Vinitaly 2024: la “purificazione del Tempio” (del vino) è finalmente compiuta

Anche quest’anno le telecamere e i microfoni di 20Italie erano presenti a Vinitaly, per documentare il grande fermento del settore vitivinicolo italiano. “Fuori i mercanti dal Tempio”? Niente affatto! Siano benvenuti i “mercanti”, con un aumento degli operatori esteri da ben 140 paesi, di cui 1200 top buyer invitati e ospitati da Veronafiere in collaborazione con Ice Agenzia.

Bilancio positivo anche per Vinitaly Plus, la piattaforma di matching tra domanda e offerta con 20mila appuntamenti business, raddoppiati in questa edizione, e per il fuori salone Vinitaly and the city, che ha superato le 50mila degustazioni (+11%). Al netto delle presenze politiche ed istituzionali di rito, i visitatori complessivi hanno oltrepassato la soglia delle 97 mila unità: una vetrina impareggiabile per il Made in Italy nel mondo intero.

Un trend inarrestabile, con un cambio di passo avvenuto proprio durante gli anni tremendi della pandemia Covid, quando gli ingressi furono contingentati, dando respiro al dialogo tra produttori e venditori: lo scopo essenziale di una Fiera tra le più importanti d’Europa, giunta ormai alla 56^ edizione.

L’allestimento dei padiglioni dimostra parimenti un salto di qualità importante, con alcune aree e slot disegnati appositamente da stilisti e interior design. Un vero “Tempio del vino”, curato in ogni particolare, assistito dal personale dell’organizzazione, che ha risposto con prontezza alle esigenze richieste dalla banchettistica.

E poi il piacere di vedere i volti felici degli imprenditori; tavoli e sedie occupati dagli operatori nell’attesa di concludere ordini e contratti di fornitura; degustazioni guidate che hanno agevolato il compito della stampa nel fornire un servizio esaustivo per il lettore. Passeggiare senza spintonarsi, senza vedere situazioni “critiche” di chi abusa di alcool, è un inno per quanti (noi compresi) propongono l’idea del bere responsabile.

Se il Vinitaly cambia forma, anche la cultura del vino deve adeguarsi, scoraggiando l’iniziativa di chi ha dipendenze fisiche o non riesce a controllare gli istinti, penalizzando chi vuole lavorare in serenità e con risultati soddisfacenti. Ottima l’idea dell’aumento annuale dei costi d’ingresso, con un ticket giunto alla soglia dei 120 euro. Ottima l’idea di uno stand della Polizia di Stato a fungere da dissuasore degli abusi. Ottima, infine, la partecipazione dell’Associazione Italiana Sommelier in tanti spazi espositivi di Consorzi ed altri Enti fieristici compresa una confortevole Area Lounge, dove la professionalità fa la differenza.

Fuori i beoni, dentro solo gli operatori del settore e chi ama questo mondo bellissimo, il pane quotidiano delle nostre rubriche enogastronomiche. Colori, sapori, esperienze interattive e coraggio: con questi valori diamo un arrivederci alla 57^ edizione di Vinitaly a Veronafiere dal 6 al 9 aprile 2025.

Tutte le interviste puoi trovarle qui

Alcuni assaggi di Brunello di Montalcino a Terre di Toscana 2024

Nei giorni 24 e 25  marzo 2024 ha avuto luogo la 16° edizione di Terre di Toscana “Eccellenza nel bicchiere”. Un appassionante evento organizzato da Acquabuona.it negli spaziosi saloni dell’Hotel Versilia Lido l Una Esperienze di Lido di Camaiore, suggestiva location a due passi dal mare. Gli espositori ai banchi d’assaggio presenti erano 140 provenienti dalle più importanti Denominazioni d’Origine della Regione, con oltre 700 etichette in degustazione. Il focus odierno riguarderà una storica Docg: quella del Brunello di Montalcino.

Montalcino è un suggestivo Borgo medievale della provincia di Siena in Toscana. Nota capitale del vino Brunello, del Rosso e del dolce Moscadello, è posta nel territorio a nord-ovest del Monte Amiata, lungo il confine della Val d’Orcia e della provincia di Grosseto.
Il Brunello di Montalcino è una perla enologica italiana che gode di fama mondiale e la sua affermazione risale alla fine dello scorso millennio. Il 1966 con l’arrivo della Doc, sarà l’anno del suo rilancio e conseguentemente viene costituito il Consorzio di Tutela, grazie al quale verranno fatti ulteriori passi in avanti con ammodernamenti in cantina e rinnovamenti di nuovi vigneti quasi unicamente con Sangiovese. La consacrazione arriva però nel 1980 con la meritata Docg, uno tra i primi vini in Italia ad ottenere questo prestigioso riconoscimento. Con ulteriori cambiamenti al precedente disciplinare già rigoroso, è stata raggiunta una successiva elevazione  in termini qualitativi.

Lo straordinario territorio presenta aspetti pedoclimatici diversi in ogni zona del quadrante. Nella parte nord si ottengono vini di buona struttura, profumati ed eleganti, ad est vini più tannici adatti all’invecchiamento, a sud vini di grande struttura, molto profumati, ad ovest, vini eleganti, armonici, da lungo invecchiamento.

L’adiacenza al Monte Amiata e la vicinanza al mare creano un microclima propizio per la coltivazione della vite con forti escursioni termiche tra le ore diurne e notturne, dando origine a vini di elevata qualità. Tre sono le tipologie: Annata, Selezione e Riserva. Il Sangiovese a Montalcino ha trovato un contesto adatto ed il baricentro nella sua massima espressione, più di ogni altra zona.

Gli assaggi

Brunello di Montalcino Poggio alle Mura 2019 Banfi – Con note di ribes, lampone, pepe e tabacco, sorso fresco e saporito.

Brunello di Montalcino 2019 Baricci – Emana sentori di rosa, viola, fragolina di bosco, arancia e spezie, gusto rotondo, succoso e accattivante.

Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2019 Marroneto – Sprigiona sentori di ciliegia, mora, menta, liquirizia, spezie e sottobosco. Sorso fresco, setoso e di interminabile persistenza.

Brunello di Montalcino 2019 Mastrojanni – Rivela nuance di prugna, mora, mirtillo e spezie, dal gusto avvolgente e duraturo.

Brunello di Montalcino Cielo d’Ulisse 2019 Podere Le Ripi – Dipana sentori di violacciocca, mora, prugna, sottobosco e nuances mentolate. Opulento, avvolgente e persistente.

Brunello di Montalcino 2019 Salvioni La Cerbaiola – Libera note di iris, ciliegia, rabarbaro, tabacco e sottobosco, attacco tannico setoso, armonioso e leggiadro.

Brunello di Montalcino Bramante 2019 San Lorenzo – Rimanda sentori di violetta, mirtillo, bacche di ginepro e tabacco, dinamico, armonioso e durevole.

Brunello di Montalcino Riserva Phenomena 2018 Sesti – Piacevoli sentori di violacciocca, amarena,  rabarbaro, scia speziata e mentolate. Tannino setoso, saporito e generoso.

Brunello di Montalcino Riserva Poggio al Vento 2016 Col d’Orcia – Olfatto contraddistinto da sottobosco, arancia sanguinella, tabacco dolce e spezie orientali. Avvolgente, pieno ed appagante.

Brunello di Montalcino Vigna del Lago 2019 Val di Suga – Si percepiscono sentori di ciclamino,  ciliegia tenerina, scorza d’agrumi e cacao, dal palato fresco e sapido con chiusura lunga.

Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano: il tour di 20Italie alla ricerca della vera anima del territorio

Sono loro i volti dei protagonisti di un tour magnifico organizzato per 20Italie con aziende che abbiamo selezionato personalmente tra quelle aderenti al Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano: Alamanno, Andrea, Antimo, Caterina, Federico, Giovanni, Julio, Luca, Nicolò, Silvia, Tiziana. Una denominazione, tante inclinazioni ed espressioni diverse, ben contraddistinte dalle sottozone delineate nel progetto Le Pievi, che vedrà l’immissione sul mercato di una nuova tipologia di vino a partire dal 2025.

In realtà, vista anche la qualità media raggiunta dai prodotti storici (Rosso di Montepulciano, Vino Nobile, Riserva e Selezione), ci si chiedeva se l’iniziativa avrebbe portato qualche scossone all’interno degli equilibri produttivi dell’intero areale. Lo ha fatto eccome! Un gancio traino che ha trascinato con sé a ruota le altre versioni e tutto il comparto, in vista delle difficili sfide per il futuro.

Abbiamo avuto il piacere di poterne parlare con alcune delle aziende rappresentative: Boscarelli, Bindella – Tenuta Vallocaia, Dei, Tenuta di Gracciano della Seta, Fattoria Svetoni, Poliziano, Vecchia Cantina di Montepulciano, Montemercurio, Azienda Agricola Tiberini, Contucci. Ognuna con la sua storia fatta di momenti felici ed altri meno, di scelte coraggiose e voglia di ricerca e rinnovamento.

Ognuna con l’amore versato per il Sangiovese localmente chiamato Prugnolo Gentile, che fatica a raggiungere complete maturazioni crescendo in un avamposto collinare compreso tra 3 bacini lacustri, con il Lago Trasimeno in lontananza. Suoli di natura sabbiosa marina, con inserti argillosi e calcarei a diverse profondità e altitudini. Una complessità non facile da gestire in campo agronomico, forse il limite ed anche la sfida più intrigante che deve affrontare ogni giorno il viticoltore.

Perché credere in un territorio che fa della bellezza il suo punto di forza? Perché Montepulciano è così: ricchissima di storia e cultura, fiera e indipendente, dove il vino affinava (ed in parte ancora affina) nelle cantine sotto le vie della Città, per difenderlo da eventuali invasori esterni. Perché il poeta Redi, nell’opera Bacco in Toscana del 1685, definiva “Montepulciano d’ogni vino è Re!”.

Perché non si può fare la differenza senza fare un passo indietro di fronte persino agli errori commerciali e stilistici del passato, cosa che i produttori hanno maturato ormai all’unanimità, evento davvero raro tra le pagine dei Consorzi di Tutela Vini italiani.

Il Prugnolo Gentile odierno è ben diverso da quello del dopoguerra, quando a vinificarlo per l’imbottigliamento erano pochissimi e serviva l’apporto delle uve bianche a renderlo godibile all’assaggio. Ha maggior stabilità fenolica ed equilibrio, soffrendo meno le calure estive di altri terroir ed esprimendosi su delicatezze uniche nel suo genere, mai invadenti nella trama tannica. Questo soltanto se la passione del vigneron è tale da non sacrificarlo con lavorazioni estreme e ricerca di sovrastruttura penalizzante nei profumi floreali e nelle scie sapide e succose del retrobocca.

La fotografia di quanto sta realmente avvenendo da qualche tempo a questa parte; la speranza che la strada indicata venga perseguita a costo di sacrifici enormi, quanto fondamentali per lo sviluppo enoturistico. Sì, perché il turismo in forte crescita è il sintomo del successo imprenditoriale che vive Montepulciano, con strutture d’accoglienza all’altezza delle aspettative luxury e ristoranti gourmet di altissimo livello, dove apprezzare la cucina toscana rivisitata in chiave internazionale.

Paesaggi mozzafiato, cantine ristrutturate con tecnologie all’avanguardia, passeggiate romantiche tra le vie di uno dei borghi più belli del mondo, vino e cibo che viaggiano in totale sincronia per allietare il palato degli appassionati in cerca di emozioni, o dei semplici avventori occasionali giunti qui per una sosta rilassante.

La redazione di 20Italie ringrazia Andrea Rossi, Presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Luca Tiberini, Vice Presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Silvia Loriga, Responsabile Marketing ed Eventi ed Alessandro Maurilli dell’Ufficio Stampa, oltre ai produttori vitivinicoli e ai ristoratori che ci hanno consentito di svolgere al meglio il nostro compito di reporter. Un primo passo nel racconto, cui seguiranno tanti altri.

Le storie di alcuni dei produttori del Consorzio Vino Nobile che abbiamo incontrato puoi trovarle qui

Terre di Toscana 2024

L’appuntamento giunto alla XVI edizione che ha registrato un enorme successo di pubblico e stampa, si conferma la vetrina delle eccellenze vitivinicole della regione.

“Stessa spiaggia, stesso mare”: l’appuntamento all’Hotel Una di Lido di Camaiore per l’evento Terre di Toscana è diventato imperdibile, per la stampa, gli operatori e i winelovers. Nei giorni di domenica 24 e lunedì 25 marzo il 2400 visitatori hanno potuto incontrare 140 aziende di tutti i distretti enologici della Toscana, assaggiare ben 700 etichette, comprese 80 di vecchie annate.

L’evento, promosso da L’Acquabona, nata nel 1999, per comunicare esperienze che avessero a che fare con il vino e il suo mondo, ha visto la prima edizione nel 2007: il successo ottenuto e che continua ottenere, la rende una manifestazione molto interessante e a misura d’uomo (e di vignaiolo).

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In degustazione vini prestigiosi, orgoglio italiano nel mondo, di blasonate denominazioni e di altre sempre più emergenti e sotto i riflettori della critica enologica. Tra queste, la mia selezione di realtà che mi hanno piacevolmente colpito, per le novità presentate o per le annate vecchie, che non ti aspettavi così emozionanti.

Iniziamo proprio da Ivan Giuliani di Terenzuola, azienda a cavallo di Liguria e Toscana, che ha portato Fosso di Corsano 2017: Vermentino in purezza, solo acciaio che esprime bene le potenzialità in evoluzione di questo vitigno. La frutta si apprezza con note tropicali, la scorza degli agrumi volge al candito, poi miele di acacia e il timbro di idrocarburo che svetta, come una bandiera, regalando al vino una complessità elegante e invidiabile. In bocca, seppur ancora vibrante per l’acidità, scorre dando la sensazione di aver raggiunto equilibrio e maturità, ma con ancora molte cose da raccontare.  Lunga persistenza e finale marino, con sbuffi iodati. La prova che i vini bianchi non sempre devono essere consumati in annata, tantomeno il vermentino (e il pigato) di Liguria.

L’azienda agricola nacque nel 1993: Ivan ereditò dei terreni dal nonno e si trasferì da Stresa a Fosdinovo. Lavora i 23 ettari, svolgendo le operazioni in vigna manualmente, seguendo i principi del biologico, in un’ottica di sostenibilità, volta al rispetto delle uve autoctone tra i quali lo scontroso vermentino nero. Altro vino che rappresenta un forte legame con la terra e la tradizione è il Permano Bianco, da un blend composto da vermentino e poi trebbiano, malvasia, albarola, albana, durella e verdella. Macerazione sulle bucce di quasi 20 giorni, a temperatura controllata, fermenta e affina in acciaio. Viene prodotto in soli 2600 esemplari. Un tripudio di frutta gialla, erbe aromatiche e note balsamiche. In bocca è preciso e affilato e si congeda con cenni di pietra focaia.

Antonio Camillo, dopo aver collaborato con realtà importanti della Maremma, ha creato nel 2006 la propria cantina a Marciano ed è sicuramente un nome di riferimento per il Ciliegiolo, che sa esprimere in vini che non si dimenticano facilmente, tra cui il Vigna Vallerana Alta. Fiero sostenitore di un approccio il più possibile naturale, senza utilizzo di chimica, sia in vigna che in cantina, ha portato in degustazione a Terre di Toscana una novità, il Mediterraneo 2023. L’etichetta è di un turchese che fa immaginare immediatamente l’estate, il sole che si riflette sul mare, l’abbraccio delle culture dei popoli che si affacciamo su questa via secolare di traffici e comunicazioni.

Il colore rubino luminoso del vino, invita a sentirne i profumi e d’improvviso sei catapultato su di un sentiero scosceso, che guarda il mare, circondato dalla macchia mediterranea. Un tripudio in bocca di sale, frutti di rovo e  delicate carezze balsamiche. Colpo di fulmine.  Nasce da un blend uve da vigne giovani di Ciliegiolo 50%, Alicante 35% e Carignano 15%. Un altro vino davvero interessante è Granè 2023, un Carignano in purezza, che si esprime con note di ciliegia e viola, a cui seguono erbe officinali, timo, cuoio. Tannino levigato, perfettamente integrato, esso mantiene una garbata piacevolezza e bevibilità. Sempre a Marciano, Tenuta di Montauto è stata apprezzata in passato per Silio, un ciliegiolo succoso ed espressivo. L’azienda è nata nel 2001, con vigne di proprietà impiantate dal nonno Enos di Riccardo Lepri. Di grande impatto è sicuramente il Sauvignon Blanc, che viene celebrato nelle etichette Enos I e Gessaia. A catturare l’attenzione i due Pinot Nero. Il primo raccoglie il frutto di viti di circa 15 anni, gestite in regime biologico, che crescono su terreni argillosi ricchi di quarzi. La vinificazione procede, dove aver messo le uve vendemmiate una notte in cella frigorifera, in contenitori di legno. L’affinamento prevede  l’uso di barrique, nuove per circa 1/3 della dotazione. Rosso rubino, simile al velluto, esprime durante le ripetute olfazioni, i descrittori tipici del vitigno, con aggiunta di una gradevole speziatura. Al palato si apprezza la cifra elegante del tannino e la persistenza, con un finale su note fruttate.

Lo stupore è stato generato dall’assaggio di Poggio al Crine, un Pinot Nero ottenuto da vigne di circa 30 anni. Dopo la raccolta manuale, le uve riposano in cella frigo per una notte e dopo la fermentazione, il vino resta 10 mesi in barrique a cui seguono 3 anni di bottiglia. Mettere il calice al naso fa venire alla mente immediatamente la Borgogna, i sentori sono eleganti, puliti precisi e vivaci. In bocca il vino è teso, il tannino serico e nel finale si apprezza una rinfrescante sapidità. Chapeau! Solo 600 bottiglie.

Paestum Wine Fest 2024: quest’anno non ce n’è per nessuno

Capita poche volte di trovarci di fronte ad un evento senza pecche o sbavature, dove l’interazione tra produttori, operatori del settore, stampa e appassionati è stata semplicemente perfetta.

Ad evento sano e competitivo corrisponde un’altrettanta affluenza di visitatori, attratti non soltanto dalla conoscenza diretta con i produttori presenti, ma anche dalle numerose degustazioni guidate e dalla punta di spicco dell’enologia moderna come Riccardo Cotarella, ammirato dai vini caldi del Sud Italia.

20Italie era presente con la troupe al completo al NEXT – Nuova Esposizione Ex Tabacchificio SAIM, borgo di Cafasso – Capaccio (SA). Nei prossimi giorni amplieremo la vasta playlist sul canale YouTube con delle interviste che lasceranno l’acquolina in bocca agli ascoltatori, esattamente come i vini presenti alla manifestazione. Non basta: ci sarà un piccolo approfondimento tematico con una giovane azienda cilentana di spirits ed un gin fortemente identitario a base di fico.

Spazio gastronomico all’aperto complice le giornate primaverili all’insegna del bel tempo, con materie prime a chilometro zero. Start il 23 marzo con il consueto saluto delle Autorità e di Angelo Zarra, patron della manifestazione. Eventi di tale portata non possono che far bene all’intero comparto, ultimamente in fermento per alcune polemiche nate a seguito di inchieste giornalistiche.

Angelo Zarra

Osserviamo quanto accade con spirito critico, ma consci del sacrificio di tanti viticoltori che cercano di quadrare i conti nel rispetto della legalità e della qualità finale. Bisogna tenerne conto quando si toccano temi delicati che potrebbero nuocere ad un settore fiore all’occhiello del Made in Italy ed il Paestum Wine Fest è il luogo giusto per discuterne con professionalità e competenza.

Vinòforum 2024: al Circo Massimo di Roma la nuova edizione

A Roma, il palazzo situato al numero 87 di via dei Cerchi, è avvolto da una suggestiva atmosfera di mistero e incanto. Nelle immediate vicinanze di quello che si ritiene essere stato il sito del Lupercale, dove la leggenda narra che Romolo e Remo, gli eroi fondatori di Roma, furono allattati dalla Lupa, rende questa dimora un luogo intriso delle radici di un popolo che ha plasmato in modo indelebile la storia della nostra civiltà. È qui che il 29 gennaio si è tenuto l’incontro inaugurale di Vinòforum 2024, un’edizione speciale dell’evento enologico più importante della Capitale.

Vinòforum Class ha rappresentato l’antipasto perfetto per gli appassionati del vino, con l’annuncio clamoroso della nuova sede della 21ª edizione: il prestigioso Circo Massimo. Dal 17 al 23 giugno, questo monumento storico sarà il palcoscenico di uno degli eventi più attesi dell’anno.

Al saluto di Emiliano De Venuti, organizzatore di Vinòforum, è seguito quello di Alessandro Scorsone, sommelier e amico fedele della manifestazione fin dalle sue origini. Moderatore Stefano Carboni dell’Agenzia MG Logos.

<<La scelta del Circo Massimo come nuova sede di Vinòforum è il risultato di una collaborazione tra l’evento e le istituzioni locali>> ha dichiarato De Venuti <<Con oltre 40.000 imprese legate al settore enogastronomico solo a Roma, il Lazio si conferma come un hub strategico per il Made in Italy. Vinòforum non solo promuoverà le eccellenze del territorio, ma contribuirà anche a valorizzare l’offerta turistica della capitale>>.

Durante la conferenza stampa hanno preso la parola illustri rappresentanti delle Istituzioni. Massimiliano Raffa, Commissario Straordinario di A.R.S.I.A.L. – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio – ha annunciato il supporto dell’agenzia alle aziende vitivinicole del territorio.

Rodolfo Maralli, Presidente di Fondazione Banfi e Presidente di Banfi Srl, ha evidenziato il ruolo cruciale delle manifestazioni enogastronomiche nella valorizzazione delle produzioni di qualità, lodando Vinòforum per la capacità di adattarsi alle mutevoli esigenze del pubblico nel corso degli anni. In ultimo, Ernesto di Renzo, docente di Antropologia del Gusto all’Università di Roma Tor Vergata, ha concluso l’evento con una riflessione sull’importanza dei vigneti urbani di Roma, simbolo del legame millenario tra la Capitale e il vino.

La degustazione dei Vini dei Masi Chiusi al Farm Food Festival a Merano: esperienza guidata da Helmuth Köcher

La seconda edizione del Farm Food Festival ha riscosso un enorme successo di pubblico e apprezzamento presso il Kurhaus di Merano, sabato 9 marzo. Un evento che ha visto la partecipazione dei prodotti dei soci del Gallo Rosso, associazione dedicata alla promozione dell’eccellenza delle specialità altoatesine.

Il Gallo Rosso annovera ben 86 Masi “chiusi”, un termine che richiama alla mente la tradizione locale. Sin dal 1526, quando l’Alto Adige faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico, fu emanato un primo editto che regolamentava i Masi. Maria Teresa D’Austria confermò questa disposizione nel 1770 con un regolamento preciso. Anche se nel 1929 questa legge tirolese fu abolita sotto il regime fascista, la cultura dei Masi Chiusi continuò a essere praticata fino a essere nuovamente riconosciuta nel 1954. In Alto Adige, questa peculiarità conta più di 11.000 Masi chiusi, una caratteristica che non si riscontra nel vicino Trentino.

Le caratteristiche distintive di un Maso chiuso riguardano l’estensione dei terreni, intorno ai 3,5 ettari, la produzione e la lavorazione delle materie prime all’interno della stessa realtà, nonché la capacità di garantire l’autosufficienza attraverso la produzione stessa. I prodotti assaggiati durante il Farm Food Festival erano di eccellente qualità e rispettavano rigorosi criteri di produzione.

Per quanto riguarda la produzione di vino, un Maso non può essere considerato una vera e propria azienda vinicola; si fa riferimento alla cultura contadina, espressa nel termine “weingut”. Tuttavia, la limitata produzione è di grande interesse e qualità, come dimostrato dagli assaggi proposti dal patron del Merano Wine Festival Helmuth Köcher.

Il contadino non si affida a un enologo, a un direttore commerciale o a un esperto di marketing, ma produce secondo le competenze acquisite e tramandate nel tempo, che riflettono la cultura altoatesina e la ricerca di soluzioni per adattarsi al cambiamento climatico.

Durante la degustazione, sono stati proposti 4 vini bianchi e 4 rossi. Il primo vino, prodotto da Griesserhof situato a 750 metri sul livello del mare nel comprensorio di Bressanone, è un Kerner, vitigno nato dall’incrocio tra il Riesling Renano e la Schiava Grossa (conosciuta anche come Trollinger). Con note di pesca bianca e frutta tropicale, coltivato nel vigneto Gall con esposizione sud-est, questo vino si distingue per la sua freschezza e pulizia.

La seconda proposta è un Pinot Bianco di grande eleganza e precisione, proveniente dal Maso Rinnhof nella zona di Termeno, con vigneti a circa 300 metri di altitudine. Note di mela, acidità equilibrata e piacevolezza di beva caratterizzano questo vino.

Segue una terza referenza, il Gewürztraminer dell’azienda Rasslhof, varietà vocata in Alto Adige. Con note di litchi, rosa e spezie, questo vino aromatico si abbina perfettamente a piatti esotici e a base di zafferano.

Particolare attenzione è stata dedicata ai vini da vitigni Piwi, resistenti alle malattie. Il Quessaris, prodotto da Muscaris, è un incrocio tra Solaris e Moscato Giallo dell’azienda Höuslerhof a Varna, in Alta Valle Isarco. Caratterizzato da garbata aromaticità e una nota sapida in chiusura.

La degustazione prosegue con una selezione di vini rossi, a cominciare dalla Schiava Grigia prodotta dal Maso St. Quirinus di Caldaro. Questo vino, che rappresentava un tempo l’identità della regione, mostra una qualità intrinseca con delicati sentori fruttati e un tannino setoso.

Il Blauburgunder prodotto a circa mille metri di altitudine dal Maso Widum Baumann sopra Bolzano, offre espressioni di frutta rossa succosa al naso e una struttura che invita a una piacevole e appagante bevuta.

Tra i vini rossi da vitigni Piwi, il JPK 2016, prodotto da Chambourcin dallo Strickerhof, ne rappresenta l’ultima uscita poiché il figlio del produttore non ha creduto nelle potenzialità di questo vitigno e ha espiantato il vigneto. Peccato.

La degustazione si conclude con il Cabermol di Höuslerhof, dal vitigno Cabernet Cortis nato dall’incrocio tra Cabernet Sauvignon e Solaris, che promette un buon potenziale evolutivo.

Il messaggio trasmesso da Helmuth Köcher riguardo all’utilizzo dei vitigni Piwi, come risposta al cambiamento climatico, sottolinea l’importanza della ricerca e dell’adattamento alle nuove sfide, sia a livello individuale che collettivo, per non rimanere semplici spettatori impotenti di ciò che accade.

È importante mantenere l’attenzione alla produzione dei vini dei contadini dei Masi, per il grande pregio, l’identità e la personalità.

Presentazione del primo VSQ Metodo Classico” Sheep” Extra Dry da coda di pecora della cantina Il Verro

Il Verro: da ‘U Verru, come localmente è chiamato il maschio del cinghiale, è l’azienda vitivinicola nata nel 2003 dal desiderio comune di cinque amici, oggi di proprietà di uno solo di loro, l’ingegnere Cesare Avenia. Situata nel comune di Formicola (CE), in una conca naturale tra i Monti Maggiore e Viggiano, con i suoi cinque ettari vitati produce circa 30.000 bottiglie annue da soli vitigni autoctoni in purezza. Era l’ottobre del 2017, in occasione di una loro “cantine aperte”, quando ho fatto loro visita per la prima volta ed ho avuto il piacere di conoscere Cesare e la consorte Bice De Pandis.

In quella splendida giornata di inizio autunno, abbiamo passato un bellissimo pomeriggio, interessante e rilassante. Cesare era all’inizio di un percorso fino ad allora a lui sconosciuto, ma da come gli brillavano gli occhi parlandoci di viti e di vino, capii che l’uomo tutto d’un pezzo, con una storia professionale importante nel mondo delle telecomunicazioni, avrebbe fatto grandi cose anche nella veste di produttore.

Ed arriviamo allo scorso 15 febbraio, nei locali della storica Hostaria Massa di Caserta, ritrovando Cesare con accanto la sua signora e negli suoi occhi la stessa luce di allora. L’occasione è stata quella di una serata molto “easy”, con amici che conoscono la storia, seduti attorno ad un tavolo per condividere la realizzazione di un sogno: il suo primo VSQ Metodo Classico dall’autoctono vitigno Coda di Pecora, lo “Sheep Extra Dry”, e per l’occasione, abbiamo assaggiato anche due vinificazioni sperimentali di Pallagrello Bianco e Pallagrello Nero. <<Ogni arrivo è comunque una partenza, una main stone>> dichiara Avenia.

Un team di collaboratori e comunicatori di altissimo livello siedono al suo fianco: l’amica e giornalista enogastronomica Antonella Amodio, l’enologo Vincenzo Mercurio e il microbiologo Giancarlo Moschetti che prende per primo la parola, Ordinario di Microbiologia Agraria e Presidente del Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia dell’Università di Palermo, per raccontarci il faticoso studio svolto sul DNA del Coda di Pecora, grazie anche alla collaborazione dell’ampelografa Antonella Monaco. Nel 2023 si è riusciti finalmente a farlo inserire con il numero 954 nel “Registro Nazionale delle Varietà di Vite” autorizzate alla produzione di vini. Tale vitigno, dopo anni di confusione con la Coda di Volpe, finalmente ha una sua identità che fin dai primi suoi assaggi smentiva qualsiasi legame con essa, sia per profumi che percezione gustativa.

Moschetti ci ha poi parlato del loro “Metodo Memo”, un modo per ritornare alle fermentazioni prima del 1980, quando i coadiuvanti erano vietati. Un lavoro in vigna per isolare un lievito aziendale, perché il territorio de “Il Verro” è un ambiente ricco di biodiversità: 36 specie di uccelli che nidificano, 405 specie di serpenti stanziali, istrici, lupi, api e vespe, tutti attori fondamentali per lo sviluppo dei lieviti in vigna. In laboratorio li hanno isolati e chiamati stagionali, visto l’apporto indispensabile della fauna nel diffonderli. I lieviti stagionali interagiranno, poi, con altri di cantina durante le fermentazioni spontanee.

La degustazione

Si è iniziato con due vini considerati sperimentali, da Pallagrello Bianco e Pallagrello Nero vendemmia 2019, imbottigliata in magnum. Nati con la collaborazione dell’Università di Palermo e della società di consulenza enologica “Le Ali di Mercurio”, queste bottiglie non sono in commercio e Cesare preferisce chiamarle piuttosto “le mie Riserve”, entrambe provenienti da un’annata eccellent durante la quale si è potuto iniziare l’uso dei lieviti stagionali.

Pallagrello Bianco Sperimentale 2019

L’enologo Vincenzo Mercurio ci prepara ad un vino dall’accattivante veste dorata, che si impadronisce subito della scena. Un vino dalla funzione esplorativa, a differenza delle vinificazioni che normalmente vengono imbottigliate verso maggio-giugno successivi alla vendemmia.

Gradevole intensità di profumi, dove le affumicature unite a pietra focaia anticipano un erbaceo di macchia mediterranea; non mancano il fruttato ed il floreale. Bocca proporzionata, con morbidezza in equilibrio ed a supporto delle freschezze, in un sorso da ripetere. Leggera astringenza da tè verde e lunga scia sapida finale. Un vino dalle grandi potenzialità evolutive.

Un Pallagrello Bianco da evoluzione, in grado di reggere l’affinamento in vetro fino e oltre dieci anni. Bisogna fare un po’ di sana autocritica, per riuscire finalmente a comunicare nel modo giusto che i bianchi non vanno bevuti solo d’annata.

Pallagrello Nero Sperimentale 2019

A questo vino non sono stati aggiunti solfiti e a detta di Vincenzo Mercurio, è un vino più estremo del Pallagrello Bianco, con fermentazione 100% spontanea. Inizialmente rustico, tramite il contatto con l’aria, si ingentilisce, dimostrando un naso da frutta (amarene) ancora croccante, tocchi di sottobosco e bocca succosa, fresca e sapida, dal finale leggermente amaricante. Un vino ancora in cerca della sua identità.

VSQ Metodo ClassicoSheep” Extra Dry

Da un ettaro e mezzo di Coda di Pecora, si producono appena 1.300 bottiglie di spumante e circa 3.000 di bianco fermo. Per non snaturare quelle che sono le caratteristiche del vitigno si è anticipata la raccolta per la spumantistica.

Affinamento sui lieviti di trenta mesi, anche se si punta a prolungarlo a sessanta mesi. Si intuisce che abbiamo difronte uno spumante evoluto, le bollicine sono fini e carezzevoli, manca però di quella leggera astringenza che ha lo Sheep fermo; il naso è molto fruttato, con richiami marini di conchiglie d’ostrica.

Anche noi continuiamo ad imparare, bevendo i vini delle persone che conosciamo. Grazie Cesare Avenia.

Il crescente mercato dei Vini Dealcolati: alcuni spunti per opportune riflessioni

Siamo cronisti. Osserviamo e cerchiamo di informare al nostro meglio chi ci legge sulle pagine di 20Italie. Il tema è quanto mai attuale e scottante. Merita un dovuto approfondimento in maniera imparziale dal nostro autore Olga Sofia Schiaffino.

Nell’ultimo anno, il mercato dei vini dealcolati ha conosciuto una crescita significativa, alimentata dalla domanda di alternative a basso contenuto alcolico e dalla sempre maggiore consapevolezza dei consumatori riguardo agli effetti del consumo di alcol sulla salute. Questa tendenza non solo riflette uno spostamento verso uno stile di vita più sano, ma anche un interesse crescente per l’innovazione nel settore vinicolo.

La tendenza verso i vini a basso contenuto alcolico

Mentre il vino tradizionale rimane popolare in molte regioni del mondo, c’è una chiara tendenza verso prodotti a minor contenuto alcolico. Questo è particolarmente evidente tra i consumatori più giovani e consapevoli della salute, che cercano alternative che permettano loro di godere della cultura del vino senza gli effetti negativi dell’eccessivo consumo di alcol.

Il processo di dealcolazione

I vini dealcolati vengono prodotti attraverso un processo di rimozione dell’alcol dal vino, che può essere realizzato in diversi modi. Uno dei metodi più comuni è l’osmosi inversa, in cui il vino viene filtrato attraverso membrane che separano l’alcol dagli altri componenti. Un altro metodo consiste nell’evaporazione sottovuoto, in cui il vino viene riscaldato a temperature inferiori al punto di ebollizione dell’alcol, consentendo la sua rimozione senza compromettere eccessivamente il profilo aromatico del vino.

L’importanza del profilo aromatico

Una delle sfide principali nella produzione di vini dealcolati è preservare il profilo aromatico e gustativo del vino originale. Poiché l’alcol contribuisce in modo significativo alla struttura e al sapore del vino, è essenziale utilizzare tecniche che minimizzino la perdita di composti aromatici durante il processo di dealcolazione. I produttori di successo investono quindi in tecnologie avanzate e processi delicati per garantire che il vino risultante mantenga le sue caratteristiche distintive.

La variegata offerta sul mercato

L’offerta di vini dealcolati è diventata sempre più variegata, con una vasta gamma di opzioni disponibili per i consumatori. Dai vini bianchi freschi e fruttati ai robusti rossi invecchiati, c’è qualcosa per tutti i gusti e le preferenze. Inoltre, molti produttori offrono vini dealcolati biologici e provenienti da viticoltura sostenibile, per soddisfare la crescente domanda di prodotti eco-friendly.

La tendenza verso la salute e il benessere fisico

Il crescente interesse per i vini dealcolati riflette anche una tendenza più ampia verso uno stile di vita sano e il benessere fisico. I consumatori sono sempre più consapevoli degli effetti negativi dell’eccessivo consumo di alcol sulla salute e cercano alternative che consentano loro di godere della convivialità e della socializzazione associate al consumo di vino, senza compromettere il loro benessere complessivo.

Durante la manifestazione Wine and Siena, promossa da Helmuth Köcher e da Merano Wine Festival era presente Vinuci, un’azienda di Bolzano che ha iniziato nel 2021 a creare vini dealcolati, proprio per rispondere a quella fetta di consumatori interessati alla socializzazione senza l’effetto dell’alcol. Le bevande analcoliche, a base di vino e spumante, vengono prodotte utilizzando le tecniche più innovative per garantire un’alta qualità e un profilo organolettico accattivante.

L’azienda produce 5 tipologie, partendo da una base di vino intorno al 93-94%, da mosto d’uva rettificato o succo di frutta, anidride carbonica per quanto concerne la tipologia frizzante. I vini utilizzati provengono in maggior parte dalla Germania e con una base riesling si ottiene Allegro, un vino frizzante dealcolato con sentori che ricordano la frutta gialla matura e gli agrumi. Sicuramente non si può approcciare questa tipologia pensando di trovarsi di fronte a un calice con i profumi e le sensazioni che ci potremmo aspettare dal vitigno dichiarato in etichetta; questo non vuol dire che si possano trovare esempi interessanti, in cui si ritrova una piacevolezza dell’assaggio. Allegro è tra questi ed è stato premiato con il bollino rosso di The Wine Hunter.

Una tipologia che merita sempre maggior approfondimento, per un giudizio onesto e accurato, che non risenta di preconcetti o di chiusure intellettuali. I vini dealcolati potrebbero rappresentare sempre di più una scelta attraente per coloro che desiderino godere di un prodotto alternativo al vino.

Carpineto: la Toscana nel mondo

Il 4 marzo, nella splendida location di Palazzo Belvedere, villa monumentale situata nel quartiere Vomero di Napoli, si è tenuto il primo evento ufficiale di LU.IS.A. Rappresentanze, una manifestazione che ha raggruppato numerosi produttori del mondo vitivinicolo presenti nel catalogo, con banchi d’assaggio e masterclass che hanno regalato forti emozioni ai presenti.

Tra i vari produttori presenti ha catturato la mia attenzione l’azienda CARPINETO, da oltre 50 anni ambasciatori della Toscana nel mondo, esportata in ben 70 paesi. Mauro Chiominto, direttore commerciale Italia, nel suo banchetto vista mare, ci racconta la storia dell’azienda che nasce nel 1967 dall’intuizione geniale di due giovani appena ventenni: Antonio Mario Zaccheo e Giovanni Carlo Sacchet. Divenuti amici proprio davanti a un calice di vino decidono di realizzare un sogno in comune, fare un grande Sangiovese iniziando dal Chianti Classico. Ci sono riusciti mantenendo un assetto familiare e diventando un brand di successo a livello internazionale, con una produzione di oltre 3 milioni di bottiglie in più di 30 etichette.

I vini degustati

La degustazione inizia con una vera e propria rivelazione: il DOGAJOLO TOSCANO ROSATO IGT, Sangiovese in purezza, fresco e dalla grande bevibilità, elegante e deciso allo stesso tempo; rischi di bere tutta la bottiglia e non accorgertene! Abbinamento perfetto con la nostra pizza napoletana, un gemellaggio che vi invito a provare.

Spostiamo la nostra attenzione su tre delle undici Docg toscane: Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino. Il CHIANTI CLASSICO RISERVA 2018, Sangiovese con saldo di Canaiolo e Colorino, dal colore rosso rubino intenso con riflessi granato, presenta una pienezza di bocca avvolgente che richiama al sorso successivo, molto piacevole nella sua semplicità.

Molto più incisivo il CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE 2020 prodotto da uve provenienti dal cru di due ettari ubicato a Dudda – Greve in Chianti – zona particolarmente vocata per la produzione di vini di grande longevità. Rubino vivace, dai sentori di frutti di bosco, note speziate, in bocca elegante anche se ancora giovane lascia presagire già quel che diventerà tra qualche anno.

Altro vino in degustazione, il VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO RISERVA 2018. Tende al granato, estremamente elegante con profumi che vanno dalla frutta esotica al balsamico. Fine ed elegante merita davvero l’appellativo di “nobile”. Restando sempre nel territorio di Montepulciano, e precisamente nelle zone meglio esposte si produce il cru di POGGIO SANT’ENRICO, Sangiovese in purezza di cui assaggiamo l’annata 2012. Colore intenso, di forte concentrazione antocianica. Al naso si avvertono sentori di frutti di bosco, note di chiodi di garofano, vaniglia. Sorso complesso e lungo, ma con una succulenta bistecca fiorentina ancor meglio!

Completiamo il percorso toscano con il BRUNELLO DI MONTALCINO 2019, di grande struttura, persistente, ampio, morbido che evolverà ancora per tanti anni, mentre solo nelle migliori annate viene prodotto in versione RISERVA di un’eleganza ancora più raffinata.

Dopo questo breve salto in Toscana e dopo i racconti di Mauro, la voglia di andare in azienda ad approfondire la conoscenza di questi vini è fortissima. Carpineto, per gli appassionati, è una immersione totale nella natura, tra passeggiate in vigna o in bicicletta ed è possibile prenotarsi in ogni momento dell’anno per vivere una experience indimenticabile. Un ringraziamento particolare va a Laura Ruggieri di LR Comunicazione.

Io ho già prenotato… e voi? A presto.