Val d’Agri – il vino di Viggiano: un tesoro enologico in continua evoluzione

di Alberto Chiarenza

Una ricerca alternativa ha portato un gruppo di studiosi a fare delle scoperte che stravolgono in parte le origini dei vitigni italiani. Lo studio chiamato “Fra le montagne di Enotria” nell’ambito della più ampia ricerca su l’Enotria, Grumentum e i vini dell’Alta Val d’Agri, è stato condotto dall’autore del libro, il professore di archeologia e ricercatore Stefano Del Lungo, che ha ideato il progetto con la collaborazione di esimi colleghi.

Il press tour di due giorni è stato organizzato dal Consorzio di Tutela e Valorizzazione della DOC Terre dell’Alta Val d’Agri in collaborazione con la responsabile comunicazione e pubbliche relazioni, Maddalena Mazzeschi.

LE MERAVIGLIE DI UN TERRITORIO QUASI SCONOSCIUTO

Il paesaggio è un avvicendarsi di boschi di lecci e querce, con macchie gialle di ginestre. La Val D’Agri è conosciuta per la sua bellezza paesaggistica, con una combinazione tra montagne, colline e vallate che creano uno scenario suggestivo. La valle è attraversata dal fiume Agri da cui prende il nome, ed è circondata dai monti dell’Appennino Lucano; famosa per le sue risorse naturali è sede di uno dei più grandi giacimenti di petrolio in Italia gestito dalla Società ENI.

Tra i principali luoghi da visitare ci sono Grumento Nova, con le sue rovine romane, Tramutola con l’antico Castello e le piscine naturali di idrocarburi, e Viggiano che domina dall’alto. Iniziamo la visita proprio alle piscine con affioramenti dal sottosuolo di idrocarburi e gas disciolti in acqua.

Nel 1857 un terremoto di grandi proporzioni provoca grandi danni in zona, attirando la presenza di numerosi esperti tra cui Robert Mallet, uno studioso irlandese che darà vita alla Geologia Sismica. Fu il primo terremoto ufficialmente documentato da un reportage fotografico. Saranno poi Racioppi e Del Giudice, due studiosi geologi e geografi, che raccogliendo le testimonianze degli abitanti narrarono di fulmini e fuochi strani associati a forte odore di zolfo prima e dopo l’evento sismico. Si trattava proprio della attività dei gas e degli idrocarburi che riaffioravano in superficie.

Nel trasferimento a Grumento Nova verso lo stabilimento ENI è stato attivato da poco tempo un progetto chiamato Agrivanda, che unisce la coltivazione della lavanda e l’utilizzo delle api come biomonitori al fine di promuovere la riqualificazione agricola e il monitoraggio ambientale in modo sostenibile. Agrivanda è il frutto di un impegno volto al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione di terreni a vocazione agricola e si inserisce nel più ampio programma integrato “Energy Valley” per la riqualificazione paesaggistica e territoriale nell’area circostante il Centro Olio Val d’Agri a Viggiano.

L’avventura è cominciata nel 2018 con la messa a regime di terreni incolti, il recupero di colture preesistenti, l’installazione di apiari e la ristrutturazione di due edifici già esistenti. La coltivazione della lavanda, pianta officinale perfettamente adatta alle condizioni pedo-climatiche dell’area, e l’utilizzo delle api come indicatori di biomonitoraggio, sono gli elementi distintivi che mirano a diventare un esempio virtuoso al servizio della comunità.

I pilastri fondamentali del progetto comprendono la crescita economica del territorio, supportando la creazione di micro-filiere, l’inclusione sociale attraverso la collaborazione con cooperative sociali locali, l’educazione e la formazione rivolte al mondo scolastico e lavorativo rispettando l’ambiente. Un passo avanti nella valorizzazione delle risorse del territorio, combinando agricoltura sostenibile, monitoraggio continuo e sviluppo socio-economico.

Arrivati a Grumento Nova è il professore Del Lungo a parlarci della relazione tra l’insediamento e la coltivazione della vite. Ci racconta infatti che tra fine ‘800 e inizi ‘900 tutta l’area di circa 120 ettari era occupata da vigneti e già dal sesto secolo D.C. era presente la vite.

Grumentum è un’antica città romana. Era originariamente un insediamento dei Lucani, popolazione italica, e in seguito divenne una colonia di Roma. Dotata di importanti infrastrutture tra cui un foro, un teatro, le terme, un anfiteatro e un sistema di approvvigionamento idrico era un centro politico e sociale ricco di spettacoli per la popolazione.

I palmenti, antichi sistemi di pigiatura dell’uva, solitamente realizzati in pietra, all’interno dei quali l’uva veniva posta e calpestata da un gruppo di persone, sono ancora ben visibili.

Giungiamo a Viggiano, custode di un patrimonio enologico unico, frutto di tradizione plurisecolare nella selezione e nella cura delle varietà viticole.  Famosissimo per le sue arpe, adatte al trasporto. Un antico retaggio degli emigranti. Inoltre è stato ricostruito un arco in pietra che ha resistito al terremoto del 1857, dove la chiave di volta ha scolpita proprio un’arpa.

La cena offerta è stata appositamente organizzata per gustare i piatti tipici della cucina locale in abbinamento con i vini della DOC Terre dell’Alta Val d’Agri. Sulla qualità complessiva manca qualche passetto in avanti, ma tendenzialmente i produttori sono sulla strada giusta.

I piatti tipici sono:

  • Patatelle (polpettine di patate e formaggio) in brodo di pollo
  • Cazun (ravioli di ricotta) al sugo
  • Ferricelli o trighidd’, conditi o con mollica di pane e noci o con sughi di carne insaporiti da ottimo formaggio pecorino, peperoncino o rafano (cren, radice che dà alle pietanze un caratteristico sapore, forte e deciso). Il “Ferricello Viggianese” ha il marchio De.C.O. (Denominazione di Origine Comunale) dal 2017. La genuinità dei prodotti unita al rispetto delle tradizioni consentono al turista di assaporare piatti di vera eccellenza.
  • Tagliulin’ (taglierini) o trighidduzz’ con legumi
  • Rafanata (frittata con rafano)
  • Cazz’marr’ (involtini con interiora di capretto o agnello lattante)
  • P’prussa crusch’ (peperoni secchi)

Al Teatro Comunale F. Miggiano è stato poi presentato alla stampa, con la presenza di Autorità locali e del Comandante dell’Istituto Geografico Militare, il Generale Di Corpo d’Armata Pietro Tornabene, questo importante volume con l’aiuto di:

  • Angelo Raffaele Caputo del CREA Centro di Ricerca Viticulturale ed Enologia;
  • Vittorio Alba CREA-VE TURI;
  • Teodora Cicchelli Archeologa;
  • Addolorata Preite cultura Enotria;
  • Agata Maggio del CNR;
  • Presidente Consorzio Terre dell’Alta Val D’Agri, Francesco Pisani;
  • Sindaco di Viggiano, Amedeo Cicala;
  • Senatore Pasquale Pepe.

I viticoltori di questa regione rappresentano una ristretta ma appassionata comunità, devota al proprio lavoro e profondamente legata al territorio. Tuttavia, le sfide attuali non possono essere ignorate, poiché la scoperta di importanti giacimenti di combustibili fossili mette a rischio lo sviluppo agronomico.

Fondata su una solida base ampelografica, che sin dal XIX secolo ha abbracciato le varietà internazionali come Merlot e Cabernet, la viticoltura di Viggiano ha stabilito obiettivi ambiziosi:

  • Ampliare la base ampelografica attraverso il recupero di vitigni caratterizzanti il terroir come il Guarnaccino.
  • Diversificare la produzione di vini introducendo queste varietà autoctone in percentuali diverse, tenendo conto delle loro caratteristiche peculiari.
  • Creare nuove denominazioni varietali che potrebbero diventare un punto di riferimento nel panorama viticolo nazionale e internazionale, aprendo la strada a produzioni con il prestigioso status di DOC.

L’impegno del Consorzio e dei suoi membri verso l’innovazione e la valorizzazione delle risorse enologiche di Viggiano è evidente. Ogni passo avanti rappresenta un salto di qualità nella produzione di vini, che abbracciano l’autenticità del territorio e testimoniano la passione dei suoi produttori. La ricerca e la conservazione delle varietà autoctone, affiancate dall’introduzione di vitigni internazionali, contribuiscono a creare una gamma di vini unica e distintiva.

Da italiano vorrei con tutto il cuore, quanto lo vorrebbero i Lucani, vedere questi territori viaggiare allo stesso passo delle regioni vinicole più famose. Si può parlare di un luogo o di un territorio e farlo conoscere, ma se esso non è facilmente raggiungibile dal turismo che conta, allora il lavoro di comunicazione può restare vano.

In tour con Le Donne del Vino delegazione Lazio: alla scoperta del Cesanese – parte seconda

di Olga Sofia Schiaffino

La seconda giornata del press tour de Le Donne del Vino delegazione Lazio è iniziata con una ricca colazione all’agriturismo VerdeLuna, dalla terrazza affacciata sulla vigna che guarda le montagne e i borghi collinari. Da lì abbiamo raggiunto una vigna di Cesanese dell’azienda Terenzi incontrando il fondatore dell’azienda: Giovanni Terenzi accompagnato da sua figlia Pina.

Persona carismatica, che ha creduto nelle potenzialità del territorio e della viticoltura nei tempi in cui il miraggio economico era rappresentato dalle industrie e dal lavoro in fabbrica. Giovanni conosce le viti quasi fossero figli e ci spiega i danni del mal dell’esca, come effettuare la spollonatura e soprattutto come riconoscere una pianta di Cesanese.

Una realtà vitivinicola a conduzione familiare, nata negli anni ’50: che conta adesso su 12 ettari gestiti in modo naturale e sostenibile, lavorati con cura, e con il figlio Armando che si occupa della cantina di vinificazione e affinamento vini.

Nella sala di degustazione con vista mozzafiato sulla vallata e su Palliano, i piatti del territorio sono stati serviti insieme ai vini dell’azienda. Il primo a essere assaggiato è stato il bianco Zerli 2021, Passerina del Frusinate fortemente voluta da Pina. Un risultato molto interessante: il vino mantiene freschezza e delicatezza dei profumi di pera, sambuco, acacia, a cui si integrano garbate note speziate.

Colle Forma 2020 Cesanese Superiore da un vigneto coltivato nella parte più bassa e argilllosa del terreno visitato la mattina. Dopo la fermentazione in acciaio vede l’utilizzo della botte grande per 20 mesi e affinamento di 12 mesi in bottiglia. Corredo olfattivo che regala nuance di spezie, frutta e balsamicità. Tannino levigato e bella persistenza.

Vajoscuro 2020 Cesanese Superiore Riserva ottenuto dalle uve raccolte nella parte superiore della vigna, ricca di ciottoli, matura 12 mesi in tonneau da 350 hl e 24 mesi in bottiglia. Colore luminoso, granato, alla prima olfazione si apprezzano sentori di mina di matita, ciliegia in gelatina, peonia, pepe bianco e nero, thè. Tannino vivo, perfettamente disciplinato e integrato. Finale lungo e persistente.

Pina e Armando ci hanno deliziato con una mini verticale di Vajoscuro, annate 2015 e 2013. Pur essendo molto diversi, entrambi i vini hanno colpito per la loro personalità: il primo, dal carattere solare, con profumi intensi di frutta in confettura e sottospirito, ciliegia, cardamomo, pepe corbezzolo, lentisco e il secondo più riservato, centrato su un bouquet ricco di terziari quali humus, sottobosco, fungo, tabacco, elicriso, ginepro e pepe.

Velobra è ottenuto da una vigna di Cesanese piantata nel 1962 nel comune di Serrone Velobra; dopo la vendemmia manuale, la fermentazione e la macerazione sulle bucce per circa 10 giorni, resta in acciaio per 12 mesi. Grande giovialità e immediatezza di bocca.

La giornata è proseguita con il trasferimento ad Anagni per la visita alla cattedrale e alla cripta e la degustazione presso Bottega dei Papi, sulla bellissima piazza medievale perfettamente conservata.

Cantina Colacicchi è stata fondata dal maestro Luigi nel 1950, con il progetto di produrre un grande vino utilizzando Cesanese, Merlot e Cabernet Sauvignon: la conoscenza e l’amicizia con il famoso vinaio romano Marco Trimani fece sì che le bottiglie venissero distribuite e vendute. Il Torre Ercolana conquistò Luigi Veronelli che lo recensì nel Catalogo Bolaffi dei Vini del mondo, indicando quali annate di pregio il 1958, il 1964 e il 1966. Alla morte del maestro, liquidati gli eredi, la famiglia Trimani scelse di proseguire il progetto vitivinicolo, in un nuovo impianto di cabernet e merlot nel 2002, investendo poi nella conversione biologica ottenuta nel 2020 e sull’utilizzo di lieviti indigeni per le fermentazioni dal 2022.

L’azienda si trova ad Anagni, capitale sacra degli Ernici e una delle cinque città ciclopiche create dal Dio Saturno secondo la mitologia, adagiata su una collina tufacea che domina la Valle del Sacco.

Carla Trimani ha portato il suo accorato ricordo e il racconto di quello che sono i vini e l’azienda adesso: la degustazione è iniziata con due vini molto puliti e di ottima beva, Stradabianca 2022 (blend di Passerina, Bellone e Passerina del frusinate vinificate in acciaio) e Schiaffo 2020 Anagni Rosso Doc ottenuto da vigne giovani di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cesanese sapientemente vinificate dall’enologo Danilo Proietti, collaboratore di diverse realtà visitate durante il tour.

Tufano Cesanese Lazio 2014 è figlio di un millesimo difficile ma colpisce per il naso che richiama il cacao, humus, la vaniglia, ciliegia e prugna in confettura. L’acidità e il tannino bilanciano l’alcool e il vino chiude su elementi balsamici.

Romagnano Lazio Rosso 2015 è composto per il 50% da Cesanese di Affile e dalla restante parte da Merlot e Cabernet Sauvignon in proporzioni uguali. Corredo olfattivo frutta, floreale, erbaceo e speziato. Tannino serico.

Torre Ercolana Lazio rosso 2015 è il vino prodotto con le uve Cabernet, Merlot e Cesanese in percentuali uguali, provenienti dal vigneto storico. Naso complesso, magnetico, con sentori di prugna mirabelle, tabacco, cacao, chinino, marasca e una nota ematica. Tannino preciso, lungo e persistente nel finale, con buona potenzialità di invecchiamento.

La giornata è terminata a Olevano Romano al ristorante Casale Coni dove, ai gustosi piatti della cucina, abbiamo trovato in abbinamento i vini dell’azienda Consoli.

La storia della Cantina Consoli inizia nel 1920 con Sante; giunta alla quarta generazione è una realtà che ha un forte legame con il territorio di Olevano Romano: il suo impegno è quello di selezionare uve e mosti per dare vita a vini da imbottigliare, da proporre sul mercato.

Roma Doc Rosato è  ottenuto da uve Cesanese 35%, Montepulciano 50% e la restante parte Syrah: il colore richiama quelli francesi, i profumi delicati e freschi.

Oddone è un Cesanese dedicato a Oddone Colonna, signore di Olevano Romano intorno al 1232; le uve provengono da vigneti caratterizzati da suoli argilloso tufacei e sono vendemmiate verso la metà di ottobre. Dopo la fermentazione, matura in acciaio e affina in bottiglia.

Luna Mater 2014 è un Cesanese di Olevano che sosta 8 mesi in barrique. Il naso offre una gamma di sentori di spezie dolci e rimandi fruttati; il tannino è gentile ed equilibrato.

Ultima cantina visitata giovedì 8 giugno è stata Petrucca e Vela: Tiziana e Fabrizio hanno organizzato un tour con le biciclette elettriche per godere appieno della bellezza delle vigne e delle colline ciociare.

La gita è stata proposta da Pachamama Adventure e la guida biker Danilo Camusi è stata veramente brava a coinvolgere positivamente i presenti in una esperienza davvero emozionante. Dopo la fatica, ad accoglierci in cantina l’enologo dell’azienda, che ha guidato il gruppo in cantina spiegando alcune delle scelte fatte per la vinificazione, e un gustosissimo pranzo, accompagnato dai canti e dall’esibizione del coro di Bellegra.

Abbiamo iniziato con Rosesi, un rosato ottenuto da una vinificazione in bianco del Cesanese, affascinante davvero per il colore color melograno e la succosa croccantezza del frutto. Persistente e sapido in chiusura.

La Passerina del frusinate Vela è nata dalla scommessa di voler puntare su questo vitigno per produrre vini bianchi apprezzati dai consumatori; risultato sicuramente raggiunto!

Tellures 2015 Cesanese del Piglio Superiore Riserva dal colore intenso e dal corredo olfattivo articolato su eleganti note balsamiche e di frutta rossa, con una leggera speziatura sul finale. Una buona struttura supportata dalla acidità e da una buona sapidità.

Non è facile riuscire a organizzare un appuntamento così ben articolato, con le giuste pause, il tempo per le relazioni e le scoperte, per l’arte e la cultura: Le Donne del Vino del Lazio hanno raggiunto perfettamente l’obiettivo ma prima di tutto hanno testimoniato la loro passione e grande amore per un territorio meraviglioso, che merita di essere approfondito e comunicato.

Sono stati due giorni pieni di rivelazioni, che hanno messo in luce la filosofia, l’ardore, la determinazione delle produttrici incontrate , impegnate a rafforzare una identità di gruppo, basata anche sulla viticoltura e sulla bellezza del Cesanese.

Un grazie a tutte, dal profondo del mio cuore.

Chianti Classico: La Sala del Torriano

di Adriano Guerri

Di recente ho approfondito la conoscenza sul meraviglioso areale del Chianti Classico visitando la cantina La Sala del Torriano, grazie all’ottima organizzazione della giornalista Roberta Perna.

Dopo una passeggiata nei vigneti adiacenti alla struttura, abbiamo degustato alcuni dei loro vini di annate diverse, chiudendo la serata con una suggestiva cena a bordo piscina. Qui si trova infatti anche l’agriturismo che mette a disposizione degli ospiti  5 appartamenti, mentre la cantina di vinificazione è a poca distanza da Torriano.

La Sala del Torriano è situata nella sottozona di San Casciano nella parte nord della Denominazione, più precisamente a Montefiridolfi a pochi chilometri dal capoluogo toscano.
Vanta 33 ettari vitati e una estensione complessiva di oltre 70 con oliveti e bosco. I vigneti sono condotti secondo i dettami dell’agricoltura biologica, posti a 310 metri s.l.m. su terreni argillosi ricchi di magnesio e ferro, con presenza di macigno del Chianti. 

Le varietà allevate sono il Sangiovese, protagonista indiscusso del Chianti Classico, Cabernet Sauvignon e Merlot. Un’azienda interamente ad “anima rossista”. Dal 2014 al timone c’è Francesco Rossi Ferrini, che si avvale della preziosa collaborazione dell’enologo Stefano Di Biasi e di Ovidio Mugnaini enologo e agronomo.

Vinificano soltanto il 50 % delle uve prodotte, ricercando le migliori selezioni da ogni vigneto e svolgendo un attento lavoro in cantina con fermentazioni suddivise in piccoli lotti per rispettare al massimo le differenze di espressione. I legni utilizzati per la maturazione del vino sono poco invasivi. Nei loro prodotti riscontriamo finezza e piacevolezza di beva, ma anche buona struttura, facili e belli da ricordare.

I vini degustati

Chianti Classico 2016 – Sangiovese 90% Merlot 10% – Rubino vivace e trasparente, emana note di viola, marasca, prugna, mora e pepe nero, fresco. Avvolgente e lungo all’assaggio.

Chianti Classico 2015 – Stesso uvaggio, con sentori di rabarbaro, arancia sanguinella e spezie dolci. Tannino fresco, setoso e armonioso.

Chianti Classico 2014 – Sangiovese 85%, Merlot 15% – Malgrado l’annata non semplice, il vino risulta agile, sapido e persistente, qualche istante prima al naso rimandava a note di lamponi, rosa, rosmarino, mirto e tabacco.

Chianti Classico Gran Selezione 2018 “Il Torriano” – Sangiovese in purezza. Rubino intenso, dai sentori di violetta, amarena, mora, prugna, bacche di ginepro e sottobosco. Setoso al palato e decisamente persistente.

Chianti Classico Gran Selezione 2016 “Il Torriano” –  Nuance di mora, mirtillo, zenzero, scorza d’arancia e spezie dolci. Grande progressione succosa, appagante ed elegante.

Chianti Classico Gran Selezione 2015 “Il Torriano” – Declinato su rosa canina, ciliegia, confettura di frutti di bosco, arancia sanguinella, polvere di cacao e tabacco. Tannini ben integrati e saporiti.

Pugnitello 5 Filari  Toscana Igt 2020 – Veste color rubino profondo, mentre emergono sentori di mora, ribes nero, alloro, cumino e grafite. Ottima la freschezza e l’immediatezza di bocca.

Romagna: a Brisighella nasce l’associazione “Anima dei Tre Colli”

di Matteo Paganelli

Anima dei Tre Colli. È questo il nome scelto per la neonata associazione di viticoltori Brisighellesi.

Ai blocchi di partenza sono in cinque: Azienda Agricola Gallegati, Fondo San Giuseppe di Stefano Bariani, Podere Baccagnano di Marco Ghezzi, Vigne dei Boschi di Paolo Babini e Vigne di San Lorenzo di Filippo Manetti.

La prossima ad entrare sarà La Collina di Mirja Scarpellini, anche se i confini dell’associazione sono i medesimi che insistono sulla sottozona Brisighella del Romagna Sangiovese (includendo quindi una parte di Faenza e una parte di Casola Valsenio), portando a circa 18/19 le aziende che potrebbero farne parte. Il fermento che si è creato negli ultimi giorni, infatti, denota un grande interesse all’ampliamento dell’associazione.

Per l’occasione, 20Italie si è recata in quel di Faenza per intervistare Cesare Gallegati, presidente dell’associazione. Da buon padrone di casa, con l’ospitalità che lo contraddistingue, Cesare mi fa accomodare all’ombra nel suo dehor mentre va a prendere due bottiglie che aveva precedentemente raffreddato, per potermele servire durante la chiacchierata. E così, fra i frinii delle cicale e i paupuli dei pavoni, incomincio a porre qualche domanda a Cesare, perché la curiosità a riguardo è tanta.

20Italie (Matteo Paganelli): Cesare, come è nata l’idea di questo progetto e quali sono state le esigenze riscontrate che lo hanno reso necessario?

Cesare: Nonostante il benestare ufficiale sia arrivato il 18 di aprile, è più di un anno che ci stiamo lavorando. Abbiamo fatto delle riunioni preliminari cercando di coinvolgere più persone possibili e alla fine l’idea è nata da queste cinque aziende che hanno sentito l’esigenza di unirsi per provare a promuovere la nostra sottozona in una maniera più idonea, più incisiva. Finora Brisighella è ben conosciuta per l’olio e per la bellezza del borgo storico. Nonostante nel corso degli anni tanti produttori di vino siano stati premiati dalle guide nazionali, la sensazione è che ancora la Brisighella del vino non sia stata valorizzata come dovrebbe. Oggi, la vediamo inoltre come strumento di risposta all’alluvione che ha messo in luce severe criticità.

20Italie (Matteo Paganelli): Anima dei tre colli. Cosa si cela esattamente dietro a questo nome?

Cesare: Anima inteso come comunità, come capitale umano che oggi insiste su Brisighella, un gruppo di persone che ha capito che da soli non si va da nessuna parte. Un gruppo di anime coese ma allo stesso tempo diverse; abbiamo infatti anime di vignaioli anarchici, anime di vignaioli estremi e anime di vignaioli nobili. Nonostante questa diversità, c’era la volontà di dire: “mettiamoci assieme e proponiamo un vino con un protocollo condiviso che tutti, seppur nella loro interpretazione, dovranno seguire”. Tre colli come i tre areali di Brisighella: le zone alte (marnose-arenacee), i gessi e i terreni calcarei. Zone molto diverse nel contenuto geologico ma che fanno del terroir la loro cifra stilistica che li unisce, alla ricerca dell’identità.

20Italie (Matteo Paganelli): Qual è lo scopo del vino che uscirà con l’etichetta e il marchio di questa nuova associazione?

Cesare: La volontà di aver un vino con una valenza nazionale e internazionale, una credibilità anche fuori dal nostro areale. Per questo motivo il disciplinare prevederà affinamento in legno, perché non esiste al mondo un vino di grande spessore che non abbia avuto un passaggio, seppur minimo, in legno. Del resto, il disciplinare prevederà poche altre cose che però caratterizzano la cifra stilistica del vino: no macerazioni estreme, no anfora, no ossidazioni. Non ci sarà qualcuno che giudica, dovrà essere un lavoro che viene fuori dalla condivisione, dagli assaggi continui che faremo, per accordare il gruppo. Questa è la cosa bella. Un po’ come succede in Borgogna, dove c’è un’idea condivisa di vino e se qualcuno fa un vino straordinariamente buono ma non è accordato con l’idea comune non viene apprezzato.

20Italie (Matteo Paganelli): Perché è stata scelta proprio l’Albana come unico vitigno di questo nuovo protocollo?

Cesare: È stata una scelta ponderata da un presupposto. È vero che noi facciamo dei grandi Sangiovese e che il Sangiovese è un vitigno importantissimo che caratterizza la Romagna e i Romagnoli. Ma quello che ti può far svoltare veramente a livello nazionale e internazionale dove ‘ci sei tu e nessun altro’, è l’Albana. È su questa che dobbiamo puntare se vogliamo farci riconoscere. Possiamo fare un Sangiovese buonissimo ma oggi il Sangiovese nel mondo è Toscana. L’Albana invece ce l’abbiamo solo noi. Quando l’Albana diventò la prima DOCG bianca d’Italia, il sistema era tarato su una risposta completamente diversa. In una Romagna del 1987 dove “si vendeva solo ciò che pesava”, dove si era abituati a rese di 300 quintali per ettaro, entrare con un disciplinare che te ne imponeva 110 ha reso l’Albana non più interessante, causandone il crollo degli ettari vitati dai 10.000 dell’epoca ai poco più di 800 odierni. Oggi giorno, pensando a un’Albana di collina dove le produzioni sono per forza di cose limitate, possiamo dare la risposta che finalmente coincide con gli interessi comuni.

20Italie (Matteo Paganelli): Qual è il futuro dell’associazione?

Cesare: È presto per dirlo. Sicuramente questo lavoro lo cederemo alle future generazioni perché non so se ce la faremo a vedere concretamente i risultati. Vogliamo dare loro una possibilità di lavorare su qualcosa di diverso, e questo progetto potrà servire da traino pure per il Sangiovese e per il Trebbiano, perché in Romagna si può fare qualcosa di molto bello.

Vinea Lucens: metti una sera sull’Appia Antica con la cantina Parvus Ager

di Ombretta Ferretto

Chissà se il censore Appio Claudio Cieco avrebbe mai immaginato che la Via Appia da lui voluta, sarebbe diventata teatro della prima esperienza immersiva in vigna ad opera di Parvus Ager, giovane cantina che nel suo nome rimarca un legame stretto con gli oltre due millenni di storia del territorio.

Si chiama Vinea Lucens l’originale progetto da loro realizzato insieme a Orpheo Group, con il patrocinio del Comune di Marino e del Parco Regionale dell’Appia Antica e la collaborazione di Stazione Mole.

Siamo sui Colli Albani, nell’area dei Castelli Romani, a venti chilometri dal cuore dell’Urbe. Qui ogni sera va in scena uno spettacolo suggestivo ed emozionante aperto al pubblico: una passeggiata di due chilometri ritagliata tra le vigne della cantina, per l’occasione rischiarate da centinaia di bottiglie piene di minuscole luci, come un turbinio di lucciole nella notte. Lungo il percorso è possibile ascoltare, con l’ausilio di un’audioguida, racconti e leggende del territorio intrecciati alla storia della famiglia Lulli – viticoltori da 100 anni e titolari di Parvus Ager – lasciandosi affabulare dalla voce narrante di nonno Silvano e da quel sottile filo che lega i miti dell’antichità alle tradizioni contadine giunte fino ai giorni nostri.

Quando si sconfina sul tratto dell’Appia Antica incluso nel percorso, calpestiamo il basolato originale della Regina Viarum, che collegava Roma a Brindisi, e incontriamo uno dei tanti tumuli eretti fuori dalle mura di Roma: lungo questa antica arteria di collegamento sorgono anche quelli più noti degli Orazi e Curiazi, dei Metelli, degli Scipioni e del filosofo Seneca. Insomma, un vero e proprio tuffo nella Roma antica di epoca repubblicana. La passeggiata tra le vigne  attraversa anche l’uliveta e la pergola di kiwi, mentre la narrazione  rievoca il mito di Cerere e il ratto di Proserpina e le immagini proiettate ricordano come tutto ciò che viene dalla Terra è soggetto all’alternanza delle stagioni e alla loro bizzarria.

Prima di rientrare in cantina, dove chi  partecipa all’esperienza immersiva ha anche l’occasione di degustare le etichette Parvus Ager, la voce narrante racconta in maniera piacevole e immediata alcune delle fasi salienti della storia del vino moderno, della vendemmia e della vinificazione.

No, sicuramente Appio Claudio Cieco non poteva immaginare questo grande palcoscenico attorno alla strada che porta il suo nome. Tuttavia non può che venirmi spontaneo associare al progetto enologico della famiglia Lulli, una delle sentenze attribuite proprio a lui, riconosciuto come il primo intellettuale latino: fabrum esse suae quemque fortunae – ciascuno è artefice del proprio destino.

Silvana Lulli

Un destino in questo caso legato prima alla vigna e poi al vino: viticoltori da oltre cento anni, i Lulli nel 2020, grazie a Silvana, Alessia e Giacomo, quarta generazione della famiglia, creano la cantina Parvus Ager, passando dall’esclusivo conferimento di uve alla produzione diretta.  Risale dunque a tre anni fa la prima vendemmia destinata alla loro personale etichetta e al 2021 il primo imbottigliamento sotto la DOC Roma.

La lunga tradizione come viticoltori è immediatamente chiara dall’estensione dei vigneti afferenti alla cantina: 54 ettari compatti all’interno del comune di Marino, al centro di un cratere vulcanico, che presenta, in alcuni punti, pozze di acqua sulfurea a cinque metri di profondità. Grande è la varietà di vitigni coltivati: malvasia puntinata, trebbian verde, bombino, vermentino, viognier, sauvignon, malvasia di candia, montepulciano, cabernet, syrah e petit verdot. Un potenziale di produzione che può toccare le 500.000 bottiglie, un mercato ancora prevalentemente italiano, ma che si è già affacciato sugli Stati Uniti ed è sicuramente destinato a varcare altri confini.

Ho chiacchierato con Silvana Lulli, durante l’evento dello scorso 6 luglio dedicato a presentare Vinea Lucens a stampa, autorità e qualche personaggio dello spettacolo… in incognito. Donna energica e appassionata, con una formazione economica, porta con orgoglio il nome di quel nonno Silvano che dai cinque ettari ubicati a Palestrina (quel piccolo campo coltivato che dà il nome alla cantina) si è spostato a Marino dando il via all’impresa di famiglia.

“Quando ancora oggi a 96 anni viene a trovarci in cantina”, mi racconta emozionata Silvana, “lo accomodo sulla sua sedia preferita e gli faccio assaggiare i vini, orgogliosa e sempre un po’ timorosa”.

Silvana gestisce il marketing e il lato commerciale della cantina, Alessia, sua sorella, la comunicazione, mentre Giacomo, il terzo dei fratelli, si occupa della produzione in cantina. La conduzione enologica è invece affidata a Paolo Peira, biologo, diplomato alla Facoltà di enologia di Bordeaux.

Attualmente la cantina annovera otto etichette, di cui quattro sotto la DOC Roma (Bianco, Rosso, Rosato e Malvasia Puntinata), tre monovarietali IGP (Vermentino, Sauvignon e Merlot) e uno spumante da metodo Martinotti (Promante da uve bombino). Ma tra i sogni nel cassetto di Silvana, curiosa ed estremamente attenta al lavoro enologico di Peira, ci sono un metodo classico da uve bombino e una vendemmia tardiva da malvasia puntinata; mentre già dalla prossima vendemmia potrebbe nascere il Marino doc da malvasia di Candia. Essere presente con la DOC Roma, in un territorio che negli anni ha attraversato alti e bassi nella propria immagine vinicola, è molto importante per Silvana, ma traguardo più significativo sarebbe proprio la produzione del Marino doc: “perché noi crediamo molto nel nostro territorio e ogni azione che può aiutare nel suo rilancio è ben accetta”.

Durante la serata ho avuto modo di degustare alcuni dei bianchi della cantina. Segnalo il Vermentino 2022, figlio di questo grande ager di suolo vulcanico: la nota minerale è subito rocciosa, di scoglio bagnato; il sorso, fresco e sapido, riporta sentori marini e di ostrica appena aperta.

Interessante anche la Malvasia Puntinata 2022 con sentori di albicocca, ben equilibrata e morbida, termina in bocca con una delicata scia amaricante, grazie alla fermentazione del 15% della massa in barrique di primo passaggio. 

Durante il buffet di insalate fredde e primi della tradizione romana, offerti dal ristorante Stazione Mole, si è invece distinto il Roma Doc Rosato 2022, da Montepulciano e Syrah: piacevolmente fresco, con profumi di melagrana e rosa canina, si sposava in maniera ottimale sia con l’insalata di ceci che con il couscous di verdure.

Parvus Ager è dunque una nuova realtà vinicola che può già vantare apprezzabili risultati e importanti progetti in cantiere, capace di comunicarsi in maniera diversa e originale. Vale la pena allontanarsi per una sera dalla canicola della Capitale per godere della frescura dei colli e di un’iniziativa interessante, che animerà le vigne della cantina fino al prossimo 8 ottobre.

Il Nihonshu (Sakè Giapponese) incontra l’arte in cucina di Giuseppe Molaro chef del Contaminazioni Restaurant a Somma Vesuviana

di Gaetano Cataldo

Ci sono indubbiamente artigiani della cucina che la fermentazione ce l’hanno nel sangue. Giuseppe Molaro, chef e titolare del Contaminazioni Restaurant di Somma Vesuviana, è uno di loro, tanto più che è tra le espressioni campane dell’avanguardismo culinario e delle fusioni di sapori.

L’impiego della fermentazione lattica in cucina, per quanto anticamente la sua conoscenza fosse già nota e praticata nel Mediterraneo ai fini di accrescere la durabilità dei cibi, ha il dono di imprimere una marcia in più dal punto di vista gustativo e una spiccata raffinatezza alle pietanze, per non parlare della biodisponibilità, componente indispensabile a rendere gli alimenti più assimilabili dal nostro organismo.

Nel panorama della ristorazione gourmet tra gli interpreti più giovani e di maggiore rilevanza vi è proprio Giuseppe Molaro: classe 1986, originario di Somma Vesuviana, un piccolo borgo della provincia di Napoli alle pendici del Vesuvio. Terra rigogliosa e dai sapori intensi, quasi vulcanici, nella quale è tornato dopo oltre un decennio di vita professionale spesa in giro per mezzo mondo… vita in cui non sono mancati i sacrifici e neanche il successo.

Il sorriso genuino e sincero, la sua modestia e la delicatezza nei modi celano in realtà una personalità della gastronomia del tutto singolare e dalle spalle decisamente larghe in quanto a profondità di studio, di pratica e di esperienza: diplomatosi presso l’Istituto Alberghiero “Lorenzo De’ Medici” di Ottaviano, dopo aver mosso i primi passi nell’attività familiare in Campania ed in diverse aree in Italia, ha viaggiato e lavorato in strutture di altissimo livello tra Irlanda, Portogallo, negli Emirati Arabi ed, in maniera particolarmente significativa, in Giappone. Ha collaborato col maestro Heinz Beck, partendo naturalmente proprio dal ristorante La Pergola a Roma, tre Stelle Michelin, nel settembre del 2010 e, via via, in tutti gli altri stellati del gruppo. Dopo innumerevoli riconoscimenti sarà proprio all’Heinz Beck Restaurant di Ōtemachi, nel distretto di Chiyoda a Tokyo, che Giuseppe maturerà l’ambitissima stella nel ruolo di Executive Chef.

Una vita in viaggio attraverso culture gastronomiche diverse, ritmi di lavoro impegnativi in ambienti ad altissima competitività che diventano, se possibile, ancora più estenuanti quando si vive lontano da casa. Ma i tratti della personalità di Giuseppe sono fatti anche di resilienza, audacia e sensibilità, quei tratti tipici del giocatore leale che coniuga il sorriso allo sforzo della partita e che alla fine vince col garbo e la gentilezza.

Non di meno la sua cucina è audace per sperimentazione, razionale nel paring di accostamenti desueti, delicata nella fusione dei sapori ed elegante nel food deisgn.

Rientrato in Italia con sua moglie Yuki Mitsuishi crea Contaminazioni Restaurant nella città che lo ha visto crescere, location di appena 20 coperti con una cucina a vista ubicata proprio all’ingresso, che costituisce l’anima del locale. Un’anima da cui traspare ogni singolo movimento e passaggio atto a creare estetica e sostanza, proprio dinanzi agli occhi degli ospiti che si riservano di ammirare Giuseppe in pieno svolgimento del servizio, da una postazione davvero speciale: lo chef’s table.

L’intuito, la creatività, la sperimentazione ponderata, il forte legame di Giuseppe con la sua terra di origine e il Giappone, Paese di adozione, sono stati i presupposti perché si instaurasse un piacevole dialogo sul nihonshu con una ricetta inedita abbinata specificamente allo Houraisen Junmai Ginjo Wa della Sekiya Brewery nella prefettura di Aichi, una delle aree che, durante i suoi viaggi più gli è rimasta impressa.

Con le variazioni cromatiche del colore arancio della salsa di carote in odore di timo, olio alla cipolla ed aceto di ciliegie, unitamente al rubino intenso della salsa di mirtilli latto-fermentati, si presenta la sua indivia cotta sottovuoto con sale e maggiorana, poi saltata ed arricchita con crumble di pane raffermo, arricchito da brodo di pesce e poi tostato in soffritto di cipolle, acciughe sott’olio, timo, con foglie di mizuna a guarnire il tutto. Elementi che da soli sarebbero potenti, in questo piatto si fondono in un delicato abbraccio gustativo e trovano nell’Houraisen Junmai Ginjo.

Ricercato e armonico, grazie alle suadenti note fruttate di pesca e banana, il floreale del gelsomino e la sensazione cerealicola di riso stagionato, che al sorso rivelano freschezza e rotondità con un pizzico di umami ed una persistenza che non prevarica affatto quella del piatto proposto.

Opificio Botanico: liquori “Botanici” made in Caserta

di Luigi Salvatore Scala

Percezioni di gusto, Suggestioni di sogni, Esperimenti di piacere ed Esperienze di sensi: Opificio Botanico

Un’azienda di liquori artigianali botanici tutta made in Caserta nata nel 2022 dall’idea matta dei Fratelli Giannini, con Mauro ed Oreste appassionati di piante e dei buongustai di enoteca Il Torchio di Caserta e dal bagatto Alessandro Matarazzi esperto alchimista di Alambicco Rosso.

Tutto ha inizio con i nonni paterni dei tre protagonisti.

Il nonno di Alessandro, esperto alchimista che realizzava liquori in casa partendo dalle botaniche più disparate, trasmette la sua passione al papà di Alessandro che nel 1969 apre il suo primo opificio “La Fonte di Matarazzi Serafino”. Alessandro che lo affianca già da giovanissimo, dedicandosi soprattutto allo sviluppo di nuovi prodotti legati al territorio, nel 2011 con la scomparsa del padre decide di continuare da solo fondando Alambicco Rosso.

Il nonno di Oreste e Mauro, invece, produceva vino e Tommaso Giannini seguendo le orme del padre apre nel 1969 la sua attività di commercializzazione di vini a cui nel tempo si aggiungono le birre; anche Mauro e Oreste affiancano il padre sin da giovanissimi occupandosi della ricerca di nuove eccellenze da inserire inizialmente nell’attività di commercializzazione e poi nell’enoteca Il Torchio di Caserta, di cui sono titolari, che nasce all’inizio degli anni novanta.

L’amicizia ventennale e l’altrettanto lungo rapporto lavorativo tra Alessandro e i fratelli Giannini li spinge a sognare di realizzare un progetto insieme. Nonostante le numerose degustazioni condivise in campo liquoristico i tanti impegni dei tre amici non portano a nulla fino al 2020, quando lo stop imposto dalla pandemia concede del tempo libero per ragionare su nuovi progetti. Nel 2021 i lori incontri si fanno più frequenti e i tre riscoprono vecchie ricette familiari e scambiano aneddoti dei loro padri; le storie sono talmente simili che sembrano siano state scritte dalla stessa mano. Alessandro confida di aver ricevuto dal padre un lascito prezioso, un Brandy del 1969; Mauro, invece, manifesta il forte desiderio di realizzare prodotti con i frutti del giardino realizzato dal padre in Traversa della Fonte. Iniziano a sperimentare infusioni di botaniche campane e le alchimie sono così entusiasmanti che Oreste esclama: “Caserta avrà un Opificio per la produzione di liquori artigianali Botanici”.

Il primo liquore realizzato è l’Amaro a cui si aggiungono altri tre prodotti: il Bitter, il Vermouth e il Gin. Quattro liquori da gustare assoluti o da impiegare nella preparazione di cocktail tradizionali e storici come l’Americano o il Negroni.

Il progetto nasce con l’obiettivo di produrre dei liquori unici, legati tra loro dall’utilizzo di foglie di mirto e alloro (botaniche presenti in tutti e quattro i liquori), e di piantare nei giardini di Traversa della Fonte in Pozzovetere di Caserta tutte le botaniche che reperiscono sul territorio.

A questa storia reale si affianca una versione fiabesca. Da questi personaggi di fantasia nascono i nomi dei liquori di Opificio Campano.

La storia inizia dal Matto

Questo personaggio è chiaramente in viaggio. Si dirige da qualche parte, non si sa dove. Non prende nulla sul serio e pare non faccia nemmeno caso alle erbe ai suoi piedi, piene di possibilità. Continua il suo perenne cammino, fatto di colori e splendidi profumi; lungo il suo percorso negli agrumeti dei Monti Tifatini, scopre una fonte d’acqua, purissima, dove decide di fermarsi.

Il Matto, dunque, inizia a raccogliere botaniche particolari, fino a incontrare un altro personaggio fondamentale, il Bagatto, il cui mestiere non è chiaro. Forse è un mago, forse un alchimista, di sicuro è un artigiano. Grazie alle sue mani esperte e al suo istinto, il Bagatto riesce a mettere ordine al caos in cui regnava, fino a poco prima, il Matto, sperimentando infusioni e realizzando miscele.

I loro incontri si fanno sempre più frequenti, il Matto si presenta sempre con nuove botaniche che il Bagatto utilizza per sperimentare nuove pozioni; dal caos, lentamente, con meticolosità ed enorme cura dei particolari, crea un’alchimia perfetta, un amaro, autentico come quelli di un tempo, che dedica all’amico MATTO.

Il Matto è Mauro Giannini, sempre alla ricerca di prodotti particolari, Alessandro è il Bagatto, l’alchimista. Oreste è quello che progetta il futuro con saggezza (e non ha ancora una carta associata alla sua figura)

I liquori

Matto – Amaro autentico

Un amaro autentico, geniale, imprevedibile e deciso, Mauro Giannini è sempre alla ricerca di botaniche nascoste e dei migliori agrumi del territorio campano. Raccogliamo alloro, mirto, rosmarino e noci nel giardino nascosto in Traversa della Fonte alle pendici di Caserta Vecchia, selezioniamo arance del Vesuvio, limone di Sorrento che, unite ad altre erbe amaricanti infuse in pregiato Brandy invecchiato in botti di rovere di Slavonia dal 1969, rendono Matto Amaro Autentico un grande amaro.

Gradazione: 32,7%       

Botaniche: Foglie di Mirto, Alloro, Rosmarino, Noci,  Arance del Vesuvio, Limone di Sorrento Igp, Genziana, Rabarbaro Cinese

Macerazione lenta, 4 mesi in pregiato Brandy del 1969 a 50% vol    Zucchero 18%   servire fresco o con ghiaccio.

Bagatto – Bitter Essenziale

Non un bitter qualunque, ma Bitter Essenziale. Nasce dall’esperienza del suo creatore, Alessandro Matarazzi, esperto alchimista, un mago nel selezionare le migliori piante officinali dallo spiccato gusto amaricante e abile nell’esaltare la grande personalità delle migliori arance campane. La macerazione lenta, in pregiato Brandy del 1969 ricevuto in lascito dal padre, ne esalta i profumi.   

Magico potente diplomatico Bagatto Bitter Essenziale, liscio o in miscelazione, l’unico capace di appagare i sensi.

Gradazione: 26,7%

Botaniche: Foglie di Mirto, Alloro, Arance del Vesuvio, Arancia Amara, Limone di Sorrento Igp, Genziana, China.

Macerazione lenta, 3 mesi in pregiato Brandy del 1969 a 50% vol    Zucchero 15%   Servire freddo o in miscelazione.

Il Sancio – Vermouth Rosso

La natura l’indole e la posizione declive del terreno rendono questo sito opportunissimo per una vigna. Il Cavalier Antonio Sancio scriveva nel 1826 a proposito della magnifica Vigna del Ventaglio pensata da Ferdinando IV di Borbone. I due raggi della vigna erano dedicati alla coltivazione del Pallagrello Bianco e Rosso. Abbiamo voluto riproporre un Vermouth Rosso dal carattere deciso e delicato che deve il suo carattere inconfondibile all’alchimia del Pallagrello unito all’infusione di assenzio, coriandolo e chiodi di garofano in pregiato Brandy.

Gradazione: 17,7%      

Vino Pallagrello Bianco e Pallagrello Rosso

Botaniche: Foglie di Mirto, Alloro, Assenzio, Coriandolo, Cardamomo, Chiodi di Garofano, Genziana. Macerazione lenta, 3 mesi in pregiato Brandy a 50% vol    Zucchero 14%.

Gardener’s House – London Dry Gin

Il giardiniere in questione è John Andrew Graefer che giunse a Napoli per dirigere i lavori per la realizzazione del Giardino Inglese nella Reggia di Caserta. È a lui che si è scelto di dedicare il Gardener’s House. Non solo un gin, ma un’esperienza sensoriale che coinvolge tutti i sensi. Ottenuto dalla doppia distillazione a bagnomaria – metodo discontinuo – di macerato di ginepro, mirto, alloro e cardamomo in pregiato alcool da cereali. Si selezionano foglie spontanee di mirto e di alloro, per ricreare in ogni bottiglia l’unicità del territorio campano.

Gradazione: 42,7%      

Botaniche: Ginepro, Foglie di Mirto, Alloro, Cardamomo. Macerazione in pregiato alcool da cereali, distillazione a bagnomaria discontinuo.

Opificio Botanico

Via Traversa della Fonte

Pozzovetere – Caserta

Tel. 0823 1310349 www.opificiobotanico.com

Locanda San Cipriano ad Atena Lucana (SA): sapori e passione sono da sempre ingredienti giusti

di Luca Matarazzo

Mi son chiesto spesso, nei lunghi viaggi in giro per l’Italia a scoprire realtà enogastronomiche degne di nota, quale fosse il segreto della cucina tale da toccare le corde del cuore e lasciare un ricordo indelebile.

Si sente parlare ovunque del concetto di gourmet: se chiedessimo – in un sondaggio pubblico – cosa significhi esattamente, otterremmo migliaia di punti di vista differenti. E lo stesso accadrebbe, ne sono certo per esperienza vissuta, ad un consesso di esperti di settore individuati tra chef e giornalisti.

Ciò succede perché il termine gourmet nella ristorazione ricalca le medesime, ampie considerazioni di terroir per un vitivinicoltore. Materie prime, cura e attenzioni per i dettagli e, naturalmente, la mano dell’uomo nel compiere quel gesto di amore e coesione tra le varie componenti.

Proprio quanto avviene alla Locanda San Cipriano ad Atena Lucana (SA), da Antonio e Sandra, uniti nel lavoro e nella vita. Il modo giusto per segnare il passo nel vasto mondo della cucina a chilometro zero, ove abbonda, dobbiamo dirlo a malincuore, anche tanta improvvisazione.

Appena varcato la porta d’ingresso del loro locale, accogliente e familiare, la sensazione immediata è stata un’intimità rassicurante per gli aromi che provenivano dalle pietanze in preparazione. Un momento nel quale poter aprire la mente, veicolando all’interno le parti più belle dell’arte del cibo.

Il menu era, punto per punto, come nelle migliori attese. Una vasta scelta di baccalà in diverse cotture, quasi il ricordo dei pranzi delle feste a casa con i parenti, a cui non abbiamo potuto esimerci dall’assaggio. E ancora: la pasta fresca fatta a mano e la guancia di vitello brasata cotta a bassa temperatura che non conosce stagioni.

L’antipasto prevedeva del baccalà fritto delicatissimo, accompagnato da peperone crusco sbriciolato, tipico delle ricette lucane. Seguono fiori di zucca che in queste zone si mangiano al naturale, fritti senza ripieno di mozzarella o ricotta. Terminiamo gli antipasti caldi con un filetto di baccalà con uvetta sultanina e alloro, simbolo della tradizione di Antonio e Sandra.

Commoventi e originali anche le proposte dei primi, scelte tra i ravioli ripieni di baccalà o la carbonara di baccalà con i suoi ciccioli.

Su quest’ultima scelta, le lavorazioni sono state molteplici per calibrare la densità dell’uovo e la croccantezza del cicciolo di pesce. Originalità, passione, sapore, ingredienti perfetti in ogni campo.

Chiudiamo in dolcezza con i dessert e precisamente il maritozzo, scelto sia nella versione classica che ai frutti di bosco. Altra abilità dello chef Antonio Giordano nel ricreare le emozioni di un tempo, quando la vita non era solo una corsa infinita.

Buona la carta dei vini con etichette facilmente abbinabili alle scelte gastronomiche. Non solo Locanda, ma anche forno con corsi sui lievitati e una piccola acetaia certificata, vera rarità per il Sud Italia.

Sandra Pellegrino

Siamo ancora sicuri di cosa significhi davvero essere gourmet?

Locanda San Cipriano

Via Serrone – Atena Lucana (SA) 84030

info@locandasancipriano.it

0975 511447

Liguria: Genova quando il Cuore incontra il mare

di Alberto Chiarenza

Genova, città di naviganti, così affascinante che incanta per storia, cultura e bellezza. Città di porto, crogiolo di influenze e tradizioni che ne fanno un luogo davvero unico al mondo.

Il suo centro storico caratterizzato dai “Caruggi”, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, è un labirinto di stradine strette, piazzette, chiese e i palazzi antichi nascosti, ove si respira l’atmosfera del passato e si odono le canzoni di Fabrizio De André.

Meta di appassionati di mare e di barche oltre che dal turismo della città con numerose attrazioni culturali e culinarie; raramente, però, si sente parlare di Genova come destinazione di un evento dedicato esclusivamente al vino. A questo ha pensato Olga Sofia Schiaffino, già autore di 20Italie, nell’organizzare l’evento della Guida dei Vini del Cuore che si è svolto dal 7 al 8 maggio presso la bellissima cornice dell’Hotel NH Collection Genova Marina.

Quando si parla di cuore il pensiero va all’amore e in questo caso il legame tra il vino e il cuore è dato dal contributo di blogger selezionati. Olga la definisce una guida social: non vengono dati voti, ma solo racconti di storie ed emozioni. Può trattarsi di una bottiglia aperta in una occasione particolare o di una visita in cantina, un racconto emozionale e indipendente dove il blogger non è il protagonista ma soltanto il narrante e racconta le sue impressioni senza dover scendere in descrizioni eccessivamente tecniche.

Giornate ricche di appuntamenti con i produttori e tre masterclass. Il mare incontra il vino nell’elegante cornice del NH Marina Collection Genova, un hotel sul mare affacciato sul porto antico proprio accanto il bellissimo e famoso vascello “Neptune”, utilizzato per numerosi set cinematografici.

Le eleganti sale che hanno ospitato l’evento’ hanno accolto i numerosi partecipanti con vini ai banchi d’assaggio e una vista mozzafiato. Poi nella sala Mediterraneo si sono tenute le tre masterclass di grande spessore.

La prima, condotta dal giornalista Aldo Fiordelli, con 8 vini selezionati e raccontati quasi come un viaggio in Italia. La Leccia, Cantina della Volta, Marisa Cuomo, Colli di Luni , La Salceta, Lecci e Brocchi, Enotria Tellus e Marzocco di Poppiano.

Poi è stata la volta degli Amber Wines, vini senza confine. Il sommelier ed export manager Enrico Cusinato ci ha parlato dei luoghi comuni sui cosiddetti “orange wine”. Il termine orange, amber, macerati o skin contact sono tutti sinonimi di vini di nicchi. Sono prodotti in quantità limitate, crescendo in esperienza, soprattutto nell’affinare le tecniche di vinificazione.

L’ultimo appuntamento è stato un racconto affascinante degli autori del libro “MALVASIA, un diario mediterraneo”, Paolo Tegoni con il fotografo Francesco Zoppi di cui la collega Maura Gigatti ha parlato già nell’articolo MALVASIA un diario mediterraneo – presentazione del libro di Paolo Tegoni.

Varietà dotata di precursori aromatici straordinari; un’uva eccellente dalla quale si possono ottenere vini di grande eleganza e versatilità.

La prima giornata si è conclusa con la Cena di Gala al Rollipop Bistrot con i piatti preparati dal resident Chef Luca Satta.

Antipasto “ribagnun”: la rivisitazione delle acciughe ripiene che in dialetto genovese si chiamano bagnun.

Per primo il risotto Pasqualina, ispirato alla torta di verdure ed un secondo composto da filetto di ombrina, puntarelle e salsa alla mugnaia.

Il dolce, una delizia per occhi e palato, è il “sasso di panera”. Due semifreddi al caffè ricoperti di cioccolato fondente, poggiati su una granella di caffè e spolverati sempre con polvere di caffè.

Non ci resta che aspettare la terza edizione della Guida dei Vini del Cuore, che sarà ulteriormente arricchita e piena di spunti interessanti, visto che i vini che ogni autore potrà descrivere saranno sette invece di tre. Tante le novità allo studio da parte dell’Organizzazione che ha fatto un lavoro egregio e di grande qualità.

Le cantine partecipanti all’evento

Andrea Bruzzone (Liguria)

Cà du Ferrà (Liguria)

Cantina della Volta (Emilia-Romagna)

Cantina di Vicobarone (Emilia-Romagna)

Casale Azienda Agricola (Toscana)

Crotin 1897 (Piemonte)

Enotria Tellus (Veneto)

Eraldo Dentici (Umbria)

Il Paluffo (Toscana)

John Maiolo (Piemonte) *

La Leccia (Toscana)

La Pietra del Focolare (Liguria)

La Salceta (Toscana)

Lecci e Brocchi (Toscana)

Marisa Cuomo (Campania)

Marzocco di Poppiano (Toscana)

Podere Casina (Toscana)

Podernuovo (Toscana)

Ramoino (Liguria)

Tröpflthalof (Trentino-Alto Adige)

Vini Moras (Campania)

Freschi&Bufano Wine Merchants (Svizzera) con le cantine ospiti:

Fattoria Pagano (Campania)

La Badiola (Toscana)

Piccoli (Veneto)

Tenuta del Vallone Rosso (Sicilia)

Liquorificio Fabbrizii (Liguria)

Tra questealcune che mi hanno emozionato particolarmente senza un ordine di preferenza.

Inizio con Pierin il Barolo secondo John Maiolo, un produttore di Monforte D’Alba, presente con tre referenze del famoso rosso piemontese, il Langhe Rosso, il Langhe Nebbiolo e il grande Barolo Pierin 2016 e 2017. Tre vini di grande eleganza dove le attente selezioni delle uve e le basse rese fanno la differenza.

Dal Veneto l’azienda Piccoli con le bellissime etichette di rose colorate del Valpolicella Superiore DOC Rocolo, il Valpolicella Superiore Ripasso DOC Caparbio e AMARONE della Valpolicella DOCG La Parte.

Sempre dal Veneto una giovane realtà enoica di Fabio Lucchese e Anita Abazi. Le bottiglie si distinguono per le etichette molto colorate e decisamente originali, che sembrano opere d’arte. Parliamo di Enotria Tellus, la cantina inaugurata nel 2016. Vini di un’eleganza sorprendente che ho apprezzato molto.

Rimanendo sui grandi rossi, era presente la Cantina Podernuovo rappresentata da Roberto Mercurio, con il Brunello di Montalcino, Orcia Rosso DOC Il Primo, Orcia Rosso DOC Nectar, Toscana IGT Il Moro e Toscana IGT bianco Gemma. Vini fatti con cura, dove il progetto enologico di fare vini longevi, si ritrova alla beva non solo con la componente fresca ma con un corredo gusto-olfattivo decisamente interessanti.

Cantina Della Volta dall’Emilia, una Cantina che si è dedicata dal 1981 alla spumantizzazione con Metodo Classico di Chardonnay e Pinot nero, oltre al famoso Lambrusco di Sorbara nella versione Lambrusco Spumante metodo Classico. Quando si inizia una degustazione si predilige la bollicina per poi procedere con i fermi. Più volte durante la degustazione sono tornato invece a provare i loro spumanti.

Dall’areale Valdarno di Sopra era presente la Cantina La Salceta, con vini a base di Sangiovese e Cabernet Franc sia in purezza che in blend. Parlando con il produttore, Ettore Ciancico, uomo dalla grande personalità, mi ha parlato del progetto che lo sta portando a studiare un vitigno autoctono quasi sconosciuto e riscoperto da pochi anni e che darà vita a un vino bianco rarissimo: l’Orpicchio.

Ancora Toscana, nel Chianti Classico, con Lecci e Brocchi, realtà immersa in un territorio vocato grazie alla grande biodiversità di Castelnuovo Berardenga.

Dalla terra del Montefalco Sagrantino era presente Eraldo Dentici con i suoi vini di produzione “naturale” bilanciati da buona freschezza e avvolgenza al tempo stesso.

Il Nuovo Liquorificio FABBRIZII in Val d’Aveto nell’ entroterra di Genova è una Azienda di produzione di liquori artigianale che rinasce dal ricettario ritrovato dalla famiglia, appartenente a Giovanni Fabrizi che vendeva liquori in Liguria e Italia settentrionale fino al 1940. Ora è la pronipote Laura a seguire la produzione che vanta una vasta gamma di prodotti di assoluta qualità e bontà.

Cà du Ferrà, produzione di nicchia posizionata nella zona delle Cinque Terre in Liguria, dove la valorizzazione di vitigni antichi e autoctoni è stato il progetto fondamentale della Cantina. Sono il Ruzzese, il Rossese Bianco, il Picabon e l’Albarola Kihlgren le varietà che danno vita a vini di grande eleganza grazie al lavoro svolto dagli enologi, Barbara Tamburrini e Vittorio Fiore.

Non ci resta che attendere la prossima edizione della Guida dei vini del cuore in cui troverete anche i sette vini che ho appositamente selezionato.

Ora i link delle aziende citate

I Vini Del Cuore – https://associazioneampelos.it/

Andrea Bruzzone (https://andreabruzzonevini.it)

Cà du Ferrà (http://caduferra.wine/it/)

Cantina della Volta (https://cantinadellavolta.com)

Cantina di Vicobarone (https://www.cantinavicobarone.com)

Casale Azienda Agricola (http://www.casalewines.com)

Crotin 1897 (https://www.crotin1897.com)

Enotria Tellus (https://www.enotriatellus.it)

Eraldo Dentici (https://www.eraldodentici.com)

Il Paluffo (http://ifiassociazione.it)

John Maiolo (https://www.johnmaiolo.com/barolo/maiolo/pierin/) *

La Leccia (https://www.castellolaleccia.com)

La Pietra del Focolare (https://www.lapietradelfocolare.it)

La Salceta (https://www.lasalceta.it)

Lecci e Brocchi (https://www.vinolecciebrocchi.it)

Marisa Cuomo (https://www.marisacuomo.com)

Marzocco di Poppiano (https://www.marzoccopoppiano.it/it/)

Podere Casina (https://www.poderecasina.com/it/azienda/vino/)

Podernuovo (https://www.podernuovovini.com)

Ramoino (https://www.ramoinovini.com)

Tröpflthalof (https://www.bioweinhof.it/it/)

Vini Moras (https://www.vinimoras.it)

Freschi&Bufano Wine Merchants (https://www.freschibufano.ch/it/freschibufano-i-mercanti-del-vino/)

Fattoria Pagano (https://www.fattoriapagano.it)

La Badiola (https://www.labadiola.it)

Piccoli (https://www.piccoliwine.it)

Tenuta del Vallone Rosso (https://www.tenutadelvallonerosso.com)

Liquorificio Fabbrizii (https://www.liquorificiofabbrizii.com) AccessoriDa Vino (https://www.accessoridavino.com)

Chianti Classico Summer 2023: 100 eventi per riscoprire le colline del Gallo Nero

Comunicato Stampa

Un calendario d’eccezione anima l’estate chiantigiana 2023. Ben 100 eventi da giugno a settembre, grazie a un finanziamento dell’Unione Europea (MEET Chianti Classico) e alla preziosa collaborazione dei Comuni del territorio, organizzatori di appuntamenti culturali e artistici che vanno ad arricchire la già fitta agenda degli enoturisti. A cura del Consorzio Vino Chianti Classico la creazione di un unico calendario di eventi per la stagione 2023, ispirati da 4 direttrici principali: Arte, Musica, Teatro e Vino.

L’arte. La mostra diffusa Art message in a Chianti Classico Bottle, curata da Francesco Bruni e Giuseppe D’Alia, presenta 7 nuovi artisti: Nian, Mono_graff, Rachel Morellet, Letizia Pecci, Cecco Ragni, Silvia Canton e Andrea Guanci. Ciascuno di loro ha interpretato il vino Chianti Classico con i propri mezzi espressivi, utilizzando come “tela” una bottiglia bordolese alta tre metri. Le opere sono visitabili liberamente da tutti i turisti, inserite in contesti di grande fascino nei 7 comuni del territorio, con l’invito a scoprire la vocazione artistica del Chianti Classico e le sue aziende che ospitano ricche collezioni.

La musica. Tutto pronto per una delle nuove proposte dall’9ª edizione del Chigiana International Festival & Summer Academy: Chigiana Chianti Classico Experience, ciclo di 7 appuntamenti tra musica e vino, in collaborazione con l’Accademia Musicale Chigiana, in selezionate cantine del Gallo Nero. Un itinerario musicale che unisce il repertorio cameristico classico alla tradizione enogastronomica toscana e che vedrà protagonisti – con orario d’inizio all’ora del tramonto – i giovani talenti allievi dei Corsi di Alto perfezionamento Musicale dell’Accademia Chigiana.

Il teatro. Un format ormai ben sperimentato nel corso della prima edizione della Chianti Classico Summer è lo street theater DiVinum, in collaborazione con Arca Azzurra Eventi, uno spettacolo dedicato al vino e pensato per superare la barriera linguistica attraverso una forma narrativa  accessibile a tutti, anche ai tanti spettatori stranieri presenti durante la stagione.

Se il vino accompagna tutti questi appuntamenti con degustazioni, non possono mancare anche i principali eventi del territorio, ormai tradizioni da non perdere, EXPO Chianti Classico (7-10 settembre, Greve in Chianti); Vino al Vino (Panzano, 15-17 settembre); Montefioralle Divino (Montefioralle, 22-24 settembre).

Il Calendario

Musica

12/07/2023       Greve in Chianti

“Chigiana Chianti Classico Experience a Tenuta Casenuove Concerto di Chitarra”

21/07/2023       Castellina in Chianti

“Chigiana Chianti Classico Experience a Rocca delle Macìe Quartetto d’archi”

08/08/2023       Castelnuovo Berardenga

“Chigiana Chianti Classico Experience a Vallepicciola Concerto di Oboe”

09/08/2023       Gaiole in Chianti

“Chigiana Chianti Classico Experience a Badia a Coltibuono Concerto di Violoncello”

23/08/2023       Castelnuovo Berardenga

“Chigiana Chianti Classico Experience a Fèlsina Concerto di Violino e pianoforte”

24/08/2023       Castellina in Chianti

“Chigiana Chianti Classico Experience a Castello la Leccia Concerto di Chitarra Fisk”

26/08/2023       Castelnuovo Berardenga

“Chigiana Chianti Classico Experience a Villa Mocenni Concerto di Violoncello e pianoforte”

Teatro

28/06/2023       Gaiole in Chianti                               Teatro: diVINUM

24/07/2023       San Donato in Poggio                      Teatro: diVINUM

23/08/2023       Castellina in Chianti                         Teatro: diVINUM

Vino

7-10 settembre Greve in Chianti                51° Expo del Chianti Classico

15-17 settembre               Panzano in Chianti           Vino al Vino

22-24 settembre               Montefioralle                     Montefioralle Divino

Tutte le iniziative sono consultabili sul sito chianticlassico.com