Roma: la tappa del Lugana DOC nel suo Tour in giro per l’Italia

di Augusta Boes

Per comunicare efficacemente è importante considerare il pubblico di riferimento e gli obiettivi che si intendono raggiungere. Questo concetto è ben noto al Consorzio di Tutela del Lugana DOC, che sa bene come la comunicazione digitale possa essere solo un surrogato della realtà. In un’epoca in cui il mondo è sempre più digitalizzato e le relazioni sono spesso virtuali, il Presidente del Consorzio Fabio Zenato e un gruppo di Produttori di riferimento del territorio si sono messi in viaggio per presentare le loro eccellenze nelle principali città italiane, attraverso un format che prevede eventi dal vivo e con il calice in mano. Non c’è nulla di più efficace che raccontarsi faccia a faccia, con la possibilità di scambiarsi strette di mano, abbracci e sguardi sinceri. Niente è più coinvolgente di un momento di approfondimento esperienziale, che permette di avvicinare il pubblico in modo mirato, generando efficacia nei canali di promozione.

Le aziende stanno gradualmente comprendendo che la divulgazione individuale non è sufficiente e che è importante collaborare con i colleghi per sviluppare nuove idee promozionali volte a comunicare un intero territorio. La Denominazione, dunque, si pone come una vera e propria proprietà collettiva che richiede uno sforzo congiunto per essere valorizzata al meglio. Non si tratta di aggiungere ulteriori iniziative a un mercato già saturo di proposte ed eventi, ma piuttosto di selezionare le soluzioni più efficaci, che possano generare concrete opportunità di dialogo e nuove relazioni con i consumatori.

Con 2.560 ettari vitati, 210 Aziende e 28 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, il Lugana DOC ha come principale sbocco il mercato internazionale che assorbe circa il 70% della produzione, ma è ancora poco diffuso in Italia al di fuori del proprio territorio di produzione che si affaccia sulla sponda meridionale del Lago di Garda.  Da qui l’idea di un tour promozionale per presentare questa eccellenza al Belpaese. E non si poteva che cominciare dalla Capitale che ha ospitato la prima tappa nella suggestiva cornice dell’Enoteca La Torre a Villa Laetitia.

Il vitigno principe della DOC è il Turbiana, figlio del Lago di Garda, una meraviglia plasmata in milioni di anni dalla natura, dai ghiacciai e dal tempo. La morfologia delle colline moreniche che si affacciano sul lago è dolce e caratterizzata da linee delicate. Grazie al clima sub-mediterraneo, gli inverni sono miti e le estati temperate, mentre la bio-diversità qui è la regola dell’armonia perfetta. Il passare del tempo modella forme, colori e profumi, che variano a seconda delle stagioni, ma l’atmosfera del Garda rimane sempre fedele a sé stessa e si tinge di mille sfumature d’incanto.

Iscritto Catalogo Nazionale delle varietà della Vite al numero 239 come Trebbiano di Soave, e al numero 254 come Verdicchio Bianco B, il Turbiana è sinonimo ufficiale di entrambi che geneticamente sono il medesimo vitigno. Apprezzato per la sua freschezza e la sua acidità equilibrata, è un vitigno molto duttile e le sue uve possono essere vinificate in diverse modalità, dando vita a vini secchi o dolci, spumanti o fermi, ma che presentano in tutti i casi un carattere sempre fresco, armonico e delicato, e un ottimo potenziale di invecchiamento.

Negli ultimi decenni gli sforzi dei produttori hanno portato a una maggiore attenzione alla qualità dei vini e alla valorizzazione del territorio del Lugana DOC, e le otto etichette degustate durante questa interessante giornata non lasciano dubbi in proposito. Un excursus completo e didattico che ha portato nei calici le diverse sfaccettature di questo vino in otto interpretazioni eccellenti. In ordine di apparizione:

  • Azienda Agricola Brunello – Etichetta Nera -Lugana DOC 2022
  • Citari – Conchiglia – Lugana DOC 2022
  • Cascina Le Preseglie – Hamsa – Lugana DOC 2021
  • CàMAiol – Molin – Logana DOC 2021
  • Montonale – Orestilla -Lugana DOC 2021 (il mio preferito)
  • Cà Lojera – Riserva del Lupo – Lugana DOC 2019
  • Perla del Garda – Riserva Madre Perla 2018 – Lugana DOC 2018
  • Cantina Bulgarini – Superiore Cà Vibò – Lugana DOC 2016

Qui a Roma la prima tappa di questo “Lugana on Tour” ha suscitato interesse ed entusiasmo e siamo convinti sarà ovunque un grandissimo successo! Teniamocele un po’ più dentro casa le nostre eccellenze! Dalla Capitale è tutto.

“San Marzano on Tour” al ristorante Quattro Passi di Massa Lubrense (NA)

di Ombretta Ferretto

Quando il vino diventa protagonista è capace di cavalcare le migliori tavole del Paese, come una celebrità sa cavalcare le vie del palcoscenico. L’evento “San Marzano On Tour”, dedicato all’omonima cantina pugliese San Marzano è nato in collaborazione con Gambero Rosso. Una tournée enogastronomica che tocca alcune località del Belpaese con i loro ristoranti gourmet.

L’avvincente sfida porta la Puglia fuori dai propri confini per abbinare i vini San Marzano con piatti delle tradizioni regionali italiane: i menu vengono approntati tappa per tappa in modo da poter offrire la miglior esperienza sensoriale nell’abbinamento cibo-vino.

Cantine San Marzano è una Cooperativa vitivinicola fondata da diciannove soci in località San Marzano di San Giuseppe (TA) nel 1962 e si estende su 1500 ettari complessivi. Protagonista del tour enologico che ha già toccato il SanBrite di Cortina d’Ampezzo e Da Gabrisa a Positano. Entusiasmo, dunque, per la terza tappa on the road, che vede protagonista assieme vini dell’azienda, il ristorante Quattro Passi della famiglia Mellino, due stelle Michelin.

Siamo a Nerano, piccolo borgo di pescatori, incastonato sulla punta estrema di quella lingua di terra che a nord culla in un grande abbraccio il Golfo di Napoli, e a sud si frastaglia tra fiordi e insenature della Costiera Amalfitana. Ospiti nella splendida location Luca Conversano, sales area manager di San Marzano, Angelo Cotugno export manager, Maria Cavallo, proprietaria, e Lorenzo Ruggeri, vice curatore della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso. Ad accoglierci lo chef Fabrizio Mellino, responsabile del ristorante di famiglia, e suo padre Antonio, chef patron e fondatore del locale giunto al quarantesimo anno di attività.

Atmosfera rilassante nella sala al primo piano: il camino scoppiettante fa da piacevole compagnia, complice una primavera insolitamente fredda. Il richiamo al mare, a pochi metri di distanza, è presente in ogni particolare dell’arredamento stile coastal e delle decorazioni. Dalle sedute in vimini bianche, rosse e blu, alle sculture di spugne, coralli e grandi pesci bianchi, che sembrano letteralmente guizzare fuori dal soffitto per poi rituffarsi nello stesso mare immaginifico posto sopra le teste dei presenti.

Non mancano a tavola i panificati creati da Fabrizio: i grissini di pasta di tarallo, il bis di panini alla camomilla e ai cinque cereali, le croccanti sfoglie a base di Provolone del Monaco Dop modellate nella forma di quelle vele che d’estate solcano la baia sottostante. Aprono le danze gastronomiche gli amuse-bouche che riportano alle origini stesse del ristorante, nato come pizzeria nel 1983: due montanare ripiene e una polpettina di melanzane. Un piccolo involucro in carta racchiude la pizzetta fritta e richiama nella forma un forno a legna, su cui è impresso il simbolo dei quattro passi.

Al calice la prima proposta è Calce Rosé Spumante Metodo Classico Brut 2017, da uve Chardonnay e Negramaro, che sosta sui lieviti per trentasei mesi. Il nome vuole essere un omaggio ai borghi della Valle dell’Itria, dipinti in calce bianca per rifrangere i feroci raggi del sole nei caldi mesi estivi. Colpiscono immediatamente i sentori agrumati e di piccoli frutti rossi, in perfetta corrispondenza con il sorso fresco e lungo. Il Metodo Classico accompagna anche la prima portata del menù, la spuma di patate con uova di salmone affumicate all’incenso e olio al rosmarino: le sfumature color buccia di cipolla, ancora brillano nel bicchiere, quasi a richiamare la tonalità rosata delle uova di salmone, completandone sapidità e aromaticità.

La tradizione diventa evoluzione nella portata successiva che fa da eco all’antipasto tipico della costiera sorrentina, l’insalata di calamari. È quasi un peccato spezzarne l’armonia cromatica disegnata dalle tagliatelle di calamaro con limone di Massa Lubrense e bottarga. La pasta è ridisegnata non solo nel nome e nella forma, ma pure nella consistenza, e si abbina a regola d’arte con il secondo vino in degustazione, Timo Vermentino Salento IGP 2022 da Vermentino in purezza. L’abbinamento più riuscito della serata con le fragranze classiche del varietale, ancora giovani, che si completano al palato in sentori di arancia tarocca e macchia mediterranea.

Le linguine alla Nerano, pietanza conosciuta in tutto il mondo, sono qui servite nella personale
interpretazione dello chef, che affianca alle zucchine anche i loro fiori, e predilige come formaggio un Parmigiano Reggiano stagionato 12 mesi. Anche il formato scelto (la linguina e non lo spaghetto) è voluto per esaltare al meglio i sapori dell’intingolo. Viene subito servito Edda Bianco Salento IGP 2021, vino dall’anima femminile (Edda in dialetto salentino significa “Lei”), blend di Chardonnay e una percentuale variabile – tra il 30% e il 35% – di autoctoni quali Moscatello e Fiano Minutolo. Elevato in barrique di rovere francese per circa quattro mesi. Olfatto delicatamente floreale e vegetale, arricchito da tenui sentori di vaniglia. L’abbinamento non risulta, forse, il migliore, con il retrogusto della zucchina che si allunga nel sorso verso una chiusura di bocca amaricante.

La temperatura in tarda serata si mitiga e invita i partecipanti a godere degli spazi esterni, come la terrazza del cocktail bar, proprio fuori dalla sala. Un vero giardino pensile affacciato sul mare, dove
il bianco e il blu dominano anche nei disegni esagonali delle ceramiche vietresi. Affacciandosi possiamo quasi immaginare i turisti che d’estate scendono dalle imbarcazioni private e salgono al locale, passando direttamente dalla cantina vini, per gustare un cocktail o una cena in questo angolo di Paradiso.

Proseguiamo la cena con un vitigno autoctono riscoperto da una quindicina d’anni: il Susumaniello, il cui nome deriva da un’espressione dialettale che significa caricarsi come un somaro. Molto produttivo in gioventù, diventa sempre più avaro di frutti con l’ravanzare del tempo. Ed è proprio nel momento in cui avviene questa riduzione della resa che il Susumaniello offre risultati sorprendenti!
Amai Susumaniello Rosé Salento IGP 2021 è un vino che ammalia già alla vista, nel suo tenue
color rosa antico, ottenuto dalla permanenza sulle bucce inferiore a due ore. Erbe officinali, maggiorana in prima battuta, e speziature di pepe rosa dominano su tutti, con il palato avvolto da nuance saporite che non stancano mai. Un vino che porta le note del mare”, come ha voluto sottolineare Luca Conversano, grazie a freschezza e sapidità bilanciate dal leggero calore finale.

Erbe aromatiche protagoniste anche nel trancio di spigola in salsa acetosella, dalle delicate presenze acidule che si sposano con Amai. Il pre-dessert di Fabrizio Mellino, invece, è un guizzo di velluto, un sorbetto al lime con kiwi, su spuma di latte e menta, che accompagna alla chiusura dei sipari in maniera elegante.

Dulcis in fundo, è proprio il caso di dirlo, arriva il momento del Primitivo, declinato nella versione Dolce Naturale: 11 Filari Primitivo di Manduria DOCG Dolce Naturale 2019. Il nome deriva dal numero di filari originariamente selezionati per ottenere tale prodotto. Viti ad alberello su cui appassiscono naturalmente i grappoli d’uva. Dopo la fermentazione, l’affinamento è in barrique di rovere francese e americano per dodici mesi. Prima ancora del colore rubino impenetrabile, impreziosito da sfumature granate, incantano le sinuosità delle movenze nel bevante, che preannunciano una bella struttura. Il naso spazia dai fichi secchi alla ciliegia in confettura, dal mallo di noce a note balsamiche di menta. La bocca è incredibilmente fresca, pulita, accarezzata da un tannino delicato, tanto da ipotizzarlo non soltanto con i dessert.

Lo chef affida la chiusura del menù al Babà guarnito con albicocca pellecchiella del Vesuvio e crema chantilly. Il richiamo alla tradizione culinaria della Terra delle Sirene non manca neppure nella petit patisserie in accompagnamento ai caffè: la Sfogliatella Santa Rosa, che leggenda vuole sia nata in un monastero della Costiera, e i cioccolattini ripieni di crema di melanzane e decorati con un granello di sale grosso, reminiscenza della ricetta della parmigiana dolce sorrentina.

La serata si conclude con una visita alla cantina interna del ristorante Quattro Passi, una piccola cattedrale enologica scavata nella roccia, le cui nicchie accolgono l’ampia selezione di vini italiani ed esteri, oltre a magnum di pregio e rare verticali di etichette celebri.