Perpetuo: il tempo infinito del vino

Perpetuo: un concetto immenso, enorme, affascinante e ombroso. La nostra mente riesce a rappresentarlo ma al contempo lo rifugge. Lo spiegheremo e lo riporteremo nel calice ripercorrendo alcune tappe nella Storia.

Portiamo le lancette indietro spostandoci nell’Era Illuminista. Giambattista Vico spiega il concetto di perpetuo cammino umano nei “Corsi e Ricorsi Storici”. Nella Fisica la linea tracciata in precedenza da Leonardo, ossessionato dalla chimera del moto perpetuo e poi Galileo che invece lo ipotizzerà, portano alla Fisica Newtoniana. Nella musica, si concepisce il Canone Perpetuo, una composizione in cui più voci, iniziando in momenti diversi, cantano la stessa melodia, ripetibile all’infinito, fondendosi armoniosamente.

Nella Sicilia occidentale, intanto, infuria una forte tempesta e un giovane mercante di Liverpool alla guida del suo brigantino è costretto ad attraccare. Lui è John Woodhouse e ancora non lo sa, ma quell’approdo a Marsala sarà la sua fortuna. Accolto in città gli viene offerto un bicchiere di vino “Perpetuum”: è stupito, gli rievoca la preparazione dei vini a Jerez, che conosceva. Pochi giorni dopo 30 botti sono già in partenza per l’Inghilterra, fortificate da 2 galloni di alcool, è il 1773, nasce il Marsala.

Il vino in quel bicchiere è fatto con un procedimento che si tramanda da 3000 anni in Sicilia, ai periodi di dominazione Fenicia e Cartaginese. È il gioiello di famiglia, tramandato di padre in figlio, “U Carateddu”, una botticella da 26 litri ogni anno rabboccata con il miglior vino dell’annata da vigneti centenari. È un vino perpetuato e brindare con quel nettare significa condividere una goccia con tutti gli avi che vi hanno festeggiato, è un sorriso che varca il muro del tempo.

Una composizione che si rigenera e si arricchisce armoniosamente a ogni ripetizione, un vino che rifermenta a intervalli regolari. Sembra incredibile ma le idee illuministe nel vino erano già nate con 2000 anni di anticipo. Sebbene l’industrializzazione inglese e la fillossera misero a forte rischio questo patrimonio, la tradizione ha resistito grazie ad alcune famiglie.

Questo viaggio nel tempo ci ha permesso di entrare nella tecnica di un vino che è un patrimonio inestimabile ancora da riscoprire e valorizzare. Un sapere arcaico che ha saputo sfruttare al massimo le particolarità pedoclimatiche e i vitigni, che portavano maturazioni fino a 19°, usando macerazione sulle bucce, pressature energiche e alte temperature per ottenere mosti e vini ricchi di polifenoli ed estratti, ancor più evidenziati dalle botti, esclusivamente castagno o rovere.

Eccoci ai giorni nostri. Siamo a Vinitaly e l’Associazione Italiana Sommelier si è occupata di questo tema con un parterre d’eccezione: Sandro Camilli Presidente Associazione Italiana Sommelier, Camillo Privitera Responsabile Area Eventi A.I.S., Pietro Russo Master of Wine, Giacomo Ansaldi, Renato De Bartoli, Mario Pojer celebri produttori vitivinicoli. Il nostro viaggio nella tradizione continua attraverso le persone e i vini.

Giacomo Ansaldi dal 1987 ha intrapreso una faticosa ricerca, volta a recuperare e salvaguardare il Perpetuo. È il primo a legare la storia del Grillo, un incrocio tra Catarratto e Zibibbo al Barone Mendola e ne capisce immediatamente l’incredibile ecletticità. “È una varietà fantastica, ha una genetica di maturazione eccezionale, sorprende per Zuccheri acidità pH e azoto legabile.” In 30 anni, ricerca per le contrade di Marsala e acquisisce un patrimonio di Riserve di Famiglia, 28 botti da oltre 1500 litri, la più antica è un’annata 1957 della Contrada Zizza.

Metodo Classico Brut Ansaldi – 36 mesi sui lieviti, la liqueur de dosage è creata proprio con il vino “Perpetuo” del 1957. Siamo ad Abbadessa, singola vigna, biologica, medio impasto calcarenitico con presenza di “turba”, un suolo antico e ricco di sostanze. Bolla estremamente elegante, al naso si apre con note agrumate di limone di Siracusa, miele d’acacia e pane tostato alle nocciole, zagara e un sottofondo iodato ci anticipa un assaggio piacevole, vibrante e dal finale sapido.

Champagne Henri Giraud PR 2019 Il perpetuo non è un metodo che può rivolgersi a tutti, necessita di predilezione e grande padronanza dei processi in ogni fase, ma quando trova la sua elezione può donare perle rare. Proseguiamo il nostro tour in Champagne, zona di Aÿ, la Maison Henri Giraud è una realtà di 40 ettari familiare, ogni anno l’enologo in base all’importanza dell’annata va a selezionare i legni nella vicina foresta d’Argonne. Ulteriormente particolare è l’affinamento in cantina 5 metri sotto al letto della Marna. Il Perpetual Reserve PR 90-19 è una licenza poetica nella Champagne. Il primo Champagne 100% “Perpetual Reserve“, un blend di due “vin de réserve”,  perpetuati, “Reserve Perpétuelle“, una del 1990 alimentata ogni anno da un Grand Cru di Aÿ, la seconda è detta “Esprit de Giraud“ e risale agli anni ’50. “Les vieux éduquent les jeunes”. 2019 rappresenta l’annata più recente incorporata. 90% Pinot Nero, 10% Chardonnay, fermentato in legno, 36 mesi sui lieviti. È una bolla è setosa e cremosa, sovrasta un bellissimo giallo dorato cangiante. Sbuffi di scorza di limone ci invitano a immergere il naso, ricco, intenso. Emerge il Mango, cifra stilistica dell’azienda, l’ananas, la pesca e la nocciola, craie ed erbe aromatiche. Il sorso ha grande stoffa, lungo persistente e fortemente minerale, compatto e avvolgente.

Torniamo in Sicilia con Renato de Bartoli, figlio d’arte, nel 2014 vince una battaglia storica, slegando il Perpetuo dalla parola “liquoroso”, propria dei vini “fortificati” suggellando il sogno vinicolo del padre di realizzare un vino ossidativo complesso naturalmente senza addizioni, con le uve della sua contrada natia Samperi. Non è un vino da lievito Flor, l’alcol è maggiore e neanche un Solera essendo le botti solo su 3 livelli, di dimensioni maggiori e scolme. A ogni prelievo dalla base corrisponde un travaso dal piano intermedio e superiore, perpetuandolo, è il Vecchio Samperi, il vino senza età.

Una sera Renato ai portici di Roma sentì accostare il Perpetuo allo Champagne, e pensò, se proprio la bolla fosse un’altra via? Pochi anni dopo nascerà il Metodo Classico Terza Via VS – De Bartoli: La “Terza Via” del grillo in azienda. “VS” ossia Vecchio Samperi, che ne caratterizza la liqueur d’expédition. La fermentazione avviene in legno, segue l’affinamento sui lieviti di 12 mesi, il tiraggio con mosti freschi e un affinamento in bottiglia di 30 mesi. Perlage fine persistente su un dorato brillante. Al naso apre un panorama di caramella mou agli agrumi, carruba ma anche macchia mediterranea e un sottofondo iodato, congruente con l’assaggio lungo, succoso e sapido. “Un vino che va dopo tutto”.

Il quarto vino ci proietta in Trentino, con Sandro Pojer che dal 1975 insieme a Fiorentino Sandri rappresenta il territorio in modo esemplare, attraverso chiavi di lettura innovative, sostenibili e risultati di estrema qualità. Lo Zero Infinito Perpetuo – Pojer e Sandri è figlio del progetto “Vini con zero Aggiunte” del 2007, Zero funghicidi, antiparassitari, antiossidanti in cantina. Perpetuato dal 2009 in vecchie botti ex-brandy energizzate con Argon. Macerazione in stile georgiano per estrarre il tannino, antiossidante naturale. Le varietà sono Piwi, coltivate in alta Val di Cembra. Nuance ambra antica, al naso fiori appassiti di montagna, zafferano e fava di cacao. Frutta disidratata, spezie dolci, agrume candito e grafite, pietra focaia. Svela pian piano le doti vulcaniche del suolo, e sorprende al palato, secco, morbido e intenso, sapido e dal tannino percettibile, un sorsò di grande personalità, armonico ed elegantissimo.

Ritorniamo a Marsala. Il Vecchio Samperi – De Bartoli prende forma nel 1978 quando Marco inizia il processo di “ringiovanimento” del Perpetuo dei suoi nonni, acquisisce carateddi da cantine ormai dimenticate, punta Grillo e su una produzione atta a dargli struttura. Il risultato è un calice è giallo oro antico al naso entra con note di torrone, albicocca e dattero essiccati, liquirizia e liquore al cioccolato, cardamomo, davanti a una lieve brezza marina. È un’esplosione al palato. Secco, sapido e fresco, morbido e seducente, lungo e dall’altissima attrazione.

Il Perpetuo Origini 1957 Ansaldi “Come lo definiresti? Un compagno di vita”.  Le sfumature dorate si arricchiscono di un caramellato, che si fa subito presente anche all’olfatto, seguono poi note di fichi secchi, nocciola tostata, caffè, cioccolato. All’assaggio è avvolgente, sontuoso, succoso, dura per minuti piacevolmente. Il viaggio sensoriale compiuto in questo evento è stato profondo. Abbiamo trasceso il tempo attraverso dei veri e propri messaggi lasciati nelle bottiglie ai posteri, dei testamenti enologici.

“Il Perpetuo è uno stile eterno per infinite occasioni”

Vinitaly 2024: focus su Etna Doc

A Verona, in occasione della 56° edizione di Vinitaly, ho visitato con enorme piacere il Padiglione Sicilia e cercato di approfondire meglio la conoscenza della denominazione Etna Doc e dei suoi vini, grazie al gentile invito del giornalista Salvo Ognibene. Alcune nozioni sulla denominazione preludono l’assaggio di alcuni vini.

Il Monte Etna, “A’ Muntagna” per gli abitanti del luogo, è posto sulla costa orientale della Sicilia ed è il vulcano attivo più alto d’Europa, supera oggi i 3300 metri di altitudine. Alle pendici viene da secoli allevata la vite ad altimetrie che si attestano dai 400 agli oltre 800 metri s.l.m. La Doc nata nel 1968 comprende vini bianchi, rosa, rossi e bollicine M.C.. I vitigni che danno origine all’ Etna Doc Bianco sono il Carricante che da disciplinare può essere prodotto in purezza o con Catarratto per un massimo del 40%, per la tipologia Superiore sono previsti anche altri vitigni autorizzati. Per L’Etna Doc Rosso e Rosa  è il Nerello Mascalese che la fa da padrone per un minimo dell’80% ed il Nerello Cappuccio per un massimo del 20%, mentre per la bollicina cambiano le percentuali dei due Nerello. Può essere prodotto nel territorio dei comuni di Biancavilla, S. Maria di Licodia, Paternò, Belpasso, Nicolosi, Pedara, Trecastagni, Viagrande, Aci S. Antonio, Acireale, S. Venerina, Giarre, Mascali, Zafferana, Milo, S. Alfio, Piedimonte, Linguaglossa, Castiglione e Randazzo in provincia di Catania. Per la tipologia Etna Bianco Superiore la zona è localizzata nel territorio del comune di Milo.

La denominazione è composta da ben 133 contrade corrispondenti alle UGA (Unità Geografiche Aggiuntive) che viste dall’alto hanno la forma di luna nuova. I terreni sono di origine vulca­nica, talvolta ciottolosi e ghiaiosi, talaltra sabbiosi o meglio grigio cenere. Le escursioni termiche tra le ore diurne e notturne sono notevoli anche di  30 gradi. Molti vigneti in questo lembo di Sicilia sono tra i più vecchi in Italia, alcuni dei quali sono addirittura a piede franco. Vari sono i tipi di allevamento,  tuttavia,  il più diffuso è quello ad alberello su splendidi terrazzamenti di pietra di origine vulcanica.

I vini degustati

Grotta della Neve Etna Bianco Doc 2021 Tenuta Serafica –  Carricante e Catarratto –  paglierino luminoso,  arrivano al naso note di fiori di ginestra, pera, pompelmo e mentuccia; sorso rinfrescante e persistente dal finale saporito.

Mirantur Rosso Terre Siciliane Igp 2021 – Nerello Cappuccio 100% – Rosso rubino trasparente, con sentori di rosa canina, frutti di bosco e ciliegia. Al palato è fresco, carezzevole e leggiadro.

San Lorenzo Etna Rosso 2018 Giovinco – Nerello Mascalese 95% e Nerello Cappuccio 5% – Rosso rubino intenso, sprigiona note di melagrana, lampone e spezie dolci, mentre al gusto è piacevolmente tannico e sapido con chiusura lunga e duratura.

Ceneris Etna Bianco Doc 2021 Tenuta Ferrata – Carricante e Catarratto – paglierino, palesa sentori di fiori di camomilla,  pesca, albicocca e nuances agrumate. Ricco e suadente nonché persistente.

Frevi Etna Rosso Doc 2020 Tenuta Ferrata – Nerello Mascalese 100% –  rubino trasparente,  emana note di amarena, rabarbaro,  tabacco e bacche di ginepro; gusto setoso e armonioso con lungo finale.

Brut Rosé Metodo Classico Etna Doc Palmento Costanzo – Nerello Mascalese 100% – rosa tenue, perlage fine, libera sentori di fragolina di bosco, ribes e scorza d’agrumi. La freschezza stimola il durevole sorso.

Contrada Santo Spirito Etna Rosso Doc 2019 Palmento Costanzo – Nerello Mascalese 90% e Nerello Cappuccio 5%  – Rubino tendente al granato trasparente, rivela note di ciliegia, fragola, lampone,  arancia sanguinella, spezie e pietra focaia. Sorso avvolgente con tannini nobili e di lunga persistenza aromatica.

Passorosso Etna Rosso Doc 2022 Passopiciaro – Nerello Mascalese 100 % – rubino vivace, rimanda a sentori di ciclamino, amarena, lampone e pepe nero. In bocca è avvolgente, ricco e suadente.

Aitna Etna Rosso Doc 2020 Edome’ – Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio –  rubino intenso, dipana note di frutti di bosco,  mora, tabacco e liquirizia. Gusto pieno ed appagante con tannini ben integrati.

Custoza: riservate sempre un posto nella carta dei vini

Il Consorzio Tutela Vino Custoza Doc nella cornice del Vinitaly ha presentato la nuova tipologia “Riserva” in compagnia di Marco Sabellico e Costantino Gabardi. Importanti caratteristiche e grandi ambizioni. Il lavoro del Consorzio ha riguardato 3 pilastri: Contemporaneità, Promozione e Territorialità, riportando questo vino all’attenzione internazionale e delle guide di settore e ricevendo numerosi premi. La nuova tipologia “Custoza Riserva” prevede un affinamento minimo di 12 mesi; l’obbiettivo è quello di consegnare al mercato un prodotto più profondo, capace di complessarsi ancor di più nel tempo, facendo emergere il grande cuore che spinge ogni singola Azienda.

Denominazione e Terroir

La Denominazione nasce nel 1971 e insiste tra le colline di Verona e il Lago di Garda. La storia vitivinicola dell’areale risale all’Epoca Romana. Il nome si interseca con la storia italiana: la frazione del comune di Sommacampagna teatro delle Guerre di Indipendenza Italiane, e le celebri battaglie Risorgimentali per la nascita del futuro Regno D’Italia.

La zona è quella delle ultime propaggini dell’anfiteatro morenico del Garda che ne caratterizza i terreni, nel cui impasto troviamo componenti calcareo argillose e ricchezza di ghiaia, che facilita il defluire delle acque. Le colline sono dolci e sinusoidali, il clima è mediterraneo grazie ai venti mitigati dal Lago, una situazione ideale per la ricerca di una maturazione perfetta e rotonda.

Queste terre, di scontro per gli uomini, furono di incontro per la vite. Lo scopriamo nello scheletro di questo vino, attraverso le sue uve autoctone. La Garganega, uva simbolo del territorio veronese: la Bianca Fernanda, che possiamo ritrovare in Piemonte col nome di Cortese ed il Trebbianello, nome con cui qui si identifica il Tocai Friulano.

The Art of Blending

Ogni uva deve partecipare alla composizione per un massimo del 45%, ecco perché il sapere tramandato nella zona è quello della cosiddetta “Art of Blending”, l’armonizzazione delle caratteristiche delle differenti uve in un calice unico che esalti gli eleganti sbuffi della Garganega, l’agilità alla vista e al palato del Trebbianello e i sentori leggermente aromatici della Bianca Fernanda, così come i caratteri peculiari delle altre varietà a bacca bianca coltivate nella zona  (in minima parte sono consentiti anche Malvasia, Riesling Italico, Pinot bianco, Chardonnay e Incrocio Manzoni 6.013).

La sfida con il Tempo

 <<Si è scelto di uscire sul mercato ora, nonostante la modifica del disciplinare risalga al 2019>> – afferma la presidente Roberta Bricolo. – <<e oggi possiamo presentarci con un buon numero di vini, prodotti dalle aziende che, per prime, ci hanno creduto. Il Custoza Riserva dimostra la capacità del nostro vino di presentare molte sfumature, piacevole e contemporaneo quando d’annata, complesso, armonico e capace di competere con i grandi vini bianchi longevi, in questa nuova interpretazione.>>

Gli assaggi di Custoza Riserva

Bergamini – Custoza DOP Riserva 2022

Iniziamo il percorso con un’azienda secolare, presente dal 1904 nel territorio, che coniuga la tradizione contadina con la sostenibilità. Un anno di affinamento in legno per questa tipologia. Il calice è dorato, vivace, il naso burroso, con un piacevole gioco tra i frutti agrumati bianchi e le note iodate, firme del terroir benacense. Il sorso è agile, la nota salina è evidente e piacevole, merito della freschezza, tipica dalla pasta calcarea del terroir, chiude con ricordi di mandorla dolce.

Azienda Agricola Tamburino Sardo – Custoza DOC Riserva 2022 – Adriano

Il nome dell’azienda ricorda la Collina più alta di Custoza e rende omaggio all’omonimo soldatino del libro “Cuore”. Il vino porta il nome di Adriano Fasoli, fondatore dell’Azienda ed è arricchita da una sua dedica, seguita dal numero di serie x di 4000: “In questa bottiglia è racchiusa tutta la tradizione, la passione e l’amore per questa terra meravigliosa… alla vostra salute!”

Solo acciaio in questo caso. La veste paglierino di brillante nasconde (ma non del tutto) qualche nuance verdolina e le note vegetali spiccano tra tutte, oltre a gelsomino e fiori di albicocco, ricordi di pietra focaia e frutta a pasta bianca croccante, albicocca, mela, scorza di agrume anche candito e sale maldon. Incisivo in bocca, di importante tensione accompagnata da morbidezze oleose, fruttate. L’atmosfera finale è persistente e lascia ricordi di frutta gialla matura e mantiene le promesse fatte dall’etichetta, sintesi di territorio sapientemente e armoniosamente orchestrata, che ha ancora ampi spazi davanti a sé.

Monte del Frà – Custoza DOC Riserva 2022 – Bonomo Sexaginta

Il nome della bottiglia fa riferimento agli oltre 60 anni di storia aziendale. Il mosto fa parziale fermentazione in tonneaux dove svolge completamente la malolattica. Segue affinamento con batonnage e poi in bottiglia per almeno 6 mesi.

Il colore è vivido e dorato. Coerente con le scelte il naso, declinato su burro d’arachidi che apre a note di limone, pepe bianco, erbe mediterranee, salvia, timo, miele e incenso. Corpo di buona grassezza, freschezza, con chiusura sapida, lunga e succosa.

Cavalchina – Custoza DOC Riserva 2020 – Rabitta

L’azienda fondata da Luciano Piona ha un legame indelebile con il nome Custoza, poiché fu proprio lui che nel 1962 decise di usare questo nome per i vini della zona. Oggi è in mano ai nipoti, che han subito portato un imprinting ingegneristico, innovando e ottimizzando nel rispetto della tradizione del nonno e del padre. La lavorazione del vino avviene in maniera separata per le 3 tipologie: la Bianca Fernanda viene criomacerata, la Garganega in leggera riduzione per marcarne ancor più la mineralità, il Trebbianello ha una vinificazione classica. Un accurato batonnage delle fecce fini completa il fine lavoro sulla materia prima, solo finito ciò si procede a una creazione della cuvée e affinamento in bottiglia finale.

Rabitta è il nome della vigna, già annoverata sulle mappe Asburgiche. Molto incisivo il naso, da frutta bianca fresca, pietra umida e nocciola tostata, vegetali selvatici dai petali bianchi, pepe bianco e cardamomo. Sorso di buona personalità e dall’ottima freschezza. Ha carattere struttura e densità, termina su climi sapidi e rimandi un po’ da caffè d’orzo.

Gorgo – Custoza DOC Riserva 2020 – Sub 27

Nata dall’amore e gestita con amore. È Roberta Bricolo a gestire l’azienda, che prima i suoi genitori fondarono, lasciando le rispettive attività, unendo al vino il concetto di accoglienza e di espressività del territorio. La filosofia aziendale si completa in una visione sostenibile, senza chimica in vigneto, (certificata biologica) e sincera. La trama è complessa, già ai primi approcci porta a un’idea di vendemmia tardiva. La veste del campione è giallo dorato, di ricca e lucente materia. Trama ampia, cui si aprono i profumi mediterranei di gelsomino e fiori d’arancio, seguiti da pesca bianca, agrumi, banana verde e sfumature di tè, su fiori bianchi, pietra focaia e nuance di torrone alle mandorle. Il sorso è teso, fruttato, succulento, di bella grassezza e pregevole sinuosità. Bella sapidità sciolta che completa il palato. Un vino adulto, consapevole, che si presenta a noi armoniosamente.

L’inizio di un percorso

I cinque assaggi rappresentano l’inizio. Non vogliono essere l’idea di vino, ma un concetto ben più complesso, figlio del percorso fatto insieme ma anche singolarmente dai produttori. Nei calici proposti c’è maturità, conoscenza e presa di coscienza, ma soprattutto c’è un prodotto con il quale si è usciti dalla comfort zone per parlare di territorio e di visione in sede.

Anphora Revolution: il format ideato da Helmuth Köcher patron del Merano Wine Festival

Approda a Vinitaly 2024 Anphora Revolution, il format ideato da Helmuth Köcher, patron di Merano Wine Festival e grande estimatore dell’utilizzo di questo contenitore per la produzione del vino.

Proprio Köcher inizia la degustazione guidata ricordando il suo interesse ventennale per le anfore e il suo interesse per la Georgia e i Qvevri, i tipici contenitori in anfora. I qvevri sono diventati patrimonio dell’Unesco e le vinificazioni sono sottoposte a regole rigidissime.

In Italia non esiste una regolamentazione e negli ultimi 10 anni la sperimentazione della terracotta è aumentata considerevolmente tra i vigneron. Diversi i produttori di anfore, quali Luca Risso, Francesco Tava, Massimo Carbone, Artenova della zona dell’Impruneta in Toscana: a seconda del contenitore, cambia l’espressivita’ del vino.

La degustazione ha visto l’utilizzo di un calice creato appositamente dall’azienda Italesse. La base del bicchiere è piatta per esaltare le morbidezza mentre tende a restringersi verso l’alto. Il primo vino a essere servito è stato VSQ Alto Adige Phineas V 2016 Azienda Arunda, ottenuto da uve Kerner, Riesling, Pinot Bianco vinificate in anfora, dal perlage fine, che brilla nel calice offrendo sentori di albicocca, nocciola, uvetta, frutta secca e miele. 72 mesi sui lieviti.

Tullum Docg Pecorino InAnfora – Feudo Antico – viene vinificato in anfore Tava da 750 litri con lieviti indigeni; le follature sono manuali, seguite da 3 mesi di macerazione sulle bucce. L’affinamento prevede altri 15 mesi e viene imbottigliato senza essere filtrato, prodotto in circa 2000 bottiglie. Al naso emergono nuance di mela cotogna, agrume, note erbacee, cera d’api. In bocca è equilibrato, con una bella sapidità in chiusura.

Falerno del Massico Doc Azienda Villa Matilde vede protagonista la Falanghina (biotipo Falerno) coltivata ai piedi dell’antico vulcano di Roccamonfina, un territorio ricco di cenere grigia e pomice. Dopo la fermentazione a temperatura controllata, il vino affina parte in anfore di terracotta (Artenova) per circa tre mesi e parte in acciaio. Segue un periodo in bottiglia. Agrumi, fiori bianchi, note salmastre, freschezza gustativa e piacevolezza di beva.

L’assaggio di Garnellen, Sauvignon Blanc di Andreas Dichristin di Tropfltalhof riesce sempre a emozionare oltre che convincere: nato dal vigneto vicino la cantina, non distante dal Lago di Caldaro, un vino che esprime eleganza e carattere, con note agrumate, pepe bianco ed erbe di campo, su finale di senape e fiore del cappero. In conduzione biodinamica, le uve vengono vendemmiate manualmente e fermentano in anfore Tava di diverse porosità, grazie all’azione dei lieviti indigeni. Sette mesi di macerazione e ultetiori 14 di sosta in argilla.

Grignolino D’Asti Doc Lanfora – Azienda Agricola Montalbera – è interessante per il colore rosa brillante, le note di lampone, geranio, peonia, spezie e un tannino deciso. L’affinamento prevede circa 10 mesi in anfore di terracotta dell’Impruneta di capienze diverse.

Valle d’Aosta Doc Syrah 870 Azienda Rosset Terroir: viti sono coltivate in altitudine a circa 800 metri, su terreni di origine glaciale. La vinificazione prevede la suddivisione in tre parti, di cui la prima sosterà un anno in barrique di rovere francese mentre per le altre due sono previsti anfora Tava e orcio toscano Impruneta Manetti per circa 12 mesi. Profilo olfattivo che rimanda alle spezie dolci, liquirizia, pepe nero, frutti rossi e neri. Freschezza struttura e un sorso dinamico.

Igt Toscana Amphora Vignamasso Azienda San Polo di proprietà di Marilisa Allegrini. Cantina situata a Montalcino, espressione elegante del suo Sangiovese. Da un’unica particella, contraddistinta da un’enorme roccia vulcanica, è ottenuto dalla vinificazione in anfora per 12 mesi utilizzando il grappolo intero.

Cannonau di Sardegna Le Anfore 2021 Olianas – Elena Casadei ha pensato a un progetto che riprenda le antiche tecniche che vogliono riportare la vinificazione alle sue origini: infatti la fermentazione e l’affinamento per 6 mesi avvengono in anfore di terracotta georgiane di importazione (fermentazione) e per l’affinamento si utilizzano invece gli orci di Artenova (Impruneta). L’azienda lavora in biodinamica e i contenitori scelti valorizzano il vitigno e il territorio. Meravigliosa espressione di cannonau, elegante al naso con profumi di rosa, ribes, mirto, macchia mediterranea. Tannino setoso.

Amarone della Valpolicella Docg Riserva Amfora Decem X – Azienda Pietro Zanardi che segue la filosofia biodinamica. Il vino è prodotto in 800 bottiglie. Pietro inizia a produrre in anfora nel 2013 da Tava. Vitigni utilizzati: Corvina 70%, Molinara e Croatina. Macerazione e 3 anni in anfora, con altri 3 anni in barrique e 3 anni in tonneau e dodici mesi di bottiglia. In bocca il sorso è equilibrato, di grande freschezza e l’alcol è ottimamente integrato. Bouquet ampio, con prevalenza di sfumature terziarie.

Vino Nobile di Montepulciano: un viaggio attraverso le 12 Pievi durante Vinitaly 2024

Che Montepulciano fosse un territorio su cui puntare lo avevamo capito da tempo, da quando i produttori, per il tramite del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, decisero di ritrovare serenità e spinta propulsiva dopo gli anni bui e le divisioni di inizio millennio.

Le Pievi

Che Le Pievi rappresentassero poi quel filo di Arianna da seguire alla ricerca di qualità e riconoscimenti, ne avevamo soltanto il beneficio del dubbio. Un convitato dall’apparenza misterioso, comparso sulla scena dopo un travagliato conciliabolo tra i vari attori chiamati a prenderne parte. L’essenza stessa della bontà del progetto è stata il dover ammettere che da soli non si va da nessuna parte; l’utilizzo di consulenti terzi ed esperti hanno rianimato lo spirito dei viticoltori, nel confronto continuo tra Cooperativa Sociale e piccole produzioni familiari.

Dunque, nel contesto di Vinitaly 2024, ecco giungere l’occasione tanto attesa: presentarsi alla stampa mondiale e agli operatori in tutta la grazia di una tipologia che supererà le più rosee aspettative. Ne siamo certi per averla assaggiata in più momenti ed aver trovato sempre un livello interessante e prospettico dei suoi vini. La degustazione guidata è stata magistralmente condotta dai giornalisti Gianni Fabrizio e Stefania Vinciguerra.

Ma cosa sono esattamente Le Pievi?

Chi pensa ad una new entry in chiave puramente commerciale sbaglia di grosso. Ma neppure possiamo ritenerla il frutto di una zonazione in stile “Cru” piemontesi o francesi. C’è da agganciarsi, piuttosto, al ricamo storico, alla natura stessa del territorio toscano, fatto di chiesette rurali ove la comunità agreste si ritrovava ai vespri. Uno scorcio tipico della mezzadria italiana, espressione del movimento culturale del Verismo, come nella Cavalleria Rusticana di Mascagni, quando vengono musicate scene di afflato poetico attorno a un campanile.

Nulla di strano ricondurre le identità di Montepulciano attraverso ricordi, simboli di unione e armonia. Gli stessi ideali insiti nella proposta di immissione in commercio, a partire dal 1 gennaio 2025, del Vino Nobile di Montepulciano etichettato sotto una delle 12 Pievi: Argiano, Ascianello, Badia, Caggiole, Cerliana, Cervognano, Gracciano, Le Grazie, San Biagio, Sant’Albino, Valardenga, Valiano. La natura dei suoli è molto simile nella composizione, meno nella ripartizione delle varie tessiture, tra argille colorate, sabbie marine, limo e calcare. La morbide colline esprimono il meglio del panorama possibile per il visitatore, con esposizioni e altimetrie influenti in maniera marcata nella maturazione del Sangiovese e dei suoi tannini, non più accompagnabili (per regolamento) dalle accomodanti “varietà internazionali”.

Presente e Futuro

Il frutto dell’emersione delle falde del mare pliocenico e delle successive erosioni detritiche occorse nell’arco di millenni. Valiano, di origine recente, resta invece la Pieve dall’agile individuazione nei panel d’assaggio, per una trama antocianica meno profonda e pungente, dove l’immediatezza di beva la fa da padrona. Limitiamo a ciò le nostre considerazioni complessive, invitando il lettore a testare sul campo le ulteriori differenze senza dare giudizi o suggerimenti soggettivi. Il gusto deve avere il predominio su tutto, sarà quello a decidere il mercato e il futuro del terroir.

E sempre il gusto saprà condurci alla risoluzione dei legittimi quesiti da cronisti: le uve selezionate a comporre il mosaico de Le Pievi penalizzeranno le altre versioni del Disciplinare? Si creerà un’eccedenza di scelta tra Rosso di Montepulciano, Vino Nobile, Riserva, Selezione e Le Pievi o quest’ultima spingerà i vigneron ad alzare l’asticella di tutti i prodotti aziendali? Ciò porterà con sé, finalmente, la necessaria colmatura di prezzi rispetto ai livelli bassi e penalizzanti di qualche anno fa? Anche le soddisfazioni economiche creano fiducia e giocano a domino con l’aumento record dei numeri dell’enoturismo che sta vivendo l’intero comparto del Nobile.

Ai posteri e all’abile lavoro di Andrea Rossi presidente del Consorzio del vino Nobile di Montepulciano e del suo staff operativo, la non semplice risoluzione; noi restiamo prudentemente fiduciosi e ottimisti, certi di aver puntato su di un cavallo vincente.

Vinitaly 2024: la “purificazione del Tempio” (del vino) è finalmente compiuta

Anche quest’anno le telecamere e i microfoni di 20Italie erano presenti a Vinitaly, per documentare il grande fermento del settore vitivinicolo italiano. “Fuori i mercanti dal Tempio”? Niente affatto! Siano benvenuti i “mercanti”, con un aumento degli operatori esteri da ben 140 paesi, di cui 1200 top buyer invitati e ospitati da Veronafiere in collaborazione con Ice Agenzia.

Bilancio positivo anche per Vinitaly Plus, la piattaforma di matching tra domanda e offerta con 20mila appuntamenti business, raddoppiati in questa edizione, e per il fuori salone Vinitaly and the city, che ha superato le 50mila degustazioni (+11%). Al netto delle presenze politiche ed istituzionali di rito, i visitatori complessivi hanno oltrepassato la soglia delle 97 mila unità: una vetrina impareggiabile per il Made in Italy nel mondo intero.

Un trend inarrestabile, con un cambio di passo avvenuto proprio durante gli anni tremendi della pandemia Covid, quando gli ingressi furono contingentati, dando respiro al dialogo tra produttori e venditori: lo scopo essenziale di una Fiera tra le più importanti d’Europa, giunta ormai alla 56^ edizione.

L’allestimento dei padiglioni dimostra parimenti un salto di qualità importante, con alcune aree e slot disegnati appositamente da stilisti e interior design. Un vero “Tempio del vino”, curato in ogni particolare, assistito dal personale dell’organizzazione, che ha risposto con prontezza alle esigenze richieste dalla banchettistica.

E poi il piacere di vedere i volti felici degli imprenditori; tavoli e sedie occupati dagli operatori nell’attesa di concludere ordini e contratti di fornitura; degustazioni guidate che hanno agevolato il compito della stampa nel fornire un servizio esaustivo per il lettore. Passeggiare senza spintonarsi, senza vedere situazioni “critiche” di chi abusa di alcool, è un inno per quanti (noi compresi) propongono l’idea del bere responsabile.

Se il Vinitaly cambia forma, anche la cultura del vino deve adeguarsi, scoraggiando l’iniziativa di chi ha dipendenze fisiche o non riesce a controllare gli istinti, penalizzando chi vuole lavorare in serenità e con risultati soddisfacenti. Ottima l’idea dell’aumento annuale dei costi d’ingresso, con un ticket giunto alla soglia dei 120 euro. Ottima l’idea di uno stand della Polizia di Stato a fungere da dissuasore degli abusi. Ottima, infine, la partecipazione dell’Associazione Italiana Sommelier in tanti spazi espositivi di Consorzi ed altri Enti fieristici compresa una confortevole Area Lounge, dove la professionalità fa la differenza.

Fuori i beoni, dentro solo gli operatori del settore e chi ama questo mondo bellissimo, il pane quotidiano delle nostre rubriche enogastronomiche. Colori, sapori, esperienze interattive e coraggio: con questi valori diamo un arrivederci alla 57^ edizione di Vinitaly a Veronafiere dal 6 al 9 aprile 2025.

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