Piemonte: Crotin 1897 – i loro vini e la piccola grotta di affinamento

di Olga Sofia Schiaffino

Maretto (AT) è un paese di  poco più di trecento abitanti, posizionati su di una collinetta a quindici minuti da Asti, dove il tempo sembra aver rallentato quasi fino a fermarsi.

Il ruggito di un moderno trattore mi riporta al presente, nel suo lento avvicinarsi mentre mi obbliga a lasciargli spazio a lato della strada, prima di imboccare l’ultima curva per arrivare in cantina dal giovane enologo Corrado Russo dell’azienda Crotin 1897.

Il posto è molto bello: si gode un ampio panorama e la cascina ospita un agriturismo con camere accoglienti e, dietro una siepe, uno spazio relax con tanto di piscina. In cucina il fratello gemello di Corrado, Marcello Russo, confeziona piatti squisiti, coniugando la produzione dell’orto alla genuinità della cucina piemontese.

Corrado mi mostra il luogo che ha dato il nome all’azienda: in dialetto Crota è “ la grotta” e Crotin un antro ancora più piccolo. Scendendo le scale si arriva a una ampia stanza, usata anche per accogliere i visitatori per le degustazioni e poi, attraverso un passaggio angusto, si arriva alle fondamenta dello stabile ove si legge in una rientranza Crotin 1897.

L’azienda è nata nel 2002 con la prima di generazione di imbottigliatori e dal 2018 è certificata biologica; vengono coltivati in tutto 14 ettari, di cui 7 nei comuni intorno a Maretto, dove regnano anche la Freisa, il Grignolino e le due rare varietà a bacca bianca Bussanello e Malvasia Moscata.

Altri 7 ettari invece a Cocconato (AT), ove albergano Barbera e Nebbiolo. I suoli sono piuttosto omogenei, con buone componenti di sabbia e di argilla e ricchi di conchiglie fossili, a testimonianza che anticamente quel territorio era occupato dal mare.

Il Bussanello  è un vitigno a bacca bianca, creato dal prof. Dalmasso nel 1938, dall’incrocio tra Riesling Italico e Furmint.

La Malvasia Moscata è una varietà autoctona che occupava, fino a due secoli orsono, gran parte delle vigne piemontesi; essendo delicata e sensibile all’oidio, le si preferì il Moscato Bianco. La scelta di una vinificazione a secco, però, risulta davvero interessante.

Corrado è rimasto affascinato dal mondo del vino sin da piccolo, quando seguiva il nonno in cantina e in vigna, tanto da decidere di intraprendere gli studi di enologia facendone una professione. Crede fermamente nella necessità di ottenere un frutto sano da avviare alla vinificazione, limitando il più possibile l’intervento in cantina e preferendo l’utilizzo di lieviti indigeni.

Si preferiscono contenitori in acciaio inox e cemento per le vinificazioni e gli affinamenti; solo i vini destinati per le tipologie Freisa Superiore e Albarossa prevedono un passaggio in legno.

Di seguito i campioni degustati. Tutti hanno personalità e carattere, per nulla banali e con il timbro riconoscibile del varietale.

Bussanello 2022: luminoso giallo dorato trasparente. Dodici ore di macerazione a freddo a temperatura controllata e 16 giorni di fermentazione. La vendemmia è stata anticipata per preservarne l’acidità. Avvolgente naso floreale, note di pesca e cedro. Sorso piacevole, pieno e fresco. Chiude su un finale delicato di mandorla dolce. Prodotto in circa 3000 bottiglie, dal buon potenziale evolutivo.

Vino bianco 2019 Camporotondo: varietà Malvasia Moscata. Color giallo paglierino dai guizzi dorati. Il 30% della massa fermenta insieme alle bucce; dalla 2021 si è scelto di operare in tal senso sulla totalità dell’uva. Corredo olfattivo appagante, con descrittori aromatici di rosa canina, rosolio, litchi e trifoglio. Pulito e coerente tra gusto ed olfatto con chiosa sapida.

Piemonte Rosato Malvento 2022: da Nebbiolo in purezza. Dopo una pressatura soffice dei grappoli, fermenta in acciaio. Si producono circa 20 ettolitri per anno. Ammaliante rosa salmone chiaro, da piccoli frutti rossi di bosco, buona persistenza e decisamente gradevole.

Grignolino d’Asti Doc San Pantelu 2021: un vitigno davvero difficile da vinificare, ma Corrado lo rende al meglio delle possibilità. Uve raccolte a piena maturazione, cinque giorni di macerazione sulle bucce, maturazione in cemento. Fragola, pepe bianco, trama tannica appena accennata, sapido in chiusura, stupenda speziatura e finale persistente. Perfetto con i piatti di pesce. Un vero colpo di fulmine!

Barbera D’Asti  Docg La Martina2021: Barbera 100% , vendemmia leggermente anticipata, 40 giorni di fermentazione ed utilizzo soltanto di tini in acciaio. Naso elegante ed espressivo da frutta rossa succosa, petali di rosa, note balsamica e di uva spina. Affascina per pulizia di profumi e per complessità. Sorso agile, fresco e sapido in chiusura.

Monferrato Doc  Nebbiolo 2021: lunga macerazione sulle bucce e sosta in cemento. Prima annata in commercio. Rosso rubino luminoso. Sentori floreali, di frutti rossi su finale di cipria e pepe bianco. Tannino presente, ma egregiamente integrato nella struttura del vino.

Freisa d’Asti Doc Aris 2021: macerazione per il 20 % a grappolo intero. Rosso rubino sfavillante, frutto presente e succoso, ciliegia marasca, viola, prugna rossa, note di affumicature. Verticale con tannino perfettamente integrato di buona persistenza e personalità.

Freisa d’Asti superiore Docg  Cisero 2018: da un vigneto di circa 70 anni, il vino fermenta e affina in tonneau da 500 litri. Intrigante complessità e note speziate che dialogano  con quelle di frutta matura.

Piemonte Doc  Albaris 2018: il vitigno Albarossa è anch’esso stato creato dal prof. Dalmasso, incrociando due varietà, il Nebbiolo di Dronero (Chatus) e Barbera.  Macerazioni di oltre 40 giorni. Matura in tonneaux per 2 anni seguiti da altri 2 in bottiglia. Note di frutta succosa, ciliegia, prugna, chiodi di garofano, cannella e vaniglia. Tannino preciso, maturo, dal sorso pieno e vibrante e dalla buona persistenza.

Crotin 1897 colpisce per i suoi vini puliti e sinceri, che lasciano parlare i varietali ed il terroir e che trasmettono al consumatore la passione di chi li produce.

Abruzzo: Citra Vini – il volto umano della grande cooperazione

di Luca Matarazzo

Numeri, numeri, numeri! La Cooperativa Vitivinicola Citra si presenta, anzitutto, con le cifre della propria produzione in Abruzzo.

Circa 6000 gli ettari suddivisi in 3000 famiglie raggruppate tra 9 realtà cooperative, per un totale di 35 milioni di bottiglie prodotte ogni anno.

Importi ragguardevoli, da colosso enologico, che sembrerebbe – almeno all’apparenza – concentrarsi troppo su etichette e margini di bilancio e meno sulla qualità di vertice.

Non è il nostro ruolo quello di giudicare il lavoro svolto da centinaia di maestranze, indotto incluso. Ciò che possiamo fare, invece, è analizzare il livello di compiutezza del progetto, che ha visto nel 2018 l’ingresso dell’enologo Riccardo Cotarella in qualità di consulente esterno.

I cambiamenti rispetto al 1973, anno di nascita, sono evidenti, con la nuova cantina di vinificazione (a dir poco immensa per estensione complessiva) e la mappatura di 100 ettari particolarmente vocati, per creare delle selezioni di maggior appeal tra critica e pubblico.

L’enologo Davide Dias e Pina D’Eusanio

L’Abruzzo è sempre stato “affezionato” al concetto cooperativistico, in linea con gran parte delle realtà vitivinicole del centro e Sud Italia. Gli esempi positivi sono sotto gli occhi di tutti: si può lavorare uniti e fare comunque attenzione a non perdere di vista il sentiero giusto, quello del fare bene.

Seguendo la normale presa di coscienza nel visitare aziende delle dimensioni di Citra, resto piacevolmente colpito dall’organizzazione molto familiare dei vari procedimenti. Mi accompagnano, nella visita, Davide Dias, uno degli enologi interni, e Pina D’Eusanio attuale creative designer del brand.

I proprietari terrieri operano lungo l’intera provincia di Chieti, per valorizzare al meglio le espressioni delle varietà autoctone Trebbiano Abruzzese, Pecorino, Passerina e Montepulciano. Sbalorditivi i fusti di acciaio inox termocontrollati fino a 5000 hl di volume.

Un pensiero alla bottaia, fatta da contenitori di varie dimensioni e passaggi essenziale per i vini rossi; alle 4 linee di imbottigliamento con impianto di microfiltrazione ed agli studi recenti compiuti sulla spumantistica, con la riscoperta dei “vitigni minori” Montonico e Cococciola.

Particolare motivo di orgoglio riveste la “Barilaia”, ovvero una barricaia suddivisa in due aree, con più di 600 barrique poste a temperatura ed umidità costanti per la fermentazione e l’affinamento dei vini bianchi.

I principi fondanti di Citra implicano il concetto di auto responsabilità, eguaglianza ed equità, per far sì che si cresca in armonia e con vantaggi economici per l’intera comunità.

La degustazione

Molti ricordano l’etichetta Caroso – Montepulciano d’Abruzzo – prima espressione ufficiale in bottiglia di Citra. Oggi parleremo, oltre a questa, anche di 2 campioni Metodo Classico, un Pecorino ed un’altra versione di Montepulciano d’Abruzzo dalla concezione modernista.

Fenaroli Brut Metodo Classico – da uve Pecorino in purezza, con 12 mesi di sosta sui lieviti. Una porta di ingresso, immaginiamo, per trovare la giusta quadra tra piacevolezza e controllo delle acidità vibranti del varietale. La bollicina tende alla grassezza, ma la parte sapida gioca in equilibrio con le note di erbe officinali e frutta secca. Lo rivedremo nel prossimo futuro.

Fenaroli Brut Metodo Classico Rosè – Montepulciano 100% più gustoso e salino del precedente. In una sola parola è un vino già “definito” che può coinvolgere la scelta a tavola in abbinamenti versatili tra pasta, carni bianche e pesce. Finale di sottobosco molto identitario.

Tegèo 2020 – CodiceVino – un Pecorino accomondante, dall’ampio corredo floreale (glicine e gelsomino) con coda fermentativa in fusti di rovere di vario passaggio. Sorso ampio e speziato, su finale avvolgente con piccolo calo nella sua fase di scorrevolezza.

Tegèo 2019 – CodiceVino – veste in tela di jeans anziché in seta come il precedente, ma è pieno di carattere e vitalità. Salmastro, balsamico, dalle nuance tropicali ed una mordenza marina di forte impatto.

Caroso – Montepulciano d’Abruzzo 2018 – grande agilità e belle fragranze di liquirizia e fragoline selvatiche. Di concezione meno estrattiva e dalla giusta maturazione polifenolica. Resta il ricordo anche dopo qualche minuto dall’assaggio.

Caroso – Montepulciano d’Abruzzo 2015 – note di surmaturazione che faticano a smaltire la potenza nel bevante. La trama tannica è pregnante, richiedendo al degustatore l’attesa paziente per domarsi. Nel complesso un fulgido esempio di quanto stia cambiando la filosofia produttiva anche in Abruzzo.

Torrepasso 2018 – CodiceVino – identica estrazione del Caroso 2018 eppure sembra più concentrato. Necessita di ulteriore tempo in bottiglia, un vino muscolare e declinato interamente su sfumature di pepe nero ed amarene sotto spirito. Due volti della stessa medaglia.