VitignoItalia 2024: la verticale del “Plenio” Castelli di Jesi Verdicchio Classico Riserva di Umani Ronchi

2 giugno 2024: sono passati un po’ di giorni ma il ricordo della masterclass a cui ho partecipato durante l’evento VitignoItalia è ancora vivo, quasi indelebile. La degustazione è stata condotta da Monica Ippoliti, responsabile commerciale Italia dell’azienda marchigiana Umani Ronchi presso la Stazione Marittima di Napoli.

Umani Ronchi  fu fondata nel 1950 da Gino Umani Ronchi a Cupramontana, nel cuore della produzione del Verdicchio e dal 1957 è gestita dagli attuali proprietari: la famiglia Bernetti che ha conservato il nome del suo fondatore.

È una realtà in costante crescita che esporta in 60 paesi nel mondo, la più grande delle Marche e quest’anno ha ricevuto anche il premio di Cantina dell’anno per Gambero Rosso (la prima volta in assoluto per una cantina marchigiana).

Ma ritorniamo ora alla masterclass : il protagonista era PLENIO, Castelli di Jesi Verdicchio Classico Riserva proposto in 4 annate: 2021 – 2014 – 2008 – 1996.

Plenio, dal latino plenum che vuol dire pienezza, si lascia apprezzare per la sua lunga persistenza, la ricchezza dei profumi e l’eleganza. Nasce nel 1995 dall’enologo Giacomo Tachis e dal 2010 è anche Riserva.

Plenio 2021

Figlio di un’annata calda è intenso al naso, ma ancora poco espressivo, pur mostrando la tipica vena vegetale e agrumata del Verdicchio. Si riscontrano sensazioni molto rinfrescanti anche al palato, ricco e ancora compatto. Sapidità e acidità si amalgamano alla perfezione. Si prospetta un lungo e piacevole affinamento in bottiglia per chi vorrà aspettare.

Plenio 2014

Colore quasi identico al 2021 e ancora dalle sfumature verdoline. Naso elegante e più delicato, con nuance di erbe aromatiche, pesca bianca e mandorla amara. In assaggio l’equilibrio tra morbidezza e freschezza è perfetto. Ancora alte le aspettative di crescita nonostante la vendemmia molto piovosa.

Plenio 2008

Dorato denso e brillante. Figlio di un’annata eccezionale, dimostra carattere e articolazione. Le note del legno sono più evidenti rispetto alle etichette più giovani, poiché erano state utilizzate botti nuove. Camomilla, anice, zafferano, mandorla, fiori gialli e pesca gialla in successione. In bocca vengono riconfermati gli aromi e colpisce per il grande equilibrio. Ciò dimostra come il Verdicchio dei Castelli di Jesi, nelle sue forme più eccellenti, regala emozioni uniche. Vino che avrà ancora molto da raccontare nel tempo.

Plenio 1996

È la seconda vendemmia prodotta, assume un colore con sfumature giallo dorato intenso. Al naso si scoprono aromi di zenzero, erbe officinali, tabacco, camomilla, frutta candita e miele. Grande complessità ed eleganza per un vino che è arrivato all’apice della sua evoluzione: il palato è caratterizzato da una polpa densa e agrumata. Lungo finale tipico da sentori di caffè, erbe officinali e liquirizia.

I volti del Verdicchio dei Castelli di Jesi come non li avete mai visti: piccolo compendio per visitare le splendide Marche

Volevamo stupirvi con effetti speciali dicevano in uno spot anni ’80. Perché invece non parlare concretamente della qualità media elevata del Verdicchio dei Castelli di Jesi riscontrata durante il press tour “I Magnifici 16” organizzato dall’Istituto Marchigiano Tutela Vini (in sigla IMT). Il Presidente Michele Bernetti ed il Direttore Alberto Mazzoni hanno cercato di spiegare a parole il lavoro svolto negli anni di ripresa delle Denominazioni regionali da alcuni momenti bui.

Ma per quanto concerne il Verdicchio dei Castelli di Jesi i veri effetti speciali li abbiamo vissuti nel conoscere di persona i volti e i prodotti delle persone che si sporcano le mani quotidianamente in vigna, recuperando quell’antico sapere che è l’arte di far vino e farlo buono. Dal 2024 anche la tipologia “Superiore” rientrerà nella DOCG assieme alla già presente Riserva, con facoltà di utilizzare o meno il nome Verdicchio in etichetta.

Scelte commerciali che probabilmente non influenzeranno lo stile attuale, se non nell’ottica di una maggiore considerazione delle sottozone produttive. Bisogna avere pazienza in ogni progresso teso a nobilitare un territorio e i suoi vitivinicoltori. E adesso fiato alle trombe! Lo spettacolo sta per cominciare.

Quattro i fiumi che delimitano l’areale lungo i punti cardinali: Musone, Cesano, Misa ed Esino, con suoli variabili per altimetrie e componenti. Dai ciottoli fluviali si passa a sabbie marine, calcare e argille nei versanti collinari, sferzati dai venti freddi dell’Adriatico che influiscono sul carattere aromatico e sul nerbo minerale dei vini.

Direttamente da Cingoli (MC) ecco la Tenuta di Tavignano con a capo Ondine de la Feld Aymerich, entrata nel 2014 in azienda affiancando i fondatori Stefano Aymerich di Laconi e Beatrice Lucangeli. Il Verdicchio Classico Superiore 2021 “Misco” è austero, ricco di agrumi e spezie pepate su finale iodato. Da vigne di oltre 30 anni nella valle del Musone. Solo acciaio per 18 mesi. Cura oggi la parte enologica Pierluigi Lorenzetti.

Tenute Priori e Galdelli presenta un Metodo Classico Millesimo 2017 sboccatura febbraio 2023 da urlo, grazie all’estrema duttilità del varietale e alla spiccata acidità che consentono bellissime espressioni anche nel campo delle bollicine. Rosora (AN) siede su un antico deposito pliocenico di sabbie e conchiglie fossili. Verticale, dal corredo infinito di fiori bianchi, lascia la bocca in assetto verso un nuovo assaggio o verso la gastronomia tipica tra salumi e pesce. Enologo Sergio Paolucci.

Finocchi Viticoltori, giunti alla quarta generazione con Marco Finocchi, viene assistita da un enologo che ha cambiato per sempre l’identità del Verdicchio proiettandolo tra i migliori bianchi al mondo: Giancarlo Soverchia. Siamo a Staffolo (AN) a 500 metri d’altitudine con il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico Fiore 2015: la volontà di spingere il vitigno su vette inesplorate, facendo fermentare il uve in barrique più una maturazione di ben 18 mesi. Ammicca ai vin jaune francesi con un buon mix tra freschezze e sensazioni di frutta secca e tostature.

Azienda Mancini di Emanuela Mancini, con vigne a Maiolati Spontini (AN), realizza il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico 2019 da piante di oltre 40 anni. Ci mette un po’ a reagire nel calice, ma alla fine sprigiona energia pura in stile marchigiano tra mielosità, nuance succose di susine appena colte e zagare. Elegante dall’inizio alla fine. Anche qui Sergio Paolucci conduce il lavoro di cantina.

Fattoria Nannì si trova invece nella zona più a Sud della denominazione, precisamente ad Apiro (MC). Clima molto simile alla confinante Matelica, con il Monte San Vicino a mitigare le influenze calde estive. Piante di età compresa tra i 50 e i 60 anni di vita e una cantina nata nel 2015 dal proprietario enologo Roberto Cantori. Interessante il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico 2021 “Origini”, nella ostentazione di sfumature da vendemmia tardiva, come mandorla amara e macchia mediterranea.

Che dire di Fattoria Coroncino, premiatissima dalle guide di settore, qui rapresentata da Valerio Canistrari dopo la prematura scomparsa del padre Lucio avvenuta nel 2021. Gli appezzamenti sono ubicati a Staffolo e Cupramontana su terreni calcarei e marnosi. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2021 è semplicemente commovente, tra note di cipria, caramello, affumicature e agrumi canditi. Assemblaggio di varie parcelle dopo 9 mesi dalla raccolta e vinificazione. Selezione massale con cloni registrati, un’autentica rarità.

Cantina Luca Cimarelli: a parlarcene è il nipote Tommaso Aquilanti, descrivendo l’accorpamento di 2 appezzamenti tra Contrada San Francesco e Contrada Corte a Staffolo (AN). Colpisce il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico 2019 “Selezione Cimarelli”, da uve scelte su viti di 50 anni. Tanta sostanza e delicatezza, con riverberi di pesca matura, arancia gialla e glicine. Solo cemento e vetro.

Colognola – Tenuta Musone ha certificato i suoi 33 ettari vitati con il marchio BIO dal 2014. Gabriele Villani funge sia da enologo che Direttore, curando i terreni esposti a Nord sul versante più alto di Cingoli (MC). Rese bassissime per il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2020 “Ghiffa”, ben 18 mesi di sosta sulle fecce fini e batonnage per un vino austero, che gioca a nascondino prima di esprimersi con carattere in tutto il meglio del varietale. Il nome deriva da un single vineyard a San Michele della Ghiffa.

Andrea Felici parte da zero, nel 2005, con la sua attività a conduzione familiare, grazie anche all’aiuto del figlio Leopardo (per tutti Leo) di rientro da esperienze internazionali avute grazie ai migliori chef e manager del globo. Il loro Cru Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico 2017 “Cantico della Figura” conserva dinamismo ed eleganza, al netto di una verve muscolare che rimanda all’annata di provenienza e che lo rende panciuto al centro bocca. Evolve su note idrocarburiche stimolanti e appetitose.

Cantina Spallacci è posta al limitare di Corinaldo (AN) a 200 metri sul livello del mare con terreni di medio impasto. Giordano Spallacci è il titolare, coadiuvato nelle scelte enologiche da Aroldo Bellelli. Nuova cantina dal 2011. Buono il Verdicchio dei Castelli di Jesi 2021 “Il Villano”: vibrante e caloroso, mantiene il passo su sensazioni di frutta secca e miele d’acacia.

La Staffa ha compiuto 30 anni da poco e la cura dell’enologo Umberto Trombelli è sinonimo di qualità. Siamo di nuovo a Staffolo (AN), su crinali a elevate altitudini e ottime esposizioni. Il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico 2020 “Rincrocca” ammalia per delicatezza, dimostrando al contempo una vena acida piuttosto irsuta che lo pone in lunga prospettiva. Fermenta e matura in cemento per 12 mesi, oltre 2 anni di sosta in bottiglia. Sbuffi di mela verde, miele di corbezzolo ed erbe officinali con una persistenza salmastro in splendida forma.

Simonetti: i sorridenti Massimo e Mirco ereditano dal nonno l’azienda nata a metà del secolo scorso. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2021 nasce da un cru che regala forti componenti minerali, grazie anche a una resa davvero irrisoria di appena 50 quintali d’uva per ettaro. Teso come un vento di tramontana che sferza portando con sé ricordi di salsedine.

Cantina Suasa di Giorgio Secondini è una piccola realtà di 4 ettari a Castelleone di Suasa, che guarda dritto alle acque del Mar Adriatico a pochi chilometri. Dominano argille e sabbie per vini di corpo, dall’allungo fruttato. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi 2021 “Princeps” emerge con lentezza, la stessa che gli antichi romani chiamavano festina lente, ovvero un’alternanza tra passo piano e subito che conduce comunque al traguardo, fatto di mandorla secca, bouquet di fiori bianchi e crema pasticcera.

Il mio personalissimo premio al merito lo ottiene lui, Giovanni Donninelli con la cantina Terre di Confine. Quasi 3 gli ettari in produzione su suoli argillosi a Castelpliano (AN). Rapporto qualità prezzo infinitamente bello, ciò che rende questo mondo sorprendente e amaro in parti uguali, quando noti dei divari non giustificati dal reale valore del vino. Giovanni produce un Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 2021 per circa 1200 bottiglie vendute in azienda a 5 euro. Vigne vecchie che regalano quel corredo zuccherino, associato ad effluvi officinali e una mineralità appagante. Averne! Speriamo nel prosieguo futuro da parte del suo erede di questa perla tutta marchigiana.

Vignamato di Francesco e Maurizio Ceci trae le proprie origini da nonno amato, uno dei 13 fratelli della numerosissima famiglia. Gli ettari vitati arrivano fino a Monte Follonica, uno dei luoghi maggiormente vocati (e belli) della denominazione d’origine. Il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico 2018 “Ambrosia” è superbo. Nasce da un cru piantato nel 1975. Le sensazioni divagano su fiori appassiti, scorze di cedro e iodio marino. Sollo cemento.

Chiudiamo i sipari con la giovane e promettente Marasca Rossi e con Luca Marasca che, assieme al fratello Matteo, ha realizzato il sogno di non veder vanificata la passione di nonno Mino scomparso nel 2010. Un aiuto concreto da Roberto Potentini che insegna ai novelli vigneron a prendersi cura di campi e vinificazione, praticamente da garagisti. Unica realtà a Monte Roberto con presenza di argille e limo. Nella mini verticale proposta della sola etichetta di Verdicchio dei Castelli di Jesi Superiore – annate 2019, 2020 e 2021 – vince, a mani basse, quest’ultima per maggior pulizia e consapevolezza degli attori protagonisti. Gradevole espressione ancora timida agli inizi, ma dal sorso equilibrato e succoso.

Un compendio che si spera possa servire ad un viaggio di approfondimento alla scoperta delle meravigliose Marche.

La sorprendente longevità del Verdicchio dei Castelli di Jesi

di Ombretta Ferretto

Passato l’evento “I magnifici 16”, già accennato in un articolo dal collega Adriano Guerri e in attesa del resoconto del Direttore di 20Italie Luca Matarazzo, oggi vi racconteremo dell’incontro avvenuto lo scorso 20 Giugno a Napoli con il tour del Verdicchio dei Castelli di Jesi, dopo una tappa milanese e una romana.

L’attività, promossa dall’Istituto Marchigiano Tutela Vini (in sigla IMT), realizzato con contributo MASAF (D.D. n.553922, 28 ottobre 2022), in collaborazione con AIS Campania, ha visto svariate cantine coinvolte per promuovere la denominazione più grande e diffusa – sia in Italia che all’estero-  tra le sedici rappresentate all’interno del’IMT.

La degustazione constava di sette etichette, tutte versione Classico Superiore, provenienti da differenti areali. A presentare il territorio e le sue peculiarità Michele Bernetti, Presidente IMT e Amministratore Delegato di Umani Ronchi e a guidare la degustazione Franco De Luca, responsabile area didattica AIS Campania, e Gabriele Pollio, delegato AIS Napoli.

Il territorio si estende su una superficie vitata di circa 2200 ettari tra le province di Ancona e Macerata, nel territorio compreso tra i fiumi Misa e Musone e attraversato dall’Esino. Deve il suo nome alla presenza di venticinque rocche – erette tra il III e il XIII secolo d.C. – che punteggiano il territorio intorno a Jesi.

Data la peculiarità storico-architettonica a cui è legato il Verdicchio, l’Istituto sta svolgendo un’importante operazione di marketing territoriale volta a far prevalere sull’etichetta il nome Castelli di Jesi su quello del vitigno. Elemento già evidente nella versione Riserva e Riserva Classico DOCG (la cui denominazione è infatti Castelli di Jesi Verdicchio) e che caratterizzerà anche la versione Classico Superiore, da poco promossa a DOCG.

Il verdicchio è giunto nelle Marche intorno all’anno mille, al seguito di gruppi colonizzatori provenienti dal nord Italia, teoria avvalorata dal fatto che la Turbiana, vitigno base della Lugana, ne è una sotto varietà.

È un vitigno tardivo che ha trovato un ambiente pedoclimatico ideale in questa regione,  dove può godere, nella fascia in cui è coltivato, dell’influenza del mare e della protezione della dorsale appenninica. I terreni sono prevalentemente argilloso-calcarei, ma anche sabbiosi nell’area intorno a Morro d’Alba, l’altitudine dei vigneti varia dagli 80 fino ai 600 metri sul livello del mare con rese che si attestano intorno a una media di 100 quintali per ettaro.

I tratti tipici di questo vino sono da ricercare nell’avvolgente dolcezza dei profumi, prevalentemente di frutta matura come pesca e ananas, e nella sapidità di bocca, che si traduce al naso in una nota minerale, più o meno presente. Inoltre il Verdicchio si presta ai più svariati abbinamenti gastronomici: non solo piatti di mare ma carni bianche e pietanze a base di verdure.

La degustazione guidata ha evidenziato questi caratteri mettendo in risalto, tra le altre cose, la capacità evolutiva del verdicchio, in questo paragonabile all’altro grande vitigno autoctono presente in Italia, il fiano. I sette vini in degustazione infatti, partendo da un millesimo 2020, sono andati indietro nel tempo fino al 2002 e, pur trattandosi di etichette provenienti da aziende e areali differenti, hanno ben marcato questa caratteristica.

Il Verdicchio dei Castelli di Jesi è un vino che nella storia ha saputo veicolare la propria immagine attraverso la bottiglia: ancora vivido è il ricordo di quella iconica, a forma di anfora, creata da Antonio Maiocchi alla fine degli anni cinquanta per l’azienda Fazi Battaglia. Immagine utilizzata anche da Tombolini, la prima delle cantine in degustazione con il suo Caltelfiora Verdicchio dei Castelli di Jesi 2020, che utilizza proprio questo tipo di bottiglia. 

Castelfiora presenta tutte le caratteristiche descritte, proponendosi con un naso fine di frutta matura, erbe aromatiche e una vena sapida in una corrispondenza di bocca che termina su una piacevole scia ammandorlata.

Origine Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2018 Fattoria Nannì è ottenuto con uve provenienti da vigneti a circa 500 mt s.l.m in contrada Arsicci, nel comune di Apiro, unico del distretto, insieme a Cingoli, a ricadere nella provincia di Macerata. Si caratterizza per il profumo di spezie dolci, anice in particolare, che ritroviamo in bocca nella nota balsamica in piacevole contrappunto con la mineralità sapida e i sentori agrumati. Il confronto con l’annata 2021 degustata ai banchi (che veste invece l’etichetta della Riserva DOCG) ci parla della perfetta corrispondenza evolutiva di un vino a tutti gli effetti di montagna, come lo definisce lo stesso produttore.  A raccontarci la vigna, il vino e le peculiarità del territorio in cui nasce c’è infatti Roberto Cantori, giovane titolare orgoglioso e appassionato.

Stupisce immediatamente per il color oro antico il terzo vino, nettamente diverso dalle pallide nuance paglierine dei precedenti (ma anche successivi) vini in degustazione. È infatti ottenuto da uve surmature il Terre di Sampaolo Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2018 Ottavio Piersanti.

Al naso l’elegante nota ossidativa, frutto dell’evoluzione, si intercala ancora una volta ai caratteri tipici di frutta matura, qui albicocca e susina, che si riscontrano anche in un palato morbido e avvolgente, ma pur sempre sapido. Sorprendente l’evoluzione nel bicchiere che ci regala, dopo oltre un’ora, quel goloso miele di millefiori che profuma struffoli e zeppole.

La nota minerale emerge invece immediatamente nei profumi di Frocco Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2017. Si tratta di una sottile venatura di zolfanello che lascia immediatamente posto, ancora una volta, alla pesca matura e alla salsedine, fino ad arrivare, dopo sosta prolungata nel calice, allo zafferano e al pop corn. Il sorso risulta avvolgente ed equilibrato nella freschezza, lungo su una scia di anice.

Il salto d’annata si palesa immediatamente nel ricco color oro del successivo vino in degustazione, Stefano Antonucci Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2013 Santa Barbara. Ancora una volta a risaltare immediatamente al naso è la vena minerale, qui rocciosa, seguita da zaffate di miele, zafferano, fresia e finalmente albicocca. La bocca è densa, fresca, ben sapida. L’annata 2020 degustata ai banchi risultava nervosa e scattante, declinata su note di erbe aromatiche e di sorso salato.

Vecchie Vigne Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2008 è sfaccettato in una serie di profumi che nella loro compattezza rendono il naso armonico e complesso. Frutto maturo, salsedine, talco, ginestra si alternano e si intrecciano senza sovrapporsi, per evolversi poi in tostature di nocciola. In bocca è ancora freschissimo, ha tratti mentolati che chiudono su un finale sapido.

La degustazione si chiude con una 2002 di Cuprese Verdicchio dei Castelli di Jesi in formato magnum. Di vivida luminosità, si caratterizza per il naso evoluto in cui le erbe mediterranee emergono immediatamente, mentre la frutta è surmatura, i petali di fiori sono essiccati, quasi in pot pourri e la mineralità è di smalto.  Il sorso è ancora fresco e gustoso: un bicchiere maturo ma non ancora stanco. Passando attraverso declinazioni olfattive variegate e mai monotone, al termine della degustazione durata oltre due ore, emerge chiara la sorprendente longevità del Verdicchio dei Castelli di Jesi.

Marche: evento “I Magnifici 16” e focus su Lacrima di Morro d’Alba

di Adriano Guerri

Durante il tour “I Magnifici 16″ organizzato dall ‘Istituto Marchigiano di Tutela Vini (IMT), svolto di recente dal 22 al 24 giugno, ho aderito ad uno dei 9 eno-itinarari proposti denominato: “Tra Verdicchio e Lacrima”.

L’IMT raccoglie, infatti, in un solo Istituto ben 16 denominazioni marchigiane tra Docg e Doc. L’incontro è avvenuto presso la Cantina Lucchetti, posta a poca distanza da Morro d’Alba e ad attenderci c’erano 7 aziende del comprensorio di Morro d’Alba. Ogni produttore ha raccontato la storia della propria azienda, prima di farci  degustare i loro vini. 

Dopo uno squisito pranzo al Ristorante Al Mago di Morro d’Alba ci siamo recati presso la Tenuta di Fra’ e qui altri 6 produttori ci aspettavano con la stessa prassi in un’organizzazione perfetta e meticolosa. In degustazione Verdicchio dei Castelli di Jesi, ma soprattutto Lacrima di Morro d’Alba. Alcuni cenni sul Lacrima di Morro d’Alba anticipano la lista dell’aziende aderenti all’appassionante iniziativa.

Il Lacrima di Morro d’Alba è una perla enologica italiana. Un vino rosso italiano apprezzato e conosciuto sin da tempi remoti. Nel 1985, anno in cui ottiene la meritatissima denominazione di origine controllata, diverrà finalmente conosciuto agli occhi del grande pubblico di appassionati. Vino molto gradito da Federico Barbarossa, ritiratosi in questi territori durante l’assedio di Ancona.

Il Lacrima di Morro d’Alba d’Alba viene coltivato, nei territori di Morro d’Alba, Belvedere Ostrense, Monte San Vito, Ostra, San Marcello e parte del comune di Senigallia, in provincia di Ancona. Un vitigno autoctono molto  particolare, quanto singolare proprio per la sua caratteristica di emettere delle gocce di succo dagli acini maturi in alcune annate. Un’uva dotata di buccia spessa ma al contempo delicata. Si può ottenere in purezza o aggiungere, per disciplinare, un massimo del 15% di altri vitigni autorizzati. Due sono i cloni: Lacrima comune e Lacrima gentile.

Un vitigno che da origine a vini con spiccata carica antocianica e tannini setosi. Il suolo in questo areale è prevalentemente argilloso e calcareo, con altimetria media dei vigneti che si attesta sui 200 metri. Il paesaggio è caratterizzato da dolci colline,  punteggiate da vigneti, oliveti con coltivazioni cerealicole e alberi di cipresso e quercia. Morro d’Alba fa parte dell’associazione Borghi più belli d’Italia,  un Castello medievale unico con il suo camminamento  interno chiamato “la Scarpa”, dal quale si può ammirare  di impareggiabili scorci che spaziano dal mare Adriatico all’Appennino marchigiano.

A livello sensoriale organolettico, si presenta nel calice con una bellissima tonalità rosso rubino intenso con riflessi che virano sul violaceo; al naso sprigiona eleganti sentori di viola, petali di rosa, ciliegia, mora di rovo e frutti di bosco e, con qualche anno in più, si percepiscono note di macchia mediterranea e spezie dolci. Sorso piacevolmente fresco con tannini ben levigati e gradevoli. In passato era ritenuto un vino da bere giovane, ma oggigiorno può essere consumato anche con qualche anno in più soprattutto la tipologia Superiore.

A tavola trova abbinamento con svariate preparazioni con prodotti tipici marchigiani come il salame di Fabriano e il Ciauscolo, ma anche preparazioni a base di  pesce azzurro e zuppe di pesce,  la versione Superiore è ideale con tagliata di manzo con rucola e ciliegini. Un vino che viene prodotto in quattro versioni: Lacrima di Morro d’Alba,  Lacrima di Morro d’Alba Superiore, Lacrima di Morro d’Alba Rosato e Lacrima di Morro d’Alba Passito, davvero straordinario e identitario.

Ho apprezzato molto i vini delle 13 aziende presenti nel press tour e lo spirito di aggregazione dei produttori, la loro tenacia e la loro calorosa accoglienza e ospitalità. Dei veri signori d’altri tempi. Una regione singolare, l’unica tra quelle d’Italia menzionata al plurale.

Ecco l’elenco delle cantine presenti:
Cantina Lucchetti – Cantina Luigi Giusti – Podere Santa Lucia – Tenuta Pieralisi – Filodivino – Società agricola Ronconi – Marotti Campi – Tenuta di Fra’ – Cantina Bolognini – Azienda Agricola Romagnoli – Stefano Mancinelli – Azienda Agricola Vicari – Montecappone e Mirizzi.

MARCHE: “I MAGNIFICI 16” IL PRIMO EVENTO DEDICATO ALLE DOP MARCHIGIANE

Comunicato Stampa

APPUNTAMENTO CON 120 AZIENDE E 70 GIORNALISTI NAZIONALI DI SETTORE, DAL 22 AL 24 GIUGNO

Tutto pronto per “I magnifici 16”, il focus sui territori delle piccole e grandi denominazioni dell’Istituto marchigiano tutela vini (Imt) previsto da giovedì 22 a sabato 24 giugno. Un evento, voluto e organizzato da Imt per promuovere le Dop marchigiane sul mercato interno, a cui parteciperanno oltre 120 imprese del vino e circa 70 giornalisti nazionali del settore. In programma, visite alle cantine, oltre a tasting e masterclass in 9 eno-itinerari distribuiti su tutte le denominazioni afferenti al Consorzio, che da solo rappresenta circa il 70% dell’export e poco meno della metà dell’intero vigneto regionale.

“Le nostre aziende – ha detto il presidente Imt, Michele Bernetti – sono da sempre molto attive sul fronte della promozione all’estero grazie a vini di punta – Verdicchio in primis – che hanno contribuito in modo decisivo alla crescita in valore delle esportazioni regionali, con un +33% negli ultimi 5 anni e un controvalore di quasi 76 milioni di euro. Ma il mercato nazionale rimane senz’altro strategico, ancora di più oggi con il boom turistico che si registra nel Belpaese così come nelle coste, nelle città e nei borghi marchigiani”.

L’evento, diffuso nei primi 2 giorni in 9 macro-aree enologiche, si chiuderà sabato 24 giugno a Villa Koch (Recanati) con un ultimo tasting corale di tutte le 16 denominazioni e un convegno che farà il punto sulle politiche di settore in particolare legate all’enoturismo. Sotto la lente, un asset – quello del turismo del vino – considerato importante ai fini di un ulteriore sviluppo dell’immagine del brand marchigiano, anche dopo il recente varo della legge regionale che si propone di creare una rete di imprese di qualità non solo nelle produzioni ma anche nei servizi. Attesi, tra gli altri, gli interventi dell’assessore regionale all’Agricoltura, Andrea Maria Antonini, del presidente della commissione Agricoltura alla Camera, Mirco Carloni, del presidente di Federdoc, Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi e del direttore di Atim Marche, Marco Bruschini.

Saranno quasi 300 i vini in degustazione per una 3 giorni dedicata alle 16 Dop tutelate da Imt: Bianchello del Metauro, Colli Maceratesi, Colli Pesaresi, Esino, I Terreni di San Severino, Lacrima di Morro d’Alba, Pergola, Rosso Conero (Doc e Docg), San Ginesio, Serrapetrona e Vernaccia di Serrapetrona, Verdicchio dei Castelli di Jesi (Doc e Docg), Verdicchio di Matelica (Doc e Docg). L’area tutelata dall’Istituto marchigiano di tutela vini si estende su un vigneto tra le province di Ancona, Macerata e Pesaro-Urbino di oltre 7.500 ettari e una produzione che nel 2022 ha sfiorato i 230 mila ettolitri imbottigliati (l’89% del totale). I filari marchigiani sono tra i più sostenibili in Italia, con un’incidenza biologica sul vigneto che ha raggiunto il 39,5% delle superfici, pari a 6.991 ettari su un totale vitato di 18.000 ettari (anno 2022/23, fonte: Regione Marche, Assessorato all’Agricoltura), un’incidenza doppia rispetto alla media italiana. Dal 2010 al 2022 il totale degli investimenti messi in campo dal maxi-Consorzio e dalle aziende socie con i contributi comunitari (Ocm-Vino e Psr Marche Mis. 1.33 e 3.2) ha superato quota 28 milioni di euro.

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