Osteria La Briciola: mangiar bene a Tivoli (RM) tra arte e storia

Per gli amanti della buona cucina, a circa 30 chilometri da Roma si trova un posto che vale la pena raggiungere per soddisfare i piaceri del palato e fare (perché no) una bella gita fuori porta.

Da oltre un decennio a Tivoli, Osteria La Briciola è un faro di raffinatezza culinaria nella vibrante scena gastronomica della Città Tiburtina.

Nata dodici anni fa, ha costantemente abbracciato il cambiamento e l’innovazione, trasformando ogni visita in un’esperienza memorabile. Tutto è stato pensato per regalare all’ospite un’esperienza unica dall’inizio alla fine. Ampio parcheggio, raffinatezza degli arredi in stile coloniale, è un posto dove l’ospite può sentirsi a proprio agio.

Alla base della cucina dell’Osteria La Briciola c’è il rispetto per la tradizione enogastronomica italiana, arricchita da raffinata audacia. Piatti tradizionali rivisitati con maestria, abbracciando tecniche moderne di cottura e presentazione. Il risultato è un equilibrio gustativo che stupisce e delizia i palati più esigenti.

La selezione delle materie prime è un elemento fondamentale e l’Osteria La Briciola cura con attenzione la scelta dei fornitori, selezionando i migliori produttori locali del Lazio e le eccellenze nazionali certificate Slow Food.

Enrico Magnanti – Osteria La Briciola

Dietro ogni piatto c’è la passione di Enrico Magnanti, chef, sommelier, assaggiatore esperto ONAV e appassionato assaggiatore di olio extravergine di oliva. Di giorno crea con sapienza i suoi piatti; di sera, indossa l’abito dell’ospitalità per accogliere i clienti con calore e discrezione. L’atmosfera intima dell’Osteria, che può ospitare fino a 40 ospiti, è arricchita dalla dedizione di un team di dieci persone, che lavora instancabilmente in cucina e in sala per garantire un’esperienza straordinaria.

Nel corso degli anni, l’impegno dell’Osteria La Briciola è stato riconosciuto da rinomate guide enogastronomiche come Gambero Rosso, Repubblica, Espresso, Bibenda e Gatti Massobrio. I punteggi che riflettono la crescita costante sono diventati sempre più elevati, dimostrando l’evoluzione continua di questo ristorante d’eccellenza.

L’attenzione all’eccellenza si estende anche alla cantina vini, con oltre 350 referenze, tra le migliori produzioni nazionali e internazionali tra le quali: Champagne, Borgogna, Nuova Zelanda e Germania. Inoltre gli amanti della birra e degli spirits troveranno soddisfazione grazie a una variegata selezione di birre artigianali e circa 150 distillati.

Le intolleranze alimentari vengono gestite al meglio, con paste fresche senza glutine per coloro che seguono una dieta celiaca. In un mondo in cui l’eccellenza culinaria è un traguardo ambizioso, l’Osteria La Briciola brilla come un faro di creatività, passione e impegno. Ogni visita a questo ristorante è un viaggio attraverso i sapori, le tradizioni e l’innovazione, un’autentica celebrazione della cucina italiana.

“Vino X Roma” e Roma per il Vino: binomio inscindibile a 360 gradi

L’inizio dell’estate romana è stato un tripudio di eventi bellissimi e, tra questi, Vino X Roma targato Excellence, dove sono andate in scena le realtà enogastronomiche della Capitale e dintorni.

In collaborazione con Camera di Commercio Roma e Regione Lazio, Pietro Ciccotti e il suo fantastico staff hanno coinvolto nelle serate importanti Chef con piatti unici, preparati da materie prime selezionate, abbinati ai vini dei produttori partecipanti.

Che cos’è Excellence? Una Food Connection Company che attraverso la propria piattaforma multicanale promuove il patrimonio enogastronomico italiano delle eccellenze, mediante un’efficace, quanto innovativa, vetrina e rete di contatti al servizio delle aziende.

Excellence consente di diversificare la propria attività attraverso la comunicazione specializzata, l’editoria web e cartacea, i grandi eventi enogastronomici, le iniziative B2B e B2C e la formazione professionale.

La valorizzazione di un vecchio capannone ha portato alla realizzazione di una struttura contemporanea dal gusto moderno, che ospita una scuola di cucina con ambienti spaziosi, luminosi e razionali. Prende il nome di THE BOX la creazione di Pietro Ciccotti, inserita in un contesto urbano semi industriale, nel quartiere di Casal Bertone a Roma, in Via Ignazio Pettinengo, 72.

Con la Wine Designer e Vice Delegata della Delegazione Toscana della Associazione Nazionale delle Donne del Vino, Federica Cecchi, abbiamo condiviso le impressioni sulle degustazioni e abbiamo apprezzato il format di Excellence Eventi, incontrando i produttori che ci hanno raccontato le difficoltà di quest’annata resa difficile dalle numerose piogge di maggio e giugno con il propagarsi della peronospora. Una annata veramente difficile che porterà a rese estremamente basse e pesanti ripercussioni economiche sull’indotto del settore vitivinicolo.

Al contrario, il mondo della cucina non incontra ostacoli registrando una crescita esponenziale, sia come interesse che in termini di nuove assunzioni. La Excellence Accademy forma le giovani promesse in grado poi di operare nel mondo della ristorazione e della hotellerie. Con i suoi 1100 mq offre aule di Cucina e Laboratorio di Pasticceria, aule Didattiche Multimediali, aule dedicate alle Arti Bianche, Gelateria, Sala Accoglienza e 400 mq. di Spazio Eventi.

Uno Chef in auge è Fundim Gjepali del Ristorante Antico Arco, con una storia personale appassionante che lo vide emigrare dall’Albania da ragazzo, per affermarsi in Italia rivisitando e interpretando piatti della cucina nostrana e romana.

Ovviamente la degustazione dei vini ha avuto il focus di rilievo, una piacevole passeggiata tra i vigneti e la cantina, fatta attraverso il racconto del produttore stesso.

Presenti all’evento, il Consorzio Roma DOC con i vini delle Aziende che ne fanno parte, la Cantina Ciucci di Federica Ciucci, Vini Vallemarina con Marina Boccia, la Cantina Villa Simone con Sara Costantini, la Cantina L’Avventura con Gabriella Grassi, Cantina Jacobini con Alessandro Jacobini e Nina Farrel, Cantine Capitani, l’Azienda Vannelli e Brugnoli, la Cantina Borgo del Baccano, la Cantina Capizzucchi e Tenuta Lungarella.

Emozioni palpitanti nel vedere un giovane produttore che porta alla rinascita una storica Cantina di Genzano, la Cantina Jacobini, rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale. Alessandro Jacobini, discendente della storica Famiglia Jacobini di Genzano, sta iniziando a ricostruire la Cantina di famiglia e, insieme alla moglie Nina Farrel, ha iniziato la produzione di un vino bianco ottenuto con uve Trebbiano.

l Frascati di Villa Simone, azienda dell’enologo Lorenzo Costantini che sta divenendo uno dei punti di riferimento del vino dei Castelli Romani, è sempre una conferma. La figlia di Lorenzo, Sara Costantini , è fondamentale per lo sviluppo e la comunicazione della cantina.

Marina Boccia è straordinaria, con un sorriso quasi… spumeggiante! I suoi vini sono specchio del suo carattere: decisi ed esuberanti. Il Moscato di Terracina è il punto forte con due referenze.

Federica Ciucci produce vino e olio di grande qualità. La sua famiglia è proprietaria di un vasto territorio del Lazio settentrionale al confine con la regione Umbria. Il continuo studio sulle tecniche di vinificazione, le ha permesso di inserirsi già tra le migliori cantine del Lazio.

Al banco del Consorzio Roma Doc ho incontrato Silvana LulliParvus Ager – con il nuovo nato, la Malvasia Puntinata. Un vino di bella struttura e complessità che riempie il palato con sensazioni avvolgenti di frutta e fiori oltre che di frutta secca e mentolate sul finale.

Il progetto Vinea Lucens, esperienza meravigliosa con un percorso notturno tra i vigneti tra proiezioni di luci e immagini, è già stato raccontato dalla collega Ombretta Ferretto al seguente link https://www.20italie.com/vinea-lucens-metti-un-sera-sullappia-antica-con-la-cantina-parvus-ager/

Una bella espressione di Cesanese del Piglio è quella portata a Vino X Roma da Gabriella Grassi della Cantina l’Avventura, con i famosi vini da uve Cesanese Amor, Picchiatello, Campanino oltre che il rosato di Cesanese Rosè e la Passerina del Frusinate Saxa.

Altro nome assolutamente di spessore tra i vini di Roma è Cantina Capizucchi che si trova vicino al Santuario del Divino Amore, sulla via Ardeatina e produce diverse referenze interessanti. Matilda Pedrini della Cantina Borgo del Baccano sta facendo passi da gigante con i suoi vini che ricadono anche nel disciplinare della Roma DOC. Una nuova realtà che si trova a Borgo del Baccano, sulle pendici del Lago di Martignano, un piccolo lago vicino al Lago di Bracciano.

Una bella sorpresa la degustazione di Olio Extravergine di Oliva, con l’azienda Diamante Verde. Catiuscia Scire racconta come sono stati recuperati 20 ha con circa 5000 piante, con cultivar prevalentemente Itrana e un 15% di leccino.

Presente anche il banco di assaggio di PeperDop, il peperone di Pontecorvo, tantissimi prodotti lavorati a base di peperone di Pontecorvo DOP. 

Non ci resta che attendere il prossimo evento che si terrà al Roma Convention Center La Nuvola dal 9 al 11 novembre.

Sarà EXCELLENCE FOOD INNOVATION l’evento enogastronomico alla sua decima edizione all’interno della straordinaria struttura progettata dall’Architetto Fuksas.

https://excellencemagazine.it

La verticale di Bellone della cantina I Pàmpini: un vitigno guerriero che offre vini espressivi e serbevoli

Da chi poteva mai partire l’idea di svolgere una verticale su un vitigno, il Bellone, spesso messo da parte dal suo stesso territorio? Solo Carmen Iemma ed Enzo Oliveto della cantina I Pàmpini potevano approcciarsi a questa esperienza, unica nel suo genere, forti della profonda conoscenza che hanno del vitigno Bellone e spinti dall’amore che in esso hanno riposto fin dall’inizio.

da sinistra l’enologo Pierpaolo Pirone, Carmen Iemma e Enzo Oliveto

Siamo sul litorale laziale, in Località Acciarella (LT), fra Borgo Piave e Nettuno, a 2 Km dal mare. I terreni sono pianeggianti, argillosi e silicei, con una componente sabbiosa di origine marina che influenza notevolmente la mineralità dei vini. L’azienda nasce nel 1999 ad opera di Carmen Iemma, ex docente, ed Enzo Oliveto, già capitano di marina; il nome deriva dallo stato in cui i coniugi trovarono la vecchia proprietà con pampini, cioè tralci di vite sparsi un po’ ovunque e in abbandono.

Tra i primi a produrre vino da uve Bellone in purezza, circa 5000 bottiglie all’anno, hanno in squadra dal 2016, il giovane e talentuoso enologo Pierpaolo Pirone, che segue con dedizione e competenza il progetto.

Il Bellone è un vitigno di origini antichissime, diffuso nell’area dei Castelli Romani già in epoca romana e citata da Plinio il Vecchio come “uva pantastica”. Oggi nell’area di Nettuno, diverse realtà vitivinicole hanno iniziato a credere nella valorizzazione del Cacchione, nome qui consentito per disciplinare.

Sulle vigne sorge il Sole la mattina e cala la sera raggiungendo temperature estive importanti; gli zefiri dai colli Albani, alle spalle della pianura, apportano aria fresca consentendo le giuste escursioni termiche e la maturazione delle uve senza scossoni negativi.

Il prodotto sottoposto alla verticale è il vino Bellone non filtrato

I grappoli vengono scelti e raccolti a mano a metà settembre, le uve vinificate in bianco con tecniche tradizionali e decantazione statica. Il mosto pulito fermenta in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata per ricercare il minimo dell’espressione aromatica del lievito e il massimo dalla trasformazione dei precursori aromatici.

Negli assaggi a ritroso nel tempo, coadiuvati dalla sommelier di sala Silvia, si è voluto ricercare le caratteristiche varietali. La degustazione ha riguardato 6 annate: 2021-2020-2019-2018-2017-2013. Il risultato è stato un’immersione piacevole e accademica, stimolante ed entusiasmante nel mondo del Bellone.

2021: Enzo la definisce “Ottima annata”, in quanto la vite ha compiuto il suo ciclo vitale senza stress, riuscendo a esprimersi nelle sue massime potenzialità. Al gusto l’acidità è molto larga, non tagliente e prevale sulla grassezza e sulla struttura del vino. Naso da classici frutti pompelmo e pera, con richiami floreali che ritrovano la stessa sensazione percepita masticando un acino. Nel finale resiste qualche nota balsamica, un sentore di coccio e torba e una grande salinità finale che arricchisce la persistenza.

2020: più calda della 2021 e meno piovosa. Ad influenzare l’andamento, probabilmente, è stata proprio la media delle temperature, lievemente più alta. Ciò comporta nel bouquet una prevalenza di note fruttate, in particolare frutta matura, ed un calo di quelle floreali; al gusto, però, la freschezza è ben accentuata. Avviluppa e accompagna con mineralità salmastre e lunghezza di bocca.

2019: L’annata è stata quella che maggiormente ha subito influenze della gelata primaverile del 2018. In quell’anno la vigna è stata sottoposta ad interventi di forte potatura, proprio per consentire il risanamento delle piante. La quantità di uva è stata minore come anche la resa, ma ha avuto una stagione di maturazione molta lunga. Il colore risulta giallo paglierino con riflessi verdognoli, il naso riporta alla complessità della 2021, ma la bevuta ricorda la bocca della 2020. La mineralità è predominante ed è figlia del territorio: richiama il mare.

2018: Annata difficile, lo abbiamo detto, con due gelate ad aprile. Come non bastasse la stagione estiva ha visto un clima tendenzialmente tropicale. Ne derivano note vegetali e balsamiche, da finocchietto selvatico, bergamotto quasi candito, e pasticcino al liquore. Un’altalena gustativa, che lascia arrivare solo in un secondo momento la tipica scia minerale e agrumata del bergamotto.

2017: sembra una vendemmia tardiva. Lo stesso colore giallo dorato conferma tale sensazione. Lieve ossidazione al naso, ma ancora buona la freschezza. Predominano i sentori terziari, in particolar modo le spezie dolci. Il vino risulta più snello, carente in lunghezza di sorso.

2013: Quest’ultima annata differisce dalle altre annate per essere stata sottoposta a filtrazione e per la giovane età delle vigne (all’epoca avevano dieci anni).  Meno intenso, ma molto espressivo. Predomina la frutta candita, le balsamicità e la mineralità. Nuance terrose sul finale. Il vino è maturo, evoluto ma ancora piacevole da degustare.

In conclusione: il Bellone nelle varie annate degustate ha messo in evidenza la sua grande capacità di resistenza alle avversità climatiche e dello scorrere del tempo. Primeggia il suo carattere, l’animo guerriero, di combattente che vince sui vari ostacoli.  

La frase di Anatole France aiuta a sintetizzare bene il coraggio e la fermezza avuta da tutta la squadra:  “Per realizzare grandi cose, non dobbiamo solo agire, ma anche sognare; non solo progettare ma anche credere”.

In tour con Le Donne del Vino delegazione Lazio: alla scoperta del Cesanese – parte seconda

di Olga Sofia Schiaffino

La seconda giornata del press tour de Le Donne del Vino delegazione Lazio è iniziata con una ricca colazione all’agriturismo VerdeLuna, dalla terrazza affacciata sulla vigna che guarda le montagne e i borghi collinari. Da lì abbiamo raggiunto una vigna di Cesanese dell’azienda Terenzi incontrando il fondatore dell’azienda: Giovanni Terenzi accompagnato da sua figlia Pina.

Persona carismatica, che ha creduto nelle potenzialità del territorio e della viticoltura nei tempi in cui il miraggio economico era rappresentato dalle industrie e dal lavoro in fabbrica. Giovanni conosce le viti quasi fossero figli e ci spiega i danni del mal dell’esca, come effettuare la spollonatura e soprattutto come riconoscere una pianta di Cesanese.

Una realtà vitivinicola a conduzione familiare, nata negli anni ’50: che conta adesso su 12 ettari gestiti in modo naturale e sostenibile, lavorati con cura, e con il figlio Armando che si occupa della cantina di vinificazione e affinamento vini.

Nella sala di degustazione con vista mozzafiato sulla vallata e su Palliano, i piatti del territorio sono stati serviti insieme ai vini dell’azienda. Il primo a essere assaggiato è stato il bianco Zerli 2021, Passerina del Frusinate fortemente voluta da Pina. Un risultato molto interessante: il vino mantiene freschezza e delicatezza dei profumi di pera, sambuco, acacia, a cui si integrano garbate note speziate.

Colle Forma 2020 Cesanese Superiore da un vigneto coltivato nella parte più bassa e argilllosa del terreno visitato la mattina. Dopo la fermentazione in acciaio vede l’utilizzo della botte grande per 20 mesi e affinamento di 12 mesi in bottiglia. Corredo olfattivo che regala nuance di spezie, frutta e balsamicità. Tannino levigato e bella persistenza.

Vajoscuro 2020 Cesanese Superiore Riserva ottenuto dalle uve raccolte nella parte superiore della vigna, ricca di ciottoli, matura 12 mesi in tonneau da 350 hl e 24 mesi in bottiglia. Colore luminoso, granato, alla prima olfazione si apprezzano sentori di mina di matita, ciliegia in gelatina, peonia, pepe bianco e nero, thè. Tannino vivo, perfettamente disciplinato e integrato. Finale lungo e persistente.

Pina e Armando ci hanno deliziato con una mini verticale di Vajoscuro, annate 2015 e 2013. Pur essendo molto diversi, entrambi i vini hanno colpito per la loro personalità: il primo, dal carattere solare, con profumi intensi di frutta in confettura e sottospirito, ciliegia, cardamomo, pepe corbezzolo, lentisco e il secondo più riservato, centrato su un bouquet ricco di terziari quali humus, sottobosco, fungo, tabacco, elicriso, ginepro e pepe.

Velobra è ottenuto da una vigna di Cesanese piantata nel 1962 nel comune di Serrone Velobra; dopo la vendemmia manuale, la fermentazione e la macerazione sulle bucce per circa 10 giorni, resta in acciaio per 12 mesi. Grande giovialità e immediatezza di bocca.

La giornata è proseguita con il trasferimento ad Anagni per la visita alla cattedrale e alla cripta e la degustazione presso Bottega dei Papi, sulla bellissima piazza medievale perfettamente conservata.

Cantina Colacicchi è stata fondata dal maestro Luigi nel 1950, con il progetto di produrre un grande vino utilizzando Cesanese, Merlot e Cabernet Sauvignon: la conoscenza e l’amicizia con il famoso vinaio romano Marco Trimani fece sì che le bottiglie venissero distribuite e vendute. Il Torre Ercolana conquistò Luigi Veronelli che lo recensì nel Catalogo Bolaffi dei Vini del mondo, indicando quali annate di pregio il 1958, il 1964 e il 1966. Alla morte del maestro, liquidati gli eredi, la famiglia Trimani scelse di proseguire il progetto vitivinicolo, in un nuovo impianto di cabernet e merlot nel 2002, investendo poi nella conversione biologica ottenuta nel 2020 e sull’utilizzo di lieviti indigeni per le fermentazioni dal 2022.

L’azienda si trova ad Anagni, capitale sacra degli Ernici e una delle cinque città ciclopiche create dal Dio Saturno secondo la mitologia, adagiata su una collina tufacea che domina la Valle del Sacco.

Carla Trimani ha portato il suo accorato ricordo e il racconto di quello che sono i vini e l’azienda adesso: la degustazione è iniziata con due vini molto puliti e di ottima beva, Stradabianca 2022 (blend di Passerina, Bellone e Passerina del frusinate vinificate in acciaio) e Schiaffo 2020 Anagni Rosso Doc ottenuto da vigne giovani di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cesanese sapientemente vinificate dall’enologo Danilo Proietti, collaboratore di diverse realtà visitate durante il tour.

Tufano Cesanese Lazio 2014 è figlio di un millesimo difficile ma colpisce per il naso che richiama il cacao, humus, la vaniglia, ciliegia e prugna in confettura. L’acidità e il tannino bilanciano l’alcool e il vino chiude su elementi balsamici.

Romagnano Lazio Rosso 2015 è composto per il 50% da Cesanese di Affile e dalla restante parte da Merlot e Cabernet Sauvignon in proporzioni uguali. Corredo olfattivo frutta, floreale, erbaceo e speziato. Tannino serico.

Torre Ercolana Lazio rosso 2015 è il vino prodotto con le uve Cabernet, Merlot e Cesanese in percentuali uguali, provenienti dal vigneto storico. Naso complesso, magnetico, con sentori di prugna mirabelle, tabacco, cacao, chinino, marasca e una nota ematica. Tannino preciso, lungo e persistente nel finale, con buona potenzialità di invecchiamento.

La giornata è terminata a Olevano Romano al ristorante Casale Coni dove, ai gustosi piatti della cucina, abbiamo trovato in abbinamento i vini dell’azienda Consoli.

La storia della Cantina Consoli inizia nel 1920 con Sante; giunta alla quarta generazione è una realtà che ha un forte legame con il territorio di Olevano Romano: il suo impegno è quello di selezionare uve e mosti per dare vita a vini da imbottigliare, da proporre sul mercato.

Roma Doc Rosato è  ottenuto da uve Cesanese 35%, Montepulciano 50% e la restante parte Syrah: il colore richiama quelli francesi, i profumi delicati e freschi.

Oddone è un Cesanese dedicato a Oddone Colonna, signore di Olevano Romano intorno al 1232; le uve provengono da vigneti caratterizzati da suoli argilloso tufacei e sono vendemmiate verso la metà di ottobre. Dopo la fermentazione, matura in acciaio e affina in bottiglia.

Luna Mater 2014 è un Cesanese di Olevano che sosta 8 mesi in barrique. Il naso offre una gamma di sentori di spezie dolci e rimandi fruttati; il tannino è gentile ed equilibrato.

Ultima cantina visitata giovedì 8 giugno è stata Petrucca e Vela: Tiziana e Fabrizio hanno organizzato un tour con le biciclette elettriche per godere appieno della bellezza delle vigne e delle colline ciociare.

La gita è stata proposta da Pachamama Adventure e la guida biker Danilo Camusi è stata veramente brava a coinvolgere positivamente i presenti in una esperienza davvero emozionante. Dopo la fatica, ad accoglierci in cantina l’enologo dell’azienda, che ha guidato il gruppo in cantina spiegando alcune delle scelte fatte per la vinificazione, e un gustosissimo pranzo, accompagnato dai canti e dall’esibizione del coro di Bellegra.

Abbiamo iniziato con Rosesi, un rosato ottenuto da una vinificazione in bianco del Cesanese, affascinante davvero per il colore color melograno e la succosa croccantezza del frutto. Persistente e sapido in chiusura.

La Passerina del frusinate Vela è nata dalla scommessa di voler puntare su questo vitigno per produrre vini bianchi apprezzati dai consumatori; risultato sicuramente raggiunto!

Tellures 2015 Cesanese del Piglio Superiore Riserva dal colore intenso e dal corredo olfattivo articolato su eleganti note balsamiche e di frutta rossa, con una leggera speziatura sul finale. Una buona struttura supportata dalla acidità e da una buona sapidità.

Non è facile riuscire a organizzare un appuntamento così ben articolato, con le giuste pause, il tempo per le relazioni e le scoperte, per l’arte e la cultura: Le Donne del Vino del Lazio hanno raggiunto perfettamente l’obiettivo ma prima di tutto hanno testimoniato la loro passione e grande amore per un territorio meraviglioso, che merita di essere approfondito e comunicato.

Sono stati due giorni pieni di rivelazioni, che hanno messo in luce la filosofia, l’ardore, la determinazione delle produttrici incontrate , impegnate a rafforzare una identità di gruppo, basata anche sulla viticoltura e sulla bellezza del Cesanese.

Un grazie a tutte, dal profondo del mio cuore.

Vinea Lucens: metti una sera sull’Appia Antica con la cantina Parvus Ager

di Ombretta Ferretto

Chissà se il censore Appio Claudio Cieco avrebbe mai immaginato che la Via Appia da lui voluta, sarebbe diventata teatro della prima esperienza immersiva in vigna ad opera di Parvus Ager, giovane cantina che nel suo nome rimarca un legame stretto con gli oltre due millenni di storia del territorio.

Si chiama Vinea Lucens l’originale progetto da loro realizzato insieme a Orpheo Group, con il patrocinio del Comune di Marino e del Parco Regionale dell’Appia Antica e la collaborazione di Stazione Mole.

Siamo sui Colli Albani, nell’area dei Castelli Romani, a venti chilometri dal cuore dell’Urbe. Qui ogni sera va in scena uno spettacolo suggestivo ed emozionante aperto al pubblico: una passeggiata di due chilometri ritagliata tra le vigne della cantina, per l’occasione rischiarate da centinaia di bottiglie piene di minuscole luci, come un turbinio di lucciole nella notte. Lungo il percorso è possibile ascoltare, con l’ausilio di un’audioguida, racconti e leggende del territorio intrecciati alla storia della famiglia Lulli – viticoltori da 100 anni e titolari di Parvus Ager – lasciandosi affabulare dalla voce narrante di nonno Silvano e da quel sottile filo che lega i miti dell’antichità alle tradizioni contadine giunte fino ai giorni nostri.

Quando si sconfina sul tratto dell’Appia Antica incluso nel percorso, calpestiamo il basolato originale della Regina Viarum, che collegava Roma a Brindisi, e incontriamo uno dei tanti tumuli eretti fuori dalle mura di Roma: lungo questa antica arteria di collegamento sorgono anche quelli più noti degli Orazi e Curiazi, dei Metelli, degli Scipioni e del filosofo Seneca. Insomma, un vero e proprio tuffo nella Roma antica di epoca repubblicana. La passeggiata tra le vigne  attraversa anche l’uliveta e la pergola di kiwi, mentre la narrazione  rievoca il mito di Cerere e il ratto di Proserpina e le immagini proiettate ricordano come tutto ciò che viene dalla Terra è soggetto all’alternanza delle stagioni e alla loro bizzarria.

Prima di rientrare in cantina, dove chi  partecipa all’esperienza immersiva ha anche l’occasione di degustare le etichette Parvus Ager, la voce narrante racconta in maniera piacevole e immediata alcune delle fasi salienti della storia del vino moderno, della vendemmia e della vinificazione.

No, sicuramente Appio Claudio Cieco non poteva immaginare questo grande palcoscenico attorno alla strada che porta il suo nome. Tuttavia non può che venirmi spontaneo associare al progetto enologico della famiglia Lulli, una delle sentenze attribuite proprio a lui, riconosciuto come il primo intellettuale latino: fabrum esse suae quemque fortunae – ciascuno è artefice del proprio destino.

Silvana Lulli

Un destino in questo caso legato prima alla vigna e poi al vino: viticoltori da oltre cento anni, i Lulli nel 2020, grazie a Silvana, Alessia e Giacomo, quarta generazione della famiglia, creano la cantina Parvus Ager, passando dall’esclusivo conferimento di uve alla produzione diretta.  Risale dunque a tre anni fa la prima vendemmia destinata alla loro personale etichetta e al 2021 il primo imbottigliamento sotto la DOC Roma.

La lunga tradizione come viticoltori è immediatamente chiara dall’estensione dei vigneti afferenti alla cantina: 54 ettari compatti all’interno del comune di Marino, al centro di un cratere vulcanico, che presenta, in alcuni punti, pozze di acqua sulfurea a cinque metri di profondità. Grande è la varietà di vitigni coltivati: malvasia puntinata, trebbian verde, bombino, vermentino, viognier, sauvignon, malvasia di candia, montepulciano, cabernet, syrah e petit verdot. Un potenziale di produzione che può toccare le 500.000 bottiglie, un mercato ancora prevalentemente italiano, ma che si è già affacciato sugli Stati Uniti ed è sicuramente destinato a varcare altri confini.

Ho chiacchierato con Silvana Lulli, durante l’evento dello scorso 6 luglio dedicato a presentare Vinea Lucens a stampa, autorità e qualche personaggio dello spettacolo… in incognito. Donna energica e appassionata, con una formazione economica, porta con orgoglio il nome di quel nonno Silvano che dai cinque ettari ubicati a Palestrina (quel piccolo campo coltivato che dà il nome alla cantina) si è spostato a Marino dando il via all’impresa di famiglia.

“Quando ancora oggi a 96 anni viene a trovarci in cantina”, mi racconta emozionata Silvana, “lo accomodo sulla sua sedia preferita e gli faccio assaggiare i vini, orgogliosa e sempre un po’ timorosa”.

Silvana gestisce il marketing e il lato commerciale della cantina, Alessia, sua sorella, la comunicazione, mentre Giacomo, il terzo dei fratelli, si occupa della produzione in cantina. La conduzione enologica è invece affidata a Paolo Peira, biologo, diplomato alla Facoltà di enologia di Bordeaux.

Attualmente la cantina annovera otto etichette, di cui quattro sotto la DOC Roma (Bianco, Rosso, Rosato e Malvasia Puntinata), tre monovarietali IGP (Vermentino, Sauvignon e Merlot) e uno spumante da metodo Martinotti (Promante da uve bombino). Ma tra i sogni nel cassetto di Silvana, curiosa ed estremamente attenta al lavoro enologico di Peira, ci sono un metodo classico da uve bombino e una vendemmia tardiva da malvasia puntinata; mentre già dalla prossima vendemmia potrebbe nascere il Marino doc da malvasia di Candia. Essere presente con la DOC Roma, in un territorio che negli anni ha attraversato alti e bassi nella propria immagine vinicola, è molto importante per Silvana, ma traguardo più significativo sarebbe proprio la produzione del Marino doc: “perché noi crediamo molto nel nostro territorio e ogni azione che può aiutare nel suo rilancio è ben accetta”.

Durante la serata ho avuto modo di degustare alcuni dei bianchi della cantina. Segnalo il Vermentino 2022, figlio di questo grande ager di suolo vulcanico: la nota minerale è subito rocciosa, di scoglio bagnato; il sorso, fresco e sapido, riporta sentori marini e di ostrica appena aperta.

Interessante anche la Malvasia Puntinata 2022 con sentori di albicocca, ben equilibrata e morbida, termina in bocca con una delicata scia amaricante, grazie alla fermentazione del 15% della massa in barrique di primo passaggio. 

Durante il buffet di insalate fredde e primi della tradizione romana, offerti dal ristorante Stazione Mole, si è invece distinto il Roma Doc Rosato 2022, da Montepulciano e Syrah: piacevolmente fresco, con profumi di melagrana e rosa canina, si sposava in maniera ottimale sia con l’insalata di ceci che con il couscous di verdure.

Parvus Ager è dunque una nuova realtà vinicola che può già vantare apprezzabili risultati e importanti progetti in cantiere, capace di comunicarsi in maniera diversa e originale. Vale la pena allontanarsi per una sera dalla canicola della Capitale per godere della frescura dei colli e di un’iniziativa interessante, che animerà le vigne della cantina fino al prossimo 8 ottobre.

#riveLAZIOni: il progetto comunicativo dell’Associazione Le Donne del Vino

di Alberto Chiarenza

#riveLAZIOni è il progetto messo in campo dall’ Associazione Nazionale Le Donne del Vino delegazione del Lazio, organizzato insieme all’Agenzia di Stampa MG Logos di Maria Grazia d’Agata e Stefano Carboni.

Chi sono le Donne del Vino del Lazio? Un’Associazione no profit che conta su una rete di socie di diverse figure professionali legate al vino: produttrici, enologhe, sommelier, giornaliste, esperte di marketing e comunicazione.

La Delegazione Lazio conta circa 70 socie di cui 23 produttrici di vino ed è rappresentata dalla Delegata, la giornalista Manuela Zennaro e dalla Vice Delegata, Avv. Floriana Risuglia, che fanno un lavoro encomiabile per la promozione delle attività associative.

Foto Delegata Manuela Zennaro

“Custodi di tradizioni, si dedicano all’arte di assemblare passioni, con mano esperta guidano le fermentazioni, per dare al mondo nettare di emozioni”.

Poesia, bellezza, gentilezza, ma anche tanta determinazione. Il progetto #riveLAZIOni lo dimostra e, il tour per le cantine ha messo in evidenza ‘amore per il lavoro che viene quotidianamente svolto con tanti sacrifici e ritmi segnati esclusivamente dalla natura.

Un tour suddiviso in tre tappe di tre giorni ognuno, che ci ha portato a conoscere tante realtà al femminile. La prima tappa, di tre giorni intensi, è stata ricca di emozioni e di conoscenze, vecchie e nuove, condivise con il collega Morris Lazzoni, per le Cantine dei Castelli Romani fino alla Tuscia nel Nord della Regione Lazio.

Foto Morris Lazzoni e Alberto Chiarenza autori di 20Italie

Ecco le protagoniste

  • Rossella Macchia – Cantina Poggio le Volpi;
  • Sara Costantini – Cantina Villa Simone;
  • Chiara Iacoponi – Cantina Eredi dei Papi;
  • Cristina Piergiovanni – Cantina Casale Vallechiesa;
  • Maria Laura Cappellini – Cantina Cifero;
  • Giulia Fusco – Cantina Merumalia;
  • Federica Ciucci – Cantina Bio Ciucci;
  • Tiziana Sallusti – Cantina Terre D’Aquesia;
  • Matilda Pedrini – Cantina Borgo del Baccano.

Descrivere nove realtà In un articolo, vi assicuro, non è semplice perché per ognuna ci sarebbe da dire molto. Tutte rappresentano un universo di storia e di eventi, di vini e uve, dalle caratteristiche completamente diverse. Ecco perché mi limiterò solo ad alcune cantine, mentre le altre le avete già lette nel precedente articolo di Morris.

Il tour ha inizio da Monte Porzio Catone, il paese alle porte della Capitale dedicato al grande oratore romano Marco Porcio Catone, proprio dalla Cantina Poggio le Volpi, dove siamo stati accolti da Rossella Macchia responsabile della comunicazione. 

Vini in degustazione:

  • EPOS – Frascati Superiore DOCG Riserva
  • ROMA DOC Rosé
  • DONNALUCE
  • ROMA DOC Rosso
  • ROMA DOC Rosso Riserva – Edizione Limitata.

La seconda sosta è stata la Cantina Villa Simone della famiglia Costantini, storici produttori del vino Frascati. È Sara Costantini a fare gli onori di casa e a parlarci della sua famiglia, della cantina e dei loro vini che abbiamo provato nella nuova sala degustazione proprio accanto alla grotta. Insieme a Sara, troviamo anche Chiara Iacoponi della Cantina Eredi Dei Papi, emozionandoci con la storia che ha portato lei e il fratello Lorenzo a cambiare il loro percorso di vita.

Vini in degustazione

  • Villa Simone – Spumante Brut, Metodo Charmat
  • EREDI DEI PAPI – Fuori Onda Rosé Brut Metodo Classico
  • EREDI DEI PAPI – ALBAGIA ROMA DOC Malvasia Puntinata
  • Villa Simone – Villa dei Preti Frascati Superiore DOCG
  • EREDI DEI PAPI – GALATEA Malvasia Puntinata
  • EREDI DEI PAPI – Composto Lazio IGT
  • Villa Simone – LA TORRACCIA
  • EREDI DEI PAPI – NERALBO SYRAH Edizione Limitata
  • Villa Simone – Ferro e Seta
  • Villa Simone – Cannellino di Frascati DOCG 2017

La giornata si è conclusa proprio al centro di Frascati, al ristorante Na’ Fojetta. Una “fojetta” era la misura di mezzo litro di vino a Roma e ai Castelli Romani al tempo dello Stato Pontificio, soprattutto nelle osterie. Posto caldo e accogliente, con piatti tipici della cucina romana come la famosa “Vignarola” rivisitata con le linguine e altre leccornie.

Dopo la pioggia del giorno precedente, il sole è sorto splendente mostrandoci in tutta la loro bellezza i colori e i profumi primaverili dei vigneti di Casale Vallechiesa. Oltre al sole, splende anche il sorriso di Cristina Piergiovanni che ci aspetta tra le sue splendide rose che sono a capo dei filari e ci porta alla scoperta della realtà della sua cantina storica di Frascati, che produce vino dagli inizi del 1900 grazie al capostipite Aristide Gasperini, che portava il vino alle osterie di Roma con il carretto trainato dai cavalli. In realtà la loro storia di agricoltura e produzione di vino risale agli inizi del 1800 nelle Marche.

Il nome Casale Vallechiesa deriva da una antica strada romana ritrovata tra i vigneti che era percorsa dai fedeli per le processioni dove probabilmente, il Casale si trova nella zona dove un tempo vi era una chiesa. La superficie vitata è di 13 ettari. Il ridente paesaggio collinare visto dall’alto ci permette di godere di strisce di vigne che si alternano su più livelli.

Scendendo ancora un altro tornante della collina, arrivando al vigneto sottostante, è possibile vedere una grotta scavata nel suolo vulcanico dove all’interno sono evidenti gli strati delle colate laviche avvenute centinaia di migliaia di anni fa. Nell’insieme, la superficie vitata è di 13 ettari.

Nella cantina osserviamo le tecniche di vinificazione molto improntate sulla integrità delle uve dalla vigna fino alla pressatura per poi avere dei processi di vinificazione, il cui progetto enologico è quello di conferire eleganza e pulizia, producendo vini di grande pregio che personalmente ho apprezzato molto.

Vini in degustazione

  • LE RUBBIE, Frascati DOC;
  • HEREDIO, Frascati Superiore DOCG;
  • SOLO MIA, Malvasia Puntinata;
  • HEREDIO RISERVA, Frascati Superiore DOCG Riserva;
  • CANNELLINO, Cannellino di Frascati DOCG.

La Cantina Cifero ha origine nel 1958 quando il nonno di Maria Laura Cappellini, decide di investire tutto acquistando campi da coltivare in controtendenza con quello che stava accadendo nel dopoguerra, ovvero l’abbandono delle campagne per trasferirsi in città alla ricerca di un posto fisso.

Partendo da questa storia, è da quell’appezzamento che Maria Laura insieme al fratello, dal 2010 decide di avviare una Cantina con il soprannome del nonno, “Cifero”. L’azienda si trova al confine tra il Comune di Colonna e il Comune di Zagarolo in una zona pianeggiante ma a 350 m s.l.m con una superficie di circa 35 ettari  di cui 10 vitati e 15 a kiwi. Da qui si scorge un panorama mozzafiato su Roma e i Castelli Romani.

I vecchi impianti a tendone sono stati sostituiti da  un allevamento a controspalliera a gouiot con rese molto basse, raccolta manuale in cassette, 20/25.000 bottiglie anno . Vitigni autoctoni come Cesanese e Malvasia Puntinata, vitigni nazionali come Vermentino e Sangiovese, infine vitigni internazionali come Sauvignon Blanc e Syrah. I vini che stanno sviluppando un bel potenziale sono eleganti e ben fatti e sono certo che si sentirà molto parlare di loro.

Vini in degustazione

  • Vermentino Lazio IGT;
  • ROMA DOC Bianco Malvasia Puntinata;
  • Sauvignon Blanc Lazio IGT;
  • Cesanese Lazio Rosso IGT.

Percorrendo Via di Pietra Porci, nelle campagne di Frascati, si sale lungo un pendio della zona che una volta era l’antico lago Regillo e si arriva alla Cantina Merumalia. Un piccolo paradiso da dove si scorge tutta la vallata piena di vigneti con lo sguardo che arriva fino a vedere la Capitale. Un panorama che al tramonto regala emozioni uniche che scaldano il cuore e l’anima. Giulia Fusco ci racconta la storia della sua cantina, che è legata con la storia della sua famiglia.

La storia inizia proprio da qui, dalla terrazza da cui si gode del meraviglioso panorama. Qui il papà di Giulia, osservando il panorama, se ne innamora e decide di comprare la tenuta con la volontà di fare vino. Viene costruita la nuova cantina con tecniche innovative e naturali, preservando il territorio integrando la stessa nella collina. Le vigne sono coltivate secondo il regime biologico ma soprattutto sono improntate alla sostenibilità. Il lavoro in vigna è affidato a un agronomo esperto e la raccolta dell’uva viene fatta esclusivamente da donne.

La degustazione dei vini è stata accompagnata da un delizioso pranzo preparato per l’occasione a base di prodotti locali del circolo Slow Food.

I vini in degustazione

  • ORMAE Malvasia Puntinata Lazio Bianco IGT
  • PRIMO Frascati Superiore DOCG Malvasia Puntinata 2021
  • PRIMO Frascati Superiore DOCG 70% Malvasia Puntinata, Greco e Bombino;
  • LIVIA Shyraz Lazio Rosso IGP
  • CANTO Cannellino di Frascati DOCG 2019

Esplorando Tuscolo: Un viaggio nella storia e nella natura

Tusculum è un luogo incantevole che offre un’esperienza unica, sia partecipando alle numerose iniziative che animano il sito, soprattutto durante la bella stagione, sia semplicemente godendosi liberamente questo angolo di natura. Il percorso di visita ti condurrà lungo antiche vie basolate, tra i resti degli edifici del foro e fino al teatro romano, il monumento più emblematico e rappresentativo. Costruito nella prima metà del I secolo a.C., durante il periodo di massima fioritura della città, il teatro romano poteva ospitare fino a 2000 spettatori. Oggi, è ancora possibile ammirare la sua maestosità e assistere a rappresentazioni teatrali legate alla tradizione del teatro classico, spettacoli musicali ed eventi culturali. È un luogo affascinante che ci riporta indietro nel tempo, consentendoci di immergerci nella grandezza dell’antica Roma.

La cena al Ristorante Contatto è stata un vero percorso esperienziale che è iniziato con la visita delle grotte sotterranee dove, nelle nicchie in cui una volta veniva conservato il vino. Lo Chef Luca Ludovici ha raccontato la sua storia e la filosofia in cucina, facendoci immergere gradualmente nei sapori che sa regalare con sapiente conoscenza delle materie prime.

Le grotte di materia lavica, sono un elemento fondamentale della preparazione degli ingredienti che qui vengono lasciati, anche per mesi così da assorbire tutti gli aromi che conferiscono sentori di affumicatura. L’ambiente raffinato è arricchito da quadri d’autore che donano un connubio perfetto tra cibo e arte, dove il cibo non è soltanto considerato un alimento, ma una vera e propria emozione sensoriale. Gli abbinamenti dei piatti ai vini delle Donne del Vino è stato perfetto.

Federica Ciucci è la quarta generazione di una famiglia di agricoltori. L’Azienda Ciucci nasce agli inizi del novecento con il bisnonno con una produzione di seminativi su grande scala.

L’A1 – Autostrada del Sole – attraversa sinuosa le campagne della Tuscia quando giungendo ad Orte, si scorge uno sperone di roccia tufacea sul quale è poggiato il borgo della omonima cittadina. Raggiunto il punto indicato troviamo una strada bianca che sale su per la collina e arrivati al casale della Azienda Bio Ciucci incontriamo Federica Ciucci, Tiziana Sallusti della Cantina Terre D’Aquesia e Matilda Pedrini della Cantina Borgo del Baccano.

Oltre alla degustazione dei vini delle tre produttrici, abbiamo poi visitato il frantoio dove il personale ha preparato dalle pizze cotte con il forno a legna, alle pietanze, fino ai dolci.

Vini in degustazione

  • Ciucci Malvasia Puntinata Lazio Bianco IGT;
  • Ciucci Violone;

Orte Sotterranea è un dedalo di cunicoli che erano i condotti delle cisterne fungenti da riserva idrica. Inizialmente ideati dagli etruschi, sono stati migliorati dai romani fino al medioevo, quando gli abitanti del paese hanno utilizzato gli spazi sotterranei anche per conservare il vino. Durante il secondo conflitto bellico sono stati utilizzati anche come rifuggi, per poi tornare ad essere impiegati nuovamente come cantine, nel dopoguerra. Oggi l’Associazione Proloco ne cura le visite, e grazie alla guida che è stata veramente coinvolgente, abbiamo potuto vedere anche due musei.

Vorrei ringraziare tutte Le Donne del Vino del Lazio e in particolar modo la Delegata Manuela Zennaro e la Vice Delegata Floriana Rusuglia, che hanno contribuito in modo determinante al successo della loro Delegazione.

Il Cesanese: una varietà che cresce in una terra fatta di storie antiche

di Olga Sofia Schiaffino

Alla scoperta della Ciociaria e dei suoi prodotti enogastronomici insieme a Le Donne Del Vino del Lazio

– parte prima –

Grazie alla passione e al lavoro di vignaioli illuminati si è assistito negli ultimi dieci anni alla promozione della conoscenza del vitigno Cesanese, che è intimamente legato con una terra ricca di storia e di bellezze naturali e artistiche.

La Ciociaria prende il nome dalle “ciocie”, le calzature che indossavano i pastori e i contadini dei territori che oggigiorno sono delimitati dai Monti Ernici, dal versante interno degli Ausoni e parte dei Lepini e la Valle del Sacco,rappresentato  grosso modo dalla zona compresa tra Piglio, Paliano, Serrone, Acuto prossimi alla città di Frosinone.

Il 6 giugno è iniziato un press tour ricco di appuntamenti, di esperienze e di visite in cantina, promosso dalla Associazione Le Donne del Vino del Lazio, di cui Manuela Zennaro è Delegata, in collaborazione con Regione Lazio.

La prima cantina ad accoglierci è stata Casale della Ioria, azienda che possiede circa 38 ettari vitati in conduzione biologica nella zona del Cesanese del Piglio Docg. Marina e Paolo Perinelli sono stati molto cordiali e hanno raccontato con passione il loro impegno nella produzione del vino, accompagnati dai figli, che curano la parte agronomica ed enologica.

Un grande leccio secolare sembra voler dare una benevola protezione ai visitatori. Di maestosa bellezza, viene a essere rappresentato sulle etichette della produzione della cantina. Il Cesanese di Affile è sicuramente il protagonista assieme alla Passerina.

La degustazione è iniziata con un metodo Martinotti davvero piacevole, Cesanese Lazio Igp Brut: bollicina perfetta come colonna sonora dell’estate.

Campo Novo2020 è la versione più fruttata vinificata totalmente in accaio. Etichetta molto invitante, nel calice si apprezza un vino dal colore rosso rubino e un profilo olfattivo che rimanda alla rosa, alla ciliegia e al lampone. Tannino di trama serica. Pulito, bello croccante.

Torre Del Piano 2017 è un Cesanese Superiore che si ottiene selezionando i migliori grappoli da appezzamenti su suoli vulcanici; dopo la fermentazione in acciaio, riposa in barrique per circa 8 mesi e segue un periodo di affinamento in bottiglia. Al naso si apprezzano sentori di gelatina di ciliegia, prugna, vaniglia, arancia sanguinella, tabacco, cacao. Tannino preciso e chiusura sapida.

Casale della Ioria 2020 è ottenuto da uve che maturano su suoli argillosi; terminata la macerazione in acciaio il vino riposa in botti di rovere da 20 ettolitri. Corredo olfattivo che rimanda a note balsamiche, lentisco, marasca, peonia ed erbe selvatiche. In bocca è secco, con un tannino delicato e la chiusura è sapida. Sempre dai terreni argillosi nella zona di acuto, a 260 mt slm si ottiene un vino senza solfiti aggiunti, Cesanese del Piglio Docg Zero Solfiti, ottenuto da uve perfettamente sane, lavorate in acciaio.

Dopo il pranzo, durante il quale ho potuto assaggiare delizie locali, è stata presentata l’opera di un pittore locale, Antonio Menenti che ha partecipato con le sue opere alla Biennale di Venezia nel 2007. La professoressa Mirella tomaselli ha inoltre affascinato la platea con alcuni aneddoti storici su Anagni e il comprensorio: non solo buon vino ma una full immersion nella cultura.

La seconda tappa del tour ha portato il nostro gruppo all’azienda L’Avventura. Il racconto della nascita della cantina è davvero coinvolgente, perché gli attuali proprietari, provenienti da mondi completamente diversi, si sono innamorati della vigna e come un “azzardo” hanno deciso di intraprendere questa avventura acquistando i primi vigneti, approssimativamente 8 anni fa.

Azienda biologica e sostenibile, segue e applica i metodi dell’Agricoltura Organica Rigenerativa. Bellissimo il Wine Resort Casale VerdeLuna finito nel 2019, dopo una ristrutturazione del vecchio casale in pietra, immerso totalmente nei vigneti dove si coltiva il Cesanese di Affile e il Cesanese Comune. Il primo si riconosce per gli acini più piccoli e neri, rispetto alla variante comune, viene vendemmiato nella prima metà di ottobre e si ottengono solitamente vini longevi.

Durante la splendida cena allietata dai canti di un gruppo folcloristico ciociaro gli Hernicantus di Palliano, abbiamo potuto assaggiare la produzione dell’azienda, raccontata da Stefano e Gabriella. Dopo aver iniziato con un metodo classico si è proseguito con Saxa, una Passerina in acciaio delicata e fedele alle caratteristiche del vitigno per poi proseguire con Con Te Lollo, che dimostra un struttura e una maggiore complessità.

Campanino è un blend composto da Cesanese di Affile 50% e Cesanese Comune 50%; fermentazione con lieviti indigeni  e maturazione in acciaio. Dinamico, croccante e succoso.

Picchiatello è ottenuto da 100% Cesanese di Affile coltivato su suoli argillosi; lieviti indigeni a temperatura controllata,in acciaio poi il 30% della massa prosegue la maturazione in acciaio mentre il 70% in botte grande per 12 mesi, seguiti da 2 mesi in bottiglia. Bellissima pulizia al naso con una nota balsamica importante, decisamente gradevole e una retro etichetta che fa sognare e che commuove, un vino del cuore.

Amor è un Cesanese di Affile in purezza che cresce su suoli argilloso-calcarei: fermenta in acciaio e sosta sei mesi in barrique. Il timbro del varietale non viene perso, si apprezzano al naso sentori di ciliegia matura, prugna cacao e una nota fumée.

Camere Pinte dopo la fermentazione alcolica, matura in barrique e tonneau per 14 mesi, a cui seguono 10 mesi di bottiglia. Al naso la frutta volge verso la confettura, il tannino è sempre perfettamente cesellato e integrato. Grande persistenza e respiro.

Una giornata intensa, trascorsa in compagnia di persone e vini che hanno lasciato un segno nel cuore e nell’anima. E non finisce qui…

Roma DOC: una denominazione avvolta nel verde e nella storia

di Matteo Paganelli

Qual è la prima cosa che viene in mente quando si pensa a Roma? Immaginiamo il Colosseo, il Pantheon, la fontana di Trevi o tutte le altre maestose architetture religiose, funerarie, civili o militari. Se rimanessimo a un livello superficiale potremmo persino essere spinti ad associarla al cemento e al traffico senza controllo.

Pochi però sanno che con i suoi 86.000 ettari di aree verdi (ben il 67% rispetto ai 128.500 totali) la Capitale si attesta come il più grande comune agricolo d’Europa. Ma Roma è soprattutto storia. Con ben 2.700 anni sulle spalle può raccontarci tanto: da Romolo e Remo ai giorni nostri si è davvero mostrata la caput mundi per eccellenza.

Verde e storia: sono proprio questi i fili conduttori della seconda parte del press tour numero 4 del progetto “Roma ha un cuore DiVino”. Progetto che, ricordiamo, è nato dall’idea del Consorzio di Tutela dei vini Roma DOC a nome del suo presidente Tullio Galassini, che ringraziamo per averci fatto da cicerone con il supporto organizzativo di Maria Grazia D’Agata e Stefano Carboni dell’agenzia MG Logos e di Silvia Baratta di Gheusis.

Dopo aver navigato le aree sud/sud-est di Roma nell’areale dei castelli Romani, oggi ci spostiamo nel lato diametralmente opposto, a nord/nord-ovest, in quella porzione di agro Romano racchiusa fra il lago di Bracciano, i monti Sabatini e il mar Tirreno.

La prima realtà visitata è Terre del Veio – Azienda Agricola, situata proprio all’interno del parco del Veio, riserva naturale ed archeologica, storica necropoli Etrusca. Terre del Veio nasce ben 60 anni fa, e anche se il territorio è da sempre vocato alla viticoltura dobbiamo attendere gli inizi degli anni 2000 per voltare quella pagina che separa il capitolo conferitori da quello produttori. Questo grazie al titolare Paolo David che rileva l’attività del suocero impiantando nuovi vigneti e abbandonando gradualmente l’approccio tradizionalistico per far spazio alla sua impronta stilistica orientata verso la qualità.

Ad accoglierci è Dario, figlio di Paolo, giovane agronomo ed enologo orgoglioso per il lavoro di famiglia. Ragazzo solare, così come la giornata che veglia su di noi accanto ai vigneti. Tra galline, caprette e instancabili api impollinatrici di sovescio, Dario ci racconta di quanto creda non semplicemente nell’agricoltura biologica, ma in una sorta di versione 2.0 per limitare l’uso dei trattamenti. La certificazione SQNPI che effettua campionamenti annuali su foglie e terreno per verificare che siano assenti eventuali residui preservando così il prodotto che troveremo dentro al calice, si presta degnamente al ruolo, assieme alla certificazione vini VEGAN.

La visita nella cantina sotterranea esalta la composizione del terreno: tufo di origine vulcanica. Siamo, infatti, non molto distanti dal vulcano Sabatino (attivo in passato e ora quiescente, così come l’altro di Roma, il vulcano Albano); una matrice che si tramuta in probabile sapidità nei prodotti finali. Altra caratteristica del tufo è la sua capacità di assorbire e rilasciare acqua, indubbiamente un grosso vantaggio nell’era del cambiamento climatico.

Dei 10,5 ettari vitati, che danno luogo a circa 40.000 bottiglie, sono quasi 10.000 quelle che – da pochi anni – possono uscire nella denominazione Roma DOC, fregiandosi anche della menzione Classico parte della zona più antica di Roma.

A colpire maggiormente è stato proprio il Roma DOC Classico Malvasia Puntinata “Cremera” 2021, che prende il nome dal fiume che scorre proprio in quella zona. Al calice lascia trasparire un vino dal color giallo paglierino molto intenso, con lucenti sfumature oro verde sui bordi. La consistenza alla mescita suggeriscono una buona estrazione. Al naso è proprio come porre la testa all’interno di una cesta di frutta fragrante appena colta: pesca a polpa bianca, albicocca ancora acerba e ananas. Le erbe aromatiche, basilico e menta, sono un preludio a ciò che troveremo al sorso: una bilanciata freschezza, supportata da mineralità. Durezze che ben si sposano con una sorprendente morbidezza. Da abbinare a un risotto con asparagi.

Per la seconda parte del tour, ci si sposta in direzione mare, per visitare la Cantina Castello di Torre in Pietra. Poco distante da Fiumicino (tappa obbligatoria per chi visita Roma atterrando all’aeroporto Da Vinci) si erge la torre del castello, simbolo di un borgo agricolo fortificato che sorse nel lontano 1200. Qui le vigne sono parte integrata da secoli, di esse ve n’è menzione già dai primi del ‘500 quando la residenza apparteneva a Camilla Peretti, sorella nel noto Papa Sisto V. Fu il nipote Michele a trasformare la dimora in una residenza signorile, ma il castello che oggi ammiriamo nella sua sontuosità è merito dei principi Falconieri. I loro ingegneri non si dedicarono solo all’architettura della dimora, ma costruirono anche un sistema per velocizzare le operazioni di vinificazione.

Ancora oggi, si può notare come sulla collina, sia presente un canale in cui veniva calata l’uva appena vendemmiata facendola finire direttamente nella vasca sottostante per le operazioni di pigiatura. Torre in Pietra purtroppo ha anche vissuto un secolo di puro abbandono, terminato nel 1926 quando Luigi Albertini, utilizzò la sua liquidazione dal Corriere della Sera per acquistare Torre in Pietra, bonificare la zona e ridare lustro alla tenuta. Da allora è sempre rimasta di proprietà della stessa famiglia; è infatti il pronipote Filippo Antonelli il padrone di casa che ci accoglie in maniera davvero ospitale.

Ben 52 ettari vitati, che danno alla luce 200.000 bottiglie e 50.000 bag-in-box. Il tutto in rigoroso regime biologico dal 2011, su terreni tufacei e cinerei. Merito del Tevere, che nel corso dei secoli ha portato nel suo estuario ceneri vulcaniche contenenti fossili preistorici. Non è un caso infatti che l’Osteria dell’Elefante abbia questo nome in onore dei resti appunto degli elefanti pleistocenici ritrovati (anche esposti all’interno del ristorante). È qui che Filippo ci omaggia della degustazione dei suoi vini, alcuni di essi che escono con la fascetta della denominazione Roma DOC.

Delle numerose proposte, è proprio un Roma Doc a colpirmi particolarmente: sto parlando del Roma DOC Rosso 2021. Un blend di Montepulciano (circa il 50%), Sangiovese e Cesanese. Buona trasparenza vestita di rosso rubino intenso con sfumature ancora purpuree. La consistenza, il titolo alcolometrico al 14% sono tutti fattori precursori di una particolare struttura che troveremo in seguito. Al naso esplode il bosco in tutti i suoi sentori, a partire da quelli fruttati di fragoline e more di rovo, passando per quelli vegetali di resina e ago di sempreverde, e terminando con note fungine. La speziatura è simile alla ciliegina sulla torta, ma con al palato un’importante spalla acido-sapida che assieme al tannino ben integrato concede lungo equilibrio.

In chiusura, assieme a Filippo e Tullio, abbiamo provato a chiederci quale potrebbe essere il futuro della Roma Doc. Una denominazione che ha tanto da raccontare sul profilo dei vini bianchi, grazie soprattutto ai numerosi autoctoni (Malvasia Puntinata, Malvasia di Candia, Bellone, ma che ancora non riesce ad affermarsi con prepotenza nel panorama dei rossi. L’attuale disciplinare infatti, è stato appositamente impostato per utilizzare sui rossi una quantità minima di Montepulciano al 50%, lasciando il restante 50% alla personalizzazione del produttore. Questo vantaggio, a nostro parere, potrebbe però essere un’arma a doppio taglio perché allontana dal legame tra vitigno e terroir.

Se dico “Nebbiolo” si pensa, in prima battuta, al Piemonte. Qual è dunque il corrispondente Nebbiolo Romano? Sono principalmente due le idee che daranno traccia a una probabile impostazione futura: la variazione del nome Montepulciano in Violone (per distaccarsi dal richiamo alla viticoltura Abruzzese), il suo utilizzo in purezza e una remota possibilità dell’introduzione del Cesanese, vero e proprio cavallo di razza. Di una cosa possiamo essere certi: i produttori hanno tutte le carte in regola per farsi conoscere ad alta voce, come il grido forte di un gladiatore dell’antica Roma.

Le Donne del Vino del Lazio: amore per la terra e passione per il vino

di Morris Lazzoni

Nel mio ultimo viaggio sono stato ospite de Le Donne del Vino del Lazio, associazione tutta al femminile che racchiude differenti figure professionali inerenti il mondo del vino: nel Lazio le socie produttrici sono 23, le associate 70 mentre il totale nazionale supera le mille aderenti.

Non mi dilungherò oltre riguardo la genesi dell’Associazione, mentre vorrei soffermarmi maggiormente sulla delegazione del Lazio di cui sono stato ospite poche settimane or sono.

Le Donne del Vino del Lazio hanno organizzato tre differenti press tour, dedicati a giornalisti e blogger, per scoprire la territorialità del vino laziale coltivata, gestita e promossa dalle socie aderenti. Non posso esimermi dal ringraziare la Delegata Regionale Manuela Zennaro, la vice Delegata Floriana Risuglia e l’ufficio stampa MG Logos di Maria Grazia D’Agata per l’invito: ho passato tre bellissime giornate in queste terre, con la possibilità di visitare nuovi areali, degustare vini e conoscere donne di spessore e grande personalità.

Coraggio, passione e tenacia: tre parole per descrivere Le Donne del Vino del Lazio

Proprio su quest’ultimo aspetto vorrei soffermarmi, al di là del racconto delle esperienze fatte e dei vini degustati. Nel concetto di “territorio” non può mancare la corrispondenza con le persone che lo vivono, coltivano e comunicano. Le Donne del Vino del Lazio riescono a trasmettere amore per la propria terra e grande, enorme passione per quello che quotidianamente portano avanti.

Mi hanno fatto capire quanto impegno, coraggio, tenacia e sacrifici ci fossero dietro le loro scelte. Ognuna di loro mette in campo la propria personalità, capacità e stile ed è come se ogni storia e racconto avessero all’interno un filo conduttore.

Chiara, Cristina, Federica, Floriana, Giulia, Manuela, Maria Laura, Matilda, Rossella, Sara e Tiziana hanno tanto da raccontare, tra emozioni e sfumature differenti. Esuberanza, vitalità, eleganza, precisione, decisione, determinazione, allegria, sana follia, timidezza, rigore ed autorevolezza possono sembrare un prolisso elenco di parole, ma sono le caratteristiche principali suggeritemi dalla conoscenza di ognuna di loro.

Non conta l’esperienza, perché la voglia di fare, l’entusiasmo e la grinta non si misurano in anni: ciascuna di esse trasmette ardore e voglia di far conoscere territori a loro volta di antica tradizione vinicola, oltreché permeati di storia e cultura.

Non sempre però storicità di un areale e successo commerciale creano un perfetto sillogismo, soprattutto quando si guarda al complesso mercato internazionale del vino. Succede anche in Italia, ove alcune zone di produzione non sembrano cavalcare la cresta dell’onda rispetto ad altre, ma ciò non significa che manchino qualità intrinseche ed ottime credenziali per un futuro successo.

Probabilmente i vini di Frascati, Castelli Romani e Orte ( le zone che ho visitato nei miei tre giorni di press tour ) dovranno fare qualcosa in più a livello comunicativo e promozionale, per sbocciare definitivamente sul palcoscenico del vino italiano e mondiale: Le Donne del Vino del Lazio sono sulla strada giusta, quella della comunione d’intenti e della “sorellanza”. Quando si uniscono forze, idee e buoni propositi si possono avere sicuramente maggiori possibilità di emergere, rispetto a viaggiare da soli e senza aiuto altrui.

Poggio Le Volpi, prima tappa del press tour

Iniziamo da Poggio Le Volpi, storica realtà di Monte Porzio Catone, che da tempo miete successi e riconoscimenti per la produzione dei suoi vini. Ad attenderci c’è Rossella, moglie di Felice, e colonna portante dell’azienda. Rossella ci guida attraverso una passeggiata nei vigneti dell’azienda, raccontando genesi e trasformazione dell’azienda, che negli anni è riuscita a portare i vini del territorio in giro per l’Italia ed il Mondo.

Essere portavoce di una cantina come Poggio Le Volpi non è un compito facile: la dimensione aziendale, la bellissima struttura della cantina e degli ambienti ricettivi chiedono alti livelli di responsabilità ed impegno. Rossella però dimostra quanto la passione per il lavoro, unita a competenza, attenzione e rigore, possano essere da esempio: ciò che trasmette è di essere un punto cardine della cantina, sempre presente ed attenta ad ogni minimo particolare.

Torniamo alla storia della cantina, partita nel 1996, e con una produzione odierna incentrata su Frascati, Lazio Igt e da ultimo anche Roma Doc, valorizzando soprattutto il potenziale dei vitigni autoctoni ma anche l’adattabilità di quelli internazionali. La filosofia di Poggio Le Volpi mira al mantenimento delle tradizioni locali, coadiuvato da un attento utilizzo delle tecniche moderne in cantina, in modo da rispettare ed esaltare le caratteristiche territoriali.

Il Roma Doc Rosato 2022, un vino dal sapore agrumato, floreale, dalla bella sapidità e dalla beva piacevole. Continuiamo con Epos Frascati Superiore Riserva Docg 2018, il quale mostra il percorso evolutivo di un vino pensato per allungare la propria durata: pietra focaia, scorza di agrumi e note tostate incontrano succosità, ricordi sulfurei, buona acidità e distensione al palato.

Roma Doc Rosso 2021 è ben fruttato e speziato al naso, mentre in bocca evidenzia bilanciamento tra frutti densi, trama tannica e giusta acidità. Il Roma Doc Rosso Edizione Limitata 2019 invece fa leva su affinamento in legno e maggiore sosta in bottiglia: i frutti sono più maturi e più dark, oltre a note fumé e lievemente terrose di sottobosco e terriccio. L’assaggio è carico di sapore, con tannino sostenuto ed importante calore alcolico, chiudendo con liquirizia, foglie di tabacco e prugna.

Seconda tappa da Villa Simone, dove incontriamo la più giovane tra Le Donne del Vino del Lazio

Nonostante un meteo inclemente, arriviamo da Villa Simone, sempre nel comune di Monte Porzio Catone, all’interno dei terreni dell’antico vulcano laziale. Ad accoglierci troviamo Sara, dalla personalità altrettanto vulcanica e coinvolgente. Assieme al padre Lorenzo ed alla madre Fulvia gestisce l’azienda di famiglia nata nel 1982, che oggi conta circa 21 ettari divisi tra i comuni di Monte Compatri, Roma, Frascati e Monte Porzio Catone.

La storia di Sara è legata a stretto giro con il vino, visto che già il nonno Armando negli anni 60 possedeva un’enoteca. L’acquisto di una casa a Monte Porzio Catone per passare le vacanze estive fece da precursore: acquistare i primi vigneti fu una naturale conseguenza.

Sara è la più giovane tra le socie produttrici de Le Donne del Vino del Lazio, ma ciò non le impedisce di dimostrare passione ed attaccamento al lavoro come poche. Sa come raccontare e promuovere la sua realtà e il territorio dispensando sana allegria, potendo contare su un background di studi in ambito turistico.

Prima di passare al racconto dei vini, non posso che accennare alla bella introduzione sul territorio e la geologia della zona da parte di Lorenzo, padre di Sara. Grazie alla sua spiegazione abbiamo avuto modo di conoscere la genesi del vulcano laziale, passato attraverso eruzioni, trasformazioni e conseguente conformazione del territorio dei Castelli Romani.

L’assaggio si è svolto all’interno della grotta, scavata nella collina: data la sua conformazione si adatta sia all’affinamento dei vini in barrique e ad ospitare eventi e degustazioni.

Villa dei Preti Frascati Superiore 2022 mi ha colpito con l’abbondante aromaticità di agrumi e frutti tropicali, con un palato succoso, eppur rotondo nel gusto, sapido e di buona acidità. Un vino che può soddisfare per differenti situazioni di bevuta, dall’abbinamento al cibo all’assaggio singolo.

Ho modo di conoscere anche un nuovo vitigno, il Nerobuono, tornato in auge dopo anni di oblio ed abbandono, oltreché imparentato al Montepulciano per similare livello tannico.

Il Torraccia Igp 2020 è un assemblaggio di 80% Cesanese e 20% Nerobuono che fa dei profumi dolci, densi e profondi di frutti neri il proprio tratto distintivo, caratterizzandosi per una bevuta giustamente tannica, un filo terrosa e sempre golosa nel frutto.

Cambiano le percentuali ( 60% Cesanese e 40% Nerobuono ) per il Ferro e Seta 2019 che sosta per circa 24 mesi in barrique. La maturazione dei frutti neri, unita a sentori di cioccolato, caffè, balsamico e china fanno il pari con profondità di gusto, giusta scorrevolezza al palato e buona sapidità finale.

Infine la vera chicca, spesso difficile da trovare anche in zona, il Cannellino di Frascati Docg 2017: avvolge ed ammalia al naso grazie ai profumi di frutti canditi, fico secco, dattero, foglie di menta e noce moscata. L’assaggio è giustamente grasso ed oleoso, ma senza perdere slancio in freschezza e scorrevolezza di beva, sempre coadiuvata da una brillante sapidità.

Eredi dei Papi: la bella storia di Chiara e Lorenzo

Per agevolare la conoscenza delle produttrici da parte di giornalisti e blogger, Le Donne del Vino del Lazio hanno scelto di ospitare un’altra azienda durante ogni visita in cantina: da Villa Simone è stato il turno di Eredi dei Papi.

A raccontarci da dove nasce il progetto ed il proprio percorso professionale è Chiara, giovane ma ben determinata ragazza, che ha abbandonato una scintillante carriera nel marketing di Google per dedicarsi all’azienda di famiglia.

A onor del vero è giusto parlare anche del fratello Lorenzo, anch’esso artefice di questa nuova avventura: dopo essersi accorto che il mondo della giurisprudenza non gli apparteneva, virò verso gli studi enologici, indispensabili per lavorare all’interno della propria cantina.

Eredi dei Papi sorge a Monte Compatri, su quelle terre che furono già del nonno di Chiara e Lorenzo e sulle quali, molto tempo prima, erano piantate varietà di uva da tavola. Sono circa 3,5 ettari produttivi sui 6 totali, coltivati oggi in regime biologico e principalmente dedicati a vitigni autoctoni.

Fuorionda Rosè Brut, un metodo classico da uve Montepulciano, è fruttato e speziato al naso, con leggeri ricordi di erbe aromatiche e pan brioche, porta una bolla abbastanza soffice e fine al palato, oltre a sostenuta sapidità e buona lunghezza di gusto.

Albagia Roma Doc 2021 profuma di frutti tropicali, erbe aromatiche, frutta secca e mentolo, mentre al palato gioca sul bilanciamento tra scorrevolezza del sorso, nitida sapidità e finale di lusinghiera persistenza.

Sempre Malvasia Puntinata in purezza per il Galatea Lazio Igt 2021 ma cambia l’affinamento, svolto per circa 9 mesi in botti di castagno da 350 litri. Ai frutti gialli maturi si affiancano sentori di burro fuso, noci tostate, tabacco biondo, arachidi, foglie di tè e caramello salato. Cremoso ed ampio in bocca, giustamente caldo e finache lungo in persistenza, dona complessità ed aggiunge ricordi fumè e tostati. Acidità sostenuta e bel bilanciamento globale.

Chiudo con Composto Lazio Igt 2021, da uve Syrah e Montepulciano, che fa dell’immediatezza dei profumi freschi di frutti rossi e fiori, chiodi di garofano, ginepro e macchia mediterranea un proprio timbro. È croccante al palato, mai troppo tannico, di buona freschezza e beva golosa grazie anche ad un’abbondante salivazione.

Terre d’Aquesia e Borgo del Baccano: fine del terzo giorno

Faccio un salto temporale nel racconto del press tour con Le Donne del Vino del Lazio per passare direttamente alla fine della terza giornata. Spetterà al collega Alberto Chiarenza raccontare le altre esperienze, in modo che i lettori di 20Italie ne abbiano totale conoscenza.

Ad ospitare le due cantine di cui parlerò è stata l’azienda Ciucci di Orte, nella quale abbiamo dapprima degustato i vini e poi pranzato. La prima delle altre due cantine è Terre d’Aquesia, azienda di circa 10 ettari vitati ad Acquapendente nell’Alta Tuscia viterbese, rappresentata da Tiziana e da Vincenzo, legati nella vita e nell’attività vinicola.

Tiziana è una preside di scuola, ma non manca, sotto la “coriacea corazza” del ruolo che esercita, di mostrare spirito allegro e passione per il vino. Terre d’Aquesia nasce nel 2019 grazie alla volontà di Vincenzo, dopo che lo stesso decide di abbandonare la propria carriera nel settore dell’ingegneria chimica per dedicarsi totalmente al vino. La scelta è ricaduta su vitigni locali misti ad internazionali, cercando di seguire la vocazione dei terreni del luogo.

L’Aquesia Bianco Lazio Igt 2021 è un assemblaggio di Chardonnay al 70% e 30% Grechetto che alterna profumi di albicocca, pompelmo, susina bianca e pera a note di frutta secca e floreale. Quanto è morbido e rotondo al naso, tanto è agrumato, salivante e sapido al palato, denotando anche una buona persistenza.

Santermete Lazio Igt 2018 è stato creato da 60% di Cabernet Sauvignon e 40% di Sangiovese, oltre a compiere un affinamento misto tra acciaio e legno di circa 20 mesi. I profumi aprono su note erbacee e vegetali, lieve ematico, frutti neri in confettura, eucalipto, liquirizia e oliva nera. Calore e piccantezza accolgono il palato, seguite da buona densità fruttata, tannino mai eccessivo e giusta salivazione che anticipano un finale noir da tabacco e cacao amaro.

Borgo del Baccano, ultima conoscenza del mio press tour

La storia della cantina Borgo del Baccano è davvero recente, nata nel 2020 ed ancora in continuo divenire. Il progetto di Matilda, amministratrice dell’azienda, è quello di creare un polo agrituristico che si occupi di produzione enologia ma anche di ospitalità e ristorazione. I 53 ettari totali si trovano a Campagnano di Roma, nella Valle del Baccano da cui l’azienda trae il nome.

La gioventù accomuna Matilda alla sua stessa “creatura enologica”, senza perdere di vista il focus sull’obiettivo che vuole raggiungere: dietro un iniziale velo di timidezza si scoprono idee chiare e volontà di creare un grande progetto. La produzione di tutte le colture sarà in regime biologico, dal momento che non si limiterà solo al vino ma si estenderà anche a piante di olivo ed alberi da frutto.

Il territorio in cui sorge l’azienda è intriso di storia e natura, grazie alle vicine via Francigena e Cassia, al parco di Veio e quello di Bracciano e Martignano. Con queste premesse territoriali e con la volontà che ci potrà mettere Matilda, sono certo che le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare.

Il primo vino è il Piana del Mosaico Lazio Igt 2021, assemblaggio da uve Vermentino, Malvasia e Grechetto. Apre al naso con decisi profumi fruttati da pesca e mandarino, spezie dolci, note floreali e sulfuree, mentre al palato continua con sentori agrumati, buona salivazione ed interessante sapidità.

Il Roma Doc Rosso 2021 è alla prima annata di produzione e porta in bottiglia 70% di uve Montepulciano e 30% di Cesanese per un affinamento di circa sei mesi in barrique. I profumi fruttati sono polposi e dolci, le note floreali spiccate, così come si sentono influssi di tabacco, erbe aromatiche e cioccolato. In bocca ha corpo, frutto ma anche un tannino un pò fuori dai ranghi della compostezza che limita la distensione dell’acidità.

Morris Lazzoni Autore di 20Italie

Un caloroso saluto a Le Donne del Vino del Lazio come l’accoglienza che mi hanno riservato

Sono tornato dalla zona dei Castelli Romani, Frascati ed Orte con la consapevolezza di aver conosciuto areali vinicoli finora mai solcati e di aver sentito, dalla voce di chi vi è cresciuto, storie, aneddoti e particolarità di queste terre dalla storia millenaria.

Le civiltà che hanno vissuto in questi luoghi hanno lasciato segni indelebili: non posso chiudere il racconto senza menzionare la visita al Parco Archeologico di Tuscolo. Le tracce del popolo dei Latini prima e dei Romani poi, sono lì a testimoniare la posizione strategica del luogo in ottica geografica, climatica ed anche paesaggistica: oggi da quella collina si può ammirare non solo Roma, ma, volgendo lo sguardo in direzione quasi opposta, anche Castel Gandolfo.

Francesca e Manuela ci hanno accolti per una visita dedicata al parco archeologico, spiegandoci la genesi territoriale dei vulcani, la nascita della città di Tusculum da parte dei Greci e del passaggio di dominazione tra il popolo dei Latini ed i Romani avvenuto tra il 496 a.c. ed il 494 a.c.

Per lo stesso motivo è di notevole menzione anche la visita alla Orte sotterranea, esperienza che ha chiuso la tre giorni con un tour attraverso gli antichi acquedotti di origine etrusca e romana sottostanti la città. Vedere con i propri occhi quanto ingegno e studio ci fosse per realizzare le antiche condutture dell’acqua in quell’epoca, lascia senza fiato. Scendendo dalla piazza principale di Orte, Piazza della Libertà, si incontra subito la Fontana Ipogea da cui partivano le antiche condutture. Da lì in poi è tutto un susseguirsi di cunicoli, anticamente utilizzati come acquedotti, cisterne e pozzi.

Da ultimo rammento le due cene a Frascati: ‘Na Fojetta e ConTatto sono due anime belle del centro storico, ognuna con proprie sfumature e tipo di cucina. ‘Na Fojetta è una trattoria famigliare ma ammicca alla ricercatezza, con verdure ed erbe di produzione propria, puntando su sapore ed estetica dei piatti: il loro tagliolino alla vignarola me lo ricorderò per diverso tempo.

ConTatto si lega al territorio per la spettacolare location e le grotte sotterranee, facendo leva sullo spirito di ricerca e la voglia di stupire dello chef Luca, cercando di creare un nuovo concetto per Frascati: c’è una ricerca quasi maniacale del più piccolo particolare, in ogni aspetto della cucina e del servizio, senza dimenticare sapore, effetto sorpresa e totale valorizzazione della materia prima. Se ne sentirà parlare!

Grazie care Donne del Vino del Lazio, con Voi mi sono divertito, ben accolto e piacevolmente acculturato su territori, vini e storie che porterò con me per sempre.

Roma Doc – “Roma DOCet”

di Alberto Chiarenza

Quando leggo Roma, il mio pensiero non può fare a meno di andare alla Roma imperiale, che ha portato la gloria in tutto il mondo allora conosciuto e raggiungibile. Ho in mente la scena del film Il Gladiatore che si precipita sul nemico al galoppo incitando le sue armate gridando, “al mio segnale scatenate l’inferno”.

Film a parte, oggi vedo quella energia nei produttori che hanno il desiderio di far conoscere questa giovane realtà con convinzione e determinazione e con il desiderio di comunicare al mondo intero, che il vino di Roma sta tornando e sarà una sfida interessante di cui d’ora in poi sentiremo spesso parlare.

L’energia si percepisce, ma saranno pronti i produttori a collaborare in armonia con lo scopo comune di una crescita di tutti, nel bene della Denominazione?

Il progetto del Consorzio di Tutela Vini Roma DOC voluto dal Presidente Tullio Galassini è stato chiamato Roma DOCet, come a significare che Roma insegna e… molto altro. Il progetto è stato affidato alla Agenzia di Comunicazione MG Logos di Maria Grazia d’Agata e Stefano Carboni, oltre che l’Agenzia Gheusis di Silvia Baratta.

Lo scopo, direi raggiunto, è stato quello di promuovere il vino della Denominazione “Roma” e di tutelarne la qualità del prodotto, molto apprezzato in tutto il mondo, importante risorsa per l’economia locale. Tra le attività del Consorzio ci sono la promozione enogastronomica attraverso eventi e manifestazioni, la partecipazione a fiere del vino e la creazione di strumenti per informare i consumatori sulle caratteristiche del vino.

Mi riallaccio all’articolo scritto dal mio collega Morris Lazzoni, con cui abbiamo condiviso il press tour in quattro aziende appartenenti al Consorzio Roma DOC di cui vi parlo delle cantine Poggio le Volpi e Fontana Candida.

Ci troviamo a Monte Porzio Catone alle pendici di quello che, seicentomila anni fa, era un grande vulcano, forse il più grande complesso vulcanico d’Europa e attualmente una montagna vulcanica allo stato quiescente dai terreni estremamente fertili. Un terreno eterogeneo ma ricco di micro elementi minerali e organici che conferiscono ai vini, peculiarità uniche. Una collina in particolare, proprio sotto al paese che porta il nome del celebre oratore romano, Marco Porcio Catone che scrisse in latino un trattato di agricoltura il De Agri Coltura , dove si parlava già di come coltivare la vite, pianta che rivestiva una grande importanza per i romani.

Questa collina oggi, attraversata dall‘autostrada divide da un lato la Cantina  Fontana Candida, con una lunga storia alle spalle e che ha reso famoso il vino Frascati in tutto il mondo, e dall’altro in direzione di Monteporzio Catone, la Cantina Poggio le Volpi importante realtà vitivinicola del Comprensorio con spiccata propensione all’eccellenza.

Incontriamo prima Alessandro Jannece, Responsabile della Comunicazione di Fontana Candida che ci accoglie e ci parla di questa storica cantina, accompagnandoci attraverso un percorso che passa dagli impianti di imbottigliamento, ai vigneti, alla bottaia e a seguire nella grotta scavata nel terreno vulcanico dove sono ben evidenti le stratificazioni delle colate laviche. In questa grotta la temperatura è costante tutto l’anno a circa 10/12 gradi, qui vengono riposte le bottiglie in affinamento e le Riserve. Dopo la grotta è stata la volta della visita in sala degustazione, in una raffinata e storica palazzina dove abbiamo degustato i vini Roma DOC Bianco e Rosso, oltre a concederci la degustazione delle altre referenze tra cui due annate storiche del famosissimo Frascati Superiore Riserva Luna Mater.

L’uva per la produzione del vino proviene da circa 350 ettari di estensione di cui circa 20 di proprietà, che permette di produrre dai 3 ai 4 milioni di bottiglie/anno in base alla annata. Fontana Candida rappresenta il 45% della produzione della Denominazione Frascati. Si tratta di una delle realtà più significative nell’ambito della produzione vinicola nella zona, tanto che la sua storia è radicata nel territorio dal 1957, anno della fonazione e trova la sua espressione più autentica nelle colline dei comuni di Frascati, Grottaferrata e Monte Porzio Catone, ma non solo. Anche i comuni di Roma e Montecompatri contribuiscono alla produzione.

Dagli inizi degli anni 2000 la cantina è stata rilevata dal Gruppo Italiano Vini, che ha scelto l’enologo Mauro Merz, originario di Trento e laureato in Enologia all’Università di San Michele all’Adige (BZ), a dirigere Fontana Candida. Sotto la sua guida c’è stato uno slancio in avanti, in termini di qualità.

Fontana Candida svetta per tradizione secolare e vastità degli appezzamenti, con il Vigneto Santa Teresa che spicca per la importanza. Con i suoi 13 ettari di superficie, rappresenta un vero e proprio gioiello per l’azienda, oltre agli 8 ettari che circondano la tenuta in cui sussiste trovare una vigna didattica con filari di Malvasia Puntinata allevata con il sistema a conocchia, ovvero con la pianta che si arrampica su quattro canne unite alla sommità.

Il vino Roma DOC viene vinificato in bianco, con uve Malvasia Puntinata e Bombino e il rosso, con uve Montepulciano e Cesanese. Sia per il Roma DOC Bianco  che per il Roma DOC Rosso, sono stati selezionati vitigni autoctoni proprio per valorizzare il territorio laziale. Una Produzione di 50.000 bottiglie suddivise equamente tra Bianco e Rosso, sono destinate anche al mercato giapponese.

Poggio le Volpi nasce da una famiglia di agricoltori con una tradizione che inizia dal 1920. Felice Mergè, rappresenta la terza generazione della famiglia ed è lui a dar vita all’attuale realtà proprio su questo “poggio” dove la vista spazia su Roma lo fa innamorare di questo luogo.

Si trova a 400 metri s.l.m. nell’area la dell’antico Tusculum una zona particolarmente vocata che apporta mineralità ai vini bianchi. Il capostipite è stato Manlio Merge che produceva vino sfuso e lo portava a Roma con il famoso carretto usato per rifornire le osterie romane. Da allora ne hanno fatta di strada i Mergè, divenendo uno dei punti di riferimento per il vino romano e non solo, fino ai giorni nostri dove Poggio le Volpi è sinonimo di eccellenza.

Ci accoglie Rossella Macchia, moglie di Felice e Responsabile Commerciale della cantina, che ci accompagna per un percorso molto bello tra piante ornamentali e fiori in un susseguirsi di profumi di primavera, fino alla vigna per poi risalire il Poggio e visitare la bottaia, dove ben allineate troviamo sia tonneaux che barriques, tutte di pregiato rovere francese. Dalla bottaia Rossella ci conduce su una terrazza a sbalzo con vista panoramica sui vigneti con lo sfondo della città eterna più in basso, e qui la sensazione di benessere è evidente perché l’insieme delle percezioni olfattive e visive, appaga la mente e il cuore.

Il bello non è ancora finito perché entriamo nel Ristorante Epos, un vero e proprio gioiello che trasuda bellezza ed eleganza e dovunque cade lo sguardo si notta la cura per ogni minimo dettaglio, per regalare al visitatore un senso di stupore e ammirazione.

Toni caldi e riflessi dorati caratterizzano gli ambienti con una alternanza di elementi di arredo, bottiglie e legni di rovere, la luce soffusa, il soffitto sapientemente coperto di tralci d’uva, che fanno capire di essere in una realtà unica nel suo genere. Felice Mergè è una persona che ama il bello, la buona cucina e il buon vino ed è molto attento a trasmettere queste sensazioni a chiunque venga a visitare la sua cantina e il ristorante.

Il pranzo con abbinamento vini è stato il coronamento di una visita memorabile. L’eccellenza degli ambienti si riflette anche sulla qualità dei piatti con portate, dall’entrée al dolce, che hanno soddisfatto pienamente i palati di tutti i partecipanti al tour.