I 100 anni del Consorzio Vino Chianti Classico: metti una sera a cena al Teatro della Pergola

Ci sono serate che ripagano dai tanti sforzi del mestiere. Raccontare vini, produttori, territori, non può escludere il rapporto con i Consorzi di Tutela e le Istituzioni del mondo agrario. Tra i tanti, uno in particolare affascina da sempre per il suo emblema – un Gallo Nero – e per la storia di un comparto conosciuto nel mondo tra le eccellenze del made in Italy: il Consorzio Vino Chianti Classico.

Nel 1924 furono 33 i viticoltori ad avere un progetto comune e decidere di creare il Consorzio: la loro visione fu quella di credere nell’unità di intenti, nella forza della collettività, fu quella di investire nell’aggregazione uscendo dalla miopia del singolo interesse privato, perché solo così si poteva gestire una produzione che potesse parlare di un intero territorio. Questi 33 “padri fondatori” furono lungimiranti anche nel pensare per primi alla necessità di rendere visibile e riconoscibile la qualità del loro prodotto.

Oggi, a distanza di 100 anni, festeggiare l’impegno di coloro che sono stati autentici pionieri del movimento enologico italiano, non solo è un atto dovuto per chi esercita il ruolo di giornalista enogastronomico, quanto un onore nel far parte di un momento storico che si ripeterà solo tra un altro secolo. Il Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico Giovanni Manetti ha raccolto il suo staff, i produttori, la stampa e gli operatori del settore in una serata magica a cena al Teatro della Pergola di Firenze.

Il teatro fu eretto con una struttura lignea nel 1656 da Ferdinando Tacca su incarico dell’Accademia degli Immobili, presieduta dal cardinale Giovan Carlo de’ Medici, e inaugurato il 26 dicembre 1656 e ufficialmente durante il carnevale del 1657, con la prima assoluta dell’opera buffa Il podestà di Colognole di Jacopo Melani. In questo teatro nacque il genere del cosiddetto melodramma, dal quale si sviluppò la vera e propria opera lirica.

Il pomeriggio al Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio

Il convegno “Back to the Future” nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio ha anticipato la cena di gala, sul tema della “sostenibilità e identità territoriale”, con gli interventi dei rappresentanti di alcune fra le più illustri denominazioni e grandi vini del mondo: Champagne, Borgogna, Porto e Douro, Oregon e Barolo.

Poi la presentazione del Manifesto di Sostenibilità e la visione di un Chianti Classico sostenibile sia come sistema imprenditoriale sia come mezzo di salvaguardia del territorio, per poterlo restituire intatto alle generazioni future.

Abbiamo atteso fino ad oggi ad affrontare, come Consorzio, il tema così attuale della sostenibilità, per potergli dare una caratterizzazione, un’identità specifica che fosse in grado di evidenziare ed esaltare i caratteri distintivi della nostra denominazione e del suo territorio di produzione – afferma Giovanni Manetti – Un manifesto che siamo certi i nostri viticoltori accoglieranno e renderanno vivo e attivo, fino a farlo diventare un vero impegno di sostenibilità del nostro territorio e delle sue produzioni”.

La serata di gala al Teatro della Pergola

Ed eccoci qua, sotto i riflettori del palcoscenico, a degustare le numerose etichette nella lista vini dedicata ai presenti. Emozionante l’ascolto delle testimonianze scritte nei verbali di alcuni passaggi delicati consortili in questi 100 anni.

A destra il Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico Giovanni Manetti

Il ringraziamento degli Organi del Consiglio Direttivo e la storia di alcuni vitivinicoltori celebri nelle immagini video che scorrevano durante il breve dibattito è stato un brivido che resterà per sempre nel cuore di chi scrive.

Viva il Consorzio Vino Chianti Classico e come si dice in questi casi: cento di questi giorni!

Chianti Classico: i 500 anni di Villa Calcinaia celebrati dalla famiglia Capponi

Viaggiare nel territorio del Chianti Classico è come fare un tuffo in un mondo variegato di panorami, terreni e biodiversità. Le dolci colline si alternano ai boschi montani, passando da suoli argillosi a quelli pietrosi calcarei, in un continuo saliscendi inebriante. Scorci pittoreschi e borghi medievali con il celebre Gallo Nero che campeggia a guardia delle meraviglie di natura.

Ogni curva svela un territorio intriso di storia e quando raccontarla sono i protagonisti, allora stiamo parlando davvero di qualcosa di unico e irripetibile. Qualcosa che rimane nel cuore e non se ne va via: non succede infatti di celebrare tutti i giorni i cinquecento anni di una cantina, quella della famiglia Capponi a Villa Calcinaia.

Situata a Greve in Chianti, questa magnifica Villa-Fattoria è stata il fulcro delle celebrazioni del 23 maggio 2024, in occasione dei 500 anni dall’acquisto della proprietà da parte dei Capponi, avvenuto il 23 maggio 1524. Una giornata splendida, scandita dai momenti storici della famiglia Capponi, raccontati da Tessa, Sebastiano e Niccolò, di fronte al Sindaco di Greve in Chianti Paolo Sottani, al Vicepresidente della Denominazione Chianti Classico, Sergio Zingarelli ed al consulente enologo Federico Staderini.

Giunti alla trentasettesima generazione, originari di Pistoia, i Capponi si stabilirono a Firenze nel XIV secolo, divenendo rapidamente una delle famiglie più influenti toscane. Mercanti di lana e seta accumularono notevoli ricchezze, investendole poi in proprietà agricole. Nel 1244 Compagno Capponi fu il primo membro della famiglia ad intraprendere il commercio della seta. Durante il Rinascimento, la famiglia consolidò il proprio potere politico e sociale. Gino Capponi (1350-1421), noto uomo d’affari e politico, fu un membro di spicco coinvolto nelle dinamiche della Repubblica Fiorentina. I Capponi furono anche mecenati delle arti, commissionando opere come la “Cappella Capponi” nella Chiesa di Santa Felicita a Firenze, dove lavorò Pontormo.

Nel Risorgimento italiano, un altro Gino Capponi (1792-1876) si distinse come storico e politico, giocando un ruolo chiave nel movimento per l’unificazione italiana. Nei secoli, i Capponi hanno continuato a essere una presenza di rilievo nella società fiorentina, adattandosi ai cambiamenti politici, umanistici e sociali. Interessante la prima testimonianza in cui si parla di Chianti che risale al 26 settembre 1872 ad opera di Bettino Ricasoli, in cui descrive, come in una ricetta, le caratteristiche delle uve per fare un Vino Chianti da bere ogni giorno:

“…Mi confermai nei risultati ottenuti già nelle prime esperienze cioè che il vino riceve dal Sagioveto (così si chiamava all’epoca il Sangiovese) la dose principale del suo profumo, a cui io miro particolarmente, e una certa vigoria di sensazione; dal Cannajuolo L’amabilità che tempera la durezza del primo, senza togliergli nulla del suo profumo per esserne pur esso dotato; la Malvagia, della quale si potrebbe fare a meno nei vini destinati all’invecchiamento, tende a diluire il prodotto delle prime uve, ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoperabile all’uso della tavola quotidiana…”

Villa Calcinaia

Dimora nobiliare, è un esempio perfetto di architettura rinascimentale famosa per la produzione di vino Chianti Classico, attività che i Capponi hanno sempre seguito con grande impegno e innovazione. La storica cantina della villa è testimonianza della lunga tradizione vinicola della famiglia. Oggi, Villa Calcinaia continua a essere un’azienda agricola e vinicola attiva, offrendo visite guidate, degustazioni di vino e ospitalità agrituristica.

Degustazione Storica

La giornata del 23 maggio è stata caratterizzata da una degustazione che ha seguito i momenti storici di Villa Calcinaia:

Parte 1 – Prequel – An Intimate Tale of Renaissance Florence: La storia del Chianti e della famiglia Capponi fino all’acquisto di Villa Calcinaia. Vino in abbinamento: Mauvais Chapon Metodo Classico 2018.

Parte 2 – The High Renaissance: Dal Rinascimento al Granducato, la vita e l’organizzazione della villa. Vino in abbinamento: AD 1613 Rosso Toscana IGT 2011.

Parte 3 – DOC World: La promulgazione di un documento precursore della DOC, rendendo il Chianti famoso nel mondo. Vino in abbinamento: Villa Calcinaia Chianti Classico DOC 1969.

Parte 4 – World Largest Voluntary Emigration, Red Gravy and Chianti: Il Chianti Classico e la prima vigna non promiscua nel territorio. Vino in abbinamento: Vigna Bastignano Rosso Colli Toscana Centrale IGT 2006.

Parte 5 – Chianti Classico UNESCO World Heritage: La storia moderna del Chianti Classico e di Villa Calcinaia fino alla candidatura Unesco. Vino in abbinamento: Villa Calcinaia Chianti Classico Riserva DOCG 2010.

Il futuro riguarda il progetto di cui la Contessa Tessa Capponi è promotrice-Presidente: le Villa-Fattoria del Chianti Classico verso il riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’Umanità per l’UNESCO. Sebastiano con grande emozione, ha ringraziato la sua famiglia per averlo sempre appoggiato nelle decisioni aziendali e infine, Niccolò, da storico ha ripercorso la storia di famiglia concludendo che le proprietà non appartengono agli avi, né ai presenti, ma alle generazioni future.

Ciò che si fa oggi, lascerà il segno indelebile nel tempo.

Napoli: Vallepicciola porta il vento del Chianti Classico nel “paese d”o sole e d”o mare”

Bello rivedere, dopo la mia visita di qualche anno fa, Alberto Colombo CEO di Vallepicciola a Napoli nel “paese d”o sole e d”o mare”, come la famosa melodia di Bovio e D’Annibale. Bello riassaporare anche i vini provenienti da quest’angolo di Chianti Classico appartenente alla UGA Vagliagli, piccola frazione di Castelnuovo Berardenga.

Un doppio evento organizzato da smstudio pr & communication in un press day entusiasmante, suddiviso tra una tappa pomeridiana per la stampa ad Altogrado Vineria ed un momento più informale e interattivo nella cena serale al Ristorante Steak House, con l’abbinamento perfetto per i rossi toscani: la “ciccia” cotta a puntino.

Cantina avveniristica, sogno di Bruno Bolfo imprenditore ligure leader nel settore siderurgico. Per anni la consulenza enologica fu affidata alle abili mani di Riccardo Cotarella, che ne ha seguito le fasi prodromiche, lasciando poi il testimone per scelta aziendale ad Alessandro Cellai. L’opera di quest’ultimo, già riconosciuta e apprezzata in passato nei Domini Castellare di Castellina, è stata quella di rendere la materia prima eccellente, meno ricca e opulenta nella trasformazione e maturazione dell’uva in vino, anche grazie alla scelta di contenitori in cemento.

Eleganza, lunghezza ed espressività inserite nel ricamo territoriale. Vagliagli è nota per i suoi terreni compositi, basati su argille di tipo galestroso, calcare, buone altitudini ed esposizioni per garantire ventilazione con escursioni termiche notturne. L’incanto del paesaggio, i Monti del Chianti in lontananza, le vallate di Radda e Gaiole a pochi chilometri, è tale da rendere l’intera zona un sito di alto prestigio sul lato enoturistico.

Nella degustazione guidata presso Altogrado Vineria abbiamo riconosciuto la bellezza della diversità, raccontata nei calici da prodotti e annate differenti. In particolare il Chianti Classico 2021 ha un corredo di frutta e agrume rosso su nuance fumée di brace e radice di liquirizia. Il tannino lascia una scia avvolgente, quasi gelatinosa che rende il sorso aggraziato e godurioso. Annata della potenza e della morbidezza contrapposta alla fresca e floreale della Riserva 2020, dove i richiami di incenso, spezie scure e macchia mediterranea ben si uniscono alla trama antocianica irta e polverosa da sbuffo boschivo.

L’idea del Rosso Toscana IGT 2021 realizzato da Sangiovese in purezza ricalca la volontà di non adeguarsi ed adagiarsi per forza ai dettami di un disciplinare di produzione, cercando piuttosto di valorizzare quanto il terroir sa offrire senza incastonarlo in schemi prefissati. In questo caso il campione deve ancora digerire le espressioni boisé date dall’utilizzo di legni piccoli per la sosta in bottaia. Dalla vigna vecchia di 40 anni ne deriva un vino materico, strutturato e mellifluo, con dicotomia di bocca tra lievi surmaturazioni e pungenze tanniche. Ciò che è sicuro è che avrà molto tempo davanti per potersi esprimere nella sua piena compiutezza.

Chiudiamo i sipari con la garanzia di casa Vallepicciola: il Pievasciata Pinot Nero, che nella vintage 2022 ha regalato emozioni palpitanti ai cronisti, compreso il sottoscritto. Non serve attendere nulla per divertirsi con un sorso dinamico, ricco di piccoli frutti di bosco (lampone e fragoline) su tocchi balsamici e di cannella nel finale. Versatile, ottimo nel rapporto qualità-prezzo per non concentrarsi solo sul “Re” Sangiovese.

Due righe di chiosa le merita anche il Ristorante Steak House, con Francesco, Barbara e Gennaro che ci hanno accolto nel segno della tradizione partenopea di 54 anni di storia e una selezione di carni e frollature da autentici numeri uno. Apprezzabile il contesto “goliardico” per finire la giornata insolitamente calda, tra i ricordi del vento del Chianti Classico e del sole e del mare di Napoli.

Chianti Classico Collection 2024: “3 C scritte a 4 mani”

Abbiamo ancora nella mente le splendide emozioni suscitate dalle Anteprime di Toscana 2024 e dalla due giorni di Chianti Classico Collection alla Stazione Leopolda di Firenze. La culla del Rinascimento italiano per una settimana nell’anno diventa anche la culla del vino nel mondo. Pronunciare Chianti Classico significa raccontare territori incantevoli, dove la fatica dell’uomo è riuscita ad abbellire ciò che è già magnifico di per sé.

Un universo di meraviglie, un racconto diverso ogni volta. Tantissime le aziende presenti ai banchi di assaggio. Oltre 500 le referenze messe in degustazione per la stampa di settore, tra cui c’eravamo anche noi di 20Italie, con il direttore Luca Matarazzo ed i redattori Alberto Chiarenza, Adriano Guerri e Ombretta Ferretto. A loro il compito bellissimo e arduo di selezionare i migliori assaggi tra Chianti Classico Annata, Riserva e Gran Selezione, per poi intervistare alcuni tra i rappresentati di prestigio dell’areale.

Un ringraziamento particolare va alla Regione Toscana per l’organizzazione semplicemente perfetta della settimana di Anteprime di Toscana ed alle referenti Silvia Fiorentini e Caterina Mori del Consorzio Vino Chianti Classico per averci dato piena assistenza durante la kermesse.

Ma adesso è giunto davvero il momento di lasciare spazio e voce alle emozioni dei nostri autori, che sapranno trasmettere certamente lo spirito di gruppo e le vibrazioni dell’aver preso posto in un luogo dove si fa la storia del vino.

Alberto Chiarenza

La recente edizione del Chianti Classico Collection 2024 ha segnato un vero trionfo, con la partecipazione di rinomati giornalisti ed esperti del settore provenienti da buona parte del mondo. Le mie aspettative erano alte e la manifestazione non mi ha certamente deluso, con le degustazioni in anteprima che confermano un trend verso vini di altissima qualità. Un cambiamento significativo è stato notato nell’approccio alla vinificazione, con una diminuzione dell’uso del legno a favore di vini più freschi e verticali. Tuttavia, la tradizione non è stata abbandonata, ma rielaborata in modo da mantenere l’autenticità senza appesantire il palato con sentori eccessivi di legno. Bellissima esperienza condivisa con amici e colleghi di 20Italie come Adriano, Ombretta e il direttore Luca Matarazzo.

Ombretta Ferretto

Chianti Classico Collection 2024 è stata un’occasione avvincente per abbracciare in un unico colpo una denominazione complessa e apprezzarne le numerose sfaccettature del territorio. Grazie all’ottimo lavoro di squadra con il direttore Luca Matarazzo e i colleghi Alberto Chiarenza e Adriano Guerri, in due giorni sono stati passati al vaglio circa cinquecento campioni tra Annata, Riserva e Gran Selezione. Non mi è mancata occasione di approfondire in verticale specifici territori e la storia della denominazione attraverso importanti realtà produttive: Gaiole, con Ricasoli e Castello di Ama, entrambe impegnate in accurate zonazioni espressive degli specifici areali,  San Donato in Poggio, con Castello di Monsanto e il primo cru di Chianti.

Adriano Guerri

La Chianti Classico Collection suscita molto interesse da parte di noi amanti di Bacco. Questa edizione è stata ricca ed appassionante con amici di viaggio molto preparati e affabili. Momenti di confronto in degustazione molto costruttivi, senza lasciare nulla al caso. Ringrazierò sempre il direttore Luca Matarazzo per la possibilità, Ombretta Ferretto e Alberto Chiarenza per aver trascorso assieme due giornate emozionanti. La citazione musicale “Tu chiamale se vuoi emozioni”, del duo Battisti-Mogol, calza a pennello.

Luca Matarazzo (direttore)

Indubbiamente questo è “l’evento degli eventi”. Sono giunto all’ottava partecipazione e ogni volta è un’emozione diversa. Tanti colleghi ed amici da tutto il mondo pronti a confrontarsi con un mito del Made in Italy, che ha vissuto anche momenti delicati e cruciali. Dalla ripresa post scandalo al metanolo di metà anni ’80, il trend in positivo non ha mai smesso di arrestarsi. Adesso non si discute più di qualità, ma di sostenibilità ed i dilemmi imposti dal climate change rappresentano la vera sfida per il futuro. Per intanto però, godiamoci con un sorriso i primi 100 anni del Consorzio Vino Chianti Classico e del suo Gallo Nero, emblema di un vino unico e inimitabile.

Tutte le interviste le troverete cliccando sul seguente link di youtube.

Leggi anche le nostre impressioni 👇🏻

Chianti Classico Collection 2024 le nostre impressioni sulla Riserva: essere o non essere non basta, bisogna crederci davvero

Abbiamo già parlato degli assaggi sulla versione Chianti Classico Annata e Gran Selezione ai seguenti link: 100 anni dalla nascita del Consorzio Vino Chianti Classico: le nostre impressioni sulla tipologia “annata” 2022 e 2021Chianti Classico Collection 2024: la Gran Selezione nel segno della continuità.

Mancavano all’appello, per concludere degnamente l’operato di 20Italie durante l’evento Chianti Classico Collection 2024 nell’ambito di Anteprime di Toscana, le valutazioni della Riserva, suddivisa nelle annate 2021 e 2020. Il panel di degustazione è stato composto dal direttore Luca Matarazzo e dai redattori Alberto Chiarenza, Ombretta Ferretto, Adriano Guerri.

La 2021 conferma, qualora ce ne fosse bisogno, tutta la sua carica fruttata e la palpabilità del tannino. <<Una vintage ancora piuttosto irruenta e spigolosa, che necessita di tanto riposo prima di comprenderne il reale potenziale>> evidenza Ombretta Ferretto. Adriano Guerri intravede comunque delle positività fornite dalle <<freschezze presenti, che rendono i campioni gradevoli nell’allungo finale e per nulla stancanti>>. Rincara la dose il redattore Alberto Chiarenza: <<la bivalenza dell’annata, dai toni a tratti rudi, a tratti morbidi e alcolici. Vini che cercano ancora il giusto bilanciamento>>.

Certamente di minor impatto palatale e meglio declinata sulle eleganze la 2020 con alcuni picchi di assoluta bellezza. <<Una sorta di canto del cigno delle sfumature più nobili del Sangiovese chiantigiano, quelle note di viola mammola e spezie sinuose che contraddistinguono i prodotti di gran parte dell’areale>> sottolinea Luca Matarazzo direttore di 20Italie. Il rovescio della medaglia potrebbe essere il prezzo pagato nei confronti della longevità, vini obbiettivamente a un ottimo stato evolutivo che vanno apprezzati già adesso per quel che sono.

Il problema non è l’essere o non essere di amletica memoria, quanto l’effettiva credibilità di una tipologia compressa tra Annata e Gran Selezione, anche nella selezione (ci perdonerete il gioco di parole) delle uve da destinare e delle pratiche di cantina per distinguersi dagli altri. Uno schema tutto interno alla Denominazione, in cui prevale al momento una sorta di tregua forzata nell’attesa di ulteriori sviluppi. La politica di “appeasement” anche in questo caso, come fu per il primo ministro Chamberlain nel secolo scorso, rischia solo di creare confusione e smarrimento.

Di seguito l’elenco dei premiati, che hanno ottenuto alla cieca un punteggio pari o superiore ai 90 centesimi.

Migliori Chianti Classico Riserva 2021

Buondonno

Castello di Vicchiomaggio – Agostino Petri

Fattoria San Giusto a Rentennano – Le Baròncole (campione da botte)

L’Erta di Radda (campione da botte)

Ottomani

Podere Castellinuzza/Paolo Coccia (campione da botte)

Ricasoli – Brolio

Migliori Chianti Classico Riserva 2020

Acquadiaccia

Borgo Salcetino – Lucarello

Casa al Vento – Foho (campione da botte)

Castello di Gabbiano

Castello di Monsanto

Cinciano

I Sodi

La Sala del Torriano

Montefioralle

Podere La Cappella – Querciolo

Rignana

San Felice – Il Grigio

Tenuta di Nozzole – La Forra

Tenute Selvolini

Vigneti La Selvanella/Melini – Vigneti La Selvanella

100 anni dalla nascita del Consorzio Vino Chianti Classico: le nostre impressioni sulla tipologia “annata” 2022 e 2021

Il tempo delle rose è finito, forse per sempre. Adesso, se si vuol godere appieno del Sangiovese in versione Chianti Classico, bisogna puntare dritto sul frutto, costi quel che costi. Di certo un cambiamento è in atto, anno dopo anno, nella potenza del sorso, nell’integrità dei tannini, nella piacevolezza complessiva.

La 2022 ha mostrato i toni caldi di una stagione che ha messo a dura prova la resistenza delle vigne ed i nervi dei produttori. La pioggia benefica primaverile e autunnale del passato è ormai un lontano ricordo, lo notiamo girando per Firenze a febbraio in manica di camicia. Restano gli eventi estremi che svaniscono con la stessa velocità con la quale causano anche danni devastanti. Nel difficile scenario odierno, si studia come diminuire le concentrazioni alcoliche e migliorare la parte antocianica sempre più sfalsata rispetto ai tempi ideali di vendemmia.

Non stupisce che il marcatore quasi ossessivo dei vini sia la spezia scura, che scatta con velocità precedendo di qualche lunghezza la celebre ciliegia. Quest’ultima si esprime su linee di confettura o di marasca sotto spirito, a discapito delle nuance tenere e delicate dei periodi freschi. Il futuro è già scritto e anche il gusto di chi giudica dovrà necessariamente adattarsi senza rimpianti.

Qualche sussulto a fasi alterne nella 2021, con maggiori picchi espressivi in positivo insieme a steccature inattese. Il tannino eccessivamente piacevole, o per meglio dire piacione della 2022, diventa ispido e difficile da elaborare. Domina un’immagine generale in chiaroscuro come fu per la 2018, con l’attenuante di speranza per il domani, grazie all’eleganza e alle sfumature ancora acerbe che promettono buona evoluzione.

È certamente un momento di festa per il centenario del Consorzio Vino Chianti Classico e per l’intera denominazione d’origine. Sfruttiamone i tempi felici per prepararci a dovere a qualsiasi mutamento climatico e di stile. Ora o mai più.

Ecco i nostri migliori assaggi, effettuati durante l’evento Chianti Classico Collection 2024, in ordine alfabetico così come proposto dalla tabella di degustazione riservata alla stampa. Sono i vini che si sono attestati su un livello pari almeno a 90 centesimi. Il panel è stato composto dai redattori di 20Italie: Alberto Chiarenza, Adriano Guerri, Ombretta Ferretto e dal direttore Luca Matarazzo

Chianti Classico Docg 2022

Brancaia

Castello di Ama – Ama

Castello di Querceto

Fattoria San Michele a Torri – Tenuta la Gabbiola

Gagliole – Rubiolo (campione da botte)

La Montanina

Monteraponi

Montesecondo

Mori Concetta

Oliviera – Lavoro

Podere Terreno alla via della Volpaia

Riecine

Rocca delle Macie

Tolaini – Vallenuova

Chianti Classico Docg 2021

Cafaggio

Carpineta Fontalpino – Fontalpino

Castello della Peneretta

Castello di Bossi

Castello di Radda

Cinciano

Dievole – Petrignano

Fontodi – Filetta di Lamole

La Croce

Le Fonti/Panzano – Le Fonti

Losi Querciavalle – Querciavalle (campione da botte)

Ottomani

Pensieri di Cavatina

Podere Capaccia

Podere Cianfanelli – Cianfanello

Pomona

Rinchiari Porciglia – Porciglia

San Giorgio a Lapi

Savignola Paolina – Ora

Tenuta di Lilliano – Lilliano

Tenute Squarcialupi – Cosimo Bojola

Valvirginio – Nero dei Venti

Villa Vallacchio

Fontodi: la magia del Sangiovese in purezza nel cuore del Chianti Classico

Non capita tutti i giorni di varcare il cancello di cantine affascinanti come quella di Fontodi.

Ad accoglierci c’era il dinamico e autoctono Silvano Marcucci, panzanese doc, cuore pulsante dell’azienda, orgoglioso e consapevole di trovarsi in un territorio di rara bellezza. Dopo esserci sgranchiti le gambe passeggiando in vigna, Silvano ci ha illustrato la storia dell’azienda, per poi entrare in cantina e degustare con enorme piacere i vini. Dalla terrazza di Fontodi si gode di un panorama senza pari digradante verso le Alpi Apuane, l’Appennino Tosco-emiliano e lo splendore dei vigneti e oliveti sotto e circostanti.

Un’esperienza memorabile ed emozionante.

Fontodi si trova nel cuore del Chianti Classico, più precisamente nella vallata che si apre a sud del borgo di Panzano a forma di anfiteatro, denominata “Conca d’oro“.  Il biodistretto nel comune fiorentino di Greve in Chianti.

Un terroir rinomato da secoli per la sua alta vocazione alla viticoltura di qualità dovuta alla combinazione unica di elevata altitudine, terreni galestrosi, esposizioni ottimali e un microclima favorevole per l’allevamento della vite. Caldo e asciutto, caratterizzato da notevoli escursioni termiche tra le ore diurne e notturne.

L’azienda è, dal 1968, di proprietà della famiglia Manetti, con Giovanni Manetti attuale Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico. Vanta circa  110 ettari di vigneti, condotti secondo i dettami dell’agricoltura biologica. La cantina è disposta su tre livelli e si avvale della forza di gravità, evitando l’uso di pompe elettriche. Negli anni ottanta qui è nato Flaccianello della Pieve e da allora il  successo è stato enorme, fra i grandissimi nomi della vitivinicoltura toscana. 

Panzano con il recente arrivo delle UGA (Unità Geografiche Aggiuntive) per la Gran Selezione, ha visto ancor di più certificare la propria qualità.

I vini degustati

Flaccianello della Pieve IGT 2019 – Sangiovese in purezza, matura in barriques e botti di rovere francese per 24 mesi. Tonalità rosso rubino intenso e luminoso, ricco e complesso, sprigiona sentori floreali di viola mammola, ribes, marasca, mora e di visciole sotto spirito, poi tabacco e china. Avvolgente e dotato di una nobile trama tannica, con un finale lunghissimo su cenni balsamici ed un sorso duraturo.

Chianti Classico Gran Selezione Vigna del Sorbo 2020 – Sangiovese in purezza, matura per 24 mesi in barriques e botti di rovere francese. Rosso rubino intenso, al naso è un’ esplosione di profumi, viola, lampone, fragola  ciliegia, prugna, rabarbaro e bacche di ginepro, al gusto è pieno ed appagante,  morbido, generoso ed armonioso.

Chianti Classico 2020 – Sangiovese in purezza – Matura in legno piccolo e botti grandi di rovere per 18 mesi – Rosso rubino luminoso, al naso rimanda sentori inizialmente di viola mammola e frutti a bacca rossa, come ribes e ciliegie, per poi proseguire su gradevoli note di spezie dolci. Al gusto è fine, sapido e suadente.

Chianti Classico Filetta di Lamole 2020 – Sangiovese 100% –  Rubino trasparente, rivela note ciclamino, erbe aromatiche, la tipica arancia sanguinella e spezie dolci.  Tannini setosi e vivace freschezza a conclusione di un elegante sorso.

Fontodi

Via San Leonino 89 – Loc. Panzano

50022 Greve in Chianti (Fi)

http://www.fontodi.com

Chianti Classico: La Sala del Torriano

di Adriano Guerri

Di recente ho approfondito la conoscenza sul meraviglioso areale del Chianti Classico visitando la cantina La Sala del Torriano, grazie all’ottima organizzazione della giornalista Roberta Perna.

Dopo una passeggiata nei vigneti adiacenti alla struttura, abbiamo degustato alcuni dei loro vini di annate diverse, chiudendo la serata con una suggestiva cena a bordo piscina. Qui si trova infatti anche l’agriturismo che mette a disposizione degli ospiti  5 appartamenti, mentre la cantina di vinificazione è a poca distanza da Torriano.

La Sala del Torriano è situata nella sottozona di San Casciano nella parte nord della Denominazione, più precisamente a Montefiridolfi a pochi chilometri dal capoluogo toscano.
Vanta 33 ettari vitati e una estensione complessiva di oltre 70 con oliveti e bosco. I vigneti sono condotti secondo i dettami dell’agricoltura biologica, posti a 310 metri s.l.m. su terreni argillosi ricchi di magnesio e ferro, con presenza di macigno del Chianti. 

Le varietà allevate sono il Sangiovese, protagonista indiscusso del Chianti Classico, Cabernet Sauvignon e Merlot. Un’azienda interamente ad “anima rossista”. Dal 2014 al timone c’è Francesco Rossi Ferrini, che si avvale della preziosa collaborazione dell’enologo Stefano Di Biasi e di Ovidio Mugnaini enologo e agronomo.

Vinificano soltanto il 50 % delle uve prodotte, ricercando le migliori selezioni da ogni vigneto e svolgendo un attento lavoro in cantina con fermentazioni suddivise in piccoli lotti per rispettare al massimo le differenze di espressione. I legni utilizzati per la maturazione del vino sono poco invasivi. Nei loro prodotti riscontriamo finezza e piacevolezza di beva, ma anche buona struttura, facili e belli da ricordare.

I vini degustati

Chianti Classico 2016 – Sangiovese 90% Merlot 10% – Rubino vivace e trasparente, emana note di viola, marasca, prugna, mora e pepe nero, fresco. Avvolgente e lungo all’assaggio.

Chianti Classico 2015 – Stesso uvaggio, con sentori di rabarbaro, arancia sanguinella e spezie dolci. Tannino fresco, setoso e armonioso.

Chianti Classico 2014 – Sangiovese 85%, Merlot 15% – Malgrado l’annata non semplice, il vino risulta agile, sapido e persistente, qualche istante prima al naso rimandava a note di lamponi, rosa, rosmarino, mirto e tabacco.

Chianti Classico Gran Selezione 2018 “Il Torriano” – Sangiovese in purezza. Rubino intenso, dai sentori di violetta, amarena, mora, prugna, bacche di ginepro e sottobosco. Setoso al palato e decisamente persistente.

Chianti Classico Gran Selezione 2016 “Il Torriano” –  Nuance di mora, mirtillo, zenzero, scorza d’arancia e spezie dolci. Grande progressione succosa, appagante ed elegante.

Chianti Classico Gran Selezione 2015 “Il Torriano” – Declinato su rosa canina, ciliegia, confettura di frutti di bosco, arancia sanguinella, polvere di cacao e tabacco. Tannini ben integrati e saporiti.

Pugnitello 5 Filari  Toscana Igt 2020 – Veste color rubino profondo, mentre emergono sentori di mora, ribes nero, alloro, cumino e grafite. Ottima la freschezza e l’immediatezza di bocca.

“I Profumi di Lamole”

di Adriano Guerri

La rassegna vini I Profumi di Lamole è andata in scena dal 2 al 4 giugno per la ventesima volta nel caratteristico borgo, evento ideato dai produttori del locali in collaborazione con il Comune di Greve in Chianti.

Gli stands sono stati allestiti nella graziosa piazza di Lamole, dalla quale si gode di un panorama impareggiabile. Nove i produttori presenti con un ospite d’onore proveniente dalla Borgogna.  Arrivando nella ridente località mi è venuto in mente il titolo del film di Leonardo Pieraccioni, “Il Paradiso all’improvviso”. Lo è per davvero, il tempo sembra essersi fermato e la pace regna sovrana. Un borgo abitato da poche anime e molte delle quali portano il cognome Socci.

Lamole è situato nel comune di Greve in Chianti (FI), nel cuore del Chianti Classico ad altitudini elevate, con molti vigneti allevati a 600 metri s.l.m. Nella parte più alta sono stati mantenuti i terrazzamenti con muretti a secco e le viti con il sistema ad alberello, su suoli sabbiosi dotati di un forte potere drenante. Le pendenze notevoli ed i muretti consentono miglior accesso tra i filari, accumulando calore durante il giorno, per poi rilasciarlo nelle ore notturne ed evitando il dilavamento delle piogge.

Un bellissimo esempio di  conservazione e manutenzione del territorio, valso il riconoscimento a pieno titolo dal Ministero delle Politiche agricole di “Paesaggio rurale storico”. La vite su queste erte colline viene coltivata sin dall’epoca romana in un anfiteatro naturale. Con il cambiamento climatico questa enclave beneficia di temperature fresche e anche in annate siccitose non ha problemi di siccità e maturazioni.

Delle 11 UGA (Unita Geografiche Aggiuntive) del Chianti Classico, Lamole è la più piccola e caratterizzata dalla presenza, oltre che di viti e oliveti, di impenetrabili boschi e campi di giaggiolo.
Il vitigno maggiormente coltivato è il Sangiovese, ma anche Colorino, Canaiolo, Trebbiano e Malvasia.
I vini sono compositi, freschi, lineari, eleganti e dotati di una straordinaria piacevolezza di beva e tannini sottili e minerali.

Tra i migliori assaggi:

Chianti Classico Riserva 2018 Vigna Piuca Az.Castellinuzza e Piuca
Chianti Classico Riserva 2019 Az.Le Masse di Lamole
Chianti Classico Testardo 2019 Az. Il Campino di Lamole
Chianti Classico Gran Selezione Vecchie Vigne 2019 Az. Podere Castellinuzza
Chianti Classico Riserva 2019 Az. I Fabbri
Chianti Classico Gran Selezione 2016 Az. Castellinuzza
Chianti Classico Gran Selezione Vigna Grospoli 2019 Az. Lamole di Lamole
Chianti Classico Punto di Vista 2020 Az. Jurij Fiore & Figlia
Le Viti di Livio Toscana Igt 2015 Az. Castello di Lamole di Paolo Socci

Poggio Borgoni – approfondimento Chianti Classico Collection 2023

di Alberto Chiarenza


Poggio Borgoni si trova a San Casciano in Val di Pesa (FI) uno dei comuni ricadenti nella Denominazione di Origine del Chianti Classico.

La superfice vitata raggiunge quasi 10 ettari coltivati a Sangiovese e Merlot, su terreni mediamente argillosi e con presenza di ciottoli. Il Merlot qui si esprime bene e unito al Sangiovese riesce a dare risultati eccellenti. 

La filosofia della Famiglia Salvini, proprietari della Cantina, è: “azienda piccola, grandi vini”. Si persegue una ricerca alla qualità in ogni fase produttiva, andando anche oltre i regolamenti del disciplinare.

Eleonora Salvini

Vengono adottati periodi di affinamento maggiori rispetto a quelli previsti, come per il Rosso di Toscana IGT, il “vino di entrata” che è tutt’altro che un vino di entrata.

E poi l’annata del Chianti Classico DOCG, viene immesso sul mercato dopo trenta mesi invece di dodici ed il Chianti Classico Riserva, in vendita dopo tre anni e mezzo. 

Le lavorazioni in vigna sono effettuate quasi per intero a mano, mentre la vinificazione avviene principalmente in vasche di cemento dove viene svolta sia la fermentazione alcolica che la malolattica.

Nota di merito per l’enologa Elisabetta Barbieri che cura con grande professionalità la produzione di Poggio Borgoni.

La linea di Poggio Borgoni prevede un IGT Rosso di Toscana, un Chianti Classico DOCG Curva del Vescovo e il Chianti Classico DOCG Riserva Borromeo.

Si aggiunge ad essi una Grappa di Chianti Classico Curva del Vescovo, il cru aziendale.

Per quanto riguarda il Chianti Classico DOCG Curva del Vescovo e Chianti Classico DOCG Riserva Borromeo, l’affinamento dopo il cemento, continua per 18 mesi in barrique di primo passaggio per l’80% della massa e secondo passaggio il rimanente 20% dove il totale della massa è costituita da Sangiovese e un saldo del 15% di Merlot.

Il risultato finale è in equilibrio tra buone morbidezze e grande verticalità, con tannini ben levigati, complessità, freschezza e note balsamiche.

Vini da invecchiamento che vale la pena provare adesso o dopo qualche anno proprio per poter comprendere il livello di evoluzione.

L’azienda non ha la certificazione biologica, ma le lavorazioni attente e rispettose della natura e del territorio sono indirizzate alla sostenibilità, ancor più selettiva rispetto a quanto previsto in regime biologico.