigenti.

Pagina conclusiva del nostro percorso la visita da D’Araprì, i pionieri della bolla pugliese. Daniele Rapini spiega, con gli occhi lucidi d’emozione, gli inizi del padre, dalle esperienze in Francia fino ai primi imbottigliamenti arditi, che finivano spesso con le carcasse di bottiglie scoppiate per l’alta pressione. Poi la svolta ed il salto di qualità, divenendo dai primi anni 2000 il riferimento per un movimento che ha coinvolto numerosi vigneron.

Un “distretto dello spumante” mancante solo sulla carta, per numeri ancora troppo esigui e opinioni divergenti tra i vari attori. La posta in gioco è elevata, si tratta del futuro stesso della Denominazione e del suo cavallo di razza, che siamo certi porterà le luci della ribalta anche alle altre versioni ferme, a base degli autoctoni che il terroir sa offrire.

Cartoline dal Matese: le interviste a Terre dell’Angelo e La Sbecciatrice

Come non pensare ad una delle visite più coinvolgenti vissute dalla redazione di 20Italie, quella nell’Alto Casertano ai piedi del Matese? Ricordi che hanno lasciato tracce indelebili, testimonianza del fare artigianalità in Campania, a volte persino contro tutto e tutti.

Le possibilità di creare impresa non sono le stesse di altri territori, inutile evidenziarlo. Ma l’inventiva nostrana è il vero motore di un settore che potrebbe mirare ai vertici assoluti dell’eccellenza enogastronomica. Basta poco che ce vo’? In realtà, pensiero ed azione devono andare di pari passo con impegno e sacrificio, dedizione e volontà, in maniera impavida pronti alle sfide enormi poste in essere dall’odierno altalenante e dal futuro ricco di insidie.

Terre dell’Angelo e La Sbecciatrice, ovvero Angela e Domenico (Mimmo), due elementi caratterizzanti un territorio bellissimo, foriero di prodotti d’alta qualità e genuini fino al midollo. Le loro aspirazioni, i sogni e progetti ancora da realizzare traspaiono dalle parole e dagli occhi lucidi. Il pensiero fisso di chi non cerca solo il facile realizzo economico, quanto, piuttosto, di lasciare un segno nel luogo in cui vivono.

Di loro abbiamo già accennato nell’articolo riassuntivo Matese: un giorno in Alta Campania alla ricerca del nostro “Vecchio West”; mancava all’appello l’approfondimento video e due righe del sottoscritto per invogliare il lettore a tuffarsi in una dimensione ancora poco esplorata, di forte impatto emotivo.

Terre dell’Angelo è un progetto che unisce idee e professioni per promuovere alcune peculiarità delle terre sannite legate all’antico culto micaelico. Partendo dal recupero dell’ulivo per arrivare alla riscoperta di vitigni autoctoni come il Pallagrello e il Casavecchia, per produrre olio e vino di alta qualità continuando a mantenere vive le tradizioni.

Quattro etichette, moderne e originali con richiami iconici al terroir: “La volta” da uve Pallagrello Bianco; “L’Astrale” Falanghina in purezza clone beneventano e poi “L’Arca” dallo storico vitigno Casavecchia e “Il Tempo”, il loro primo vino, da vecchi filari di Pallagrello Nero allevati ancora a pergola casertana. E poi un’attenzione particolare alla cultivar Tonda del Matese, per un olio extravergine di oliva delicato e fruttato, in grado di esaltare preparazioni estremamente eterogenee.

La Sbecciatrice, la storia di due fratelli, un antropologo ed un naturalista, che decisero di mettere a frutto le loro competenze seminandole nei campi della loro stessa famiglia. Per generazioni la base della sussistenza alimentare di avi agricoltori, poi quasi abbandonati, queste terre fertili ed incontaminate, collocate in un territorio lontano da ogni forma di inquinamento e antropizzazione, sono diventate l’inestimabile risorsa con la quale costruire un progetto di valore unico.

L’azienda è stata battezzata con il nome di un antico attrezzo agricolo utilizzato per mietere il grano ed è stata arricchita dalle innumerevoli competenze di una ex-architetta/designer, donna di ingegno e di temperamento. Ricerche con università sulle varietà Pomodoro Riccio, Fagiolo Lenzariello, Fagiolo Curiniciello e Cece delle Colline Caiatine, tutti a km zero, oggetto di resilienza eroica dei Barbiero.

Viva l’Alto Casertano, viva il Matese!

Mosaico per Procida chiude i battenti con un arrivederci

Dal 1 settembre del 2022, data di un incontro tra amici a Pontelatone da cui è scaturita l’idea visionaria di Mosaico per Procida, la celebre bottiglia di fermo ha avuto soltanto la tipologia enologica di riferimento, se non si tiene conto del vinaggio pazzesco di 26 vini che non ha precedenti. Roberto Cipresso e Gaetano Cataldo hanno portato egregiamente a termine un’attività amorevole per il territorio campano e mantenuti tutti i buoni propositi. La bottiglia ne ha macinato di strada, da una parte all’altra dell’Italia e portando un messaggio fortissimo in Francia, Irlanda, Cina, spagna e stati Uniti d’America, anzi, più di uno…

1. Da soli si va più veloci, assieme si va più lontano. La rete sinergica tra cantine, ristoranti, imprenditori dell’agroalimentare e del packaging ha dato i suoi frutti, le relazioni umane soprattutto.

2. Promuovere e valorizzare il territorio con un amorevole gesto, senza secondi fini, non necessità di compromessi o permessi. E bisognava pur cedere generosamente qualcosa di bello per la Campania, piuttosto che pigliare sempre.

3. Non è la materia che genera il pensiero ma il Pensiero che genera la materia, così diceva Giordano Bruno, e senza lo straccio di un aiuto pubblico o di un finanziamento una piccola associazione ha fatto quello che le grosse e facoltose corporazioni del vino avrebbero potuto fare in un qualsiasi giorno della settimana.

Insomma, Mosaico per Procida si è rivelato un progetto sano, tanto francescano quanto eversivo, ed è stato interessante, malgrado tutti i pronostici contrari e qualche detrattore, vedere come il primo vino a celebrare una capitale della cultura sia diventato tale, inaugurando l’umanesimo del vino stesso.

Esemplare per la bottiglia celebrativa l’essere stata oggetto della tesi universitaria di Giovanna Agnello ad un corso di wine marketing presso l’Università di Fisciano e rientrare tra le tematiche del Museo Virtuale della Dieta Mediterranea, fondato dal prof. Marino Niola.

Le innumerevoli degustazioni ufficiali con l’Associazione Italiana sommelier e non solo, oltre che le uscite in pubblico al MAVV Wine Art Museum, al Vinitaly di Verona, campeggiando in tre padiglioni e una trentina di  stand, al Mediterranean Wine Art Fest al Complesso Monumentale di san Domenico Maggiore a Napoli, al Macellum di Pozzuoli e al Merano Wine Festival, hanno decretato tanto il successo enologico di Roberto Cipresso che quello progettuale di Gaetano Cataldo, spintosi ben oltre il limite ed ha saputo gettare il cuore ben oltre l’ostacolo, di qualsiasi cosa si sia trattato. Le autorità politiche, oltre che del mondo della cultura e dello spettacolo, ad essere state raggiunte dalla bottiglia in formato magnum, sono state tante, ma a noi piace citare il dono fatto a Francesco Bergoglio e la Jéroboam dedicata a san Gennaro in ricordo di Procida Capitale 2022.

È stato proprio un “Incanto diVino”, potremmo dire, citando l’opera d’arte di Carolina Albano che ne è divenuta l’etichetta. Al termine del 2023 non sono mancate comunque le occasioni a Mosaico per Procida per attestare il buono e il bello che lo ha contraddistinto: Identità Mediterranea lo ha portato a Procida, per cui tutto è nato, alla Festa del Vino che non vi si celebrava da anni e che ha avuto luogo nel giorno dell’Immacolata, lo ha offerto ad un pranzo di beneficenza per la Caritas procidana, tenutosi il giorno successivo presso il ristorante Albatros, proprio dopo la celebrazione della consegna della bandiera di Città del Vino, alla presenza del sindaco Raimondo Ambrosino e dell’assessore Leonardo Costagliola, officiata dal presidente nazionale Angelo Radica. Salpata dall’Isola di Arturo, Identità Mediterranea è approdata verso un altro appuntamento: il 14 dicembre scorso, grazie ad un’idea di Francesco Di Martino, la piccola associazione culturale fondata da Gaetano Cataldo, ha presenziato alla cena di beneficenza organizzata, entro il progetto Punch Art Helps People, al ristorante La Gare di Pompei. In tale occasione è stata donata una bottiglia magnum di Mosaico per Procida a Giuseppe Peroziello, presidente dell’associazione onlus Live for Africa, di modo che, come per March of Dimes, possa essere battuta all’asta per finalità benefiche.

Infine, la stessa Identità Mediterranea ha partecipato anche alla manifestazione per la consegna della bandiera delle Città del Vino a Pozzuoli e, in segno di buon auspicio, ha fatto dono di un magnum della celebre bottiglia al capoluogo flegreo, consegnandola nelle mani dell’assessore Titti Zazzaro.