Pomodama: dove il pomodoro è protagonista

La Campania è una regione ricca di unicità, soprattutto nel settore agroalimentare. Sono molte le zone divenute famose anche grazie a prodotti tipici che riescono a proliferare per merito delle proprietà della terra su cui crescono. Non fa eccezione il pomodoro lampadina, un’esclusiva dell’area di Castellammare di Stabia, coltivato dall’Ottocento e ancora oggi come tradizione vuole dalla famiglia D’Auria, proprietaria dell’azienda agricola Dama.

Il profondo rispetto per questo prodotto, divenuto un’eccellenza italiana, ha radici lontane: una tradizione che si tramanda da generazioni, che rimane viva nei ricordi di chi da bambino giocava ad aiutare gli adulti nel processo produttivo e che, oggi, quel processo lo segue in prima persona e con lo stesso amore. Le rotazioni colturali, la concimazione naturale, l’autoriproduzione dei semi, la raccolta a mano e la totale assenza di correzioni con acido citrico fanno del “lampadina” un pomodoro unico, 100% bio e dal sapore inconfondibile.

Nella tenuta Dama il tempo sembra scorrere più lento, volutamente. Come scandito dal ritmo con cui maturano i pomodori. Perché la bontà non può nascere dalla frenesia, ma richiede attesa e pazienza. Una filosofia che la famiglia D’Auria raccomanda anche a tavola, perché utilizzare prodotti naturali e di qualità fa bene alla salute. In fin dei conti, siamo ciò che mangiamo.

Amalfi Lemon Experience

Profumo di limoni e aria di casa: questo è ciò che si respira quando si percorrono i sentieri tracciati dagli alberi dei terreni della famiglia Aceto, la maggiore produttrice di limoni dell’intera Costiera dopo la Seconda Guerra mondiale.

Qui, dove i limoni brillano di un giallo che sembra il sole riflesso, nasce il progetto Amalfi Lemon Experience, un viaggio per entrare in contatto con questa terra (chiamata amorevolmente dal produttore “il giardino”) così unica e incredibilmente fertile, per apprezzarne la storia ultracentenaria e scoprire l’amore e il rispetto che la famiglia Aceto gli riserva.

Un amore che si alimenta quotidianamente di cura ed attenzione nella coltura, di impegno costante nella sostenibilità e di rispetto per la biodiversità che caratterizza il territorio. Qui, nei poderi di Via delle Cartiere ad Amalfi, la coltivazione industriale è bandita. Qui la coltivazione è considerata al pari di un’arte.

Il progetto Amalfi Lemon Experience ha anche lo scopo di sensibilizzare i visitatori su un’esclusività del Made in Italy: lo “Sfusato Amalfitano”, una varietà di limone unica al mondo per qualità e caratteristiche, che va prudentemente preservata. Dai racconti delle guide che accompagnano gli ospiti durante il tour si scopre tutto il suo ciclo di vita, dalla coltivazione alla sua nascita, fino al raccolto.

La famiglia Aceto offre una vasta gamma di esperienze, tour e degustazioni, nel pieno rispetto delle restrizioni vigenti e della sicurezza di tutti gli ospiti, in una cornice paesaggistica mozzafiato. Non resta che lasciarsi trasportare dall’incanto di questa terra.

Aquara e i suoi cambiamenti

Aquara sta subendo un interessante processo trasformativo. Il numero dei b&b cresce costantemente, ed offre soluzioni dalla doppia natura; una, di tipo immersivo, affonda nei campi, nelle radure, e coccola gli ospiti con i silenzi della campagna e con piccoli lussi come piscine e solarium; l’altra, più pratica, è inserita in piena area urbana, ma offre sempre la benevolenza della quiete, della disintossicazione e distacco dalla vita frenetica, dalla tecnologia invadente. E questo è un primo indizio della trasformazione.

Gli investimenti nel settore agricolo sul territorio aquarese di imprenditori visionari da un lato, e la nascita di alcune esperienze che tracciano il territorio e lo portano in tavola dall’altro, sono due ulteriori indizi che ci conducono ad un’unica conclusione: Aquara vuole finalmente diventare attrattore turistico.
Ma gli indizi vanno confermati, per poter farli diventare prova. Quale migliore occasione allora, di verificare di persona. Ho incontrato imprenditori ed ho ascoltato la loro visione, la loro voglia di trasformare tante piccole realtà frastagliate in un’unica costellazione fatta di offerta turistica, di eccellenze e di ruralità.

La rete che spontaneamente si è creata, rappresenta una miniera di opportunità. Ci auguriamo che la guida istituzionale costruisca solide rotaie, su cui far correre i carrelli carichi delle pietre preziose di offerta turistica che Aquara può produrre.
Un primo banco di prova, dato il periodo post-Covid, è rappresentato dall’aspetto religioso, dalle famose feste patronali che tanto fanno per le identità dei piccoli e grandi centri.

La festa del santo patrono, oltre alla devozione, per anni è stato il momento del rientro. Un rientro quasi azzerato rispetto a quando ero ragazzo, dove figli di immigrati di prima generazione, tornavano un numerosi. Eravamo una piccola comunità nella comunità, disponibili alla integrazione ed alla condivisioni delle esperienze di quotidiani diversi.

Antonio Inglese, architetto, figlio dello storico Sindaco Mario, è uno di quelli. Non ci siamo mai persi di vista. L’ho seguito nelle sue gesta, ho gioito per i suoi successi in Cina. Nutriamo lo stesso amore per Aquara. Impossibilitato a rientrare in Oriente, ha trasferito il suo studio nella casa patronale aquarese. Da qui, partono call di lavoro con Hong Kong, Shangai, Shenzen, dal giardino di casa di un luogo dove i suoni sono diversi. Pensavo, che se potessero replicarli, probabilmente gli amici cinesi troverebbero un modo di crearci un business.
La vecchia rete dei “ritornanti” oggi ha solo le maglie un po’ più larghe. Con tanti di noi non si riesce a conciliare le date per vedersi. Ma la festa del Santo, quella, è un’istituzione.
Abbiamo trascorso due serate insieme, bevendo e mangiando, pensando a quale contributo potessimo dare…

Da un paio d’anni c’è anche un pub ad Aquara, un posto di giovani, ma che sa accogliere anche chi ha qualche esigenza in più. “Fuori luogo” è il nome, che rende perfettamente l’idea : fuori dagli schemi, fuori dai preconcetti, la connessione intergenerazionale è patrimonio da condividere.
Arrivavamo da una cena frugale in un posto che amo, di cui parlerò la prossima volta. Tanti gli amici ritrovati, così come i drink, questo ha “cancellato” i ricordi.

La cena del Giorno dopo

Esistono delle realtà piccole, appena spuntate, consapevoli di quanto sia difficile fare economia con totale immersione nel territorio, ma che ci provano lo stesso. Hanno viti e fanno vino; hanno l’orto e cucinano. A casa loro, ricavando un poco di spazio. Personalmente, è in questo che intravedo l’embrione di qualcosa di bello, che se supportato può diventare una fantastica realtà. Un’esperienza raccontata con competenza accademica e passione.

Non è per svogliatezza, ma mi piace ricordare il primo approccio a questa struttura, avvenuto lo scorso mese, e fu amore a prima vista. Tante cose da affinare, ma l’idea di fondo è semplice e vincente: arrivare e restare sorpresi da un luogo in cui il silenzio ha trovato la sua dimora naturale.

Immergersi nella dimensione rurale, entrare in contatto con la natura; scoprire uno spazio ed un tempo senza sovrastrutture.

Il turismo di prossimità, per tanti, è la nuova frontiera del viaggio

Avventori che vogliono disintossicarsi dallo stress urbano, allontanarsi da fastidiosi rumori, fuggire dalle ansie e dalla fretta, per entrare in sintonia con la natura. Scoprire quanto il tempo possa dilatarsi, un silenzio nel quale sentire il battito del cuore che si emoziona.

La provincia di Salerno ha un territorio meraviglioso con una varietà di paesaggi. Il mondo conosce la bellezza e la magia della Costiera Amalfitana, lo splendido mare del Cilento, ma è arrivata l’ora di scoprire il resto.

Un viaggio nel tempo, a ritroso, per conoscere antichi usi e costumi.

Realtà che ti consentono di vivere la natura, di mangiare quello che la terra produce, subito dopo averlo raccolto; l’ospitalità di una tavola imbandita sotto una pianta d’ulivo, con una nonna che ti prepara da mangiare come se lo facesse per i propri familiari.

Tenuta Mainardi, la famiglia Serra

Duemila anni di storia vitivinicola per un paese come Aquara. Qualche esperimento andato a male in passato, con la cantina sociale, dove si pensava alla quantità di prodotto, non al resto. Tanti vigneti impiantati ma senza una visione concreta. Oggi la vocazione sta virando verso la qualità e sono tante le realtà che stanno nascendo.

La famiglia Mainardi

Marco Serra ha studiato enologia in Piemonte, ma ha deciso che era nelle sue terre, che voleva mettere a frutto le esperienze maturate.Ha sistemato le vecchie vigne, ne ha impiantate di nuove; ha cominciato a sperimentare ma soprattutto a dare una linea coerente alla produzione. Consapevole che solo il tempo potrà dargli ragione, continua a credere, fermamente, nel suo progetto. Tornare alle proprie origini, gli ha consentito di ristabilire il contatto con la famiglia coinvolgendola nel suo progetto. Mentre papà Domenico, dinamico settantenne, continua la sua opera di contadino ma con visione moderna, anche la Mamma Rocchina è stata messa all’opera.

La tavola, al fresco di una pianta, qui parte il viaggio

Mentre tutta l’Italia è davanti ad uno schermo per seguire la partita, arriva la prima bottiglia.
Marco è consapevole delle potenzialità delle sue vigne, ma ha anche conoscenza dei limiti che il tempo impone. Custodisce, in uno scrigno in cantina, la sua creatura più preziosa, quell’aglianicone di cui tanto si sente parlare, ultimamente. Qui si è costituito un consorzio per valorizzarlo ma soprattutto per dargli un percorso chiaro, disciplinato. Bisognerà aspettare ancora per apprezzarlo e noi aspetteremo.

L’aria si è rinfrescata, una brezza dolce e leggera inizia ad arrivare dal fiume, nell’aria il cinguettio degli uccelli, che trovano riposo tra gli alberi, ci fa da colonna sonora.
Buona educazione è entrare in cucina a salutare. Rocchina ha appena finito di tirare i cavati, mentre sul fuoco le pentole sono calde. Il profumo che arriva, mi accarezza l’anima, è evocativo del mio passato, mi sembra di rivedere mia nonna, ne sento la presenza. Mamma Rocchina mi racconta la sua infanzia, il trasferimento da piccola in costiera amalfitana, e poi il ritorno ad Aquara, il matrimonio ed i figli. Cosa mangeremo? Mi risponde che Il menu cambia, in base a quello che Domenico le porta dall’orto. Vedo fiori di zucca, zucchine e l’acquolina in bocca inizia a spingere.


Mi risiedo al fresco, perché intanto il calice si è riempito. Un fiano alle prime vendemmie, non può ancora esprimersi per come dovrebbe, ma il talento lo si percepisce subito, al naso e la conferma arriva al primo sorso. Marco, con dovizia di particolari, come tutti dovrebbero fare, mi racconta ogni passaggio. Prima le vigne poi l’orto e infine i campi. Dai grani antichi che coltiva al mulino in cui li macina e poi la bravura della mamma che li mette in tavola. La seconda bevuta è più complessa: Aglianico, Barbera e Merlot. Non un blend di vini. Qui La sapienza dell’enologo, entra in scena.
Per consentire raccolte simultanee ma con maturazioni o surmaturazioni diverse, bisogna essere davvero bravi, lavorare di fino durante l’anno in vigna, non fare magie in cantina.

La conclusione del percorso

Il percorso si conclude con il lambiccato. Non si lancia in facili ammiccamenti ai vini passiti, esiste una storia e degli strumenti particolari, ma dirvi di più, sarebbe privarvi di qualcosa .
Non vi dirò nulla di più, neanche sulla bontà di ciò che ho mangiato, perché vorrei, che uno alla volta, provaste queste emozioni di persona. Da Salerno in meno di un’ora ci si arriva. Marco vi accompagnerà in vigna e poi vi farà accomodare nella sua dimora spartana. Lasciatevi andare e Non perdetevi il racconto: il suo vino sarà un perfetto compagno di viaggio, anche per il ritorno, dopo averne comprato qualche bottiglia.