Mille bottiglie in totale per un vino che ha scalato tutte le classifiche, quelle della critica di settore come quelle dei prezzi e frutto di viticoltura eroica per le condizioni climatiche. Siamo a Coredo, in Trentino Alto Adige, paesino meno noto per la viticoltura, a quasi 1000 m s.l.m. D’altronde, il nome Vin del la Neu lascia facilmente immaginare episodi nevosi e, nello specifico, ci si riferisce alla prima raccolta delle uve che avvenne sotto la neve.
Nicola Biasi, dopo numerose esperienze anche all’estero, resta consulente di prestigiose realtà senza rinunciare a investire in un ambizioso progetto, solo suo, e nonostante le perplessità dello stesso genitore. Un solo vino, Vin del Neu appunto, da uve resistenti Johanniter. Agli scettici dei Piwi, ossia le nuove varietà di vite resistenti alle malattie fungine, risponde con decisione che in passato sono state troppo spesso lavorate male o piantate nei posti sbagliati ma restano “i vini del futuro” in ottica di concreta sostenibilità dimostrando, coi fatti, che il binomio alta qualità e sostenibilità esiste.
Il suo bianco deriva da vigneti ad alta densità per massimizzare la qualità facendo attenzione a produrre una quantità sufficiente per provvedere a una fermentazione tecnica vera e propria in contenitori che non sarebbero disponibili in caso di masse eccessivamente esigue. Nonostante questo tutti i macchinari sono realizzati su misura per gestire una produzione ridotta con la massima professionalità.
Così, a seguito di accurate cure come la gestione fogliare, volta alla massima esposizione al sole e l’irrigazione – non tanto per rischio di siccità ma affinché l’apporto sia regolare – si procede alla raccolta delle uve, intorno a metà ottobre. In cantina la vinificazione parte con piccola aggiunta di lieviti: voluta e controllata la malolattica per ammorbidire il sorso.
Il suo vino sfiora, di anno in anno, i 12,5 gradi alcool e grazie a questa gradazione limitata la maturazione in legno non comporta eccessive estrazioni che, quindi, non snaturano in alcun modo il carattere rinfrescante e sobriamente salino del calice (e nonostante il legno utilizzato sia per il 50% nuovo). Sarà poi rilasciato sul mercato dopo almeno un anno e mezzo in bottiglia.
Ho degustato di recente l’annata 2018, un vino esclusivo dai profumi sottili di agrumi e un ricordo di polvere vanigliata che, intrisi di sensazioni rocciose, anticipano un sorso teso e austero per un vino che promette di accompagnarci per diversi anni. Intrigante anche la sensazione tattile setosa che contribuisce a delinearne un profilo dinamico. Un vino di montagna penetrante che acquisisce note di spezie, frutta secca e mela golden vagamente ossidata con l’età per una beva, che anche nell’annata 2015, resta verticale e sapida, è dunque perfetto a tavola.