Grandi Langhe 2024

La prestigiosa Anteprima piemontese Grandi Langhe 2024 ha avuto luogo nei giorni 29 e 30 gennaio 2024 all’interno degli ampi spazi delle Officine Grandi Riparazioni (OGR) di Torino. Location posta strategicamente a pochi passi dalla stazione ferroviaria di Torino Porta Susa, facilmente raggiungibile con qualsiasi mezzo di trasporto.

L’Evento

In questa edizione è aumentata la presenza degli espositori,  ben 300 dietro ai desk d’assaggio, lieti di far degustare i loro capolavori e fieri di raccontare il loro territorio. Modificato il sistema di assegnazione dei banchi, sempre contraddistinti da colori, ma adesso in ordine alfabetico anziché in zone come nelle precedenti edizioni. All’ingresso vi era un grande spazio d’assaggio per il Consorzio e la possibilità di degustare circa 50 etichette di Alta Langa Metodo Classico con servizio sommelier.

Ingresso spumeggiante: un benvenuto ai visitatori e una tesa di mano ad altri areali da parte del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e dal Consorzio di Tutela del Roero con il supporto di Regione Piemonte ed il sostegno di banca Intesa San Paolo.
All’anteprima hanno partecipato buyers, importatori, ristoratori, enotecari, giornalisti e wine blogger nazionali ed esteri.

L’annata di Barolo in anteprima presa in esame è la 2020, quella di Barbaresco e Roero la 2021. Una passerella tra i produttori e un approfondimento con le aziende mi ha dato la possibilità di degustare vari vini ottenuti da uve varietà Nascetta,  Arneis, Favorita, Moscato Bianco, Barbera,  Dolcetto, Nebbiolo, Pelaverga di Verduno.

I migliori assaggi

G.D Vajra – Barolo Bricco delle Viole 2020 – Emana note di violetta, ciliegia, rosa appassita con cenni balsamici e speziati; avvolgente, elegante e setoso. 
Virna Borgogno – Barolo Sarmassa 2020 – Sensazioni di mora, ribes, tabacco e liquirizia. Composito, rotondo, appagante e persistente.
Fratelli Serio & Battista Borgogno – Barolo Cannubi 2020 – Melagrana, amarena, lampone, ribes e spezie dolci in successione, dalla trama tannica setosa, coerente e lunga.
Agricola Marrone – Barolo Bussia 2019 – Naso di frutti rossi, prugna, sottobosco e liquirizia. Sorso pieno ed appagante, coerente e duraturo
Conterno Fantino – Vigna Sorì Ginestra 2020 – Libera note di pout-pourri floreale, marasca e balsamicità. Palato delicato, setoso ed armonioso.
Diego Conterno- Le Coste di Monforte 2020 – Rimanda ai fiori di campo, alla rosa, mirtillo e sottobosco, con gusto pieno, generoso ed appagante.
Ceretto – Barolo Brunate 2019 – Sentori di ciliegia, fragola,viola ed eucalipto, dal tannino palpabile ma setoso. Duraturo e leggiadro.
Adriano Marco e Vittorio- Barbaresco Basarin 2020 – Effluvi di rosa canina, violacciocca, spezie e nuance mentolate. Fresco e sapido, al contempo setoso. 
Matteo Correggia – Roero Riserva Ròche d’Ampsèj 2018 – Con sentori di frutta matura, cacao e cenni di erbe officinali, è un vino generoso ed armonioso.
Livia Fontana- Barolo Fontanin 2018 – Note di sottobosco, fragolina, tabacco e liquirizia; espressivo e carezzevole, decisamente persistente e fine.

Gaja: una semplice storia di famiglia

di Ombretta Ferretto

“Sono nato a Barbaresco, un piccolo paese di seicento anime, che ha dato il nome al vino”.

Ha esordito così Angelo Gaja all’Hotel Renaissance Mediterraneo, nella lectio magistralis che ha emozionato la platea di appassionati e professionisti del vino. Una narrazione durata quasi tre ore passando attraverso ricordi di famiglia, grandi successi e nuovi progetti.

Passato, presente, futuro sono stati i fili conduttori che hanno intessuto la trama di un racconto di famiglia, iniziato a metà del diciannovesimo secolo in un minuscolo comune della Provincia Granda e giunto oggi a lambire l’Etna, passando attraverso Montalcino e Bolgheri tra le varie tenute in proprietà. Protagonista indiscusso il vino, straordinario portatore di cultura e vero ambasciatore del Made in Italy nel mondo.

Non ha bisogno di presentazioni Angelo Gaja, della quarta generazione di una cantina sita all’indirizzo storico di via Torino, nel comune di Barbaresco. Classe 1940, nipote di Clotilde Rey, maestra di origine francese, e di Angelo, “produttore di vini di lusso e da pasto”, è lui che ha diffuso il nome del Barbaresco nel mondo, proseguendo nell’intento che era già stato del padre Giovanni di “fare un Barbaresco migliore del Barolo” .

La riconoscenza va a nonna Clotilde e al padre Giovanni, i primi maestri a indirizzarlo su quella strada che Angelo ancora percorre, avendo ben chiaro dove ricercare le origini del proprio successo. Si definisce un artigiano, facendo propria una frase della nonna: fare, saper faresaper far farefar sapere. Un elogio al lavoro manuale, che, nel perseguimento di un progetto, deve andare di pari passo all’ingegno, alla capacità di trasmettere l’arte alle generazioni successive e al talento di diffonderlo sul mercato.

L’83% dei viticoltori italiani sono artigiani per cui il motto “piccolo è bello” suona all’orecchio più intonato quando diventa “piccolo è difficile”, ed è proprio in questa prospettiva che Angelo vede ancora il suo lavoro e quello della cantina di famiglia. Alla base del suo progetto i pochi e semplici insegnamenti del padre: pensare fuori dai luoghi comuni, non adagiarsi mai sulle certezze, rispettare sempre il lavoro degli altri. Un progetto che pone al proprio centro il vino come portatore di valori, paesaggi, umanità perché chi sa bere, sa vivere. In questa visione vanno collocate la volontà e la capacità di interpretare altri terroir fuori dalle Langhe.

Al 1994 risale l’acquisizione di Pieve Santa Restituta in Montalcino e due anni dopo di Ca’ Marcanda a Bolgheri: due realtà vinicole estremamente diverse che hanno imposto una riflessione importante sul futuro. Areali vocati a produzione monovitigno (come Barolo, Barbaresco, Montalcino) devono prepararsi ad affrontare le difficoltà crescenti derivate dai cambiamenti climatici: un serio ragionamento sulla vinificazione in blend come pure l’innalzamento dell’altitudine delle vigne sono solo due delle possibili soluzioni che si prospettano all’orizzonte.

L’affezione alla terra impone inoltre scelte di sostenibilità, perché è necessario “imparare a leggere il presente con gli occhi del domani”. La pratica agronomica nelle vigne Gaja già da tempo prevede  l’inerbimento e le fioriture spontanee; il nomadismo apistico favorito tra i filari è indice della buona salute del vigneto. In questa prospettiva di sostenibilità è nata Ca’ Marcanda, a Bolgheri, una cantina  completamente eco compatibile e integrata nel paesaggio rurale, ideata dall’Architetto Giovanni Bo, che ha progettato tutte le cantine di casa Gaja, perseguendo un ideale stilistico incentrato sul sottrarre anziché caricare.

Ombretta Ferretto autore di 20Italie

Angelo ha saputo mantenere il filo conduttore del suo racconto teso tra radici, famiglia e vino come espressione del territorio. Ha concluso parlando a lungo dei figli, Gaia, Rossana, Giovanni, e dell’importanza che riveste all’interno di una realtà artigiana il passaggio generazionale, da curare per tempo e con attenzione, affinché ognuno rivesta il ruolo più adeguato al proprio talento e alla propria volontà di rimanere legati all’attività di famiglia, trovando il giusto equilibrio all’interno di un percorso che, tracciato da tempo, mira a proseguire ancora a lungo.

La successiva degustazione si è concentrata su annate recenti di etichette provenienti da tutti i terroir su cui opera Gaja ed è stata condotta da Tommaso Luongo, Presidente AIS Campania, Franco De Luca, Responsabile della didattica AIS Campania e Gabriele Pollio, Delegato AIS Napoli. E come a voler parafrasare Angelo, che non mette mai il naso nel vino perché il vino preferisce raccontarlo attraverso i luoghi e le persone, ciascuno di questi calici ci ha permesso di immergerci nei rispettivi terroir.

Siamo andati immediatamente sull’Etna, l’areale più lontano dalle origini storiche di Gaja, e al recente progetto di collaborazione con la cantina Graci, in una Sicilia a lungo ammiccata, su insistenza di Giacomo Tachis, e infine raggiunta. È un caleidoscopio di profumi e sapori Idda (Bianco Sicilia dop 2022 Carricante in purezza), “Lei” in dialetto, riferendosi alla natura femminile dell’Etna, capricciosa e al contempo materna. Una passeggiata tra cespugli di ginestra aggrappati a colate laviche solidificate, salino e rinfrescante come il respiro del mare, il sorso appaga senza mai stancare.

Un salto ci riporta indietro in Piemonte, nella Langa di Fenoglio, tra viti raccolte su alberi di frutta, gli alteni, quando la vigna era solo una minima parte delle colture, e i fiori di brassica, che crescono spontanei tra le vigne. Alteni di Brassica (Langhe DOP 2020 – Sauvignon blanc in purezza) è dissetante per la sottile vena di frutto non completamente maturo, ingentilita dalla nettezza dei profumi di sambuco e gelsomino.

Un aneddoto narra che Giovanni Gaja, papà di Angelo, fosse rimasto talmente deluso dalla sostituzione di una vigna di Nebbiolo con una di Cabernet Sauvignon, che passandogli affianco, avesse scosso la testa e borbottato “Darmagi!” (Peccato, in piemontese). Il colore del vino è rosso, sosteneva, per cui, quando fu invece  impiantato Chardonnay, non se ne curò.

Gaia & Rey (Langhe DOP 2021 – Chardonnay in purezza) nasce nel 1983 come omaggio alla nonna di Angelo, Clotilde Rey, ma quando il grafico vide il nome per esteso sull’etichetta, esclamò: “A’m pias nen Clotilde” (Non mi piace Clotilde) e dunque Gaia, allora bambina, affiancò il nome della bisnonna per il primo Chardonnay italiano maturato in barrique. Femminile, elegante, discreto negli sbuffi minerali che riportano alla memoria certi Mersault e si intrecciano alla freschezza calda e avvolgente di agrume candito, che termina in una lunga nota piacevolmente amaricante. Dopo questo sorso, ci sembra quasi di averla conosciuta Clotilde.

Il vino deve essere in grado di restituire il luogo d’origine e dunque la ricerca dei suoi caratteri distintivi deve essere costante. Le vigne di Pieve Santa Restituta crescono a 600 metri d’altezza, per far fronte al cambiamento climatico e all’innalzamento delle temperature. Elegante e snella la 2018 di Rennina (Brunello di Montalcino DOP), tratteggiata dalla balsamicità delicata di origano fresco e timo, è già piacevolmente godibile per la trama vivace ma non invadente del tannino.

Per lo stesso principio di espressività territoriale, le vigne di Ca’Marcanda guardano il mare, godendo del riverbero del sole, mentre i boschi alle loro spalle garantiscono quell’escursione termica necessaria allo sviluppo del profilo olfattivo tipico di questo tratto di costa toscano. Ed è un’esplosione di macchia mediterranea Camarcanda (Bolgheri DOP 2020 – Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc), dove la potenza, governata a regola d’arte, si fa talmente snella e sottile da restituire un tannino setoso su lunghissime scie balsamiche di liquirizia.

Gli ultimi due campioni in degustazione non potevano che riportarci nel Piemonte delle radici e della memoria.

Al naso compatto, scuro, quasi impenetrabile, Sperss (Barolo DOP 2018) evoca già nel nome i caratteri che emergono nei profumi (Sperss significa nostalgia in piemontese). Maschile nelle note di ciliegia sotto spirito, cannella e coriandolo, è sobrio e compatto e mostra il carattere di un vino piemontese di razza, dalla freschezza preponderante e dal tannino che asciuga senza mai aggredire. Ancora una volta l’etichetta celebra una storia di famiglia, perché la vigna di Serralunga da cui sono prodotte le uve di questo Barolo è la stessa in cui Giovanni vendemmiava da ragazzo, ben prima che i Gaja possedessero parcelle di terra nell’areale del Barolo. Solo nel 1988 Angelo riuscirà ad acquisire la vigna, la prima nella denominazione Barolo, la stessa legata ai ricordi della gioventù spensierata di suo padre.

Il Barbaresco 1979 ha concluso l’emozionante serata, tre ore in cui tempo e spazio sono rimasti sospesi nel racconto affascinante dal sapore piemontese di Angelo Gaja. Il tempo sembrava essersi fermato anche per quest’ultimo calice, che solo nell’aspetto tradiva il carico d’anni sulle spalle e neanche in modo così palese. Elegante, perfettamente coeso, in straordinario equilibrio tra la freschezza ancora appagante e le note evolute di sottobosco, ruggine, incenso, ci è sembrata l’immagine trasposta in vino di un uomo straordinario, che ha scritto un pezzo della storia enoica italiana.

Angelo si è soffermato a lungo sul ruolo della ristorazione  nella diffusione della cultura del vino, attraverso la convivialità, l’accoglienza e la corretta comunicazione, e sulle donne, che negli ultimi venticinque anni hanno saputo imporsi come assaggiatrici più attente e sensibili degli uomini.

Tutti devono fare qualcosa nella vita per vivere e sostenersi, ma solo l’artigiano ha un suo progetto nel quale profonde impegno costante; quando il progetto viene realizzato, allora l’artigiano deve diventare un maestro di bottega che trasferisce il saper fare; infine bisogna essere capaci di andare sul mercato e far conoscere il proprio progetto.

L’etichetta minimal nera e bianca ha reso celebre nel mondo il marchio Gaja : il nero idealizza il passato su cui non si può più scrivere e su cui è impresso solo il nome Gaja; il bianco, invece, è al contempo presente e futuro, ancora scrivibili, ma rappresentati attraverso nell’essenzialità delle informazioni d’etichetta.

Grandi Langhe edizione 2023 a Torino

di Adriano Guerri

Grandi Langhe 2023 ha lasciato davvero soddisfatti produttori e visitatori. 

Come l’anno precedente è andata in scena a Torino, all’interno delle Officine Grandi Riparazioni (OGR), nei giorni  30 e 31 gennaio. La sede delle prime edizioni era ad Alba, graziosa cittadina delle Langhe. La location di Torino, però, ha garantito maggiori spazi espositivi ed era facilmente raggiungibile con i mezzi di trasporto pubblici o privati.

Poca la distanza, infatti, dalla Stazione ferroviaria di Torino Porta Susa e con ampio parcheggio per chi ha preferito spostarsi in auto. Hanno partecipato oltre 3200 visitatori da 20 differenti nazioni, con nutriti banchi  d’assaggio per complessivi 240 produttori felici di far degustare le nuove annate dei loro preziosi vini.

Riflettori puntati sulla 2019 del Barolo, davvero promettente, e sulla 2017 per la tipologia Riserva, nonché la 2020 riguardante Barbaresco e Roero. La coinvolgente kermesse è stata organizzata dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e dal Consorzio di Tutela Roero con il patrocinio della Regione Piemonte e Banca Intesa Sanpaolo. 

Per ragioni di tempo, naturalmente, vista la vastità dei campioni presenti, ho preferito orientarmi nella selezione seguendo il criterio della piacevolezza di beva. Ecco un piccolo spunto dei migliori assaggi per i lettori di 20Italie, in attesa della prossima edizione di Grandi Langhe.

Michele Chiarlo – Barbaresco Faset 2020 e Barolo Cerequio 2019


Virna Borgogno – Barolo Cannubi sia  2018 che 2019


Malvira’ – Roero Riserva 2017


Fogliati – Barolo Bussia 2018


Fratelli Sergio & Battista Borgogno – Barolo Cannubi 2019


G.D Vajra – Barolo Bricco delle Viole 2019


Francesco Conterno – Barolo Riserva 2016


Agricola Marrone – Barolo Pichemej 2018