Piemonte: Calix 2023 un calice di leggerezza

di Olga Sofia Schiaffino

Si è svolta a Sommariva Perno sabato 13 maggio la prima edizione di Calix, organizzato da Acli Valle Rossi che ha visto la partecipazioni di 8 cantine provenienti da diverse zone vitivinicole piemonentesi.

Una manifestazione che ha convinto per la qualità dei vini presentati, per la possibilità di interagire con il vignaiolo, di degustarne i vini con un’organizzazione davvero perfetta.

Ecco gli assaggi che mi hanno più colpito.

VINICEA ( Vitivinicola Caire e Angelino) produce vini naturali da uve biologiche certificate dal 2010, quando Paolo e sua moglie decidono di continuare la tradizione familiare della azienda agricola fondata nel 1792; nessun uso di diserbanti, rispetto totale della natura e attenzione alla naturale evoluzione del vino, che non viene chiarificato né filtrato. Sono vere e proprie “opere liquide”, al quale il produttore aggiunge un numero, come se fossero meravigliose sinfonie: da segnalare in particolar modo il Vino Bianco OP.2, da uve autoctone vinificate in bianco che fa 15 giorni circa di macerazione, OP.S, un sauvignon che macera ben 100 giorni sulle bucce e OP.1 Grignolino del Monferrato Casalese e il Rosato, molto particolare, perfetto in abbinamento con i formaggi.

AZIENDA AGRICOLA LE MARIE è una realtà a familiare gestita da Valerio Raviolo. dalla moglie Luiginia e dai loro figli. Si trova a Barge a piedi del Monviso, a Nord Ovest del Piemonte vicino al confine francese. Le bottiglie colpiscono lo sguardo per le bellissime etichette. In regime biologico, vengono coltivati i classici vitigni piemontesi e varietà locali quali Chatus, Neretta Cuneese e Malvasia Moscata. Il Pinerolese rosso Doc 2020 Debàrges è un Nebbiolo in purezza che offre un interessante bouquet composto da ciliegie, rosa, viola appassita, garofano,pepe e noce moscata. Caldo e avvolgente con tannini eleganti e una nota balsamica che caratterizza il finale. Ninin è, invece, un’affascinante Malvasia ottenuta con macerazione delle uve.

BIANCO ANGELO E FIGLIO è giunta ormai alla quarta generazione: nato nel 1882 con Pietro, ora è trainato dalla competenza e Piero e di Paolo, che ha studiato enologia e ha fatto diversi stage all’estero anche in Napa Valley. Circa sei gli ettari vitati nella zona di Agliano Terme, ove sono impiantati i vitigni classici del territorio e il Manzoni Bianco da cui si produce lo splendido Monferrato Bianco Matiné, assaggiato nel millesimo 2021. Grande personalità e bevibilità il Nizza Docg Bricco Cova 2019, barbera 100%, che affina 18 mesi in botti di rovere da 500 litri.

BREZZA GIACOMO E FIGLI DAL 1885 è una cantina a Barolo che ho avuto il piacere di frequentare dal 2012 e ho sempre apprezzato il loro stile tradizionale di interpretare il nebbiolo; un piacere assaggiare il Barolo Sarmassa 2019, da terreni argillosi, potente, caldo con una trama tannica ben scolpita.

AZIENDA AGRICOLA DI BUSSI MAURO da Treiso è stata una piacevole scoperta. Molto invitante e con un ottimo rapporto qualità prezzo il Langhe Favorita Rugiada. Insolita la scelta di vinificare a secco il moscato per produrre una bollicina con il Metodo Charmat: sicuramente perfetta per l’aperitivo ma anche per accompagnare il sushi. Il loro Barbaresco 2020 dimostra grande potenziale evolutivo.

AZIENDA AGRICOLA PLATINETTI GUIDO vanta una lunga tradizione che affonda le radici nei primi del ‘900 nella coltivazione delle uve nel comprensorio di Ghemme, nell’Alto Piemonte dove il Nebbiolo prende il nome di “Spanna” e dove viene unito, a volte, in una percentuale non superiore al 25% a Vespolina e Uva rara nel loro Ghemme Docg. Vinificano anche in purezza la Vespolina, un vino dotato di buona freschezza e di profumi fruttati succosi con la tipica nota speziata. Ghemme Docg Vigna Ronco Maso 2019 è un esempio molto interessante dell’eccellenza qualitativa dei vini di questo territorio.

CASCINA GOREGN ha sede nel cuore del Roero a Castagnitto, in provincia di Cuneo: il marchio celebra il soprannome del nonno classe 1898, dato che “goregn” in piemontese significa “ un duro”. Arneis e Favorita sono i vitigni a bacca bianchi rappresentati, mentre troviamo Barbera, Dolcetto e Nebbiolo a dar vita a vini espressione di un preciso e attento lavoro in vigna. Il rosato Alvite ha in etichetta un disegno che ritrae i tre protagonisti dell’azienda: Alessandro, Vincenzo e Teresio; colore buccia di cipolla intenso e luminoso, profumi freschi  e grande piacevolezza di beva.

ALVIO PESTARINO di Capriate d’Orba nasce nel 1919 ed è ora è condotto dalla quarta generazione, rappresentata da Andrea e da Giulia, affiancati da mamma Daniela. Il Timorasso, degustato in una piccola verticale, è stato il protagonista di una delle due Masterclass organizzate durante l’evento, testimone della grande capacità di evoluzione di questo vitigno, perfettamente intepretato dal Thimos.

La degustazione bendata: coinvolgere tutti i sensi (tranne la vista)

Si fa presto a dire blind tasting, il degustare vino “alla cieca” coprendo la bottiglia per non vederne l’etichetta e non sapere il produttore.

Avete mai provato a fare una degustazione dove ad essere bendati siete invece voi? A parole non si può forse spiegare ciò che si prova durante un’esperienza del genere, ma ci proviamo ugualmente.

Va sottolineato come la vista sia, di sicuro, uno dei nostri sensi più importanti e vitali, tante volte sopravvalutato nelle nostre valutazioni; ce ne accorgiamo solo nel momento in cui andiamo a non utilizzare più gli occhi, ma tutti gli altri sensi della natura: olfatto, gusto, udito, tatto. Nel caso dell’assaggio di un vino, il tatto è riferito al palato, alla lingua e alla bocca in generale, che è incaricata di decifrare il campione in assaggio per la parte gustativa. Pensateci bene: quando usiamo l’udito di fronte ad un bling tasting classico? Mai! E invece è così affascinante porre attenzione al suono che il vino emette mentre viene versato nel calice.

Per la degustazione al buio, può essere molto utile per decifrare intanto se si stia per assaggiare una bollicina o un vino fermo, differenza molto ben riconoscibile ascoltando il liquido scendere nel bevante. L’obiettivo primario di questo tipo di degustazione non è quello di indovinare il campione, piuttosto misurarci con una serie di sensazioni davvero nuove ed un approccio alla degustazione per nulla scontato.

Photo Credits @SelezioneBoccoli

Vediamo come funziona e chi ne sono gli ideatori

Durante la recente edizione di Only Wine Festival a Città di Castello (PG) sono entrata in contatto con Luca Boccoli e Ilaria Giardini, due appassionati esperti di vino, selezionatori e commercianti per la loro enoteca “Selezione Boccoli” di Grottaferrata, ai Castelli Romani. Invitati alla manifestazione per far conoscere la loro idea di “blind tasting”, hanno riscosso un enorme successo, attirando l’attenzione di tanti curiosi presenti in massa alla Masterclass.

Ilaria Giardini e Luca Boccoli

La degustazione al buio è nata da un’esigenza di Luca il quale, a causa di un incidente, quattro anni fa perse, purtroppo, l’uso della vista. Scopo di tale esercizio è quello di approcciarsi al vino apprezzandolo attraverso canali mai sperimentati prima. E’ un tipo di degustazione adatta a tutti: dal semplice curioso appassionato, all’esperto che vuole mettersi in gioco, scoprendo che il vino può andare ben oltre i colori, le sfumature, i punteggi o le etichette di grandi brand o piccole aziende (da cui siamo sempre influenzati).

Una volta fatte le dovute premesse e spiegato a cosa saremmo andati incontro durante quella esperienza, siamo stati invitati ad indossare le mascherine nere e a rilassarci. I sommelier hanno provveduto a servire i quattro vini, dopodiché Luca e Ilaria ci hanno invitato a mettere la mano sinistra alla base del primo calice (sempre partendo da sinistra) per avere un riferimento durante il black out e assaggiare i vini via via, con calma. Una musica di sottofondo, alternata da una prima rilassante, classica, strumentale e leggera a una più intensa, cantata ed energica, ha accompagnato l’assaggio.

Entrare in contatto così profondo e intimo con le proprie sensazioni non è cosa banale. Ognuno dei partecipanti in sala ha avuto la propria, personalissima, esperienza. Una volta che tutti avevano completato gli assaggi e, ancora con la mascherine indossate, siamo stati esortati a esternare le nostre impressioni per alzata di mano, ascoltando – e non vedendo – la persona che prendeva la parola. I risultati sono stati tra i più variegati: chi ha creduto di suonare un pianoforte, muovendo le dita da un calice all’altro, ritornandoci più volte per “risentire” quel vino; chi ha avuto la sensazione di danzarvi insieme, come in un sospirato ballo lento; qualcun altro ha immaginato quasi di fare l’amore con il vino, tanto è stato profondo il livello di intimità raggiunto attraverso i propri sensi.

Sara Cintelli autore di 20Italie

E a livello gustativo cos’è accaduto? Difficile riconoscere le tipologie in esame, essendo state private dell’analisi visiva che, di per sé, qualche indicazione sull’evoluzione la dà, oltre a evidenziarne immediatamente il colore! Un rosato è stato scambiato per un bianco, un bianco macerato a qualcuno è parso essere un rosso, un rosso (della Valpolicella) è stato scambiato per un Sangiovese e così via. Gli stessi produttori hanno partecipato al blind tasting, non riconoscendo le loro creazioni. Rilevante è stato davvero capire a quale livello possiamo arrivare enfatizzando l’attività di sensi come olfatto e gusto, provando emozioni inesplorate, spingendoci oltre le comuni soglie sensoriali a cui siamo abituati, scevri da ogni minimo condizionamento imposto dalla vista.

Un’esperienza che consiglio a tutti di fare: provare… per credere!