Toscana: ritorno a Podere Marcampo nel segno del compianto Genuino Del Duca

Genuino di nome e di fatto. Era così il patron Del Duca, proprietario di Podere Marcampo e del ristorante Il Vecchio Mulino prima e dell’Enoteca Del Duca poi, sempre a Volterra. Dalla beneamata Arma dei Carabinieri, spostato dall’Abruzzo in Toscana, ha saputo tramutare estro e passione in un lavoro che diverrà, col tempo, la sua primaria occupazione fino alla precoce dipartita nel 2022.

Un calco di Genuino Del Duca

Aiutato sin dagli inizi dalla moglie Ivana e dai due figli, in particolare la giovane Claudia Del Duca, ha saputo credere fortemente in un territorio conosciuto solo per le rovine etrusco romane, l’alabastro, il sale ed il carcere. Il vino qui era considerato un fattore estraneo, nonostante le potenzialità delle classiche colline morbide toscane. Le balze circondano i confini agricoli del borgo medievale, regalando una visione unica nel suo genere per chi cerca un comodo rifugio dalla frenesia.

Claudia Del Duca

Podere Marcampo sarebbe stato destinato all’oblio senza l’impianto delle prime barbatelle nel lontano 2004. La prima annata ufficiale, targata 2007 dall’enologo Giacomo Cesari, suscitò subito l’interesse della critica di settore e qualche riconoscimento arriva già nei primi vagiti dell’azienda, inaspettato persino per l’istrionico fondatore.

Quale varietà d’uva coltivare è stata la prima domanda che si pose Genuino. Seguire la moda dell’epoca che indicava negli internazionali francesi (ed in particolare il Merlot) i più raccomandabili o andare verso la storicità della regione onorando sua Maestà il Sangiovese? Alla fine la scelta è ricaduta su entrambi, degni compagni di merenda anche uniti nell’assemblaggio.

Le argille azzurre e le sabbie miste a componenti saline ben si prestano nell’offrire vini corpulenti, quasi muscolari e voluminosi, ma dotati di un finale salmastro-iodato che ne caratterizza la loro identità anche nelle annate più difficili. Oggi, con i nuovi impianti che risalgono al 2017, l’azienda è arrivata a 5 ettari complessivi, tutti adiacenti la cantina suddivisi fra: Merlot, Sangiovese, Pugnitello, Ciliegiolo e Vermentino. L’azienda è certificata biologica dal 2021.

La degustazione tecnica ha riguardato le tipologie Sangiovese e Merlot in purezza ed il blend confluito nel Marcampo, in varie annate “in verticale”. Luca Rettondini, attuale guida enologica dopo l’arrivo nel 2022, pochi mesi prima della scomparsa di Genuino, ci ha aiutato nel racconto dei vini e della filosofia stilistica volta a snellire corpo e morbidezze verso agilità e trame tanniche saporite. Compito non semplice quando si ha già concentrazione in vigna con appena 40/50 quintali di resa per ettaro.

Interessante, prima di partire con i cavalli di battaglia, l’assaggio del Vermentino “Terrablu” nelle annate 2023 – 2021 e 2019 ognuna con la sua storia da raccontare. Polposa e acerba l’ultima nata, incredibilmente fruttata e succosa la mediana e delicatamente agrumata quella con maggior maturità. Adesso fiato alle trombe prima della chiusura finale parlando della visita al Museo Etrusco Guarnacci di Volterra.

Il Sangiovese del Severus

Severus 2020: floreale, tenue, con note di viola mammola, spezia scura (chiodi di garofano), erbe mediterranee ed albicocca. Tipico, identitario, elegante.

Severus 2019: manca di forza nel centro bocca, con fase evolutiva da agrumi rossi e tannini amaricanti sul finale. Resiste quanto basta.

Severus 2018: dimostra completezza e versatilità. Masticabile, sorso tonico su ciliege succose e nuance iodate. Prosegue su ricordi ferrosi con riverberi di arancia gialla e china su chiusura balsamica. Spinge in tenore alcolico.

Severus 2016: il Sangiovese sa regalare emozioni autentiche a patto che sia ben fatto e che il tempo non cominci la sua corsa inesorabile al declino. Qui c’è ancora quella dolce sensazione gelatinosa e calorica, ma poi sopravanza il legno e termina corto in malinconia.

Il Merlot del Giusto alle Balze

Giusto alle Balze 2020: elegante, fitto con sensazioni speziate e iodate tra pepe nero, tabacco e cacao fondente. Saporito e salino.

Giusto alle Balze 2019: caramello a tratti allappante. Inizia verde e termina amaro con sbuffi salati che impegnano la bocca.

Giusto alle Balze 2018: si distende maturo e appetitoso. Danza tra amarene sotto spirito, condite da pepe in grani e grafite. Chiosa con emazie, torrefazione di caffè e salsedine. Averne.

Giusto alle Balze 2015: la freschezza non è il suo forte, ma la densità riesce a compensare quella vibrazione ormai scomparsa. Un vino gastronomico, da ricette a base di selvaggina a lunga cottura di cui l’Italia è piena.

L’unione tra Sangiovese e Merlot nel Marcampo

Marcampo 2022: lamponato e astringente. Leggermente indietro, deve attendere ulteriore tempo in bottiglia finendo su china, liquirizia e radice di rabarbaro.

Marcampo 2021: l’era del frutto. Intensità espressiva, tra ciliegia e succo di pesca. Agile al sorso, legato alla spezia morbida e sottile dai riverberi minerali.

Marcampo 2020: conferma l’annata performante per l’areale. Fine e nella giusta maturità d’assaggio, con spinte officinali e floreali quasi melliflue. L’acidità non sorregge la potenza calorica.

Museo Etrusco Guarnacci

La bellezza senza tempo dell’ingegneria e delle abilità umane, quelle che fanno bene allo spirito. La guerra con altre popolazioni, se mai di guerra si possa parlare o piuttosto di lenta integrazione e fusione tra popoli e culture, ha portato dapprima l’influenza ellenica e, successivamente, romana nelle opere d’arte lasciate a noi dagli Etruschi.

Lo schema sociale avanzato dove le donne avevano un ruolo preponderante nelle attività economiche e familiari, la possibilità democratica di consentire degna sepoltura ai morti di ogni ordine sociale e la cultura avanzata ben predisposta alle contaminazioni esterne, fanno riflettere sulle nostre stesse origini. Una visita permessa grazie al Direttore Fabrizio Burchianti e alla guida Dott.ssa Stefania Piunti su richiesta di Claudia Del Duca stessa e dell’Ufficio Stampa e PR “DarWine&Food” di Claudia Marinelli.

A conclusione del magnifico tour per la stampa, il pranzo in azienda organizzato da Osteria Bis di Gaetano Trovato di Colle Val d’Elsa, con l’aiuto chef Alessandro Calabrese, già Executive Chef dell’Enoteca De Duca.

COLLINE ALBELLE: Julian Reneaud un enologo francese approdato in Toscana

Ascoltare il racconto di Julian Reneaud di Colline Albelle è stato affascinante, mi ha trasportato in luoghi lontani, è stato un po’ come fare il giro del mondo insieme a lui. Un racconto che celebra il suo spirito d’avventura e il desiderio di esplorare il mondo. Enologo e agronomo, terminati gli studi, decide di seguire le vendemmie in giro per il globo ponendosi come sfida quella di non prendere mai l’aereo. Parte in autostop da Carcassonne, la famosa città fortificata a sud della Francia, alla volta del porto di Bordeaux dove trova lavoro a bordo di uno yatch che gli dà l’opportunità di attraversare l’Atlantico.

Approdato prima a Cuba e poi in Messico è in California che si ferma per partecipare alla sua prima vendemmia. Prosegue poi per altri Paesi: Sud America, Australia, Nuova Zelanda e per finire attraversa l’Asia. Soddisfatto da questa sua prima avventura, si rimette in viaggio, questa volta verso l’Africa, quindi il Sud America e gli USA. Si ferma nuovamente in California dove gli viene offerta l’opportunità di far parte dello staff della cantina Opus One: lì rimarrà per due anni collaborando alla produzione di un vino che riceverà il massimo punteggio dalla guida di Parker. Evento che gli farà ricevere proposte interessanti, una di questa arriva nel 2013 dall’azienda toscana Caiarossa a Riparbella che gestirà enologicamente per quattro anni.  

Ma Julian sogna in grande, il desiderio di avere una cantina tutta sua è sempre presente e l’incontro con due donne del vino bulgare, Dilyana Vasileva e Irena Gergova lo porterà alla svolta. Un giorno passeggiando insieme a loro, accade qualcosa: “Abbiamo svoltato in una strada stretta e iniziato la ripida salita sulla prima dorsale della Costa Toscana. A circa 350 metri di altezza, siamo stati accolti da un panorama aperto, il sole e le poche nuvole pennellate sullo smalto blu del cielo. A catturare la nostra attenzione un vigneto abbandonato, bellissimo e dal grande potenziale. Abbiamo deciso che era ora di riportarlo in vita”

Riparbella, antico borgo medievale sulle colline a nord di Bolgheri, vanta una natura ancora incontaminata che negli ultimi decenni ha assunto un modello di viticoltura biologica e naturale.

La zona ha tutti gli elementi favorevoli per la produzione della vite:

  • Terreni sabbiosi, ben drenati, ricchi di sassi, sono l’indicatore di un’alta potenzialità agronomica;
  • alte quote che regalano lunghe giornate fresche e soleggiate, dove le difficili condizioni di crescita della vite apportano concentrazione e carattere. Tutto questo dona ai vini una grande densità e una vivace aromaticità;
  • l’influenza costiera caratterizza le vigne con freschi venti marittimi e una foschia mattutina, permettendo all’uva di mantenere l’equilibrio e l’eleganza mentre dona una particolare salinità al vino.

Colline Albelle prende forma così nel 2016: 40 ettari di terreno (20 di bosco e 20 di vigna), il nome ricorda i suoli tufacei chiari della zona, Albella: bianca L’idea di seguire i principi dell’agricoltura biologica e biodinamica porta Julian ad acquistare bestiame, al quale verrà affidato il lavoro di ripulire la macchia intorno alle vigne, che dopo due anni di ristrutturazioni tornano produttive. La biodiversità è tangibile, lavorando con il sovescio che fertilizza in modo naturale. La presenza delle api nei vigneti rappresenta una straordinaria risorsa: preservano la biodiversità degli stessi e giocano un ruolo fondamentale nella riproduzione dei fiori della vite.

Anche l’uomo fa la sua parte. I vigneti sono allevati secondo il sistema a guyot e a cordone speronato, ma su queste due classiche tecniche, l’azienda lavora ulteriormente sulla selezione con una particolare azione di potatura. L’idea – studiata sul campo – punta ad ottenere due grappoli per pianta di dimensioni minori e lievemente più tardivi degli altri. Al momento della vendemmia, saranno questi elementi a offrire una particolare nota di freschezza ai vini grazie a un pH più basso.

La prima vendemmia arriva nel 2020. L’inverno mite e poco piovoso ha consentito una buona ripresa dell’attività biologica del suolo (non più trattato dal 2016). La primavera con le giuste piogge che hanno integrato le riserve idriche in vista dell’estate. Il 14 agosto è stato raccolto il Vermentino: “abbiamo raccolto uve di grande qualità, ricche in aromi freschi e fruttati e in uno stato sanitario perfetto, con grappoli spargoli e bel distribuiti sulla pianta” racconta Julian. “Il giorno dopo, è stata la volta del Merlot che si è presentato di grande intensità e dal colore deciso, permettendoci di lavorare lentamente e a bassa intensità su canoni d’estrazione”. Il Sangiovese è stato vendemmiato il 14 settembre offrendo uve sane e con ottime concentrazioni di zuccheri, polifenoli ed aromi.

La Degustazione

Colline Albelle Inbianco unVermentino in purezza con una particolarità: il suo grado alcolico è di soli 10 gradi, primo e unico Vermentino italiano con questa gradazione. L’ispirazione per produrre questo vino, racconta Julien, arriva da una vendemmia fatta in Champagne. Colpito dalla trama aromatica delicata e floreale della base spumante, che nella produzione degli spumanti non è bevibile, decide di creare un vino fermo con le stesse caratteristiche aromatiche.

Da qui l’idea di anticipare la vendemmia: di solito il Vermentino in Toscana viene vendemmiato nella prima settimana di settembre, il suo il 13 di agosto, l’uva non è completamente matura, facendo una pressatura leggera le prime gocce che fuoriescono sono dolci, pressatura a 0.6 che per bianchi di solito è a 1.2 bar. Si estrae così un mosto senza troppe note vegetali.

Il vino fermenta a bassa temperatura con lieviti indigeni e fa anche la malolattica per abbassare la freschezza. Finisce il percorso con 6 mesi di affinamento in barrique di legno crudo piegate al vapore che non incide sulla trama aromatica del vino, non dà note terziare. Una vera scommessa che ha provocato tanta curiosità ma anche qualche scetticismo da parte di colleghi enologi. Poche bottiglie, 3300 nel 2021. All’assaggio Inbianco è ben strutturato con note di pesca, miele e finale minerale.

Colline Albelle Inrosso, Merlot in purezza rivisitato. La particolarità è data dalla lavorazione che viene fatta in vigna durante la fase vegetativa della pianta. Una procedura particolare di potatura che porta il prodotto finale ad avere note vegetali più marcate che normalmente sono assenti nel Merlot. All’assaggio presenta note di frutti rossi e una leggera speziatura, è presente la vena balsamica, la foglia di pomodoro e i chiodi di garofano. Il tannino è elegante e ben integrato.

Serto Sangiovese in purezza. Colore impenetrabile; al naso frutta nera matura, qualche cenno officinale e sottobosco. Una bella declinazione di Sangiovese con tannino elegante e buona struttura.

L’accoglienza

Colline Albelle è anche ospitalità, infatti la proprietà si completa di un grande casolare, Villa Albella, una dimora raffinata per soggiorni all’insegna della tranquillità e dell’eleganza. A completare il progetto, l’inizio della costruzione di una cantina con annesso ristorante e spazio degustazione.

Jiulien mi conduce verso la fine dell’intervista sottolineando come la sostenibilità è per Colline Albelle una filosofia di vita, un chiaro impegno verso l’ambiente e la conservazione delle risorse. L’azienda ha in dotazione anche un apiario. “Nel primo anno abbiamo avuto la bellissima sorpresa di vedere tre sciami arrivare nelle nostre vigne, gli abbiamo dati casa e deciso di non prendere il miele” racconta Julian. Da tre, il primo anno, siamo arrivati oggi a più di 50 arnie in azienda. A questo ritmo, arriverà presto il tempo di una piccola produzione di miele.

I vini di GagiaBlu: 2 passi in Maremma

E dire che vivevo proprio lì a Roselle (GR), a pochi passi dall’azienda agricola GagiaBlu. Erano gli anni dei miei trascorsi toscani, anni di gavetta e di crescita professionale quella degli esami che non finiscono mai. Momenti indelebili, cristallini come la quiete della Maremma grossetana, vicina al mare, mai dimentica delle proprie origini contadine.

Terre, una volta, quasi ovunque immerse in acquitrini, il cui retaggio rinverdisce nella Riserva Naturale Diaccia Botrona, zona umida con biotipi di rilevanza nazionale. Dopo le Bonifiche leopoldine del ‘700 completate a metà del secolo scorso dall’Ente Maremma, il paesaggio venne interamente rimaneggiato, consentendo ampi pascoli per la pastorizia e le coltivazioni. I butteri, che ancor si scorgono da queste parti, rappresentano un simbolo resistente e un po’ anacronistico, forse come il carattere degli abitanti del luogo: tra il serio e il faceto, tra il burbero e il sanguigno, ma sempre vero e autentico.

In un simile contesto, lungo la via che da Roselle conduce verso Istia d’Ombrone si erge una collina che domina la pianura circostante, ove i suoli presentano una maggior percentuale di alberese, argille e sabbia. Al centro di essa, le vigne di GagiaBlu acquisiscono i colori tenui del sole toscano di fine primavera, cullate dalla brezza di mare che non manca mai. Laura Moriello, proveniente da altri luoghi e altro lavoro, decide di puntare su un sogno di vecchia data, quello dell’infanzia vissuta tra gli odori dei pini e il sapore della salsedine. Un investimento compiuto assieme al marito Flavio, che ha visto l’impianto dei vigneti nel 2018 e la costruzione ex novo della cantina di vinificazione.

Laura Moriello titolare di GagiaBlu

Gabriele Gadenz l’enologo sin dalla prima ora, scelto per fare da guida ai coniugi inesperti del mondo agricolo, eppure subito acclimatati alla perfezione nelle vesti di vigneron appassionati. I vini sono “in divenire”; di certo la zona produttiva risente di una mancanza identitaria rientrante nei canoni commerciali preferiti dai mercati. Su cosa puntare allora? Sulla valorizzazione al meglio delle varietà d’uva impiantate.

Vermentino, Sangiovese, Ciliegiolo e l’internazionale Merlot, presente spesso nei blend celebrati dai Supertuscan e qui realizzato in purezza. Ho avuto il piacere di rituffarmi tra i ricordi piacevoli di un tempo e assaggiare i loro vini grazie all’amico e collega giornalista Alessandro Maurilli. Interessante la verticale di Vermentino, cosa abbastanza inusuale nelle degustazioni tecniche; ancor più interessante l’abbinamento con i piatti proposti dallo Chef Claudio Sadler, una Stella Michelin.

Chef Claudio Sadler

La degustazione dei vini di GagiaBlu per la stampa

Vermentino 2023: veemente e nervoso, frutto dell’annata a tinte fosche vissuta tra piogge quasi invernali a giugno inoltrato ed un’estate torrida e afosa. Il frutto e morbido e mieloso, un mix tra sentori tropicali e burrosi. Bisogna attenderlo ulteriormente in bottiglia. Caloroso.

Vermentino 2022: ottimo, di grande aderenza al varietale e dalla buona prospettiva. Spiccato il finale minerale unito a nuance officinali e floreali tra timo, maggiorana e zagara leggermente essiccata.

Vermentino 2021: frammenti idrocarburici da vino d’Oltralpe, con acidità calante proprio nel momento migliore: il centro bocca. Non si può pretendere oltre da un prodotto voluto per offrire bevibilità e immediatezza, ma colpisce comunque per l’eleganza del frutto maturo fuso tra albicocca, ananas e mango.

Giové 2021: un Sangiovese che deve difendersi dall’immagine offerta nell’immaginario collettivo di altre Denominazioni. Ci riesce bene, succoso quanto basta grazie anche all’assenza di contenitori di legno per la maturazione. Solo acciaio e vetro per andare a tutto sorso tra note di ribes, violetta, ciliegia croccante e tannini fitti e ben assortiti.

Frà Merlot 2021: il più intrigante in termini di potenziale è anche il più incompreso. La vintage non gli rende giustizia, forse eccessivamente calda persino per lui. I toni restano ancora verdi e crudi, tali da suggerirne lunga attesa in vetro prima di essere rivalutato. Eppure quella mora di bosco sottostante e quel tocco di balsamico promettono grandi cose, magari in annate maggiormente armoniose.

GagiaBlu: buona la prima!

Il Vermentino Solosole di Poggio al Tesoro: una splendida “verticale in bianco”

Bolgheri è un anfiteatro di storie d’amore, una di queste è nascosta nel Vermentino Solosole di Poggio al Tesoro, lo scopriamo in una splendida verticale di 6 annate differenti, in compagnia del Responsabile di produzione Christian Coco.

“I cipressi che a Bolgheri alti e schietti Van da San Guido in duplice filar, Quasi in corsa giganti giovinetti, Mi balzarono incontro e mi guardar.”

Bolgheri è un luogo di cui ci si innamora. Ce lo dimostra Carducci, con la sua celebre ode “Davanti a San Guido”, che decanta quel fantastico “Red Carpet” di Cipressi con il quale i Romani molti anni prima incorniciarono la celebre via e prima ancora gli Etruschi che per primi si insediarono qui. Il Marchese Incisa della Rocchetta trovò qui l’amore di Clarice della Gherardesca, decise di lasciare il Piemonte e dedicarsi qui alla Tenuta San Guido che la moglie portava in dote.

Questo sentimento colpisce Marilisa Allegrini e suo fratello Walter, già grandi produttori in Valpolicella, che mossi alla ricerca di qualcosa di straordinario, nel 2001 è proprio qui che lo trovano fondando Poggio al Tesoro.

È anche la storia di Christian Coco, Londinese di Nascita, studi classici, che navigando per Mari sbarca in questa terra e rimane folgorato dalla cultura della vite. Si Laurea in Enologia a Pisa e, dopo importanti esperienze avviene il sodalizio enologico con l’azienda Poggio Al Tesoro, per la quale è Enologo e Responsabile di produzione.

LE TERRE DI BOLGHERI

Bolgheri è un teatro naturale, adornato a Est da Colline Metallifere ricoperte da boschi di macchia mediterranea che salvaguardano l’ecosistema e che si stendono dolcemente fino a Ovest, dove lasciano spazio a Pinete, spiagge e quindi al mare. La via Aurelia, antica strada romana, fissa il confine tra la denominazione e la costa, seguendo la strada verso nord invece, incroceremo il Viale dei Cipressi che segna il confine più alto.

L’Enosistema è complesso. La luce abbonda costantemente e nel pomeriggio si rifrange sul Mare Tirreno, continuando a scaldare fino al tardo crepuscolo. I Venti, panacea per ogni malattia della vite, sono frequenti e presenti tutto l’anno, tirano dal mare e dalla Collina Metallifera, polmone naturale e filtro per gli agenti atmosferici. Il Maestrale porta sentori sapidi e salmastri, nei pomeriggi estivi il suo tepore è ancor più potente di quello del sole.

LA FILOSOFIA DI POGGIO AL TESORO

I terreni su cui l’azienda poggia le sue radici sono di origine alluvionale, la terra brucia, è di colore rosso che svela la matrice ferrosa e calcarea. Siamo in pianura, dove il drenaggio è maggiore e la radice va più a fondo, 250 s.l.m.

Il Vermentino è un vitigno tipico delle coste Ovest del Mediterraneo. Ritenuto, pare erroneamente visti i recenti studi scientifici, originario della Spagna, ha preso piede dapprima in Francia in Languedoc-Roussillon col nome di Malvoisie à gros Grains poi in Corsica, quindi in Liguria, Toscana e Sardegna. A Bolgheri il calore fa la differenza e le uve prendono uno splendido colore ottone in maturazione.

Nella loro visione Marilisa e Walter vogliono la corposità e la grassezza di un Vermentino Sardo unita alla freschezza e mineralità di quello Ligure, il risultato li porta ad una selezione clonale Corsa, scrupolosamente clonata in azienda.

Quattro poderi formano la tavolozza delle vigne: Via Bolgherese, Chiesina di San Giuseppe, Le Sondraie, Valle di Cerbaia. I primi due sono collocati nella zona Soprastrada che dona al vino eleganza e complessità, mentre negli altri avremo più potenza e rotondità.

Tutto questo è il Solosole, Vermentino in purezza, in una parola S.A.L.E., acronimo di Struttura, Acidità, Longevità, Espressione aromatica marcata (ma anche Eleganza). La Vendemmia è rigorosamente al chiaro di luna per preservare la freschezza, i grappoli sono turgidi e ambrati. In cantina viene effettuata una sapiente macerazione sulle bucce, una stabulazione a freddo. L’uso di lieviti non fermentanti inoltre contribuisce all’esaltazione delle proprietà aromatiche e del profilo organolettico complessivo.

Le masse vengono vinificate separatamente per ottenere “Scale diverse di una diversa nota”, citando Christian Coco.

La degustazione

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2022

Colori giallo paglierino dalle sfumature oro chiaro, di spiccata lucentezza, gira sinuosamente. Al naso ci accoglie una nota iodata suadente, fiori freschi, frutta gialla fresca e toni agrumati che ricordano il lime, contornati da salvia fresca e gelsomino. In bocca è una carezza, l’ottimo corpo si slancia su una sapidità tonda e ricca, il ricordo di frutto giallo, di mela è qui più maturo. La sapidità è ricca e unita ad una vibrante freschezza dai rimandi citrini crea una succosa atmosfera. È un vino scalpitante, che col tempo si racconterà ancor di più e ancor meglio.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2019 14%

Eccelsa annata, si presenta vestita di colori un po’ più caldi e un dorato ancor più luminescente nell’orlo. Il naso si apre su note di erba aromatica infusa, sta iniziando una virata verso altre nuance. Sbuffi di frutta, pesca sciroppata, ananas, mela cotogna e agrumi impreziositi da infusioni ai sentori di ginestra e macchia mediterranea, in un sottofondo iodato. È un naso metronomico, che a ogni olfazione ci scandisce una nota diversa della sinfonia. L’assaggio è notevole e colpisce la percezione di sale più maturo, più avvolgente, che si lega perfettamente all’agrumata freschezza lasciandoci il bellissimo ricordo di uno spicchio di pompelmo. Tanta stoffa e ancora tanti anni davanti per sorprendere ancor di più.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2017

Annata bizzarra e a tratti calda, è in queste annate che la differenza la fa l’uomo e la sua sapienza. Ci accoglie un calice giallo paglierino dalle decise sfumature dorate. Naso che ammicca verso note idrocarburiche, protagoniste sono le sensazioni di frutta gialla succosa, pepe bianco, infuso al rosmarino, miele di tiglio. Al sorso troviamo ad accoglierci un vino che ha preso il suo tempo, ha un sorso succoso, è lungo, persistente e lascia ricordi di frutta sotto spirito. La sapidità è sempre ben presente ma di diversa fattura, palatale, granulosa.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2015

Un suadente dorato intenso illumina il calice. Appoggiando il naso sale subito un sentore di scorzettina di cedro che fa da anticamera a note di miele al rododendro, pepe bianco, ancora agrume e poi ancora iodio e macchia mediterranea. Il sorso è burroso e carezzevole, impreziosito da sale e sentori di spezie, eccelso equilibrio, sorretto da basi solide della freschezza e del buon calore. Ottima persistenza.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2012

Bellissima nuance dorata di ottima quantità colorifera. Il naso si delinea su trame “non zuccherine”, mango, albicocca matura cui seguono fiori di sambuco, ricordi di the giallo e di infuso e ancora spezie e note iodate. L’assaggio è verticale, dritto, il sale levigato, si spalma e aromatizza il palato. Eccellente equilibrio e persistenza, la massa è ormai armonizzata in tutte le sue componenti.

Vermentino Bolgheri DOC Solosole 2010

Nuance dorata dalle delicate sfumature ambra. Il naso è evoluto, si apre nelle note agrumate di limoni di sorrento, spezie dolci, burro nocciola. Ricordi di creme brulee, torta della nonna, ma anche the darjeeling, un naso esteso e sensuale. All’assaggio è un vino rotondo, morbido, ci accarezza velatamente posandosi come seta sul palato per poi lasciarsi ripulire dal sale, scioglievole ma al contempo palatale, completo. Notevole e fruttata persistenza.

Ringrazio Christian Coco per avermi svelato un po’ del suo mondo e il Miglior Sommelier di Lombardia Federico Bovarini col quale ho condiviso l’assaggio di queste splendide etichette. “Il vino è l’unico modo per toccare fisicamente il tempo”.

Liguria: terroir, uomo, vino, lungimiranza, sono le parole chiave di Cantine Lunae e della famiglia Bosoni

Il nostro viaggio nel meraviglioso mondo dei vini d’Italia fa oggi tappa tra le vigne della Doc Colli di Luni, nella provincia di La Spezia, in quella pianura che dal sud del fiume Magra arriva alle pendici delle Alpi Apuane, ultimo lembo della Liguria di levante, al confine con la Toscana. Qui negli anni sessanta nasce la Cantina Lunae grazie alla passione, al talento e alla lungimiranza di Paolo Bosoni che ha trasformato una piccola realtà produttiva familiare, tre ettari destinati alla produzione di vino sfuso, in un’azienda enologica di forte impatto qualitativo e produttivo e con una imponente e incisiva presenza sul territorio.

La DOC Colli di Luni, attiva dal 1989, è uno dei risultati arrivati dall’audacia e dalla tenacia del patron Bosoni, che ha saputo guidare con coraggio e valore tutti i produttori della zona facendosi portavoce di un territorio, interpretandolo, sperimentando e aprendosi al futuro. La collaborazione con i piccoli vignaioli locali che conferiscono le loro produzioni (nei 20 ettari circa di vigneti) all’azienda Bosoni, da tre generazioni, ha creato una rete sociale, un percorso in continuo sviluppo, mantenendo vive le tradizioni e le qualità uniche della viticoltura del territorio. Una storia con radici antiche, un terroir già caro agli Etruschi che seppero individuare queste fertili terre come un luogo straordinario per produrre uva.

Le Alpi Apuane e le montagne proteggono dai venti freddi del nord, il mare regala una buona ventilazione e una notevole escursione termica, i suoli, di medio impasto e ricchi di scheletro nelle zone collinari e pedecollinari, limo-argillosi nelle aree pianeggianti, consentono di produrre vini con profili completamente differenti.

Il Vermentino, varietà principe della zona e della famiglia Bosoni, ha attecchito in perfetta simbiosi con le condizioni pedoclimatiche del luogo: quote altimetriche diverse, suoli variegati, brezza marina che determinano le sue numerose sfaccettature. Al suo fianco, negli 85 ettari totali dell’azienda, altri vitigni autoctoni come Albarola, Vermentino Nero, Malvasia, Pollera Nera e Massareta, impiantati e resi degni della stessa storia.

Stessa passione di un tempo, ma con uno sguardo volto alla modernità. I due figli di Paolo, Diego e Debora, che lavorano a stretto contatto con il padre, hanno raggiunto ormai risultati tangibili in ogni prodotto apprezzato dalla critica e dal pubblico di consumatori. C’è tutto questo in “Bosoni & Figli” anche nella nuova cantina LVNAE, inaugurata lo scorso giugno: moderna, bella, accogliente e e rispettosa della tradizione e della sostenibilità grazie alla scelta mirata dei materiali. Un percorso a piedi all’ingresso attraversa i principali vitigni autoctoni dei Colli di Luni e ne testimonia i punti cardini dell’azienda: tradizione e territorio.

Ca’ Lunae, invece, a Castelnuovo Magra, è un antico casale del Settecento completamente ristrutturato nel rispetto delle forme e delle materie, dove si accolgono i visitatori e si permette loro di sperimentare il territorio.

Ad arricchire il luogo due laboratori per la produzione di liquori con ben 12 tipologie diverse, stagionali, entusiasmanti e uniche nel loro genere, ed un autentico Museo del Vino.

Una raccolta di antichi oggetti agricoli conservati da Paolo Bosoni, diventata, all’interno della vecchia casa padronale, un percorso evocativo nel mondo contadino della Lunigiana storica, arricchito e curato da esperti e testimoni dell’epoca.

La visita e la degustazione testimoniano la cura e l’attenzione che Paolo e la sua grande famiglia (includendo amici e dipendenti) hanno nel gestire l’azienda. Nulla è lasciato al caso: vini semplicemente straordinari con forti personalità ed elevata qualità.

Valentina, la nostra guida nel mondo di Lunae, ha previsto per noi una verticale nel mondo Vermentino. L’idea è quella di illustrare un percorso crescente nel mondo del vitigno tanto caro a Paolo Bosoni ed alla sua famiglia.

LaBianca 2022 – Liguria di Levante I.G.T. Bianco – 12,5%

Nasce da uve Vermentino con l’aggiunta di Malvasia in vigneti situati nella piana di Luni, tra il Mar Ligure e le Alpi Apuane, radicati su terreni di natura sabbiosa. Fermentazione a temperatura controllata in acciaio, affinamento sulle fecce fini per circa 4 mesi

Il LaBianca di Lunae si offre allo sguardo di un colore giallo paglierino intenso. Al naso sprigiona profumi di frutta a polpa gialla, macchia mediterranea e pietra focaia. Il sorso è di vibrante freschezza e mineralità. Sul finale cenni fruttati e di erbe aromatiche.

Etichetta Grigia 2022 – Colli di Luni d.o.c. Vermentino – 12.5 % vol.

Emblema ed icona della cantina, è il primo vino realizzato dalla vinificazione di uve Vermentino da Paolo Bosoni, più di quarant’anni fa. Il Vermentino proviene per la totalità dai vigneti delle zone pedecollinari di Luni, Castelnuovo Magra e Sarzana. Oggi, come allora, segue lo stesso percorso: raccolta manuale, fermentazione a temperatura controllata in acciaio, affinamento sulle fecce fini in acciaio per circa 3 mesi.

Nel bicchiere appare giallo paglierino con sfumature verdoline. Profumo intenso, complesso e persistente con note di biancospino, pompelmo, mela renetta, pesca bianca e piacevole sottofondo di miele dacacia. In bocca si presenta fresco, equilibrato, di ottima persistenza.

Etichetta Nera 2022 – Colli di Luni d.o.c. Vermentino – 13% vol.

Prodotto dal 1992, frutto di un lungo periodo di sperimentazione ed esperienze in campo e in cantina per testimoniare le grandi potenzialità che questo vitigno riesce ad esprimere. Uve prodotte nelle Colline di Luni e Castelnuovo Magra, raccolte a mano e macerate a freddo sulle bucce per circa 8 ore fermentazione a temperatura controllata in acciaio, affinamento sulle fecce fini in acciaio per circa 4 mesi.

Nel calice si manifesta dotato di grande stoffa, carattere e fascino, caratterizzato da un colore giallo paglierino intenso, con leggeri riflessi dorati. Al naso si fa notare per la sua grande eleganza, con sentori di fiori di campo, erbe aromatiche, spezie, frutta matura e miele, accompagnate da note salmastre e balsamiche. In bocca, invece, si rivela per la sua sapidità, assolutamente bilanciato e soprattutto molto persistente. La sua importante verticalità in freschezza le renderà capace di sorprendere anche nel tempo.

Cavagino 2022 – Colli di Luni D.O.C. Vermentino – 14 % vol.

Il primo Cru di Vermentino della casa e del territorio. Nasce da una vigna singola con basse rese, posta sulle colline di Luni (a 250 metri di altitudine), dove microclima equilibrato e suolo ricco di scheletro con una buona presenza di macigno la fanno da padroni. Macerazione a freddo sulle bucce per circa 12 ore, fermentazione a temperatura controllata in acciaio per il 60 % della massa totale, fermentazione in barriques per la restante parte del mosto. Affinamento sulle fecce fini in vasca d’acciaio per circa 6 mesi.

Si evidenzia alla vista di un colore giallo paglierino di grande vitalità con riflessi dorati. All’olfatto regala note di frutta matura, mela e pera, papaja, e poi pietra bagnata, spezie, erbe balsamiche e miele di acacia, combinati a cenni di fiori bianchi e scorza d’agrumi. Il sorso è pieno e vigoroso, di grande struttura con note calde, morbide e un equilibrio legato alla spiccata mineralità che gli conferisce sapidità e bevibilità. Lungo e avvolgente il finale balsamico e agrumato, con una piacevole nota salmastra.

Numero Chiuso 2020 – Colli di Luni d.o.c. Vermentino – 14 % vol.

Il Vermentino più strutturato ed importante della Cantina Lunae, di diritto tra le migliori etichette della produzione nazionale. Nasce dalle osservazioni di quanto l’affinamento del vermentino in purezza, in alcune annate, apporti in termini di profondità e complessità: un vino capace di esprimersi negli anni.

Le uve vengono selezionate in due vigne storiche delle Colline di Luni e Castelnuovo Magra. Macerazione a freddo sulle bucce per circa 12 ore, fermentazione a temperatura controllata in vasca d’acciaio, affinamento in botte di rovere da 20 ettolitri per circa 18 mesi. Dopo l’imbottigliamento ulteriore affinamento in bottiglia per 18 mesi.

Colore giallo dorato tenue, con intensi riflessi brillanti, è visibile nel bicchiere. Olfatto elegante, accompagna la degustazione con intensi profumi di frutta, fiori gialli, erbe aromatiche della macchia mediterranea, cenni tropicali su un sottofondo iodato, burro e vaniglia. Al palato diventa appagante, ricco, intensamente strutturato. Freschezza e salinità anticipano un persistente finale di frutta secca, elegante e armonico.

Termino questo ricco ed emozionante racconto, con l’ultima chicca.

Padre Figlio – Limited edition 2019 – Vino Bianco – 13,0 % vol.

A continuare l’estro enologico di Paolo in vigna e in cantina è il figlio Diego Bosoni con le sue produzioni. La firma personale per l’etichetta Padre Figlio è il racconto perfetto ed emozionante di un rapporto complesso, quello tra un padre ed un figlio. La stessa immagine sull’etichetta ricorda due visi diversi fusi in una sola faccia con capelli arruffati per la genialità di chi li governa.  Due generazioni a confronto che si affidano in bottiglia al Vermentino, nelle sue vesti di figlio del territorio ma vitigno capostipite tra gli autoctoni della zona, coltivato su suoli antichissimi, complessi, difficili per la vite.

Selezione dei migliori grappoli nelle prime ore del mattino, da un solo vigneto nell’antico borgo di Castelnuovo Magra, nel loro massimo punto di equilibrio tra dolcezza e acidità. Uve diraspate delicatamente, pressate e lasciate poi a riposo a contatto con il mosto per innescare la fermentazione spontanea. Affinamento di un anno in botte di rovere da 30 hl per levigare i tannini estratti dalle bucce e successivi 12 mesi in vasca d’acciaio. Tecniche antiche con attenzioni contemporanee.

Colore giallo con riflessi dorati. Profumi intensi di macchia mediterranea, resine e miele, albicocca matura, quasi candita. In bocca è ampio e avvolgente; caldo come l’abbraccio di un padre ma fresco, minerale e brioso con l’energia di un figlio giovane; ritornano nella retronasale le note percepite all’olfatto ben bilanciate da richiami balsamici. Un’armoniosa compresenza di Padre e figlio.

La filosofia di casa qui è di riscoprire e valorizzare vitigni autoctoni, accompagnandoli alle loro massime espressioni e portare avanti un lavoro che è fatto di rispetto per il territorio e qualità di relazioni umane. Il vino è frutto dell’armonia e della cooperazione fra natura e uomo e diventa parte fondamentale del suo carattere.

Liguria: l’inaugurazione della nuova Cantina Lunae di Bosoni.

di Olga Sofia Schiaffino

Sabato 10 giugno a Luni (SP) in via Madonnetta 97 la nuova cantina della famiglia Bosoni ha aperto le porte ai giornalisti per la presentazione ufficiale.

Un cielo incerto mi accoglie a Luni; le nuvole grigie creano uno scenografico contrasto con il verde rigoglioso dell’erba e i colori della nuova, bellissima costruzione che ospita la cantina di Bosoni, una vera opera d’arte voluta da Diego Bosoni e progettata insieme al designer fiorentino Andrea Del Sere.

Il viale oltre al cancello mi guida attraverso i filari che presentano i vitigni nativi della zona e mi conduce fino a raggiungere un cortile racchiuso tra muri alti in pietra, ordinati secondo la tradizione ligure: vedo Diego, è molto emozionato ma felice.

L’impatto iniziale evoca una immagine di sacralità del luogo e l’ampia sala dove si entra è stata pensata e realizzata con materiali che richiamano la terra, il lavoro dell’uomo, l’avvicendarsi del tempo, le luci che illuminano in modo diffuso creano una atmosfera di solennità.

Si è voluto realizzare “un progetto urbanistico che si basa su principi sociologici: sono spazi che generano altri spazi, che possono essere ampliati, in cui non esistono barriere tra area di lavoro e di rappresentanza”, come raccontano Diego e Andrea.

Nei locali sotterranei si accede attraverso un corridoio dove si odono i suoni dei lavori nei campi e su di una parte di essi passano le immagini dei collaboratori della famiglia Bosoni dediti alla cura delle vigne e della cantina.

Un trionfo della bellezza, la celebrazione del connubio tra il contadino e la vite in questa terra di Liguria di confine: Paolo Bosoni, il padre di Diego e di Debora, iniziò negli anni Settanta a puntare sul Vermentino e contribuì alla nascita della Doc avvenuta nel 1989.

Al termine della visita abbiamo brindato tutti insieme con il metodo classico Lunae, ottenuto da vermentino e albarola in parti uguali alla intraprendenza e lungimiranza di Diego e della famiglia Bosoni, con l’augurio di un radioso futuro per questa cantina e per il vino ligure.

L e visite saranno aperte al pubblico  a partire dal 1 luglio 2023

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