Brisighella Anima dei tre Colli: la degustazione delle nuove Albana “Brix”

La Romagna sta maturando la consapevolezza che è arrivato il momento di cambiare marcia per affermarsi definitivamente sul mercato vinicolo nazionale e internazionale. L’Albana, prima DOCG d’Italia, si trova oggi di fronte a una sfida importante: è stata interpretata in innumerevoli forme, al punto da rischiare di smarrire una chiara connotazione. Questa crisi d’identità richiede un nuovo approccio culturale che sappia valorizzarne appieno le potenzialità.

È necessario un racconto più concentrato, più univoco, capace di comunicare con forza la qualità intrinseca di questo vitigno. Proprio in questo contesto si inserisce l’ambizioso progetto dell’associazione Brisighella Anima dei tre Colli, culminato con il lancio della versione “Brix” dell’Albana di Romagna DOCG. Dell’evento di presentazione al pubblico ne abbiamo già parlato nell’articolo Brisighella Anima dei tre Colli: e “Brix” fu!

Mancava all’appello la masterclass riservata alla stampa, dedicata alle prime 8 interpretazioni dell’Albana “Brix” della vendemmia 2022, guidata da Federica Randazzo. È stata un’occasione per approfondire il legame tra il vitigno e il territorio di Brisighella. Ci concentreremo sull’analisi di queste espressioni uniche e su come esse incarnano l’anima del progetto.

La prima batteria è dedicata al confronto fra due espressioni di Valpiana, zona di Brisighella con suoli caratterizzati da una forte componente marnoso arenacea.

Vigne dei Boschi – Monteré Brix 2022

Ad aprire le danze è Paolo Babini, vice-presidente dell’associazione. Il calice si tinge di oro antico e luminoso, dalla consistenza cremosa. Il naso parte con la classica nota boschiva che contraddistingue i suoi vini. Arriva poi la parte di frutta tropicale e il calice si apre in altre note di cipresso, gelsomino e un pizzico di etereo. La bocca conferma calore e freschezza che si spalleggiano e permangono in una piacevole chiusura. Fermentazione e affinamento in barrique nuove che lasciano il “segno del legno”.

Fondo San Giuseppe – Fiorile Brix 2022

Il dirimpettaio di Paolo, Stefano Bariani, sembra che faccia Brix da una vita. Colore oro zecchino, incredibilmente saturo e brillante. Note di rosmarino, spezie delicate come la cannella e un piacevole aroma di mela. In bocca è caldo, avvolgente, le durezze arretrano, ma le morbidezze sono soavi. In chiusura un respiro di prato di montagna. Qui il legno è ben digerito, da 10 e lode.

Per la seconda batteria rimaniamo in terreno marnoso arenaceo, spostandoci di qualche chilometro verso la via Emilia.

La Collina – Na Brix 2022

Questo non è solo il primo Brix per Mirja Scarpellini, ma il primo esperimento di Albana in assoluto. Il colore del vino è un oro cupo e saturo, con un naso spinto sull’aromaticità, sulla dolcezza da datteri e uva sultanina, con note al limite del surmaturo di prugne sciroppate e zafferano. Se il naso è importante, lo è ancora di più la bocca, dove troviamo un vino complicato da interpretare e una componente dolce che ruba la scena a una sapidità fortunatamente elevata che sostiene il sorso per infiniti secondi. Vino “di ciccia”, manca di un po’ d’agilità di beva.

Vigne di San Lorenzo – Montesiepe Brix 2022

Completamente ambrato e opalescente, alla vista sembra aranciato. Filippo, il cui stile di far vino è ben conosciuto, ci ha colpito veramente con questa espressione di quello che si può considerare a tutti gli effetti un orange wine. La volatile contribuisce a innalzare la complessità olfattiva che si esprime in un mix di frutti, dai più maturi ai più aciduli. In bocca c’è una forte componente astringente (che ritorna in chiusura) e fresco-sapida, che lo rende un vino molto esuberante che non stanca. Nel lato morbidezze si ravvisa tuttavia una mancanza. Insolito, non “scimmiotta” nessun altro, dal punto di vista tecnico è un ottimo lavoro. Ma nella diversità bisogna anche vendere…

La terza batteria ha in realtà un solo campione, ci spostiamo nella zona dei gessi per apprezzare una sfumatura differente del territorio Brisighellese.

Casadio – Albagnese Brix 2022

Siamo in zona Rontana, nel bel mezzo della “Vena del gesso” Romagnola. Il Brix di Antonio si colora di oro caldo con sfumature bilanciate. Il naso è orientale, fusion, caratterizzato da nespola giapponese, zenzero e curcuma. Ci sono in sottofondo le note caratteristiche di Albana, come albicocca e salvia. Attacco di bocca freschissimo, agrumato, agile e ben bilanciato. Un vino che ha letto in misura particolarmente efficace la mineralità che contraddistingue il territorio. Chiusura corta e ammandorlata: peccato!

La quarta e ultima batteria è dedicata ai terreni fini e calcarei, la zona più bassa del Brisighellese.

Poggio della Dogana – Farfarello Brix 2022

È Aldo Rametta a rappresentare la cantina e a presentare una Brix che di Belladama (la loro Romagna Albana DOCG) non ha cenni. Un oro pallido seppur dalla bella luminescenza. Al naso è inizialmente timido, ma poi si apre in una parte verde, terrosa e una bella traccia marina. Anche in bocca si conferma la timidezza, il vino si chiude, delicato, fa fatica ad aprirsi per poi sfociare finalmente in note fresche e citrine, come mela verde, pompelmo e fiori bianchi. La tostatura non è particolarmente suadente. Ciò che mi ha colpito, però, è l’attacco internazionale di questo vino, a tratti “chablis-eggiante”, che lo rende molto appetibile al mercato d’oltreoceano.

Bulzaga – Scorzanera Brix 2022

Anche Alessandro si è cimentato in questo esperimento, dando vita a un vino avvolgente caratterizzato da ricchezza del frutto. Ricchezza che tuttavia non è sinonimo di espressività, rendendo difficile l’interpretazione olfattiva e palatale. Ritorna, in chiusura di bocca, la buona definizione del frutto e un allungo piacevole.

Gallegati – Corallo oro Brix 2022

Altro “corallo” che va ad aggiungersi ai 7 già prodotti da Cesare Gallegati, presidente dell’associazione, che chiude questa batteria e l’intera degustazione. Il colore ricalca il nome del vino, saturo, denso e pieno di luce. Un naso che interpreta alla perfezione una “Vieilles Vignes”, con note tropicali, balsamiche, glicine in fiore. In bocca troviamo succo di agrume che eleva la parte acida e coraggiosamente prende il sopravvento, seguito a ruota dalle rotondità. Vogliamo assaggiarlo l’anno prossimo, ha bisogno di un po’ di affinamento in vetro e di tempo, proprio come conviene a un vero Riserva.

In conclusione possiamo dire il progetto ha centrato l’obiettivo, la prima versa versione ufficiale dell’Albana Riserva, che ha contribuito a un’unione vera dei produttori di Brisighella. Nonostante la chiara identità del disciplinare, permane la diversità, come se l’Albana fosse un adolescente ribelle che non vuole farsi vincolare. Dobbiamo aspettare altri esperimenti per capirlo.

Per il momento, buona la prima!

Brisighella Anima dei tre Colli: e “Brix” fu!

L’associazione Brisighella anima dei tre Colli presenta al pubblico la versione “Brix” di Romagna Albana Docg: un modo innovativo di raccontare il territorio.

Ne abbiamo parlato a più riprese e finalmente il momento è arrivato. L’Albana “Brix” ha sciolto gli indugi arrivando ai nastri di partenza per poter essere immessa in commercio. Possiamo dirlo subito, a scanso di equivoci: siamo di fronte all’ufficializzazione di una versione “Riserva”, un nuovo percorso per narrare le diverse anime dei vignaioli di Brisighella.

Un terroir altamente composito, che vede la suddivisione (per pura approssimazione) in tre areali contraddistinti ciascuno da suoli e fattori ambientali variegati. Non è stato semplice vista la notevole complessità dei terreni, delle esposizioni e, perché no, della mano dell’uomo in cantina. Proprio gli stili produttivi rappresentano, attualmente, l’unica vera incognita del racconto. Se possano divenire virtù od ostacoli alla crescita complessiva del comparto lo dovremo analizzare con il tempo e le future annate.

Di sicuro il mercato ci ha abituato ad una richiesta di maggior uniformità, anche a scapito del carattere del vino e del vigneron che lo produce. Segnali positivi, però, vengono dalla forte unità dello schema associativo, non l’unico presente nella fervente Romagna. Il Presidente, Cesare Gallegati, non nasconde la propria emozione: <<dietro al progetto c’è un gruppo affiatato di persone e amici che hanno deciso di credere in un sogno, quello di parlare del territorio a tutto tondo, non soltanto per la componente enologica per noi preminente, ma anche per le bellezze naturali, agricole e culturali di Brisighella>>.

L’unione fa la forza è il vero segreto di successo per fronteggiare le difficili sfide del futuro, attraverso i 3 simboli della cittadina medievale: la Torre dell’Orologio, a rappresentare lo scorrere del tempo, le terre fini miste tra sabbie gialle plioceniche e argille rosse-grigie-azzurre. La Rocca Manfrediana, avamposto difensivo, per la vena del gesso e il Santuario del Monticino con marne ed arenarie compatte.

Nord, Centro, Sud in parallelo ben suddivisi dalla linea sinuosa del fiume Lamone che ha lasciato ferite ancora visibili della tragica alluvione del 2023. Le 19 cantine scommettono sul fatto che non sarà l’unico Brix quello dell’Albana e che si potrà estendere la medesima idea anche al principe dei rossi, il Sangiovese.

A proposito di Albana, cosa prevede nel concreto il disciplinare interno sottoscritto per la produzione della nuova tipologia? Anzitutto l’identificazione dei vigneti da cui provengono le uve selezionate, il contenimento del potenziale alcolico a massimo 14° Vol., la macerazione sulle bucce massimo 24 ore, la fermentazione consigliata con successiva maturazione in barrique o tonneaux tra i 6 ed i 12 mesi e l’uscita in un unico giorno concordato di settembre dopo 24 mesi dalla vendemmia, di cui almeno 6 trascorsi in bottiglia.

La Masterclass di 8 espressioni di Albana Brix targate 2022 è stata preceduta, il giorno prima, da una cena di gala al Convento Emiliani di Fognano, curata dallo chef una Stella Michelin Gianluca Gorini, con piatti concepiti dalle materie prime uniche offerte dal luogo. Delle note degustative ai vini ne parlerà a breve il collega di redazione Matteo Paganelli.

GRANDE ATTESA PER IL BARBERA D’ASTI WINE FESTIVAL

DAL 6 AL 15 DI SETTEMBRE AL VIA UNA DIECI GIORNI DI EVENTI CHE CELEBRERANNO VINO, CULTURA E TRADIZIONE NEL CUORE DEL MONFERRATO

Costigliole d’Asti, 2 agosto– Conto alla rovescia per la prima edizione del Barbera D’Asti Wine Festival che si terrà nella città di Asti da venerdì 6 a domenica 15 settembre 2024. L’evento è organizzato dal Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato,in collaborazione con Corriere della Sera, media partner dell’evento, e si inserisce nell’ambito della “Strategia nazionale aree interne Valle Bormida” capofila Unione Montana Alta Langa – Operazione 16.7.1, di cui è partner.

Dal 6 all’8 settembre, sotto la direzione artistica di Luciano Ferraro, vicedirettore di Corriere della Sera, si terrà un ricco palinsesto di incontri tematici con importanti ospiti del mondo del vino e del cinema, della letteratura, dell’arte e dell’imprenditoria, moderati dalle firme di Corriere della Sera Luciano Ferraro, Roberta Scorranese, Isidoro Trovato.

Il Barbera D’Asti Wine Festival continuerà dal 9 fino al 15 settembre con masterclass e degustazioni guidate da massimi esperti italiani e internazionali del mondo wine come Veronika Crecelius,  Gianni Fabrizio, Aldo Fiordelli, Andrea Gori, Othmar Kiem, Jeff Porter, Andrea Radic, Marco Sabellico e approfondimenti sulla Barbera d’Asti e le eccellenze del Monferrato e food experience tra le vie e le piazze del centro storico di Asti.

Incontri, Masterclass e degustazioni diurne avranno come location lo storico Palazzo del Michelerio, un ex monastero risalente al Cinquecento.  

Per intrattenere il pubblico presente e dare spazio anche alla parte artistica e culturale, alcune delle serate della manifestazione saranno animate da concerti live e performance musicali che si terranno nel cortile di Palazzo Alfieri.

Il Barbera D’Asti Wine Festival – racconta Vitaliano Maccario, Presidente del Consorzio rappresenta per noi una manifestazione capace di proiettare ulteriormente il nostro territorio e il vitigno Barbera sul palcoscenico internazionale. Grazie a queste giornate puntiamo a rafforzare ulteriormente e promuovere l’identità e la visibilità della Barbera d’Asti e delle nostre denominazioni – 4 Docg e 10 Doc – elevandone il prestigio a livello mondiale. È un’occasione imperdibile per tutti gli amanti del vino, oltre che per stampa e operatori del settore, di approfondire la loro comprensione dei vini del Monferrato e di aumentare la consapevolezza sul valore vitivinicolo del nostro meraviglioso territorio.”

L’accesso alla manifestazione sarà possibile previo acquisto di un biglietto in loco o sul sito del Consorzio Barbera d’Asti, che avrà validità giornaliera e permetterà agli interessati di partecipare a tutti gli eventi della giornata.

IL CONSORZIO BARBERA D’ASTI E VINI MONFERRATO

Il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, fondato nel 1946, ha il compito di tutelare e promuovere le sue denominazioni per garantire la loro diffusione e la loro immagine sui mercati nazionali e internazionali, anche attraverso appositi marchi distintivi. Attualmente il Consorzio conta più di 410 aziende associate e 14 denominazione tutelate.

Ufficio stampa AB Comunicazione

Silvia Comarella | s.comarella@ab-comunicazione.it

Anna Barbon | a.barbon@ab-comunicazione.it

“Autoctono” il festival del vino di Moio della Civitella

Buona la prima. Nel piccolo e delizioso borgo di Pellare, frazione di Moio della Civitella (SA), incastonato nel cuore del Cilento, si è appena conclusa la prima edizione di “Autoctono” – Il Festival del Vino di Moio della Civitella.

L’evento, inaugurato il 17 agosto, si è svolto in una tre giorni organizzata dalla Pro Loco e dal Comune di Moio della Civitella, con l’intenzione di celebrare e valorizzare le tradizioni vinicole locali e di mettere in luce le varietà autoctone di vino e la cultura enologica della regione.

Il nome “Autoctono”, richiama immediatamente l’idea di un ritorno alle origini, un legame profondo con la terra e i vitigni locali. Storicamente il Comune di Moio della Civitella vanta una tradizione vitivinicola antica regalando in passato al Cilento vini degni di nota. Le colline che circondano il Comune, con un’altitudine tra i 450 e i 600 metri sul livello del mare, esposte verso la costa del Cilento sono sempre stati terrazzamenti con vigneti e uva da tante varietà.

La kermesse si è concentrata sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni: tra i protagonisti indiscussi troviamo il Fiano e l’Aglianico, noti per la loro complessità aromatica e la capacità di esprimere in ogni calice il carattere del territorio. Ma non sono mancate le attenzioni al vitigno Santa Sofia e ad altri vitigni storicamente piantumati nel territorio come Aglianicone e Aleatico, Malvasia e Coda di Volpe.

Undici cantine cilentane hanno appoggiato il progetto e l’iniziativa, mettendo a disposizione degli organizzatori e dei partecipanti la loro esperienza, i loro prodotti e la loro professionalità. Aziende che con fatica e passione, in un territorio a naturale vocazione biologica, ogni giorno si impegnano per garantire nei loro prodotti qualità, gusto ed esperienze sensoriali altamente emozionanti.

Ci piace ricordarle tutte: San Salvatore 1988, Albamarina, Barone, Ferrazzano, Pippo Greco, Tenute Cobellis, Botti, Tredaniele, Alfonso Rotolo, Donna Clara, Tenuta Conte di Anghirri. Undici indiscusse protagoniste, ai banchi d’assaggio per le strade del paese, hanno fatto degustare ai visitatori i loro vini raccontandone le caratteristiche, le tecniche di vinificazione e l’unicità.

Inoltre, il festival si è arricchito di momenti culturali: conferenze con produttori, convegni sul ruolo del vino nella valorizzazione del territorio e sulla salvaguardia dei vitigni autoctoni, visite alle zone archeologiche e al museo della tradizione contadina, laboratori, mostre, etc…

“Autoctono” non è stata solo una festa del vino, ma un’esperienza sensoriale a tutto tondo. Le piazze e i vicoli del borgo si sono trasformati in un itinerario enogastronomico, tra stand dove i visitatori hanno potuto scoprire e apprezzare non solo i vini, ma anche le specialità gastronomiche locali, quali formaggi, salumi, fusilli al ragù di castrato, pasta e fagioli, arrosticini, salsiccia e pancetta, caciocavallo impiccato e dolci di varia natura. A tema internazionale sono stati i piatti contenenti le “Arepas”, per nulla fuori tema, ma anzi fortemente voluti per comunicare ai visitatori la forte presenza di emigranti del luogo in Venezuela. E poi mostre, artigiani, artisti e spettacoli unendo musica e tradizione, il tutto in un’atmosfera conviviale e accogliente, che riflette l’anima autentica del Cilento.

Nonostante si trattasse della prima edizione, “Autoctono” ha registrato un ottimo riscontro di pubblico, attirando non solo abitanti del luogo, ma anche turisti e professionisti del settore enogastronomico. La partecipazione entusiasta ha dimostrato come ci sia un crescente interesse verso i prodotti locali autentici e verso un modo di fare vino che rispetta l’ambiente e valorizza le peculiarità del territorio.

Il successo di questa prima edizione fa ben sperare per il futuro, che potrebbe diventare un appuntamento fisso nel panorama degli eventi enologici italiani. Gli organizzatori stanno pensando ad ampliare l’offerta per la prossima edizione, con l’obiettivo di coinvolgere un numero ancora maggiore di produttori e di ampliare l’eco dell’iniziativa.

Montalcino: la degustazione dei vini di Camigliano

Vi abbiamo già parlato di Red Montalcino, l’evento creato per celebrare il Rosso di Montalcino in una terra che ha fatto la storia dell’enologia italiana (Red Montalcino: il Rosso di Montalcino festeggia i suoi primi 40 anni).

Mancava ancora un tassello al racconto, quello riguardante la storia di una famiglia, un borgo medievale e della cantina che degnamente lo rappresenta. Stiamo parlando della famiglia Ghezzi che gestisce l’azienda Camigliano dal 1957, anno di acquisizione dei poderi censiti nell’omonimo borgo rurale.

Silvia Ghezzi ci accoglie con la calma serafica di chi vive la quiete dello stare a contatto con la natura, i suoi silenzi, i suoi prodotti.

L’azienda viene raccontata dalle parole di Sergio Cantini, il direttore tecnico. Siamo in una zona di media collina, tra i 300 ed i 400 metri d’altitudine, con suoli profondi ricchi di sabbia, limo e argille. Giunti alla quarta generazione, la cantina rappresenta la storicità di Montalcino, con ben 95 ettari vitati di cui 50 iscritti a Brunello, per un totale di 200 mila bottiglie prodotte ogni anno.

La filosofia stilistica ha vissuto momenti di cambiamento, così come in tante altre Denominazioni d’Italia. Dai retaggi di un passato “nobiliare” in cui i vini erano frutto più di scelte empiriche sul campo che di corrette considerazioni tecniche, si è passati alla ricerca del mercato perfetto, con estrazioni e maturazioni all’epoca considerate invitanti, ma inapplicabili ai contesti attuali dalle temperature climatiche e potenze caloriche ormai fuori scala.

Bisognava, quindi, intervenire recuperando quelle agilità e quelle finezze di sapori un po’ smarrite nell’epoca dell’uso/abuso del legno e delle vendemmie posticipate. Un processo di snellezza simile ad una dieta accurata, che ha portato i suoi frutti con prodotti dinamici, dai tannini meno impegnativi seppur fitti (stiamo pur sempre parlando del Sangiovese).

La famiglia Ghezzi

E tutto ciò lo ritroviamo oggi nel calice, durante il momento degli assaggi nella caratteristica sala degustazione, accogliente quanto un salotto di casa. In etichetta il simbolo del dromedario, nato dalla leggenda che Camigliano fosse un luogo di templari nell’antichità. Il deserto, almeno metaforicamente, è arrivato con un vento di passione e di novità importanti.

La prima, senza dubbio, è il sorprendente Vermentino del Gamal annata 2023: salino, floreale e mediterraneo, senza opulenza e senza acidità costruite a tavolino per compensare eccessi di struttura che il varietale può offrire. Beva giocosa e buon allungo finale, duttile a tavola e nei momenti conviviali.

Scaldati i motori si parte con il Brunello di Montalcino 2019, ancora in fase di assestamento con la dovuta evoluzione in bottiglia che richiede la tipologia. Delineata e succosa la ciliegia, cala leggermente nel centro bocca e recupera nell’aggancio finale per la trama tannica elegante e saporita.

Il Brunello di Montalcino “Paesaggio inatteso” 2019 è una selezione piena, salina e materica. Tannini svolti da manuale, certamente più pronti rispetto alla versione base. Non nascondiamo altresì fiducia anche nello scorrere del tempo in cantina. Suadente la scia balsamica ed officinale con tocchi di salsedine sul finale da condurre davvero verso le dune sabbiose del mare.

Sardegna: Alguer Wine Week e il Concours Mondial De Bruxelles Sparkling Session 2024

Una settimana immersi nelle bollicine e i meravigliosi paesaggi di Alghero

All’inizio di luglio avevo programmato di andare in Sardegna come tutti gli anni per la Guida Slow Wine, sono collaboratrice per la Sardegna da diversi anni, quindi avevo già il mio viaggio tutto definito, ma all’ultimo momento, mi è arrivata la richiesta per partecipare alla sessione di assaggi del Concours Mondial de Bruxelles per la sessione Sparkling Wine che si svolgeva ad Alghero. Sono Degustatrice del CMB da molto tempo, ero infatti appena ritornata dal Messico dove si era conclusa qualche giorno prima la sessione dei vini Bianchi e Rossi, e non era prevista la mia partecipazione a questa, ma mi sono resa disponibile a partecipare anche se i programmi erano diversi… Penso di aver fatto proprio un’ottima scelta!

La Sardegna ha una grande tradizione vitivinicola, improntata principalmente su i vini rossi e bianchi, ma negli ultimi anni i produttori più lungimiranti si sono dedicati alla produzione di vini spumanti di alta qualità sia Metodo Charmat che Classico, andando a valorizzare i loro vitigni autoctoni anche con questo tipo di produzione, che oggi nel mondo è molto apprezzata. Attualmente, vengono prodotte a livello regionale oltre 110 etichette di vini spumanti e frizzanti, a partire da diverse varietà di uve. Tra queste, due eccellenti cultivar regionali – Vermentino e Cannonau – insieme a vitigni autoctoni come Torbato, Nuragus, Cagnulari, Malvasia, Vernaccia, Moscato e Chardonnay per quanto riguarda le uve internazionali.

«L’evento Sardinian Wines Festival – Alguer Wine Week è stato il catalizzatore per promuovere per la prima volta, tutti insieme, il patrimonio vitivinicolo della Sardegna, attraverso un programma fitto e di grande spessore che è durato una settimana. Fra degustazioni, conferenze e musica, si è parlato del Vino Sardo a tutto tondo. In più si è aggiunta la sessione di assaggio del CMB dei vini spumanti, che ha portato Alghero al centro del mondo del vino» commenta la vice presidente della Camera di Commercio di Sassari, Maria Amelia Loi, durante il convegno svoltosi presso la Tenuta di Sella & Mosca.

“L’attuale tendenza della produzione vinicola è illustrata dal settore vini spumanti e frizzanti, che ha registrato una crescita costante a livello mondiale. Le cantine sarde hanno investito molto nelle nuove tecnologie e attrezzature di punta e si sono preparate per un debutto di successo nella categoria, ritagliandosi uno spazio unico”, afferma Mario Peretto, Presidente del Consorzio Alghero DOC. Sono questi i motivi per cui il Concours Mondial de Bruxelles ha scelto la nostra isola per ospitare la Sessione Vini Effervescenti del concorso. «Si tratta di una grande opportunità per tutta la Regione, che ha la possibilità di mostrare le proprie eccellenze a un pubblico internazionale. Al concorso parteciperanno 50 giornalisti, buyer, esperti e influencer che racconteranno la loro esperienza di questa fantastica isola dopo averne scoperto i paesaggi e i vini più significativi», ha aggiunto Mario Peretto.

Sardinian Wines Festival – Alguer Wine Week è stato promosso dalla Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio e organizzato dal Consorzio di Tutela Vini di Alghero Doc, Camera di Commercio di Sassari, Promo Camera Sassari, Distretto Rurale Alghero&Olmedo, Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura Laore, Comune di Alghero, Fondazione Alghero, dove hanno partecipato i Consorzi: Vini di Alghero Doc, Cannonau Doc, Vermentino di Gallura Docg, Malvasia di Bosa, Terralba Doc, Vermentino di Sardegna Doc, Regione Storica Coros-Logudoro e Terre di Romangia.

Vigneto di Sella & Mosca, Alghero

Il programma di questi giorni è stato molto fitto e intenso, la mattina era dedicata alle degustazioni del CMB Sparkling Session, dove ogni giuria degustava alla cieca circa una cinquantina di vini ogni giorno, mentre nel pomeriggio erano previste le visite nelle cantine.

La mia giuria tecnica

STORIA DELLA NASCITA DI UN TERRITORIO VITIVINICOLO

La storia di Alghero è molto interessante, in particolar modo di tutta l’area agricola che un tempo era una palude.

Negli anni ’30 durante il periodo fascista, fu deciso di bonificare questa zona. Lo scopo dopo la bonifica della “Nurra” era quello di affidare questi terreni ai coloni. L’ente Ferrarese di Colonizzazione, con un decreto del 1933, ebbe il compito di far insediare famiglie originarie della provincia di Ferrara in questi territori. Successivamente nel 1942 cambiò nome e divenne l’Ente Sardo di Colonizzazione, l’intenzione era di ripopolare e aumentare la densità della popolazione, attraverso la colonizzazione, per gettare le basi demografiche utili per sviluppare l’economia produttiva e anche quella agricola. I terreni vennero così suddivisi e l’ampiezza dei poderi inizialmente oscillava tra un minimo di 20 a un massimo di 40 ettari. Con la fine della IIa Guerra Mondiale, la città di Fertilia, il borgo dove abitavano i coloni venne popolata inoltre da un folto numero di esuli che arrivavano dall’ Istria e dalla Dalmazia, che si integrarono e iniziarono a produrre nelle realtà agricole della Nurra. Agli inizi degli anni ‘50 nasceva l’ETFAS, ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna, che attraverso varie riforme fatte nel tempo ha fatto si che in questa area si avviasse un’imponente programma di trasformazione, consentendo di preparare questa terre per le attuali coltivazioni come la vigna, olivi e frutteti e alla creazione di strade rurali e interpoderali. Oggi questi terreni si presentano così con uno sfondo unico dato dal monte Doglia e il mare.

Credito Fotografico @concoursmondialdebruxelles

UN GIRO FRA LE TENUTE…

Sella & Mosca

L’immagine dei vigneti in questa tenuta è veramente unica e grandiosa, 650 ettari fra vigna e macchia mediterranea.

I vigneti si estendono per 520 ettari a corpo unico con al centro la cantina e gli edifici dedicati all’accoglienza, rendendo questa tenuta fra le più grandi d’Europa. L’azienda fu fondata agli inizi del ‘900 dall’ingegner Sella e l’avvocato Mosca, piemontesi di origine, che si innamorarono di questa zona, i loro occhi e il loro cuore l’avevano immaginata già come sarebbe diventata oggi… Il loro lavoro è stato duro, ma hanno reso questi terreni pronti per accogliere questa coltivazione: la vite.

Dal 2016 la proprietà è del Gruppo Terra Moretti e fin da subito gli obiettivi erano molto definiti: produrre un metodo classico e rendere questa realtà fruibile al pubblico. Oggi, dopo poche vendemmie i prodotti che rientrano nelle “bollicine” sono tre, diversi fra loro per tecnica e uve. Vengono prodotti due Metodo Charmat e un Metodo Classico.

Il Torbato, vitigno dalle origini antichissime, presente per circa un 20% in questi vigneti, ha trovato una nuova dimensione nella produzione di vini spumanti. Conosciuto per le sue caratteristiche uniche, tra cui una marcata mineralità e note di frutta secca, il Torbato spumante offre un profilo sensoriale complesso e intrigante. Versatile, profondo e persistente.

La gamma dei prodotti di Sella & Mosca è varia e anche originale per certi aspetti, si passa dai vermentino ai cannonau, e altri vitigni autoctoni, ma quello che colpisce è la produzione del Marchese di Villamarina DOC Alghero Cabernet Riserva, la prima annata risale al 1989 ottenuto da uve Cabernet Sauvignon 100%. Durante la visita molti si chiedevano il perché produrre un vino così in queste terre? Le uve furono impiantate molti anni addietro e oggi rappresentano il 10% di quelle presenti. Sicuramente la forte adattabilità, in diverse parti del mondo, di questo vitigno è chiara per tutti, quindi perché non produrre anche in questa “Nurra pianeggiante” con suoli che variano molto da una zona all’altra, un grande Cabernet Sauvignon? Negli anni ho avuto modo di assaggiare molte annate, anche quelle della fine degli anni ’90 e devo dire che tutte le volte mi sono meravigliata di quanto il Terroir fosse riconoscibile, e alla cieca si percepisce subito che è un Vino Sardo. Con Giovanni Pinna, enologo storico, oggi direttore generale della tenuta, e anche presidente del Consorzio Vermentino di Sardegna, più volte abbiamo parlato di questo vino, che rimane senza dubbio un prodotto di nicchia ed esprime in toto i tratti dei vini rossi sardi: i sentori di macchia, bacche di mirto e ginepro, le note iodate e la sapidità gustativa, che si fondono per determinare poi i tratti riconoscibili dell’uva di provenienza, creando così un assaggio interessante e memorabile.

Dal 2019 inoltre la tenuta è aperta al pubblico, con accoglienza e eventi, facendo diventare questa storica azienda qualcosa di dinamico e moderno. Tutta la parte ricettiva e l’enoteca sono stati rinnovati nel 2022 con un progetto seguito da Valentina, la figlia architetto di Vittorio Moretti. I colori della terra, del mare e del sole si ritrovano nello spazio enoteca rendendolo accogliente e molto particolare. Vi invito ad andare a visitare questa azienda perché è sicuramente un pezzo di storia della produzione vitivinicola italiana.

https://www.sellaemosca.com

Cantina Santa Maria la Palma

Altra visita interessante, si è svolta alla Cantina di Santa Maria la Palma questa rappresenta l’identità di un vasto territorio, i soci della cantina oggi sono circa 300 e rappresentano un’estensione territoriale di oltre 800 ettari. Tante piccole realtà riunite per promuovere in modo condiviso il territorio. L’azienda nasce ufficialmente nel 1959, e qui si producono vini che essenzialmente rappresentano la produzione vitivinicola dell’isola. La cantina produce oltre cinque milioni di bottiglie all’anno, ed esporta i suoi vini in 50 paesi nel mondo. Durante gli ultimi anni ci sono stati diversi progetti di marketing interessanti, fra questi il progetto legato allo Spumante Akènta, che poi si è evoluto in Akènta Sub, ossia un Vermentino di Sardegna Spumante affinato nel mare, in una cantina naturale subacquea.

Anche se questa tecnica sembra si sia affinata negli ultimi anni, ci sono dei riscontri storici che già dai tempi dei Romani, questa pratica fosse messa in atto, quindi possiamo dire che l’idea parte dal passato ma resa senza ombra di dubbio attuale. Durante la visita era stato predisposto il giro in elicottero che ci ha permesso di vedere dall’alto dove sono posizionate le gabbie per l’affinamento. Questo progetto nasce dopo tre anni di studio e nel 2015 esce il primo vermentino italiano affinato sott’acqua. Le gabbie sono in acciaio e sono posizionate in una zona sabbiosa, circondata da posidonie (queste formazioni si ritrovano poi anche sulle bottiglie e creano senza dubbio una particolarità evocativa unica). Il progetto prevede di lasciare in mare le bottiglie, ad una profondità di circa 40 metri per l’affinamento di almeno 12 mesi. Le caratteristiche principali di questo tipo di affinamento (underwater wine) sono: la temperatura che rimane quasi costante fra i 12° e 14°C, l’esposizione alla luce, la costante pressione e l’assenza di ossigeno sott’acqua che impedisce l’ossidazione prematura, mantenendo così la freschezza dei vini. In aggiunta anche il naturale scuotimento dovuto al moto marino, favorisce la formazione di un perlage piuttosto fine e molto persistente, donando al vino spumante alcuni aspetti interessanti, percepiti durante la degustazione. Ovviamente il cambiamento non avviene solamente nell’espressione della bollicina ma anche a livello gustativo, rendendo il sorso sapido e molto espressivo. La visita è stata molto interessante fra assaggi di vini, volo in elicottero, canti e balli tradizionali sardi, abbiamo assaporato tradizioni e al contempo una grande operazione di marketing che questa azienda sta portando avanti, nell’ottica di valorizzare e differenziare un prodotto che oggi sul mercato mondiale ha una sua importante collocazione.

https://www.santamarialapalma.it

QUALCHE NUMERO DEL CMB SPARKLING SESSION 2024

Durante questa sessione sono stati valutati oltre 900 vini effervescenti provenienti da 24 paesi, i giudici presenti erano circa cinquanta provenienti da 22 paesi diversi. Per quanto riguarda le iscrizioni lo champagne resta in testa con 178, mentre tutta l’Italia ha presentato quasi 300 vini, la denominazione Prosecco è presente con 128 vini, ovviamente è la denominazione maggiormente rappresentata. Molto interessante anche la gamma dei vini effervescenti presentati dalla Sardegna che sono principalmente a base di due vitigni tipici: Vermentino e Torbato.

Quentin Havaux, Direttore del CMB, è entusiasta: «Siamo molto felici di essere riusciti a lanciare questo concorso, risultato di diversi anni di lavoro. Non è un caso che la nostra Sessione Vini Effervescenti si svolga in Italia per il secondo anno consecutivo. Anno dopo anno, l’Italia ha dimostrato di essere e di rimanere una grande nazione produttrice, impressionandoci continuamente con la qualità dei suoi vini e ottenendo ottimi risultati nelle diverse sessioni del CMB».

Credito Fotografico @concoursmondialdebruxelles

I RISULTATI…

Il Veneto si aggiudica il maggior numero di medaglie italiane, con un totale di 21 riconoscimenti, su un totale di 64 medaglie per l’Italia. Il 45 Metodo Extra Brut Pas Dosè Blanc de Noirs della Fattoria La Vialla, in Lombardia, vince il Trofeo Rivelazione Italia. La Sardegna si aggiudica ben 8 medaglie 4 d’Oro e 4 d’Argento.

Nella regione dello Champagne arrivano 98 medaglie, sono stati più della metà dei vini in concorso. La Rivelazione Internazionale è andata allo Champagne Lemaire Millésime Les Hautes-Prières 2012 di Roger-Constant Lemaire. Vera e propria icona della loro cantina, il Millésime des Hautes-Prières è prodotto esclusivamente con Chardonnay invecchiato per 9 mesi in botti di rovere e prodotto utilizzando uve dei prestigiosi vigneti di Hautvillers. Altri cinque champagne sono

stati premiati con la Gran Medaglia d’Oro. I Cava dominano il palmarès spagnolo, con 34 medaglie. Di particolare rilievo i risultati della cantina catalana Rovellats, che si è aggiudicata 1 medaglia d’Oro, 2 medaglie d’Argento e il Trofeo Rivelazione Spagna per il suo emblematico Rovellats Reserva Cuvée Especial Brut Nature 2020.

La Germania stupisce, aggiudicandosi quasi il 60% delle medaglie! Sono andate ai produttori tedeschi un totale di 16 medaglie, tra cui 2 Gran Medaglie d’Oro, 8 d’Oro e 6 d’Argento. Weingut Bergdolt ha vinto una Rivelazione Internazionale per il suo Fluxus Brut Natur 2015, confermo senza ombra di dubbio che questo assaggio è stato davvero memorabile! La mia commissione ha valutato una batteria di vini tedeschi e ci siamo emozionati dal primo all’ultimo, e vedendo questo risultato mi sento orgogliosa, per aver contribuito a questa medaglia. Sudafrica: per la seconda volta nella storia del concorso, uno spumante sudafricano ha vinto una Gran Medaglia d’Oro. Il vincitore è Sparklehorse 2021 di Forrester Vineyards. Il Belgio ha confermato la sua buona reputazione e il suo sviluppo come paese produttore di bollicine, con ben 18 premi e il 41% dei vini presentati premiati, un record. Anche la Moldavia, con 8 medaglie tra cui una Gran Medaglia d’Oro, emerge in questa categoria e sarà una forza da tenere in considerazione negli anni a venire. Infine l’Austria si è distinta con un’ottima performance del suo Blanc de Blancs Sekt Große Reserve NÖ g.U. Furth bei Göttweig 2016, che ha ottenuto una Gran Medaglia d’Oro.Il link per vedere tutti i risultati: https://resultats.concoursmondial.com/it/risultati/2024

Per concludere vorrei dire che il CMB non poteva scegliere migliore location per questa sessione 2024 dei vini spumanti! La Sardegna offre davvero molto a livello vitivinicolo, ed è forse, in questo momento una delle regioni italiane più in fermento per quanto riguarda le zone di produzione, i vini e i territori emergenti, i produttori in questo momento hanno una grande consapevolezza delle loro potenzialità!

Credito Fotografico @concoursmondialdebruxelles
Alcuni degustatori italiani al CMB da SX a DX: Matteo Cipolla, Angelo Concas, Dino Addis, Karin Meriot,
Mattia Antonio Ciancia, Luigi Salvo, Giovanni Pinna, Claudia Marinelli

Fonte: Comunicati Stampa CMB Sparkling Session 2024 – Presentazioni dei vari consorzi

Metti una sera a cena al ristorante Dei Cappuccini dell’Anantara Convento di Amalfi Grand Hotel

Ho sempre amato le sfide, specie quelle senza un vincitore. I veri duelli sono altri e presuppongono caratteristiche d’animo che non mi sono mai appartenute. Meglio le nobili tenzoni tra calici, posate ed eleganti tovagliati dove il gusto diventa il vero protagonista, con un tocco di cultura enogastronomica per comparare idee ed esperienze differenti.

Una “cena a quattro mani” rappresenta questo e molto altro. A cominciare dalle sinergie, quelle tra due strutture di un rinomato brand per esempio: Anantara Convento di Amalfi Grand Hotel e Anantara Grand Hotel Krasnapolsky Amsterdam. L’occasione vede coinvolti due chef di eccezionale talento, ciascuno con una distinta storia e tradizione.

Claudio Lanuto, Executive Chef del Ristorante Dei Cappuccini, e Tristan de Boer, Chef de Cuisine del ristorante 1 stella Michelin The White Room di Anantara Grand Hotel Krasnapolsky Amsterdam, hanno collaborato nel creare un menu di otto portate davvero superbo.

Chef Claudio Lanuto

Claudio sa valorizzare le materie prime a chilometro zero, esaltando i profumi ed i sapori della Divina Costiera. Le doti tecniche si fondono alla perfezione con gli ingredienti del suo orto, immancabili nelle pietanze ricche di gusto estetico e pratico.

Sono felice e onorato di questa collaborazione“. Racconta l’Executive Chef Claudio Lanuto.È un affascinante incontro tra Amalfi e Amsterdam, dove due tradizioni così distinte si fondono in un’armonia perfetta. Attraverso l’uso di ingredienti comuni, ma con interpretazioni diverse, rispettiamo e valorizziamo la stagionalità di ogni prodotto. Auspico sinceramente che questa collaborazione sia solo l’inizio di una lunga serie di eventi che celebrano la diversità e la ricchezza delle nostre tradizioni gastronomiche.

Chef Tristan de Boer

Tristan de Boer, classe ’93, è invece lo chef di The White Room di Anantara Grand Hotel Krasnapolsky Amsterdam. Cresciuto in una città ricca di culture diverse, ha sviluppato uno stile culinario unico che fonde elementi della cucina indonesiana, giapponese, tailandese e del Suriname con la tradizione locale. Ha iniziato la sua carriera a soli 13 anni e ha lavorato in ristoranti stellati come Ron Blaauw**, Aan de Poel** e Librije’s Zusje** (ora Spectrum**), diventando Souschef a 23 anni.

In seguito, è stato capo chef del 101 Gowrie, dove ha vinto il premio “giovane chef dell’anno” della Michelin, e Chef dell’Hotel Conservatorium. Al The White Room, Tristan esprime la sua creatività con piatti innovativi che utilizzano ingredienti insoliti, come geranio e Madame Jeanette, cercando sempre di superare le aspettative degli ospiti.

Due visioni opposte, unite dalla passione per la cucina d’autore e la sperimentazione. Innegabile che il luogo, il contesto particolare, determini poi lo stile in cucina. Una capitale europea come Amsterdam, crea maggior possibilità per avvicinarsi alle contaminazioni internazionali. Parimenti Amalfi sa accogliere turisti da ogni Nazione, che si adattano subito e anzi cercano le bellissime experience nostrane che noi campani dimentichiamo di avere a portata di mano. Pasta, verdure, erbe officinali ed il pescato del giorno, cucinato nei modi più delicati possibili.

Ed a proposito di piatti, merita una degna menzione l’entrée proposto da Tristan a base di gambero rosso, caffè e zenzero marinato, così come la ricciola con geranio limone, dashi affumicato e bergamotto, di gran lunga il piatto migliore della serata.

Chef Lanuto ha saputo destreggiarsi nel rituale del pane con burro montato alle erbe della Costiera e nel dentice alla griglia con peperoni friggitelli, capperi e olive di una concretezza disarmante.

Nel dolce permane una situazione di pareggio tra la morbida mousse di limone, liquirizia, fragola e dragoncello e una tonica pesca bianca con limoncello, latticello e limone d’Amalfi forse troppo energica per le abitudini gastronomiche italiane.

La nouvelle vague dei dessert richiede ormai sempre maggior contrasto tra sensazioni dolci e acide o astringenti; l’opinione da critico del sottoscritto, che nulla aggiunge alla magnifica serata evento, è che tutto va bene a patto che avvenga cum grano salis.

“Calici di Stelle” a Sorrento con la cantina De Angelis 1930

Comunicato Stampa

Per la prima volta a Sorrento arriva Calici di Stelle, l’evento a cura del Movimento Turismo del Vino. L’edizione 2024 ha avuto come temi Mitologia – “Bacco e il vino” e “Astronomia e costellazioni”

Calice di Stelle nell’orto della Regina, organizzato dalla cantina De Angelis 1930 in collaborazione con il Relais Regina Giovanna, si è svolto il 20 Agosto nel ristorante pergolato “Pane & Olio”, complice la super Luna di agosto e l’affaccio panoramico sulla baia di Puolo e il Golfo di Sorrento, che hanno fatto da cornice alla passeggiata notturna in vigna al termine della serata.

“La Penisola Sorrentina ha un potenziale enorme per sviluppare un’offerta di enoturismo completa, grazie alla sua ricchezza paesaggistica, culturale e gastronomica” ha dichiarato Francesco Di Somma, titolare di De Angelis 1930. “Tuttavia – prosegue Di Somma – per diventare una destinazione di enoturismo a pieno titolo, ci sono alcuni elementi chiave che potrebbero essere sviluppati ulteriormente: primo tra tutti un Progetto condiviso con gli imprenditori della ristorazione e dell’ospitalità, che ancora non hanno ben focalizzato la ricchezza e la potenzialità del prodotto vino Penisola Sorrentina”.

Il focus della serata si è di fatto incentrato sulle tre etichette della cantina che rientrano nella doc Penisola Sorrentina sottozona Sorrento: Sorrento Bianco, Sorrento Rosso e Kalliope.

La Doc, riconosciuta nel 1994, ricomprende anche i vini prodotti nel territorio dei Monti Lattari – in primis i ben noti Gragnano e Lettere; è invece poco conosciuta per i vini della sottozona Sorrento, che per ottenere tale menzione possono essere vinificati solo a partire da uve provenienti dai comuni di Sorrento, Massa Lubrense, Sant’Agnello, Piano di Sorrento, Meta e Vico Equense. La cantina De Angelis 1930 è l’unica cantina a produrli nella città di Sorrento. Si tratta di vini fermi e secchi, la cui base ampelografica è costituita da falanghina, biancolella, greco bianco, per i bianchi, piedirosso, aglianico e sciascinoso per i rossi.

La viticoltura in Penisola Sorrentina è praticata sin dall’antichità, come dimostrano le fonti classiche che diffusamente parlano del vino Surrentium. Mentre il poeta Stazio (I secolo d.C.) in una delle sue composizioni poetiche, parlando della Villa di Pollio Felice, dimora residenziale risalente al I secolo dC posta  fuori Sorrento dove ora sorgono il Relais Regina Giovanna e una delle vigne della cantina De Angelis, scrive:

La villa di Pollio è posta in alto, di fronte al golfo, sui colli dove l’uva non teme confronti con quella del Falerno e i vigneti scendono giù a terrazze fin quasi sugli scogli, sÌ che le ninfe marine vengono di notte a rubarvi i grappoli”.

Oltre al Sorrento, durante la serata sono state degustate anche le tre Lacryma Christi del Vesuvio, Gaius, Plinius e Drusilla, rispettivamente bianco, rosso e rosato, che la cantina De Angelis 1930, in deroga al disciplinare, è autorizzata a vinificare fuori dall’areale della dop Vesuvio.

La passeggiata notturna nella vigna, affacciata sul mare e sul Vesuvio, è stata l’occasione per parlare di mitologia, Bacco e vino: dal legame tra la Penisola Sorrentina e le Sirene, che secondo il mito avevano dimora  in queste acque e dal cui nome secondo la tradizione deriverebbe quello di Sorrento, passando per la leggenda della Lacryma Christi del Vesuvio fino ad arrivare alle rovine della villa romana di Pollio Felice che sorgeva proprio qui.

La proposta gastronomica a buffet del Relais Regina Giovanna e del suo Ristorante Pane & Olio si è  basata su prodotti a chilometro zero biologici provenienti dagli orti della proprietà e proposti come antipasti, contorni in abbinamento a pizze rustiche e quiche, condimento per le pizze napoletane sfornate al momento e per il piatto principale, la pasta alla Nerano, preparata davanti agli ospiti.

Liguria: Cantine Levante una realtà nata tra le colline di Sestri Levante

Nel cuore della Liguria, a Sestri Levante, sorge un’azienda vinicola che incarna perfettamente l’essenza del territorio: Cantine Levante. Fondata nel 2010 da Luca De Paoli e Dorella Segarini, l’azienda ha saputo guadagnarsi in poco tempo un posto di rilievo nel panorama vitivinicolo della regione, grazie alla produzione di vini che riflette un attaccamento e una profonda connessione con la terra.

Luca De Paoli è un uomo dal tipico carattere ligure: schivo, riservato e dedito al lavoro. La sua è una personalità che non ama apparire, ma che preferisce far parlare i propri vini. Radicato profondamente nel territorio, Luca ha saputo trasformare il suo amore per la viticoltura in una realtà produttiva che oggi è apprezzata non solo dai suoi concittadini, ma anche dagli enoturisti che arrivano da ogni parte per scoprire i sapori autentici della regione.

Le vigne sono dislocate in punti panoramici delle colline che circondano Sestri Levante, offrendo una vista mozzafiato che spazia dal verde dei pendii al blu intenso del mare. Una delle vigne più suggestive è quella di Scimiscià, situata a picco sul mare, sopra il borgo di Cavi. Questa posizione privilegiata dona ai vini un carattere unico e regala anche agli occhi dei visitatori uno spettacolo naturale di rara bellezza.

La produzione di Cantine Levante si concentra su varietà tipiche del territorio, tra cui Vermentino, Bianchetta e Ciliegiolo, oltre al prezioso Scimiscià. Ogni vino esprime la tipicità del vitigno e la particolarità del terroir, dando vita a etichette che sono la sintesi perfetta tra tradizione e innovazione.

Ho recentemente avuto il piacere di degustare le nuove annate in commercio

Golfo del Tigullio Doc Bianchetta Genovese 2023: fermenta e affina in acciaio. Paglierino con bagliori verdolini, profilo olfattivo delicato, che si articola su profumi di biancospino, scorza di limone, mela verde. In bocca si apprezza la coerenza e la bevibilità e la bella chiusura sapida. Perfetto con acciughe fritte, focaccia al formaggio o torte di verdura.

Golfo del Tigullio Doc Scimiscià 2023: viene immesso in bottiglia renana. Colore paglierino vivido dai bagliori dorati. Al naso si percepiscono sentori di mela renetta, miele di castagno, acacia, erbe aromatiche. Il sorso è sicuramente ben equilibrato e si nota una buona persistenza. Si può pensare insieme a un cappon magro, piatto tipico ligure, o alle trofie di castagne con pesto.

Golfo del Tigullio Doc Vermentino 2023: vinificazione classica in acciaio. Il vino si offre nel calice con sentori di agrumi, acacia, rosmarino, maggiorana, salvia. L’assaggio è molto appagante, si nota la tipicità e la piacevolezza di beva. Chiude quasi salino. Pesce al forno alla ligure con olive e pinoli, buridda di seppie e pansoti alla salsa di noci.

“Anfore” è un bianco ottenuto da grappoli di Bianchetta Genovese provenienti dal podere a Verici, luogo ideale per far esprimere il meglio da questo vitigno. Dopo un periodo di fermentazione sulle bucce di circa 30 giorni, affina per due anni in anfore di terracotta. Nessuna chiarifica, né filtrazione, viene imbottigliato con l’aggiunta di una quantità minima di solforosa. Prodotto in circa 2000 esemplari. Bouquet che esprime caratteri di frutta secca, ginestra e cenni balsamici. In bocca mantiene una bella freschezza e risulta equilibrato. Abbinamento con formaggi non stagionati, carni bianche, piatti di pesce elaborati.

Golfo del Tigullio Doc Ciliegiolo 2023: Affascinante rubino di media intensità. Note succose di ciliegia, ribes, erbe mediterranea. In bocca si apprezza un tannino setoso e un finale di buona persistenza. Perfetto in abbinamento a zuppe di pesce.

Luca De Paoli non si è fermato alla sola produzione vinicola. Spinto dal desiderio di far conoscere sempre più i propri vini e quelli delle migliori cantine nazionali e internazionali, sta realizzando un sogno: l’apertura di un nuovo punto vendita separato dalla cantina. Questo spazio non sarà solo un negozio, ma anche un luogo di incontro e scoperta per appassionati di vino. Al suo interno, oltre alle referenze della cantina, si potranno trovare prestigiose etichette provenienti da tutta Italia e dall’estero, frutto di una selezione accurata.

Non mancherà, inoltre, una sala degustazioni, pensata per accogliere enoturisti e appassionati, offrendo loro l’opportunità di assaporare i vini in un contesto elegante e rilassato. Questo progetto rappresenta l’evoluzione naturale di un percorso iniziato con amore e dedizione verso la terra, e che oggi si apre al mondo, senza mai perdere di vista le proprie radici. Cantine Levante è quindi più di una semplice cantina: è un punto di riferimento per chi cerca vini espressivi e autentici, che racchiudono in ogni bottiglia la storia e la bellezza della Liguria. Grazie all’impegno di Luca De Paoli, questa azienda ha saputo crescere, mantenendo sempre un legame profondo con il territorio, e oggi rappresenta una tappa imperdibile per chiunque voglia scoprire i sapori e i panorami di Sestri Levante.

Romagna: i vini di Tenute Bacana

Ogni buon appassionato di vini del proprio territorio è spesso incuriosito (e a volte prevenuto) alla presenza di nuove realtà. Si pensa che ormai nessuno abbia qualcosa di nuovo da offrire in un mondo vitivinicolo già dominato dai “big” storici.

Questo atteggiamento è comprensibile, soprattutto se consideriamo che molti ci provano, ma pochissimi riescono a emergere, e quei pochi pagano lo scotto dell’immaturità dei primi anni non avendo un background consolidato alle spalle.

Fortunatamente, noi “curiosi” cerchiamo di osare e trovare un equilibrio tra l’esplorare qualsiasi proposta e il restare unicamente nella zona di comfort. La nostra audacia viene ricompensata quando troviamo produttori come Filippo Poggi di Tenute Bacana.

Siamo a Villa Vezzano, una minuscola frazione di appena 300 anime, confinante con Tebano (Faenza) ma che fregiarsi di essere, seppur di poco, sotto il comune di Brisighella. Lo si capisce anche dai terreni variegati: argillo-ferrosi e sasso-sabbiosi, a seconda della particella, ma sempre con buone dosi di calcare, tipici della Brisighella “bassa”.

La storia di Tenute Bacana affonda le radici nel secondo dopoguerra, quando il nonno materno di Filippo, Angelo Liverani, coltivava viti nei poderi di famiglia. Come avveniva nella stragrande maggioranza dei casi di quell’epoca, l’uva veniva poi conferita alle Cooperative vitivinicole sociali, ad eccezione di quei grappoli riservati per produrre il “vino per la casa”.

Facciamo ora un salto avanti di almeno 70 anni. È il 2020, e in Italia imperversa l’epidemia di Covid-19. Filippo (classe 1998), stanco del suo lavoro di trasfertista per una nota azienda di packaging, decide che è arrivato il momento di provar a fare qualcosa di suo. In fondo lui le viti le ha sempre coltivate assieme al nonno e la passione non gli manca.

Parte l’esperimento non senza un pizzico di sana follia. Filippo dimostra audacia nel produrre, già il primo anno, 5.000 bottiglie di Sangiovese e 5.000 bottiglie di Albana. Senza un aiuto. Senza qualcuno che curasse la parte commerciale o il marketing. La sera, dopo il lavoro e nei weekend, caricava le bottiglie in macchina e bussava a tutti i locali e ristoranti della zona. Ed ha funzionato. Il vino riscuoteva così tanto successo che ogni volta tornava a casa senza bottiglie. Quell’anno fece il tutto esaurito e anche l’anno successivo e pure quello seguente.

Un successo che trova la sua chiave di volta in un prodotto genuino che si è ben guardato dallo scimmiottare qualcosa già esistente, aggiungendo quindi un tocco di personalità tramite il legame con i vitigni e il territorio. Il tutto condito da una grandissima dose di umiltà. Sì, perché Filippo è rimasto umile, continuando a fare un secondo lavoro, l’agente finanziario, in modo da potersi permettere di fare qualche investimento per vedere il nome di Tenute Bacana crescere Un’umiltà che dimostra nell’accogliermi a casa sua preparando tagliatelle al ragù della tradizione con l’entusiasmo di farmi assaggiare i suoi vini.

Albana 2023

Un sapiente di mix di una parte raccolta in leggero anticipo con criomacerazione per donare freschezza e una parte in vendemmia leggermente tardiva (fine settembre) per donare spessore, condite da sosta di 3 mesi sulle fecce fini.

Al naso regala un’esplosione di profumi, più che altro di fiori delicati come la camomilla ed erbe aromatiche come il rosmarino. La frutta, la classica albicocca, arriva solo dopo qualche olfazione. C’è spazio anche per tanta mineralità e per un finale su aromi di lavanda, talco e altre essenze floreali. In bocca è rotondo, masticabile. C’è concentrazione ed estratto senza risultare pesante.

Intento 2023

Eliminiamo subito la curiosità del nome riportato in etichetta (che fra l’altro è l’unico dato che Albana e Sangiovese non hanno ancora un nome). Il romagnolo ha l’intento di far grande il Trebbiano, da sempre bistrattato ed accostato al vino in brick. Inizialmente non era l’idea di Filippo, che con appena 15 quintali voleva conferirlo alla cantina sociale. Però quest’anno, complici altri impegni in vigna, l’ha lasciato lì fino alla prima settimana di ottobre, constatando che l’uva era perfetta. Ed ecco il primo tentativo di sole 2000 bottiglie proprio con questa annata, la 2023.

La presa al naso è più timida rispetto all’Albana. Un vino che vira sul vegetale fresco/mentolato. Frutta che ricorda pera, mela renetta e perché no, la giuggiola.

In bocca è materia pura. Cremoso, a tratti quasi da sorbetto. L’acidità purtroppo non prevale, ma c’è estrema sapidità a reggere la spalla delle durezze. Finale di bocca lungo e non amaro.

Piccola curiosità: esce in denominazione Brisighella Bianco.

Sangiovese 2022

Il colore è davvero invitante, quello “bello” del Sangiovese rosso carminio saturo e con buona trasparenza. Il naso è gracile e spinge a tratti su freschezza di mora, fragolina di bosco e nepitella, mentre il calore ci rimanda a una frutta leggermente macerata. In bocca l’alcool è ben integrato, con accenni di rotondità. Il sale dona un ottimo equilibrio. Manca un po’ di lunghezza ma il coup-de-nez finale rivela l’integrità aromatica riscontrata all’inizio. Da perfezionare.

Filippo, vorremmo davvero assaggiare questi vini fra qualche anno, ma se vendi sempre tutte le bottiglie attenderemo con piacere.