Galeotto fu il bagliore della bianca spiaggia di Costa Rei, Sardegna sud-orientale. Era il 2016 e proprio su quegli arenili Lucia Pintore, orgogliosamente sarda, e suo marito Angelo Valentino, irpino altrettanto orgoglioso, decidono di dare vita alla cantina Alabastra. Lei sommelier professionista, relatrice A.I.S. (Associazione Italiana Sommelier) e miglior Sommelier d’Italia 1987 (prima volta per una donna); lui enologo già alle dipendenze di importanti “maison” irpine poi, tuttora, consulente freelance per varie aziende vitivinicole campane. Quale migliore sinergia per dar vita ad una produzione enoica tutta propria.
La sede irpina nel centro storico di Cesinali, ove da qualche settimana è stata inaugurata un’accogliente sala degustazioni con annesso punto vendita, è idealmente proiettata oltre le coste continentali verso il waterfront isolano. Il genius loci, in questo caso, si raddoppia con un ponte ideale tra Campania e Sardegna. Una rivendicata continuità territoriale tra i due luoghi dell’anima di Lucia ed Angelo attraverso l’universale, ecumenico linguaggio del vino.
La dimensione ultraterritoriale del progetto è indicata già nell’etimo stesso del nome aziendale: da Alabastron, raffinato e sinuoso contenitore in terracotta utilizzato in remotissime epoche in tutto il bacino dell’Egeo e del Mediterraneo meridionale. Anche se, all’osservazione nel calice delle giallissime livree dei bianchi assaggiati, il pensiero fatalmente corre alle dorate tonalità dell’omonima pietra minerale.
I vini sono ottenuti da una accurata, maniacale selezione in campo delle uve da acquistare: Fiano, Greco e Aglianico in Irpinia; Falanghina nel Sannio e Carignano nell’isola di Sant’Antioco per produrre un sorprendente, straordinario IGP Isola dei Nuraghi assaggiato in versione 2016. E’ proprio quest’ultimo a indurre ulteriormente la curiosità del cronista; non solo per l’interpretazione davvero magistrale del winemaker Angelo Valentino ma anche per la dedica al nonno di Lucia il cui soprannome in sardo era proprio Achibera (aquila reale) come il nome di questo vino in etichetta.
Le etichette riproducono coloratissimi quadri di un’artista messicana conosciuta quasi per caso da Lucia e la cui pittura costantemente s’ispira alla dimensione onirica del vino. A farci caso, peraltro, i vini recano nomi propri e iniziano e terminano, proprio come il nome della casa madre, con la “a”: Alania, Agata, Astralèa, Aregha, quasi a sottolineare una cifra stilistica che non si esaurisce con il processo produttivo strettamente inteso.
Una gamma di tutto rispetto in considerazione della gioventù di Cantine Pintore & Valentino che si completa con lo spumante brut Charmat lungo ottenuto da sapienti blend di uve bianche irpinosannite e, soprattutto, da un suadente, carezzevole liquore al mirto nero di Sardegna: basterebbe assaggiare il solo Adarchìa per capire, oltre ogni narrazione, l’amore viscerale, inossidabile di Lucia per la “sua” Sardegna.
In epoca di “ponti” annunciati e non, questo di Alabastra ci sembra ben riuscito!